6 Febbraio 2025
 
San Paolo Miki e Compagni, Martiri
 
Eb 12,18-19.21-24; Salmo Responsoriale Dal Salmo 47 (48); Mc 6,7-13
 
 
Colletta
O Dio, forza di tutti i santi,
che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo [Miki]
e i suoi compagni attraverso il martirio della croce,
concedi a noi, per loro intercessione,
di testimoniare con coraggio fino alla morte
la fede che professiamo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Papa Francesco (Angelus 15 Luglio 2018): Il Vangelo di oggi (cfr Mc 6,7-13) narra il momento in cui Gesù invia i Dodici in missione. Dopo averli chiamati per nome ad uno ad uno, «perché stessero con lui» (Mc 3,14) ascoltando le sue parole e osservando i suoi gesti di guarigione, ora li convoca di nuovo per «mandarli a due a due» (6,7) nei villaggi dove Lui stava per recarsi. E’ una sorta di “tirocinio” di quello che saranno chiamati a fare dopo la Risurrezione del Signore con la potenza dello Spirito Santo.
Il brano evangelico si sofferma sullo stile del missionario, che possiamo riassumere in due punti: la missione ha un centro; la missione ha un volto.
Il discepolo missionario ha prima di tutto un suo centro di riferimento, che è la persona di Gesù. Il racconto lo indica usando una serie di verbi che hanno Lui per soggetto – «chiamò a sé», «prese a mandarli», «dava loro potere», «ordinò», «diceva loro» (vv. 7.8.10) –, cosicché l’andare e l’operare dei Dodici appare come l’irradiarsi da un centro, il riproporsi della presenza e dell’opera di Gesù nella loro azione missionaria. Questo manifesta come gli Apostoli non abbiano niente di proprio da annunciare, né proprie capacità da dimostrare, ma parlano e agiscono in quanto “inviati”, in quanto messaggeri di Gesù.
Questo episodio evangelico riguarda anche noi, e non solo i sacerdoti, ma tutti i battezzati, chiamati a testimoniare, nei vari ambienti di vita, il Vangelo di Cristo. E anche per noi questa missione è autentica solo a partire dal suo centro immutabile che è Gesù. Non è un’iniziativa dei singoli fedeli né dei gruppi e nemmeno delle grandi aggregazioni, ma è la missione della Chiesa inseparabilmente unita al suo Signore. Nessun cristiano annuncia il Vangelo “in proprio”, ma solo inviato dalla Chiesa che ha ricevuto il mandato da Cristo stesso. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non sente il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, non è un buon cristiano.
La seconda caratteristica dello stile del missionario è, per così dire, un volto, che consiste nella povertà dei mezzi. Il suo equipaggiamento risponde a un criterio di sobrietà. I Dodici, infatti, hanno l’ordine di «non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura» (v. 8). Il Maestro li vuole liberi e leggeri, senza appoggi e senza favori, sicuri solo dell’amore di Lui che li invia, forti solo della sua parola che vanno ad annunciare. Il bastone e i sandali sono la dotazione dei pellegrini, perché tali sono i messaggeri del regno di Dio, non manager onnipotenti, non funzionari inamovibili, non divi in tournée.
 
I Lettura: Settimio Cipriani (Le lettere di Paolo): Descrivendo l’A.T. con frasi riprese dall’Esodo (19, 10.12.18.19) e dal Deuteronomio (4, 11-14; 5,22-30 ecc.), se ne mettono in luce  gli elementi di timore e di spavento che emergono soprattutto nella descrizione del patto dei Sinai (vv. 18-20): «fuoco», «tenebra», «strepito» assordante e la prescrizione di Dio che minacciava la morte perfino agli animali che si fossero avvicinati alla «montagna» (v. 20). Tanto che non solo il popolo (Es. 20, 19), ma lo stesso Mosè fu preso dallo «spavento» (v. 21) per la terribile presenza di Dio in quel luogo.
Alla visione terrificante del Sinai si oppone il quadro giubilante del monte Sion e della «Gerusalemme celeste» (v. 22. Cfr. 8,5; 11,10.16), cioè la Chiesa allietata dal coro «festoso» (v. 22) dei suoi figli e dal volto benedicente del Salvatore.
Le immagini del «monte Sion» e della «Gerusalemme celeste», che si oppongono al Sinai e alla Gerusalemme terrena, stanno a indicare la nuova economia di salvezza e di culto introdotta dal cristianesimo. La Chiesa, come nuova realtà «celeste», ci si presenta nelle sue misteriose dimensioni cosmiche: non c’è divisione fra porzione «militante» e porzione «trionfante»; l’una e l’altra costituiscono l’unica Chiesa di Cristo. A quella «trionfante» appartengono già le infinite «miriadi di Angeli» festosi (v. 22. Cfr. Deut. 33,2; Dan. 7, l0; Apoc. 5, 11 ecc.), che attorniano il trono di Dio, e quelli che l’autore chiama i «primogeniti» (v. 23) già iscritti di diritto «nei registri» celesti (cfr. Es. 32,32-33; Sal. 69,29; Is. 4,3; Dan. 12,1; Fil. 4,3). Essi dovrebbero rappresentare coloro che già sono stati salvati, in confronto dei redenti che successivamente ascenderanno al regno di Dio dalla terra. Analogo significato dovrebbe avere l’espressione «gli spiriti dei giusti», già «perfezionati» (v. 23), in quanto, dopo aver consumato il loro curriculum terreno, sono morti nel bacio del Signore.
 
