14 Febbraio 2025
 
Santi Cirillo, monaco e Metodio, vescovo
 
At 13,46-49 oppure Is 52,7-10; Sal 116 (117); Lc 10,1-9 
 
Colletta
O Dio, che per mezzo dei santi fratelli Cirillo e Metodio
hai dato ai popoli slavi la luce del Vangelo,
concedi ai nostri cuori di accogliere il tuo insegnamento
e fa’ di noi un popolo
concorde nella vera fede e coerente nella testimonianza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI (Udienza Generale 17 Giugno 2009): Volendo ora riassumere in breve il profilo spirituale dei due Fratelli, si deve innanzitutto registrare la passione con cui Cirillo si avvicinò agli scritti di san Gregorio Nazianzeno, apprendendo da lui il valore della lingua nella trasmissione della Rivelazione. San Gregorio aveva espresso il desiderio che Cristo parlasse per mezzo di lui: “Sono servo del Verbo, perciò mi metto al servizio della Parola”. Volendo imitare Gregorio in questo servizio, Cirillo chiese a Cristo di voler parlare in slavo per mezzo suo. Egli introduce la sua opera di traduzione con l’invocazione solenne: “Ascoltate, o voi tutte genti slave, ascoltate la Parola che venne da Dio, la Parola che nutre le anime, la Parola che conduce alla conoscenza di Dio”. In realtà, già alcuni anni prima che il principe di Moravia venisse a chiedere all’imperatore Michele III l’invio di missionari nella sua terra, sembra che Cirillo e il fratello Metodio, attorniati da un gruppo di discepoli, stessero lavorando al progetto di raccogliere i dogmi cristiani in libri scritti in lingua slava.
Apparve allora chiaramente l’esigenza di nuovi segni grafici, più aderenti alla lingua parlata: nacque così l’alfabeto glagolitico che, successivamente modificato, fu poi designato col nome di “cirillico” in onore del suo ispiratore. Fu quello un evento decisivo per lo sviluppo della civiltà slava in generale. Cirillo e Metodio erano convinti che i singoli popoli non potessero ritenere di aver ricevuto pienamente la Rivelazione finché non l’avessero udita nella propria lingua e letta nei caratteri propri del loro alfabeto.
A Metodio spetta il merito di aver fatto sì che l’opera intrapresa col fratello non fosse bruscamente interrotta.
Mentre Cirillo, il “Filosofo”, era propenso alla contemplazione, egli era piuttosto portato alla vita attiva. Grazie a ciò poté porre i presupposti della successiva affermazione di quella che potremmo chiamare l’«idea cirillo-metodiana»: essa accompagnò nei diversi periodi storici i popoli slavi, favorendone lo sviluppo culturale, nazionale e religioso
 
I Lettura: At 13,46-49: È sottolineato con forza l’universalismo della salvezza. Il testimone è passato ad un altro popolo: il Signore ha dato la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo (cfr. Mt 21,41). A motivo del rifiuto provvidenziale da parte d’Israele, la parola di Dio si diffonde tra i pagani. Ma il rifiuto del vangelo da parte dei Giudei non è mai totale: Luca ama sottolineare le conversioni avvenute tra i Giudei a Gerusalemme (At 2,41.47; 4,4; 6,1.7; 18,8; 28,24). Anche per Israele v’è un progetto di salvezza: «Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rom 11,28-29). I Giudei in quanto hanno rifiutato il Cristo «sono diventati nemici di Dio, e Dio ha permesso questo per favorire la conversione dei pagani (cfr. Rom 9,22; 11,11); ma essi rimangono l’oggetto della speciale dilezione che Dio ha manifestato ai loro padri prima del Cristo, nel tempo in cui il loro popolo era l’unico depositario dell’elezione» (Bibbia di Gerusalemme). La Chiesa muove i suoi passi tra mille difficoltà e infide persecuzioni le quali però non spengono l’entusiasmo dei neo convertiti, la diffusione sorprendente della Parola e la gioia dei missionari nel portare al mondo la Buona Novella.
 
Vangelo
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
 
È proprio di Luca il fatto che non sono stati inviati in missione solo gli apostoli (9,1-2), ma anche altri discepoli, come agnelli in mezzo ai lupi. I missionari non possono contare sulla forza, sul potere e la violenza. Sono disarmati, esposti alla mercé dei lupi. Motivo di questo invio è la penuria di operai. Le consegne sono esplicite: mitezza, povertà, essere portatori di pace, sapersi accontentare, guarire gli ammalati. A coloro che accolgono il missionario si rammenta che l’operaio ha diritto al suo salario, una regola ben consolidata delle comunità cristiane: “I presbìteri che esercitano bene la presidenza siano considerati meritevoli di un duplice riconoscimento, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e: Chi lavora ha diritto alla sua ricompensa.” (1Tm 5,17-18).
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10,1-9
 
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio».
 
