27 FEBBRAIO 2025
 
GIOVEDÌ DELLA VII SETTIMANA T. O.
 
Sir 5,1-10 (NV); Salmo Responsoriale Dal Salmo1; Mc 9,41-50
 
Colletta
Il tuo aiuto, Dio onnipotente,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Il rispetto dell’anima altrui: lo scandalo - Catechismo della Chiesa Cattolica: 2284 Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza.
2285 Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: « Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, [...] sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare » (Mt 18,6). Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore.
2286 Lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall’opinione pubblica.
Così, si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, o a « condizioni sociali che, volutamente o no, rendono ardua o praticamente impossibile una condotta di vita cristiana, conformata ai precetti del Sommo Legislatore ». La stessa cosa vale per i capi di imprese i quali danno regolamenti che inducono alla frode, per i maestri che «esasperano» i loro allievi o per coloro che, manipolando l’opinione pubblica, la sviano dai valori morali.
2287 Chi usa i poteri di cui dispone in modo tale da spingere ad agire male, si rende colpevole di scandalo e responsabile del male che, direttamente o indirettamente, ha favorito. «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono» (Lc 17,1).
 
I Lettura: L’Antico Testamento - Siracide (Ed. Paoline): 5,1-8 Non ... Questi versetti iniziano tutti con l’esortazione a “non” (mé) fare qualcosa: nei vv. 1 e 7 l’imperativo negativo ricorre due volte. Il tema al centro del brano è quel senso di presunzione che dà all’uomo l’illusione di bastare a se stesso, di avere il dominio sulle cose e di non aver bisogno di nessuno, neppure di Dio. Questo atteggiamento porta a contare unicamente sulle proprie forze e ad appoggiare la propria vita su false sicurezze, a cominciare dalla ricchezza (1), magari ottenuta con la frode o con l’inganno (8). Chi pensa e vive in questo modo non può sfuggire alla punizione di Dio (3.6.7.8).
 
Vangelo
È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.
 
“Gesù ordina la rinuncia anche eroica quando è necessaria per non perdere il bene più prezioso, che è quello della fede, della grazia e della vita eterna. Quando parla di automutilazione usa un modo di dire paradossale, per meglio inculcare la necessità di certe rinunce, anche se dure e difficili” (Vincenzo Raffa).
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,41-50
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
 
Parola del Signore.
 
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me … I piccoli non sono tanto i bambini, ma i credenti dalla fede vacillante, i cristiani deboli esposti allo scandalo. I credenti, al dire di sant’Alberto Magno, qui sono «detti piccoli per la loro fede limitata e perché possono essere facilmente scandalizzati, sono cioè deboli nella fede e pronti al peccato, provocati anche dai cattivi esempi dei sacerdoti».
E Gesù su questo punto non ammette deroghe. Il giudizio è severissimo, un giudizio espresso con parole di fuoco. Qui viene sfumata l’immagine edulcorata del Gesù buono a tutti i costi, pronto a perdonare tutto a tutti.
Da qui l’urgenza a recidere, con profonda determinazione, tutto quello che può provocare scandalo a se stessi e ai fratelli. I moniti di Gesù certamente non vanno presi alla lettera. Avremmo un paese zeppo di ciechi e di sciancati. In verità, è l’urgenza della conversione per entrare nel Regno di Dio.
La porta per entrare nel Regno è stretta (Mt 7,13-14) per cui per entrarvi non è necessario mutilarsi, ma semplicemente scorticarsi. La salvezza non è un gioco da ragazzi, non è da prendere sotto gamba; è invece qualcosa di molto serio. Per il Vangelo la vita terrena, nel suo naturale finire, si apre soltanto a due soluzioni: o il Regno, cioè l’eterna beatitudine; o la Geenna, l’Inferno «ove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 8,12), cioè l’eterna dannazione (Mt 18,18; 25,41; Gd 1,7).
La sibillina espressione - il loro verme e il fuoco non si estingue - è presa di peso dal libro del profeta Isaia (66,24) dove il verme è simbolo del rimorso. Acutamente fa osservare san Giovanni Crisostomo che qui la coscienza viene chiamata verme che «morde l’anima che non opera il bene». Quindi  ognuno «diviene accusatore di se stesso al ricordo di come si è comportato nell’esistenza mortale, e così il verme non muore» (Catena Aurea). Ricordata in altri testi veterotestamentari (cf. Sir 7,17; Gdt 16,17), l’espressione sta ad indicare il giusto castigo dell’empio. Gesù se ne serve «per descrivere metaforicamente le pene dei dannati, che saranno tormentati senza possibilità di riscatto. Strettamente non sembra che vi sia inclusa anche l’idea di eternità. Ma tenendo conto di tutto l’insegnamento del Nuovo Testamento al riguardo, non sembra che si possa escludere» (Adalberto Sisti).
Peccato che il testo evangelico omette il prosieguo: «Perché ciascuno sarà salato con il fuoco».
A volere gettare alle ortiche secoli di esegesi, di pronunciamenti del magistero della Chiesa e di riflessioni alla fine non resta che dire una cosa sola: come esiste la possibilità che l’uomo alla fine della vita possa aprire gli occhi sul volto di Dio (1Cor 13,12), così esiste la possibilità che possa perdersi eternamente. Egli può andare consapevolmente incontro a una dannazione intrisa di indicibili patimenti (la pena del senso) e tra questi il dolore inenarrabile della perdita di Dio (la pena del danno). Il non contemplare Dio, il non vedere il suo volto, questa è la pena indicibile che accompagnerà eternamente il dannato.
La replica di Gesù non è una minaccia, ma «una luce che mi indica la via, e io devo giungere a comprendere e accogliere la sua volontà: “Sì, Signore, se per arrivare a Te mi chiedi di entrare nella vita monco ... zoppo ... con un occhio solo, mi troverai pronto”. Questa è la vita cristiana radicata nella serietà purissima della Croce» (G. Pollano).
 