Vangelo
Prese a mandarli.

La povertà degli apostoli è necessaria, ma molto più essenziale è la povertà della stessa missione: quando la Chiesa fa dipendere il suo annuncio unicamente dai mezzi, «è una Chiesa che si è indebolita nella sua fede» (José Maria Gonzáles-Ruiz). Essere mandati a due a due è in sintonia con la tradizione biblica, secondo la quale solo la testimonianza di due testimoni (o più) garantisce la veridicità di un fatto (Cf. Dt 19,15). Il potere sugli spiriti, che Gesù conferisce ai Dodici, è un potere teso a liberare l’uomo nella sua totalità come persona umana: in modo specifico è finalizzato a liberarlo dal peccato, dalla morte corporale e da quella spirituale. Scuotere la polvere dai piedi era un gesto con il quale gli Ebrei esprimevano il distacco dal mondo pagano e la messa sotto accusa di chi si chiudeva al messaggio del vero e unico Dio. L’unzione con l’olio è bene testimoniata nel mondo pagano e in quello biblico. In quest’ultimo l’unzione compare come segno messianico con il quale si evidenzia quanto la forza di Dio è capace di operare sul corpo e sullo spirito dell’uomo.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,7-13
 
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore.
 
Prese a mandarli a due a due ... E ordinò loro di non prendere nient’altro che un bastone ... - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): Il maestro comincia con l’inviare i discepoli « a due a due (v. 7b): si tratta di un’usanza giudaica? Nella legge di Mosè sono necessari due testimoni perché una deposizione sia valida (Dt 19,15). Ma questo numero è anche il simbolo della comunità: i missionari devono operare non da soli, ma in compagnia; questa procedura di Gesù è stata presa alla lettera dai primi cristiani. Negli Atti degli Apostoli i missionari procedono sempre in due: Pietro e Giovanni (At 3,1; 4,13); Paolo e Barnaba (At 13,2); Giuda e Sila (At 15,22b) e così via. Gesù ha conferito ai suoi inviati anche una particolare potere: la cacciata dei demòni, uno dei segni che attestano che il regno di Dio ha già avuto inizio.
Quello che colpisce anzitutto nei dettami di Gesù agli inviati (vv. 8-9) è che si rivolgono a uomini continuamente in viaggio; ma, soprattutto, pongono l’accento sulla testimonianza di povertà che essi debbono dare. Gli stessi mezzi di sussistenza (il pane, un po’ di denaro) saranno accettati come doni da parte di coloro che avranno visitato. Il loro corredo sarà dei più modesti, come si addice a viaggiatori che nulla deve impacciare (né bisaccia, né tunica di ricambio).
Per potersi muovere agevolmente, Marco pensa - al contrario di Matteo e di Luca - che il bastone e i sandali sono necessari. All’epoca si andava solitamente a piedi nudi: ma, per i lunghi percorsi, bastone e sandali sembrano necessari. Forse vi è l’idea di presentare i coadiutori di Gesù come dei «pellegrini» sempre pronti a mettersi in cammino, come quelli descritti dal rituale della Pasqua: «Con i vostri fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano» (Es 12,11).
 
