18 Febbraio 2025
 
Martedì VI Settimana T, O.
 
Gn 6,5-8; 7,1-5.10; Salmo Responsoriale Dal Salmo 28 (29); Mc 8,14-21
 
Colletta
O Dio, che hai promesso di abitare
in coloro che ti amano con cuore retto e sincero,
donaci la grazia di diventare tua degna dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Il diluvio prefigurazione del Battesimo - Catechismo della Chiesa cattolica 1094 Proprio su questa armonia dei due Testamenti si articola la catechesi pasquale del Signore e in seguito quella degli Apostoli e dei Padri della Chiesa. Tale catechesi svela ciò che rimaneva nascosto sotto la lettera dell’Antico Testamento: il mistero di Cristo. Essa è chiamata «tipologica» in quanto rivela la novità di Cristo a partire dalle «figure» (τύπoι) che lo annunziavano nei fatti, nelle parole e nei simboli della prima Alleanza. Attraverso questa rilettura nello Spirito di verità a partire da Cristo, le figure vengono svelate. Così, il diluvio e l’arca di Noè prefiguravano la salvezza per mezzo del Battesimo, come pure la nube e la traversata del Mar Rosso; l’acqua dalla roccia era figura dei doni spirituali di Cristo; la manna nel deserto prefigurava l’Eucaristia, «il vero pane dal cielo» (Gv 6,32).  
1219 La Chiesa ha visto nell’arca di Noè una prefigurazione della salvezza per mezzo del Battesimo. Infatti, per mezzo di essa, «poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua» (1 Pt 3,20):  
«Nel diluvio hai prefigurato il Battesimo, perché, oggi come allora, l’acqua segnasse la fine del peccato e l’inizio della vita nuova».
«Nel diluvio hai prefigurato il Battesimo, perché, oggi come allora, l’acqua segnasse la fine del peccato e l’inizio della vita nuova».
 
I Lettura: Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande … E il Signore si pentì: questo pentimento di Dio esprime in modo umano l’esigenza della sua santità, che non può sopportare il peccato.
 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dalla terra ogni essere che ho fatto: “Possediamo parecchie narrazioni babilonesi sul diluvio, che presentano rassomiglianze considerevoli con il racconto biblico. Questo non ne dipende, ma attinge alla medesima eredità: il ricordo di una o più inondazioni disastrose della valle del Tigri e dell’Eufrate, che la tradizione aveva ingrandite con dimensioni di un cataclisma universale. Tuttavia, ed è l’essenziale, l’autore sacro ha caricato questo ricordo con un insegnamento eterno sulla giustizia e sulla misericordia di Dio, sulla malizia dell’uomo e sulla salvezza accordata al giusto (cf. Eb 11,7). E un giudizio di Dio che prefigura quello degli ultimi tempi (Lc 17,26s, Mt 24,37s) come la salvezza accordata a Noè raffigura la salvezza con le acque del battesimo (1Pt 3,20-21)” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode.
 
Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!: l’evangelista Matteo (16,12) interpreta il lievito dei farisei come l’insegnamento dei farisei e dei sadducei e Luca (12,1) come la loro ipocrisia. Alla base di entrambe le interpretazioni possiamo pensare che originariamente il detto deve essere stato riferito all’atteggiamento ostile dei farisei e dei sadducei nei confronti di Gesù e del suo messaggio. Le parole di Gesù però non vengono comprese dai discepoli: la preoccupazione per il cibo materiale impediva loro di comprendere che Gesù, che da poco aveva nutrito le folle operando un miracolo, era il Messia atteso dai Profeti, il vero Pane disceso dal Cielo in grado di nutrirli con il pane della vita. È “un invito per i discepoli a superare le preoccupazioni materiali per riflettere alla missione di Gesù illuminata dai suoi miracoli” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 8,14-21
 
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Parola del Signore.
 