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala … - Emmanuela Ghini (Scandalo, Schede Bibliche Pastorali - Vol. VII):  - 1. Lo scandalo per Israele. Il termine skàndalon eredita dall’ebraico una grande ricchezza di significati; esso deriva da skandàlètron e traduce nei LXX due diverse radici ebraiche: jqs (nqs), che significa prendere in trappola (Sal. 124), e ksl, che significa inciampare, vacillare (Is. 8,15), da cui deriva il sostantivo mik’ sòl, occasione di caduta, ostacolo (Lev. 19,14; Is. 57), usato anche in senso metaforico (1Sam. 25,31; Ez. 3,20).
Si è detto che skàndalon, da causa di rovina materiale, passa progressivamente a indicare rovina in senso religioso, quindi caduta e peccato.
Lo scandalo per Israele si configura come attentato all’alleanza, rifiuto del rapporto d’amicizia che Dio ha stabilito con l’uomo mediante essa. In questo senso possono costituire una seduzione, un laccio per Israele i popoli abitanti la terra promessa (Es. 23,33; 34,12), se Iahvé non li caccia davanti al suo popolo (Gios. 23,13). Causa ricorrente di scandalo, cioè di occasione di peccato, è infatti l’idolatria delle nazioni vicine al popolo eletto (Dt. 7,16). Gli idoli stessi sono detti scandalo (Os. 4,17; Giud. 8,27).
Ma anche Iahvé può porsi come pietra d’inciampo per il suo popolo prevaricatore (Is. 8,14), e costituire per esso, per la sua salvezza, un momentaneo ostacolo (Ger. 6,21). Israele deve scegliere tra l’economia di Dio e quella umana; scegliere quest’ultima è incorrere nella ribellione, che rende Dio causa di rovina per i suoi figli.
Anche il singolo israelita può essere «scandalo» per il popolo eletto, se tenta di strapparlo al rapporto dell’alleanza e quindi dal seguito di Iahvé. Dio punisce chi tenta di indurre Israele alla perversione (1Re 14,16). Elia predice ad Acab la sua tragica fine solo perché ha provocato lo sdegno di Iahvé, ma anche perché ha fatto peccare Israele (1Re 21,22).
Lo scandalo ha un aspetto individuale e un aspetto sociale. Esso è legato all’empietà; per l’empio infatti tutto può essere occasione di caduta e motivo di scandalo: non solo la lingua (Eccli. 23,28), ma anche la legge (Eccli. 32,15). Dio solo può far scomparire lo scandalo (Sof. 1, 3).
2. Potenza demoniaca dello scandalo nel NT. Come nell’Antico Testamento, anche nel Nuovo Testamento lo scandalo è definito in rapporto a Dio.
Nel Nuovo Testamento skàndalon e skandalìzon hanno la stessa pregnanza di significato che nell’Antico Testamento e nel giudaismo, ma subiscono l’influenza del clima nuovo portato da Cristo. Gesù, la più assoluta sfida alla fede, richiama lo scandalo, ostacolo alla fede.
Nei sinottici i due significati principali di skàndalon hanno per centro Satana (il male) o Gesù (la fede). Un gruppo di testi è centrato sul male. È Matteo l’evangelista che mette in luce l’aspetto demoniaco dello scandalo. L’opera di Gesù, l’unto di Spirito santo che si oppone a Satana (Mc. 3,22.29), segna la sconfitta del principe delle tenebre; le espulsioni dei demoni lo manifestano.
