28 FEBBRAIO 2025
Venerdì VII Settimana T. O.
Sir 6,5-17; Salmo Responsoriale Dal Salmo118 (119); Mc 10,1-12
Colletta
Il tuo aiuto, Dio onnipotente,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Catechismo della Chiesa Cattolica Indissolubilità del Matrimonio e divorzio 2382: Il Signore Gesù ha insistito sull’intenzione originaria del Creatore, che voleva un matrimonio indissolubile. Ha abolito le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella Legge antica.
Tra i battezzati «il Matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte».
2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:
«Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un’altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un’altra».
2385 Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.
2400 L’adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio.
I Lettura: L’Antico Testamento - Siracide (Ed. Paoline): 6,5-17 In questa unità il centro dell’attenzione si sposta sulla amicizia (vera e falsa): tema ampiamente diffuso nella letteratura ellenistica del tempo e ripreso con tipico linguaggio ebraico, da ben Sira
Vangelo
L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.
Il tema del divorzio, al tempo di Gesù, era oggetto di accese discussioni tra due scuole rabbiniche: quella di Shammai, rigorista, e quella di Hillel, lassista. La prima riconosceva legittimo motivo solo il caso di adulterio da parte della moglie, la seconda scuola ammetteva, invece, come valido qualsiasi motivo, anche il più futile. L’intenzione dei farisei è di costringere Gesù a schierarsi o per la scuola di Shammai o per la scuola di Hillel e così poterlo accusare o ai rigoristi o ai lassisti. L’intenzione era di creargli dei nemici. Gesù capovolge il tutto mettendo la donna e l’uomo sullo stesso piano. Non è solo la moglie colpevole di adulterio verso il marito, ma anche il marito si rende colpevole di adulterio se ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra. I diritti e i doveri sono uguali per la moglie e per il marito e chi li lede commette adulterio.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,41-50
In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Parola del Signore.
Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra ... - I farisei, sempre vigilanti, seguono passo passo Gesù attendendo solo il momento opportuno per attaccare, per metterlo alla prova: il verbo greco (peirazontes) «ha un significato peggiorativo, stando ad indicare un tentativo che si compie in tutto malanimo per fare cadere qualcuno per mezzo di un tranello tesogli di nascosto [cf. Mc 8,11; 12,13-15]» (Adalberto Sisti).
Così non sorprende questo ennesimo assalto volto unicamente a mettere in difficoltà Gesù. La domanda è costruita ad arte: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
È vero che il ripudio era ammesso dalla legge di Mosè (cf. Dt 24,1-4), ma la loro interpretazione era abusiva. Oltre tutto, la domanda non doveva essere nemmeno posta perché i farisei, veri maestri della Parola, conoscevano già la risposta e sapevano che si trovava nel primo libro della Torah, il libro della Genesi, dove tra l’uomo e la donna veniva postulato completa e indissolubile comunione di vita.
Da qui si comprende quanto fosse capziosa la loro domanda. Gesù risponde con una domanda - Che cosa vi ha ordinato Mosè? - perché vuole costringere i suoi avversari a trovare da se stessi la risposta.
E alla replica dei farisei, Gesù dà, come una stoccata, la sua risposta: «Per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma».
La durezza del cuore e della cervice (cf. Es 32,9; 33,3 ecc.) è un rimbrotto che a piè sospinto troviamo nell’Antico Testamento. La durezza di cuore è l’incapacità dell’uomo a comprendere la volontà di Dio ed entrare nei suoi disegni. È chiusura alla parola di Dio. Questo peccato apportò al popolo giudeo fame, lutti, morti, catene ... Per tanta ostinazione, sul popolo d’Israele piombò un terribile castigo: la fame della Parola di Dio (Am 8,11-12).
Il richiamo all’autorità della sacra Scrittura, che troviamo sovente nell’insegnamento di Gesù (cf. Mt 4,4.6.7; 26,31; Mc 14,21.27; Lc 24,46; ecc.), qui è teso a smascherare l’ipocrisia dei farisei. In verità, il legalismo e la doppiezza erano il complesso dei requisiti utili a delineare l’immagine ideale dei farisei: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti ... Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini ... Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione ... [annullate] così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,6.8-9.13). Una tentazione, quella di annullare la parola di Dio con la tradizione, mai sopita, nemmeno nella Chiesa.
