11 Febbraio 2025
 
Martedì V Settimana T. O.
 
  Gen 1,20-2,4a; Salmo Responsoriale Dal Salmo 8; Mc 7,1-13
 
Colletta
Custodisci sempre con paterna bontà
la tua famiglia, o Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te,
aiutaci sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo. .
 
Benedetto XVI (Omelia 14 Settembre 2008): Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbandonati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est, n. 36). Lasciarsi assorbire dalle attività rischia di far perdere alla preghiera la sua specificità cristiana e la sua vera efficacia. La preghiera del Rosario, così cara a Bernadette e ai pellegrini di Lourdes, concentra in sé la profondità del messaggio evangelico. Ci introduce alla contemplazione del volto di Cristo. In questa preghiera degli umili noi possiamo attingere grazie abbondanti.   
 
I Lettura: La Bibbia di Navarra: Il progetto di Dio diviene realtà quando sulla terra è creato l’uomo, nel quale l’opera della creazione attinge il suo compimento. Presentando quest’ultima azione creatrice di Dio, l’autore sacro porge, in sintesi, i tratti costitutivi dell’ essere umano. Oltre a sottolineare nuovamente che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, ci insegna che Dio lo creò uomo e donna, cioè esseri corporei dotati di sessualità e inclini a vivere in società. «Essendo a immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscere, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, a una alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore, che nessun altro può dare in sua sostituzione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 357).
«Il fatto che l’uomo creato come uomo e donna sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l’uomo e la donna, creati come “unità dei due” nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione d’amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d’amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell’intimo mistero dell’unica vita divina.  Questa “unità dei due” che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell’uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina (“communio”).
Questa somiglianza è stata inscritta come qualità dell’essere personale di tutti e due, dell’uomo e della donna, e insieme come una chiamata e un compito» (Giovanni Paolo II Mulieris dignitatem, n. 7).
 
Vangelo
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.
 
Il tema della discussione è quello del «lavarsi le mani» che non era un norma igienica, ma una prescrizione rituale della purificazione secondo la «tradizione degli antichi». I tutori della legge consideravano Gesù e i suoi discepoli, a motivo del loro atteggiamento insubordinato, sovvertitori della legge e questo per la nazione intera poteva avere conseguenze inimmaginabili (Gv 11,48). La loro disubbidienza, poi, era sotto gli occhi di tutti; quindi, era urgente fermarli prima che fosse troppo tardi. Così si capisce perché la «casa madre», Gerusalemme, si premura di inviare a Genèsaret farisei e scribi, assai esperti della legge.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,1-13
 
 In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”.
Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
 
Parola del Signore.
 