Parola del Signore.
 
Nella pericope lucana è tratteggiata il bon ton del missionario. Innanzi tutto egli è un uomo di pace: è colui che porta la pace che per un israelita è la pienezza dei doni divini. Non bisogna vagabondare di casa in casa e di buon grado mangiare quello che sarà messo dinanzi. Una regola d’oro con la quale viene abrogata la distinzione mosaica tra cibi puri e impuri (cfr. Mc 7,19). Ridonare la salute agli infermi entra nell’opera missionaria: con essa si attesta il potere affidato agli inviati. Gesù è sempre presente e continua a insegnare e a guarire (cfr. Mc16,20). Se il missionario non viene accolto deve ritirarsi senza recriminare o polemizzare, anche se il ritiro deve essere accompagnato da un gesto molto forte ed eloquente. Quando i pellegrini giungevano in Terra santa scrupolosamente pulivano i loro piedi per non portare alcuna impurità sul suolo di Dio. Gesù suggerisce di fare il gesto inverso: ai piedi dei missionari non deve restare attaccato alcunché di impuro. Un gesto che diventerà usuale della prima comunità cristiana (cfr. At 13,51). I settantadue tornarono pieni di gioia: gli inviati tornano pieni di gioia per avere esperimentato la potenza del Nome di Gesù. Ma il Maestro smorza un po’ la loro contentezza. Possono soltanto rallegrarsi per il fatto che i loro nomi «sono scritti nei cieli». Come ricorda san Paolo, la croce, e soltanto la croce, è la ricompensa e la forza del discepolo. Invece di aggrapparsi alla gratificazione del loro lavoro apostolico, i cristiani, «abbandonandosi al Padre come il Cristo nel momento supremo della croce [cfr. Lc 23,46; Atti 7,59], restano saldi nella edificazione della Chiesa che il Cristo opera proprio attraverso la loro stessa tribolazione» (Maria Ignazia Danieli). E se questo è l’unico metodo che Cristo usa per edificare la sua Chiesa allora si può comprendere perché scarseggiano gli operai per il suo regno.
 
Andate …: Bibbia di Navarra:  3-4. Il Maestro vuole infondere nei discepoli l’audacia apostolica; è per questo che dice “io vi mando” parole che san Giovanni Crisostomo cosi annota: «Ciò è sufficiente a consolarvi, basta per ridarvi coraggio e per impedirvi di temere qualunque nemico vi possa aggredire» (Om. sul Vangelo di san Matteo, 33). L’audacia degli apostoli e dei discepoli scaturiva dall’assoluta certezza di essere stati mandati da Dio: agivano, come sarà lo stesso Pietro a spiegare dinanzi al sinedrio, nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, poiché “non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12).
«E - rileva san Gregorio Magno - il Signore soggiunge: “Non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada”. Il predicatore deve avere tanta fiducia in Dio da essere assolutamente certo che non gli mancherà mai il necessario anche se non lo ricerca con affanno, affinché la sua mente non si trovi troppo legata ai beni della terra, cosi da dimenticare quelli del cielo» (In Evangelia homiliae, 17). L’apostolato richiede il dono generoso di sé, che porta al distacco. Perciò Pietro, il primo a mettere in pratica il comandamento del Signore, quando il mendicante della porta “Bella” gli chiese l’elemosina (At 3,2-3), disse: «Non possiedo né oro né argento» (ivi 3,6). «Non tanto per gloriarsi della sua povertà - osserva sant’Ambrogio - quanto dell’obbedienza al precetto del Signore, come se avesse voluto dire: vedi in me un discepolo di Cristo, e mi chiedi dell’oro? Il Signore ci ha dato qualcosa di molto più prezioso dell’oro, il potere di operare nel nome suo.
Non posseggo quello che Cristo non mi ha dato, ma ho quello che mi diede: “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazarene, cammina” (At 3,6)» (Expositio Evang. sec. Lucam, in loc.). L’apostolato richiede pertanto il distacco dai beni materiali; così come richiede una disponibilità permanente, poiché l’azione apostolica non ammette indugi. «E non salutate nessuno lungo la strada»: «Come può essere mai - si domanda sant’Ambrogio - che il Signore voglia abolire un’usanza così conforme alla natura umana? Considera, però, che Gesù non si limita a dire: “non salutate nessuno ma aggiunge: lungo la strada”. E non sono parole superflue. Anche Eliseo, quando mandò il servo a mettere il suo bastone sul volto del ragazzo morto, gli comandò di non salutare nessuno lungo la via (cfr 2 Re 4,29): gli diede ordine di affrettarsi a eseguire rapidamente l’incarico di richiamare in vita il ragazzo, affinché non avvenisse che per soffermarsi a parlare lungo la strada con qualche viandante, differisse la missione assegnatagli. Non si tratta pertanto di sottrarsi alla cortesia del saluto, ma di eliminare un possibile ostacolo al servizio del Signore. Quando Dio comanda, tutto ciò che è umano deve essere messo da parte, almeno temporaneamente. È buona cosa salutare. ma è meglio eseguiril più celermente possibile un ordine divino, che molte volte potrebbe restare inattuato per un qualche ritardo» (ivi).
 