La vocazione - Pastores dabo vobis n. 36: La storia di ogni vocazione sacerdotale, come peraltro di ogni vocazione cristiana, è la storia di un ineffabile dialogo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio che chiama e la libertà dell’uomo che nell’amore risponde a Dio. Questi due aspetti indissociabili della vocazione, il dono gratuito di Dio e la libertà responsabile dell’uomo, emergono in modo splendido e quanto mai efficace nelle brevissime parole con le quali l’evangelista Marco presenta la vocazione dei dodici: Gesù «salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui». Da un lato sta la decisione assolutamente libera di Gesù, dall’altro l’«andare» dei dodici, ossia il loro «seguire» Gesù.
È questo il paradigma costante, il dato irrinunciabile di ogni vocazione: quella dei profeti, degli apostoli, dei sacerdoti, dei religiosi, dei fedeli laici, di ogni persona.
Ma del tutto prioritario, anzi preveniente e decisivo è l’intervento libero e gratuito di Dio che chiama. Sua è l’iniziativa del chiamare. È questa, ad esempio, l’esperienza del profeta Geremia: « Mi fu rivolta la parola del Signore: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”». È la stessa verità presentata dall’apostolo Paolo, che radica ogni vocazione nell’eterna elezione in Cristo, fatta «prima della creazione del mondo e secondo il beneplacito della sua volontà». L’assoluto primato della grazia nella vocazione trova la sua perfetta proclamazione nella parola di Gesù: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga».
Se la vocazione sacerdotale testimonia in modo inequivocabile il primato della grazia, la libera e sovrana decisione di Dio di chiamare l’uomo domanda assoluto rispetto, non può minimamente essere forzata da qualsiasi pretesa umana, non può essere sostituita da qualsiasi decisione umana. La vocazione è un dono della grazia divina e mai un diritto dell’uomo, così che «non si può mai considerare la vita sacerdotale come una promozione semplicemente umana, né la missione del ministro come un semplice progetto personale». È così escluso in radice ogni vanto e ogni presunzione da parte dei chiamati. L’intero spazio spirituale del loro cuore è per una gratitudine ammirata e commossa, per una fiducia ed una speranza incrollabili, perché i chiamati sanno di essere fondati non sulle proprie forze, ma sull’incondizionata fedeltà di Dio che chiama.
 
La cura dei malati - Catechismo degli Adulti nn. 712-13: Profonda è l’unità di spirito e corpo: il disordine del peccato danneggia indirettamente il fisico; viceversa la malattia  dell’organismo colpisce anche lo spirito, in quanto causa sofferenza, senso di impotenza, pericolo di morte, solitudine e angoscia. Il malato ha particolarmente bisogno di sincera solidarietà, che lo aiuti a superare la tentazione di abbattersi, di chiudersi nei confronti degli altri, di ribellarsi a Dio.
In ogni epoca, «animata da quella carità con cui ci ha amato Dio,... la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce agli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri e ai sofferenti, e si prodiga volentieri per loro». È una storia bellissima, malgrado gli inevitabili limiti umani: strutture ospedaliere, ordini religiosi, associazioni caritative, pastorale degli infermi, dedizione eroica di santi, tra i quali ricordiamo san Camillo de’ Lellis, san Giovanni di Dio, san Vincenzo de’ Paoli, san Giuseppe Cottolengo, il medico san Giuseppe Moscati. Oggi urge qualificare in senso cristiano gli operatori sanitari e promuovere il volontariato, per sottrarre i malati e gli anziani all’isolamento, in cui troppo spesso vengono a trovarsi.
 
L’unzione con l’olio: «Cose simili a queste sono anche in Luca. Guarivano i malati ungendoli di olio è un particolare del solo Marco [Mc 6,13], ma c’è qualcosa di simile nella lettera Cattolica di Giacomo ove dice: “Sta male qualcuno in mezzo a voi, ecc.” [Gc 5,14-15]. L’olio è un rimedio per la stanchezza ed è fonte di luce e di gioia. L’unzione dell’olio, quindi, significa la misericordia di Dio, il rimedio delle malattie e l’illuminazione del cuore. Che la preghiera faccia tutto questo lo sanno tutti; l’olio, come credo, è simbolo di queste cose» (Cirillo di Alessandria, In Marcum comment. 6,13).
 
 
Il Santo del Giorno - 6 Febbraio 2025 - San Paolo Miki e Compagni, Martiri - Testimoni di un Amore che non delude mai: Se i “capricci” dei potenti mutano al mutare delle stagioni, l’amore di Dio è l’unica cosa che non delude mai. E fu proprio all’abbraccio di Dio che si affidò san Paolo Miki, mentre andava verso il supplizio che lo attendeva a Osaka nel 1597. Con lui venivano crocifissi tre gesuiti, cinque francescani missionari e 17 giapponesi terziari di San Francesco. Paolo Miki fu il primo religioso giapponese, nato a Kyoto nel 1556 e battezzato all’età di 5 anni. A 22 anni entrò tra i Gesuiti, dedicandosi da subito alla predicazione: un impegno che includeva anche il dialogo con i buddhisti, nel quale Miki si distinse in maniera particolare. Tra il 1582 e il 1584 compì una visita a Roma assieme a una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma fu per volere dello stesso Shogun - diventato persecutore dei cristiani per motivi politici e culturali - che Miki fu arrestato nel dicembre 1596 a Nagasaki e ucciso poche settimane dopo. Le sue ultime parole furono pronunciate a latino: nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito. (Matteo Liut)

O Dio, che nei tuoi santi martiri
ci hai dato mirabili testimoni del mistero della croce,
concedi che, rinvigoriti dalla comunione a questo sacrificio,
aderiamo con piena fedeltà a Cristo
e operiamo, nella Chiesa, per la salvezza di tutti.
Per Cristo nostro Signore.