Rinaldo Fabris (I Vangeli, Marco): All’ottusità dei farisei, che pretendono da Gesù un segno di autenticazione, segue l’incomprensione dei discepoli che non sanno cogliere la portata dei segni già compiuti da Gesù.
L’attuale racconto si adatta molto bene  alla «sezione del pane», perché il dialogo chiarificatore tra Gesù e i discepoli prende avvio dalla dimenticanza della provvista di pane, 8,14. La sentenza di Geni sul lievito dei farisei e di Erode è stata associata a questo contesto per la sua affinità tematica. Nel vangelo di Marco i farisei e gli aderenti al partito di Erode sono associati nei loro progetti contro Gesù, M 3,6; 12,13. La paura di perdere il prestigio religioso, per farisei, o la paura di compromettere il potere o successo politico, per gli erodiani, alimenta il comune sospetto e la comune ostilità nei confronti di Gesù. Questa paura è come una fonte nascosta di corruzione, «il lievito», che impedisce di comprendere e accogliere il progetto di Gesù.
È un pericolo al quale i discepoli non sono per nulla estranei. Anzi la loro cecità e sordità spirituale, a paragone di quelli che stanno fuori, hanno radici in un cuore indurito, cioè nel centro della personalità chiusa ai progetti di Dio. L’invito insistente di Gesù ai discepoli di penetrare nella comprensione del miracolo dei pani fa intuire che quel gesto, nel progetto di Gesù, non è stato un gioioso picnic popolare, ma un preciso momento di rivelazione del suo compito e della sua persona.
Il miracolo del cieco guarito, che segue immediatamente, 8,22-26, e corrisponde al miracolo del sordomuto della sezione parallela, 7,31-37, è in questa linea di rivelazione salvifica: c’è una sordità e cecità dell’uomo più grave e profonda di quella fisica; essa non può essere guarita da nessun miracolo fino a quando il cuore non è cambiato. A questo precisamente punta Gesù con la sua azione e parola.
 
Il pane quotidiano - Daniel Sesboüé (Pane in Dizionario di Teologia Biblica): 1. Nella vita corrente si caratterizza una situazione dicendo il gusto che essa dà al pane.
Colui che soffre e che Dio sembra abbandonare mangia un pane «di lacrime», di angoscia o «di cenere» (Sal 42,4; 80,6; 102,10; Is 30,20); chi è lieto lo mangia nella gioia (Eccle 9,7). Del peccatore si dice che mangia un pane di empietà o di menzogna (Prov 4, 17) e del pigro, un pane di ozio (Prov 31,27). D’altra parte il pane non è soltanto un mezzo di sussistenza: è destinato ad essere diviso. Ogni pasto suppone una riunione e quindi una comunione. Mangiare il pane regolarmente con uno, significa essergli amico, quasi intimo (Sal 41,10; Gv 13,18). Il dovere dell’ospitalità è sacro e fa del pane di ognuno il pane del viandante mandato da Dio (Gen 18,5; Lc 1,5.11).
Soprattutto a partire dall’esilio, l’accento posto sulla necessità di condividere il proprio pane con l’affamato: la pietà giudaica trova qui l’espressione migliore della carità fraterna (Prov 22,9; Ez 18, 7. 16; Giob 31,17; Is 58,7; Tob 4,16). Paolo, quando raccomanda ai Corinti la colletta in favore dei «santi», ricorda loro che ogni dono viene da Dio, a cominciare dal pane (2 Cor 9,10). Nella Chiesa cristiana, la «frazione del pane» designa infine il rito eucaristico spezzato in favore di tutti: il corpo del Signore diventa la fonte stessa dell’unità della Chiesa (Atti 2,42; 1 Cor 10,17).
2. Il pane, dono di Dio. - Dio, dopo aver creato l’uomo (Gen 1,29), e nuovamente dopo il diluvio (9,3) gli fa conoscere ciò che può mangiare; e l’uomo peccatore si assicurerà il necessario a prezzo di una dura fatica: «Mangerai il pane col sudore della tua fronte» (3,19). Da quel momento abbondanza o penuria di pane avranno valore di segno: l’abbondanza sarà benedizione di Dio (Sal 37,25; 1 2,15; Prov 12,11), e la penuria castigo del peccato (Ger 5,17; Ez 4,16s: Lam 1,11; 2,12). L’uomo deve quindi chiedere umilmente il suo pane a Dio ed aspettarlo con fiducia. A questo riguardo i racconti di moltiplicazione dei pani sono significativi. Il miracolo compiuto da Eliseo (2 Re 4,42ss) esprime bene la sovrabbondanza del dono divino: «Si mangerà e se ne avanzerà». L’umile fiducia è quindi la prima lezione dei racconti evangelici; desumendo da un salmo (78,25) la formula: «Tutti mangiarono e furono sazi» (Mr 14,20 par.; 15,37 par.; cfr. Gv 6,12), essi evocano il «pane dei forti» con cui Dio saziò il suo popolo nel deserto. In un identico contesto di pensiero Gesù ha invitato i suoi discepoli a chiedergli «il pane quotidiano» (Mt 6, 11), come figli che con fiducia attendono tutto dal loro Padre celeste (cfr. Mt 6,25 par.).
Infine il pane è il dono supremo dell’epoca escatologica, sia per ciascuno in particolare (Is 30,23), sia nel banchetto messianico promesso agli eletti (Ger 31,12). I pasti di Gesù con i suoi erano così preludio al banchetto escatologico (Mr 11,19 par.), e soprattutto il pasto eucaristico in cui il pane che Cristo dà ai suoi discepoli è il suo corpo, vero dono di Dio (Lc 22,19).
 