La citazione biblica - Ma all’inizio della creazione ... - sembra avere acquietato gli importuni interlocutori, infatti Marco non registra ulteriori repliche da parte dei farisei. Saranno, invece, i discepoli a volere scendere nei particolari. E Gesù non si sottrae e con la sua risposta, che riflette la legislazione mosaica e il diritto romano, torna a rimettere sullo stesso piano l’uomo e la donna.
Questo è il progetto di Dio il quale non ammette disquisizioni teologiche di sorta. In questa luce si arriva ad una sola conclusione: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha unito». Che è equivalente a: «l’uomo non manipoli ciò che Dio ha fatto per essere congiunto, ma ne promuova lo sviluppo armonioso. Chiama durezza di cuore [che è centro della persona più che del sentimento] la ristrettezza di mente e di progetti di chi ha perso la ricchezza della parola di Dio per rinchiudersi nei cavilli giuridici» (Don Bruno Barisan).
Claude Wiéner: La concezione del matrimonio nel NT è dominata dal paradosso stesso della vita di Gesù: «nato da una donna» (Gal 4, 4; cfr. Lc 11, 27), con la sua vita di Nazaret (Lc 2, 51 s) egli consacra la famiglia quale è stata preparata da tutto il VT. Ma, nato da una madre vergine, vissuto egli stesso nella verginità, rende testimonianza ad un valore superiore al matrimonio.
I. CRISTO ED IL MATRIMONIO
1. La nuova legge. - Riferendosi esplicitamente, al di là della legge di Mosè, al disegno creatore della Genesi, Gesù afferma il carattere assoluto del matrimonio e la sua indissolubilità (Mt 19, 1-9): Dio stesso unisce l’uomo e la donna, dando alla loro libera scelta una consacrazione che li trascende. Essi sono «una sola carne» dinanzi a lui; perciò il ripudio, tollerato «a motivo della durezza dei cuori», dev’essere escluso nel regno di Dio, in cui il mondo ritorna alla sua perfezione originale. L’eccezione del «caso di fornicazione» (Mt 19, 9) non ha certamente di mira una giustificazione del divorzio (cfr. Mc 10, 11 s; Lc 16, 18; 1 Cor 7, 10 s); concerne o il rinvio di una sposa illegittima, oppure una separazione cui non potrà far seguito un altro matrimonio. Di qui lo spavento dei discepoli dinanzi al rigore della nuova legge: «Se questa è la condizione dell’uomo nei confronti della donna, è meglio non sposarsi!» (Mt 19, 10). Questa esigenza sui principi non esclude la misericordia verso gli uomini peccatori. A più riprese Gesù incontra adultere o persone infedeli all’ideale dell’amore (Lc 7, 37; Gv 4, 18; 8, 3 ss; cfr. Mt 21, 31 s). Le accoglie, non per approvare la loro condotta, ma per apportare loro una conversione ed un perdono che sottolineano il valore dell’ideale tradito (Gv 8, 11).
2. Il sacramento del matrimonio. - Gesù non si accontenta di ricondurre l’istituzione del matrimonio a questa perfezione primitiva che il peccato umano aveva oscurato. Gli dà un fondamento nuovo che gli conferisce il suo significato religioso nel regno di Dio. Con la nuova alleanza che fonda nel suo proprio sangue (Mt 26, 28), egli stesso diventa lo sposo della Chiesa. Per i cristiani, diventati con il battesimo templi dello Spirito Santo (1 Cor 6, 19), il matrimonio è quindi «un grande mistero in rapporto a Cristo ed alla Chiesa» (Ef 5, 32). La sottomissione della Chiesa a Cristo e l’amore redentore di Cristo per la Chiesa, che egli ha salvato dandosi per essa, sono così la regola vivente che gli sposi devono imitare; potranno farlo, perché la grazia di redenzione tocca il loro stesso amore assegnandogli il suo ideale (5, 21-33). La sessualità umana, di cui bisogna valutare con prudenza le esigenze normali (1 Cor 7, 1-6), è assunta ora in una realtà sacra che la trasfigura.