Né legalismo né antilegalismo, ma libertà - José Maria Gonzalez-Ruiz (Vangelo secondo Marco): Molti usano questo passo per dimostrare che la comunità in cui nacque il secondo vangelo era fondamentalmente pagano-cristiana. È però difficile comprendere come in una comunità pagano-cristiana, nella quale non esistevano, al suo inizio, questi pregiudizi relativi al rito e al legalismo giudaici, fosse così necessario insistere sulla materia. È più normale supporre che si tratti d’una comunità giudeo-cristiana, che cerca di superare una cosa molto difficile per essa, date le sue origini.
Nello stesso passo vi sono inoltre buone tracce che confermano l’ipotesi secondo la quale la comunità del secondo vangelo sarebbe stata composta di giudeo-cristiani, ma di origine ellenista. Infatti, all’interno del giudaismo, vi era questa divisione: i giudei dell’interno, che usavano l’ebraico o, al massimo, l’aramaico e i giudei della diaspora o dell’emigrazione, che si erano ellenizzati negli usi e nei costumi. Una prova del carattere ellenista di questa comunità è la citazione del testo di Isaia 29,13. Nel testo originale ebraico è detta una cosa molto semplice: «Il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani». Al contrario, il testo greco della Bibbia detta dei «Settanta», usato dalle comunità elleniste, dice: «Invano mi onorano insegnando precetti umani, pure prescrizioni di uomini». Il nostro evangelista parte dal testo greco per affermare la sua tesi. Effettivamente sappiamo che, fra le comunità giudaiche palestinesi di stretta osservanza e le elleniste, vi era un atteggiamento diverso riguardo all’osservanza dei riti. Gli ellenisti erano assai più liberi poiché erano sottomessi continuamente alla critica del razionalismo greco.
Anche il fatto che l’evangelista parli dei giudei in terza persona non vuol dire che si tratti unicamente di pagano-cristiani. Questo modo di parlare dei giudei, come se fossero gli altri, è comune a Paolo e a Giovanni, la cui condizione giudaica non fu mai dissimulata né nascosta. Quelle comunità primitive, anche se composte in maggioranza di ebrei ellenisti, erano aperte a tutti e cercavano di superare il concetto di « giudeo » come cosa appartenente a un mondo chiuso.
Ancora una volta il secondo vangelo ci presenta i farisei e gli scribi «venuti da Gerusalemme». È curioso osservare come costoro rimproverino solo l’atteggiamento di alcuni discepoli di Gesù, e non quello di Gesù stesso. Forse per rispetto al Maestro? Non è probabile, data la estrema durezza della polemica che li porta ad affermare che egli s’è alleato col principe dei demoni (3,22). La supposizione più probabile è che Gesù osservasse queste prescrizioni e che, con lui, le osservasse la maggior parte dei suoi discepoli. Tuttavia egli insegnava la piena libertà di fronte alla legge e a ogni tipo di prescrizione umana. Queste sono le ragioni della sua indifferenza.
Effettivamente, l’osservanza letterale e rigorosa delle leggi, condannata qui da Gesù, si può manifestare anche nella sua forma opposta, quando della «non osservanza» delle prescrizioni si fa una nuova prescrizione che. se non si osserva, porta con sé il rischio di essere definiti «reazionari». Gesù predica fondamentalmente la libertà interiore dell’uomo da ogni prescrizione esterna, e non la sostituzione d’una prescrizione più stretta con un’altra più ampia.
In ogni evoluzione vi è sempre il pericolo del ritorno del «dommatismo» condannato, sebbene, questa volta, torni attraverso la porta falsa e col travestimento del liberalismo.
 
Roberto Tufariello (Tradizione in Schede Bibliche Pastorali - Vol VIII): Gesù porta una tradizione. Il figlio di Dio non è solo l’oggetto della tradizione originariamente decisa dal Padre; ne è anche il primo portatore. Egli non parla e non insegna di propria iniziativa, ma secondo il mandato del Padre (Gv 12,49-50). Questi gli ha dato potere su ogni carne (17,2), gli ha dato la gloria (17,22.24), gli ha fissato l’opera da compiere nel mondo (17,4; 5,36): avere la vita in se stesso (5,26), al fine di trasmetterla agli uomini (17,2). Poiché Cristo è il mediatore, il Padre gli ha consegnato tutto nelle mani (3,35; 13,3). Egli può dire di aver compiuto la sua missione verso i discepoli quando questi riconoscono che tutto ciò che egli ha viene da Dio (Gv 17,7-8). Gesù dunque è il depositario della tradizione divina e vuole che i suoi lo riconoscano come tale. Ciò che Gesù ha avuto dal Padre è una comunicazione di conoscenza, più che una consegna di potere. Presso i giudei, in realtà, ogni sapere, ogni luce sulle cose divine è paradosis; lo è dunque anche il sapere e l’insegnamento di Gesù, che però deriva la sua dottrina e le sue parole direttamente dal Padre CMt 11,27; Le 10,22).
Di fronte a Gesù, il suo antagonista, satana. si rivela come «padre e portatore di una contro-tradizione» (P. Lengsfeld). Nella tentazione di Gesù, satana afferma di aver ricevuto potenza e gloria e di poterle trasmettere a chi vuole (Lc 4,6). La tradizione di Gesù dovrà aprirsi il cammino di fronte alla «contro-tradizione» che viene da satana. Dove una tradizione si oppone all’altra, la vera deve poter dimostrare la propria origine. Colui che è stato consegnato alla croce, lo ha fatto prima con la sua parola, poi mediante la sua risurrezione.
Egli ha potuto reclutare dei testimoni della propria paradosi, appellandosi alla exousia che li è stata data Mt 28 18-19 .
Tradizione di Gesù e tradizione dei giudei. Gesù, dunque, è il messaggero della tradizione divina. Per questo predica, annuncia (Mc 1,38; Lc 4,43), proclama il vangelo dei poveri (Mt 11,4ss), porta il regno dei cieli (Mt 4,17). Parlando con autorità e potenza (Mt 5,21ss; 7,28-29; Mc 1,22; Lc 4,32), segna la fine di realtà vecchie e introduce cose nuove. Il messaggio salvifico di cui è portatore, deve essere trasmesso «ad ogni creatura» (Mc 16,15).
I giudei, attaccati alla loro tradizione, si sono scontrati con colui che portava la tradizione divina. Quando scribi e farisei rimproverano i discepoli di Gesù perché mangiano con mani «impure» (cioè non lavate ritualmente), il maestro accusa l’interpretazione farisaica della «tradizione degli antichi», che dà a quest’ultima un valore assoluto (Mc 7,1ss; Mt 15,1ss). Egli afferma un principio fondamentale: non si può trascurare il precetto di Dio per osservare la tradizione degli uomini. Gesù respinge così la tradizione degli antichi in quanto opera umana, contraffazione della parola di Dio.
Egli non condanna ogni tradizione in genere, ma quella che si pone al posto del comandamento divino.
Altre volte Gesù si pone al di sopra della tradizione (Mc 2,23-36; 3,1-5; ecc.), rivendicando il diritto di scostarsi dalle interpretazioni tradizionali. Affermando «ma io vi dico», egli scarta alcune di queste interpretazioni della legge (cf. Mc 7 ,9-13 e Dt 23,24; Mc 7,15 e Lv 20,25; Mt 5,38ss e Lv 24,20; ecc.) oppure la radicalizza (cf. Mt 5,21ss, 27ss, 33-37). Certo egli non abolisce la legge, ma sostituisce la tradizione interinterpretativa giudaica con la sua autorità. Egli stesso diventa l’unica parodis, poiché in lui è la spiegazione definitiva della sacra scrittura.
 
