10 Febbraio 2025
Santa Scolastica, Vergine.
Gen 1,1-19; Salmo Responsoriale Dal Salmo 103 (104); Mc 6,53-56
Colletta
Nella memoria della santa vergine Scolastica,
ti preghiamo, o Padre:
dona anche a noi, sul suo esempio,
di amarti e servirti con cuore puro
e di gustare la dolcezza del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Giovanni Paolo II (Omelia 3 settembre 1990): Cari amici! Nel Vangelo che abbiamo appena sentito, San Marco ci dice che quando Gesù passò loro accanto, le persone portarono di fronte a lui gli ammalati sui lettucci, in modo che essi potessero toccarlo ed essere guariti (cf. Mc 6, 55-56). È chiaro che Gesù amava in modo particolare gli ammalati. Quante volte leggiamo nel Vangelo che egli era mosso a compassione alla vista degli ammalati e di coloro che soffrivano (cf. Mc 1,41). Quante volte stendeva la mano per toccarli (cf. Mt 20, 34). Quante volte guarì le loro malattie e ridiede loro una nuova speranza rimettendo i loro peccati (cf. Mc 2, 1-12).
Gesù è ancora vicino agli ammalati! È vicino ad ognuno di voi nelle vostre sofferenze. È vicino a voi quando siete soli e impauriti e quando vi sembra che nessuno capisca il vostro dolore. Ed è particolarmente vicino ai moribondi e a coloro che sono afflitti da malattie incurabili. Gesù è con voi perché anch’egli ha sperimentato che cosa è la sofferenza. Nel Giardino del Getsemani egli conobbe paura e profonda angoscia mentre affrontava il suo supremo sacrificio (cf. Mt 26, 38-39). Le sue mani e il costato portano ancora i segni della sua sofferenza e della morte (cf. Gv 20, 20).
Il Figlio di Dio si è fatto uomo ed ha abitato in mezzo a noi affinché condividendo pienamente la nostra vita - essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato (cf. Eb 4, 15) - potesse redimerci dal peccato e dal suo salario di morte (cf. Rm 6, 23). Gesù non è fuggito dal mistero della sofferenza umana. Anzi, egli ha abbracciato la sofferenza, e nella sua Passione, Morte e Risurrezione ci ha aperto la strada della speranza e della gloria eterna. Il paradosso della Croce è che il potere salvifico di Dio è stato reso manifesto nella sofferenza umana; la possente forza di Dio è stata rivelata nella debolezza umana; la gloria di Dio è stata rivelata nel corpo martoriato del suo unico Figlio.
I Lettura: Bibbia per la Formazione Cristiana - Israele proclama che Dio è il creatore del cielo e della terra. La Bibbia si apre con un’ affermazione di fede: «In principio Dio creò il cielo e la terra». In che modo Israele ha raggiunto questa certezza? Attraverso una lenta riflessione, guidata da Dio, sulla propria storia.
Israele sa che il Dio dei suoi padri l’ha liberato dalla schiavitù d’Egitto e non l’ha abbandonato nel momento della prova. Sa che Dio guida il suo destino e lo ama.
L’esperienza dei doni di Dio lo porta a rendersi conto e ad affermare con fede che il Signore della storia è anche il Signore del cielo e della terra. Questa convinzione viene raggiunta prima dell’esilio in Babilonia, ma si impone con la massima chiarezza soltanto al ritorno dall’esilio (epoca a cui risale la redazione definitiva del libro della Genesi).
Israele chiama creazione l’intervento di Dio all’origine di tutte le cose. Le madri trasmetteranno questa certezza ai loro figli, di generazione in generazione: «Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose presistenti; tale è anche l’origine del genere umano» (2Mac 7,28).
Vangelo
Quanti lo toccavano venivano salvati.
Gesù non si infastidisce, e non perde la pazienza dinanzi a una invasione di campo un po’ indiscreta; le folle lo seguono e lo inseguono dovunque udivano che egli si trovasse. I malati vogliono raggiungere le prime file per vederlo, per toccarlo perché sapevano che in questo modo venivano sanati. Gesù si “fa toccare”, è straordinaria la sua mitezza e la sua bontà. Sono i malati che hanno bisogno del medico, e lui è venuto in mezzo agli uomini per guarirli dalla lebbra del peccato e salvarli, così come ci suggerisce l’evangelista Marco: “… quanti lo toccavano venivano salvati”.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,53-56
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli) v. 53: Vennero a Gennesareth; secondo il P. Lagrange, Gennesareth era una località nella pianura di Gennesar (da: Gan-hasar = giardino del principe, secondo l’etimologia proposta da S. Girolamo), mentre secondo gli altri commentatori il nome designerebbe l’intera pianura che si estende per circa sei chilometri a sud di Cafarnao.
vv. 54-55: Il Maestro era noto in quella regione perché aveva compiuto molti miracoli nella vicina Cafarnao e nelle sue adiacenze. La folla dimostra un entusiasmo incontenibile ed approfitta della presenza di Gesù per ottenere la guarigione di altri malati.
v. 56: Nelle piazze: ἐv ταῖς ἀγοραῖς; alcune cittadine come Cafarnao, Corozain, Magdala potevano avere l’agora(piazza), per accogliere i malati, non già i modesti borghi e villaggi, dove gli infermi dovettero essere portati in qualche cortile o altro luogo scoperto. Di toccargli almeno la frangia della veste; il particolare ricorda l’episodio dell’emorroissa (cf. Mc., 5, 28). La folla non si rivolge a Gesù per chiedergli che imponga le mani su gli infermi, ma soltanto che dia la possibilità a questi di toccargli l’estremità della veste.