II. MATRIMONIO E VERGINITÀ
«Non è bene che l’uomo sia solo», diceva Gen 2, 18. Nel regno di Dio instaurato da Gesù appare un nuovo ideale. Per il regno, degli uomini si faranno «eunuchi volontari» (Mt 19, 11 s). È il paradosso della verginità cristiana. Fra il tempo del VT, in cui la fecondità era un dovere primario al fine di perpetuare il popolo di Dio, e la parusia, in cui il matrimonio sarà abolito (Mt 22, 30 par.), due forme di vita coesistono nella Chiesa: quella del matrimonio, che il mistero di Cristo e della Chiesa trasfigura, e quella del celibato consacrato, che Paolo reputa la migliore (1 Cor 7, 8. 25-28). Non si tratta di disprezzare il matrimonio (cfr. 7, 1), ma di vivere pienamente il mistero nuziale al quale ogni cristiano partecipa già con il battesimo (2 Cor 11, 2): con l’unirsi al Signore totalmente per non piacere che a lui solo (1 Cor 7, 32-35), si attesta che la figura del mondo presente, alla quale l’istituzione matrimoniale è correlativa, si avvia verso la fine (7, 31). In questa prospettiva l’ideale sarebbe che «coloro che hanno moglie vivano come se non l’avessero» (7, 29) e che le vedove non si risposino. Ma tutto questo dipende in fin dei conti dal Signore: si tratta di vocazioni diverse e complementari nell’ambito del corpo di Cristo: in questo, come negli altri campi, «ciascuno riceve da Dio il proprio dono particolare, uno questo l’altro quello» (7, 7; cfr. Mi 19, 11).
La moglie fedele - Giovanni Crisostomo, In epist. ad Tit., 4, 2: La moglie che ha cura della casa, sarà anche pudica e regolerà tutto; né si darà ai piaceri, a spese ingiustificate e simili cose. “Perché non sia bestemmiato il nome di Dio”, dice l’Apostolo. Lo vedi che egli si preoccupa principalmente della predicazione e non delle cose temporali? Difatti, scrivendo a Timoteo dice: “Meniamo una vita quieta e tranquilla con tutta pietà e onestà” (1Tm 2,2); qui poi dice: “Perché non sia bestemmiato il nome e la dottrina di Dio”. Se capita, infatti, che una donna fedele maritata a un infedele, non sia ben fornita di virtù, di qui suole nascere la bestemmia contro Dio, ma se è ben fornita di virtù le sue parole e le sue azioni promuoveranno la gloria di Dio. Sentano le donne che sono sposate a uomini malvagi o infedeli; sentano e imparino a indurli alla pietà con i loro buoni costumi. Se, infatti, non dovessi cavarci altro né riuscissi a ridurlo alla vera fede, però ne chiuderai la bocca e non gli darai occasione di bestemmiare contro la religione cristiana. E questo non è tanto poco, è anzi moltissimo, perché dai contatti della vita la nostra verità acquista ammirazione.
Il Santo del giorno - 28 Febbraio 2025: Beato Daniele Alessio Brottier, Sacerdote: Daniele Alessio Brottier è ricordato per il suo impegno nella missione, nell’apostolato tra i militari e per l’aiuto agli orfani. Nato nel 1876 a La Ferté-Saint Cyr, diocesi di Blois, in Francia, entrò in Seminario nel 1890 e divenne prete a 23 anni nel 1899. Nel 1902 entrò come novizio nella congregazione dello Spirito Santo ad Orly, l’anno seguente emise i voti religiosi e partì quasi subito per il Senegal, allora colonia francese , ma rientrò dopo soli tre anni per motivi di salute. Ripresosi tornò nuovamente nel paese africano, ma i problemi di salute lo costrinsero a tornare definitivamente in patria. Allora, in Francia, fondò l’opera «Souvenir Africain», allo scopo di costruire la cattedrale di Dakar. Cappellano militare nella Prima Guerra mondiale, fondò l’Unione nazionale combattenti e l’Opera degli orfani apprendisti. Morì nel 1936. È stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1984. (Avvenire)
Dio onnipotente,
il pegno di salvezza ricevuto in questi misteri
ci conduca alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.