Beda (Comm. in Marci ev., II): Essi avendo notato che alcuni dei suoi discepoli mangiavano il pane con le mani impure, cioè non lavate, li biasimarono: è necessario che le impurità di cui ciascuno si macchia nell’occuparsi degli affari terreni, siano purificate dalla successiva presenza dei buoni pensieri e delle buone azioni, se si desidera godere dell’intimo ristoro del pane celeste. Ma i farisei, che comprendevano materialmente le parole spirituali dei profeti, i quali ordinavano la purificazione del cuore e delle opere dicendo: Lavatevi, siate puri, togliete dalla mia vista il male delle vostre ... azioni (Is. 1,16), osservavano tali precetti soltanto purificando il corpo.
 
Il Santo del Giorno - 11 Febbraio 2025 - Beata Vergine Maria di Lourdes. In quei passi di speranza l’autentica guarigione: Ciò che tutti desideriamo è non soffrire, ma l’esperienza del dolore fa parte della vita. Ciò che può fare la differenza è il modo in cui viviamo questa esperienza: anche l’ora più buia, in fondo, può diventare spazio per far entrare nella vita la luce della speranza e incamminarsi così verso la guarigione autentica, quella dell’anima. La celebrazione di oggi, dedicata alla Beata Vergine Maria di Lourdes e alla Giornata mondiale del malato, ci ricorda proprio questo: la salute autentica è la salvezza che solo Dio può donare, non in un futuro imperscrutabile, ma nella concretezza della nostra vita quotidiana, che è il luogo in cui è già presente l’Infinito, l’Eterno. Un mistero profondo e affascinante, affidato a una giovane, Bernadette Soubirous, che incontrò la Madonna per 18 volte tra l’11 febbraio 1858 e il 16 luglio successivo nella grotta sul fiume Gave, ai piedi dei Pirenei. Maria si presentò alla ragazza come l’Immacolata e per Bernadette, cagionevole di salute, poverissima, analfabeta, non fu facile comprendere l’immensità di quelle parole. Eppure ebbe il coraggio di mettersi in ascolto e di farsi testimone del Vangelo davanti ai suoi contemporanei. Lo sgorgare della sorgente sotto a quella grotta fu il segno più grande, che ancora oggi attrae milioni di fedeli: Dio è la fonte della vita vera, in lui bisogna immergersi, è lui che ci salva. (Avvenire)
 
O Dio, che ci hai resi partecipi
di un solo pane e di un solo calice,
fa’ che uniti a Cristo in un solo corpo
portiamo con gioia frutti di vita eterna per la salvezza del mondo.
Per Cristo nostro Signore.