Con immagini dell’apocalittica giudaica, Matteo evoca il dramma escatologico. Mt. 13,41 cita Sof. 1,3: gli scandali si riferiscono non solo agli uomini che con il loro esempio causano la rovina di altri, ma alle forze demoniache che lavorano alla corruzione dell’umanità. Esse raggiungono negli ultimi tempi il massimo di potenza nefasta. La vittoria definitiva sarà però dei figli dell’uomo.
Mt. 24,10 richiama Dan. 11,41: lo scandalo è qui la grande apostasia operata dalle potenze sataniche che hanno il compito di seminare il male nel mondo. Per il loro influsso molti si vendono a Satana e lo riconoscono per il Dio dell’universo.
Questi testi mostrano, già in luce escatologica, la grandezza del seduttore che distrugge la fede e induce alla caduta. Anche Mt. 18,7 va letto in prospettiva apocalittica; il testo non riguarda una semplice tentazione, ma mostra lo spaventoso pericolo dello scandalo che precede la venuta del messia e che esclude dalla salvezza. Ma anche gli scandali stanno sotto la necessità divina (anànk) e fanno parte del disegno di Dio, anzi, annunciano presente il suo venire, costringono alla scelta decisiva per o contro Dio. Pietro, che ha ricevuto autorità sulle potenze infernali (Mt. 16,16-19) diviene, a sua insaputa, un loro strumento. Lo scandalo si rivela come contrasto tra l’uomo e Dio, e se ne ricupera qui il senso anticotestamentario: gli idoli erano abominevoli per Iahvé; allo stesso modo è esecrabile lo scandalo. La decisione per o contro Dio passa per un punto solo, la croce; Pietro diviene scandalo per Gesù perché misconosce la via della croce. L’abbandono, da parte di Gesù, del piano di salvezza voluto dal Padre, comporterebbe l’abbandono del mondo alle forze demoniache. La proposta di Pietro è satanica (Mt. 16,21-23). Allo stesso modo i pastori possono divenire motivo di scandalo per il gregge quando la prudenza umana impedisce in essi l’ascolto dello Spirito (Gv. 10,11 s.).
 
Il Santo del giorno - 27 Febbraio 2025 - San Gabriele dell’Addolorata: Francesco Possenti nacque ad Assisi nel 1838. Perse la madre a quattro anni. Seguì il padre, governatore dello Stato pontificio, e i fratelli nei frequenti spostamenti. Si stabilirono, poi, a Spoleto, dove Francesco frequentò i Fratelli delle scuole cristiane e i Gesuiti. A 18 anni entrò nel noviziato dei Passionisti a Morrovalle (Macerata), prendendo il nome di Gabriele dell’Addolorata. Morì nel 1862, 24enne, a Isola del Gran Sasso, avendo ricevuto solo gli ordini minori. È lì venerato, nel santuario che porta il suo nome, meta di pellegrinaggi, soprattutto giovanili.
È santo dal 1920, compatrono dell’Azione cattolica e patrono dell’Abruzzo. (Avvenire)
 
Dio onnipotente,
il pegno di salvezza ricevuto in questi misteri
ci conduca alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.