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi - Rinaldo Fabris: Il metodo di lavoro missionario dei discepoli, lo stile e le prospettive della loro opera sono simili a quelli dei dodici. Qui però la presentazione delle regole missionarie si apre con una sentenza che dà la chiave musicale di tutto il brano. Gli inviati sono come agnelli in mezzo i lupi! Anche se questa immagine si rifà a un frasario ripreso dalla tradizione giudaica (i figli di Israele sono come agnelli in mezzo ai lupi, cioè i pagani) e alle prime esperienze comunitarie cristiane (cfr. At 20,29; Gv 10,12), la prospettiva che si apre davanti ai missionari non è molto allegra e confortante. Certamente se ne definisce in maniera inequivocabile lo stile e lo spirito. Essi non possono contare sulla forza, sul potere e la violenza. Sono disarmati, esposti alla mercé del più forte. È la prima povertà che diventa fondamento e segno della loro libertà e della piena dedizione all’unico compito che li strappa da tutte le remare e ritardi. Questo viene puntualizzato in una serie di norme rapide: liberi da ogni cosa, gl’inviati puntano dritto alla meta, come dovevano fare un tempo i discepoli dei profeti, senza fermarsi neppure per il saluto che, secondo il galateo orientale, richiedeva molto tempo (cfr. 2 Re 4,29). Il vero saluto invece viene riservato ai destinatari della missione.
Questo non è un semplice augurio, ma una parola efficace che dona gioia, felicità. In breve è la «pace» messianica che coincide con la salvezza, 10,6.
Il missionario è esposto completamente, anche per il suo sostentamento, ai rischi della missione: accoglienza a rifiuto, successo a insuccesso. Non ci sono garanzie segrete. Egli è condizionato all’ospitalità di coloro che accolgono il messaggio. Ma nulla può trattenere o impedire il proseguimento del suo mandato: non la ricerca di un’ospitalità più comoda, non i tabù alimentari, che impedivano ai giudei di frequentare ambienti pagani: non il rifiuto o l’opposizione della gente. Egli è un inviato che porta l’ultimo urgente appello e la possibilità salvifica, che devono essere fatti sentire a tutti a qualunque costo. In questo «manuale del missionario si possono intravedere, come in trasparenza, le esperienze missionarie che Luca descrive negli Atti degli apostoli: le missioni di Pietro e Giovanni 8,14, di Paolo e Barnaba, 13,2, di Paolo e Silvano 16,40.
 
Il Santo del giorno - 14 Febbraio 2025 - Santi Cirillo, monaco e Metodio, vescovo: Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869. Giovanni Paolo II con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” del 31 dicembre 1980 li ha proclamati, insieme a San Benedetto abate, patroni d’Europa. (Mess. Rom.)
 
Gregorio Magno (Hom., 17,1-4.7s): Colui che prende l’ufficio di predicare, non deve fare il male ma lo deve tollerare, perché con la sua mansuetudine, gli riesca di mitigare l’ira di quelli che infieriscono contro di lui, e lui ferito riesca con le sue pene a guarire negli altri le ferite dei peccati. E anche se lo zelo della giustizia vuole che talvolta egli sia severo con gli altri, il suo furore deve nascere da amore e non da crudeltà; ed ami con amore paterno, quando col castigo difende i diritti della disciplina. E questo il superiore lo dimostra bene, quando non ama se stesso, non cerca cose del mondo, non piega il suo collo al peso di terreni desideri.

O Dio, Padre di tutte le genti,
che nell’unico pane e nell’unico Spirito
ci fai commensali ed eredi del banchetto eterno,
in questa festa dei santi Cirillo e Metodio
concedi che la moltitudine dei tuoi figli,
perseverando nella stessa fede,
edifichi nella concordia il regno di giustizia e di pace.
Per Cristo nostro Signore.