Benedetto Prete (Vangelo secondo Marco): Guardatevi dal lievito dei Farisei e dal lievito di Erode; il Maestro prende in senso metaforico il termine lievito, che, nel presente contesto, indica il principio della corruzione morale. Gli Ebrei infatti consideravano la fermentazione prodotta dal lievito come una forma di corruzione; per questo motivo il Levitico interdiceva l’uso del lievito per alcune offerte destinate al tempio (cf. Levitico, 2,11). Gesù raccomandava ai discepoli di guardarsi dal lievito dei Farisei e da quello di Erode. Il lievito dei Farisei designava la loro ipocrisia religiosa, come indica apertamente Luca, 12,1. L’evangelista parla anche del lievito di Erode (Matteo omette questa allusione al tetrarca), segnalando cosi un altro tipo di corruzione morale. Gesù riprova la falsa pietà dei Farisei che erano attaccati ad un formalismo religioso tutto apparenza ed esteriorità, come pure condanna i principi politici e morali del tetrarca che era un uomo abile, astuto, ambizioso, adultero, amante dello sfarzo e dei piaceri della vita. Gesù premunisce i suoi contro l’influenza corruttrice dei Farisei e di Erode Antipa.
 
La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): In altri passi evangelici - Lc 13,20-21; Mt 13,33- Gesù si servì dell’immagine del lievito per significare il vigore racchiuso nella sua dottrina. Qui la parola “lievito” viene usata nel senso di cattiva disposizione. È ben noto infatti che, nella preparazione del pane, il lievito è l’ingrediente che fa fermentare la pasta. L’ipocrisia dei farisei e la vita dissoluta di Erode, che agiva mosso unicamente da ambizione personale, erano il lievito che contaminava dal di dentro la “pasta” d’Israele, fino a guastarla del tutto. Gesù vuole premunire i discepoli contro questi pericoli, e far loro comprendere che per accogliere la sua dottrina è necessario avere un cuore semplice e puro. Ma i discepoli non comprendono. «Non erano colti, e neppure molto intelligenti, almeno per ciò che si riferisce alla comprensione delle realtà soprannaturali. Perfino gli esempi e i paragoni più semplici risultavano loro incomprensibili e dovevano ricorrere al Maestro: Domine, edissere nobis parabolam, Signore, spiegaci la parabola. Quando Gesù con una metafora allude al lievito dei farisei, credono che li stia rimproverando per non aver comprato del pane [...]. Erano questi i discepoli scelti dal Signore; tali apparivano prima che, ripieni di Spirito Santo, diventassero colonne della Chiesa. Sono uomini comuni, con i loro difetti, le loro debolezze, la loro parola più lunga delle opere. E tuttavia Gesù li chiama per farne dei pescatori di uomini, i corredentori e amministratori della grazia di Dio» (È Gesù che passa, n.2). Lo stesso può succedere a noi. Anche se non abbiamo grandi doti o qualità, il Signore ci chiama, e l’amore di Dio e la docilità alle sue parole faranno germogliare nelle nostre anime frutti imprevisti di santità e di efficacia soprannaturale.
 
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 53, 2: [I farisei] non chiedevano infatti per credere, ma per attaccarlo ... Ma poiché non cercavano di credere, per questo motivo in un’altra occasione li chiama anche ipocriti, perché dicevano una cosa e ne pensavano un’altra.
 
Il Santo del Giorno - 18 Febbraio 2025 - San Teotonio Sacerdote (Ganfei [Portogallo], 1080 circa – Coimbra [Portogallo], 18 febbraio 1166): Nato in Spagna intorno al 1080, fu affidato dai genitori allo zio Cresconio, vescovo di Coimbra, in Portogallo. Poté così imparare, sotto la guida dell’arcidiacono Tello, «l’arte della lettura e del canto secondo l’uso dei tempi». Morto lo zio, ricevette gli ordini sacri a Viseo, diocesi suffraganea di Coimbra per poi essere eletto priore della Cattedrale. Incarico cui rinunciò per recarsi pellegrino a Gerusalemme. Al ritorno si dedicò all’attività pastorale, soprattutto alla predicazione e alla confessione. Dopo qualche tempo tornò in Terra Santa. Nel frattempo Tello con altri dieci sacerdoti aveva avviato la costruzione del monastero di Santa Croce, vicino Coimbra. Teotonio aderì entusiasta al progetto e fu eletto priore della nuova comunità di Canonici Regolari di Sant’Agostino. Dopo 21 anni rinunciò alla carica di priore per passare gli ultimi dieci anni di vita nella piena osservanza della regola agostiniana. Morì il 18 febbraio 1166. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai fatto gustare il pane del cielo,
fa’ che desideriamo sempre questo cibo che dona la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.