Malattia - Detlev Dormeyer / Anton Graber: a) Secondo l’AT la malattia è mandata da Dio. Dapprima si crede che Dio la infligga come castigo personale (Is l,5s), ma negli scritti più tardi dell’AT si ricerca un’altra motivazione. Giobbe viene colpito dal Satana con la malattia, ma col permesso di Dio (Gb 1). Poiché Giobbe ha condotto una vita retta, senza alcuna colpa non si può non riconoscere che il malvagio può vivere sano e felice, mentre il giusto può venir colpito dalla malattia. Perciò si evidenziano le ripercussioni sociali del peccato. Le azioni umane non danno e non tolgono nulla a Dio, colpiscono però il proprio simile; il peccato può causare una malattia propria a quella di altri. Il fatto che la malattia visiti uno anziché l’altro, deriva dalla causalità intramondana, in ultima analisi, però, dall’imperscrutabile volontà di Dio. Come mezzi per guarire la malattia sono perciò indicati, nell’AT, opere di pietà, preghiera, digiuno, voti e sacrifici per implorare la pietà di Dio. Non si rinuncia, tuttavia, all’ausilio di metodi umani in vista della guarigione (Sir 38,lss).
b) Anche nel NT domina la concezione veterotestamentaria che la malattia provenga da Dio. Gesù però, come il Libro di Giobbe, rifiuta decisamente l’interpretazione degli scribi per cui la malattia sarebbe il castigo per una colpa personale o famigliare. Al contrario, egli guarisce la malattia con i suoi prodigi perché questo è il segno che con lui è iniziato il tempo escatologico: “I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella (Mt 11,5). Con ciò si adempie la promessa del profeta (Is 35,5s e 61,1). Gesù è venuto per guarire l’uomo. Gesù suscita un mondo risanato, il regno di Dio. Malattia significa per il cristiano partecipazione alla croce di Cristo; la sofferenza di Cristo continua nei suoi (Col 1,24), fìnché la “nuova creazione” di Dio non sia compiuta.
Gesù e i malati - Le infermità fisiche degli ammalati che supplicano Gesù “ne provocano la compassione (Mt 9,27; 15,22; 17,15; 20,30-31; Mc 10,47-48; Lc 18,38-39). In altre parole, egli se ne fa carico efficacemente. La malattia è un male da cui liberare: le forze nuove, che hanno cominciato a esplodere con l’annuncio del regno di Dio e sono presenti in Gesù, sono creatrici di vita e di salute.
L’accentuazione di Marco sulle guarigioni degli indemoniati poi evidenzia come Gesù sia intervenuto con gesto liberatore a favore anche di malati psichici. In breve, la salute del corpo e della psiche non è estranea alla salvezza promessa dalla venuta del regno di Dio.
In Gv 5,1ss (guarigione del malato alla piscina di Betesda) appare come la cultura del tempo, che legava strettamente malattia e peccato, non sia estranea alle parole di Gesù che, dopo aver risanato il poveretto, così lo esorta: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» (v. 14). In Gv 9,1ss (guarigione del cieco-nato) invece Gesù si oppone alla diffusa mentalità dell’ambiente che attribuiva la cecità del malato ai peccati suoi o a quelli dei suoi genitori, dicendo che questa malattia costituiva un’ottima occasione per l’autorivelazione del Figlio di Dio: «… i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché gli nacesse cieco? Rispose Gesù: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (vv. 2-3). Dalla ricerca delle cause egli sposta l’accento sulla finalità della malattia, da cui libera come rivelatore dei tempi ultimi” (Giuseppe Barbaglio, Malattia in Schede Bibliche Pastorali Vol. V).
Cristo sanava ogni malattia - Ad gentes 12: La presenza dei cristiani nei gruppi umani deve essere animata da quella carità con la quale Dio ci ha amato: egli vuole appunto che anche noi reciprocamente ci amiamo con la stessa carità (59). Ed effettivamente la carità cristiana si estende a tutti, senza discriminazioni razziali, sociali o religiose, senza prospettive di guadagno o di gratitudine. Come Dio ci ha amato con amore disinteressato, così anche i fedeli con la loro carità debbono preoccuparsi dell’uomo, amandolo con lo stesso moto con cui Dio ha cercato l’uomo. Come quindi Cristo percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità come segno dell’avvento del regno di Dio, così anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri ed ai sofferenti, prodigandosi volentieri per loro. Essa infatti condivide le loro gioie ed i loro dolori, conosce le aspirazioni e i problemi della vita, soffre con essi nell’angoscia della morte. A quanti cercano la pace, essa desidera rispondere con il dialogo fraterno, portando loro la pace e la luce che vengono dal Vangelo.
Lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello - La sua vulnerabilità alla sofferenza non è sintomo di debolezza ma potenza - Ambrogio, La fede 4, 5, 53-54: Forse che era debole il Signore delle potenze quando dava la luce ai ciechi, faceva diritti i curvi, risuscitava i morti (cf. Mt 11,5), fattosi medicina precorreva addirittura i desideri nostri, curava con l’orlo della veste quelli che lo pregavano (cf. Me 6,56), e purificava quando era toccato? A meno che voi empi non abbiate creduto che fosse debolezza allorquando vedevate le sue ferite (cf. Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,33, Gv 19,18.31-37). Quelle erano, sì, ferite del corpo, ma in quella ferita non vi era debolezza, perché da essa prorompeva la vita di tutti.
Il Santo del Giorno - 10 febbraio 2025 - Santa Scolastica. L’amore che unisce fratelli e sorelle segno terrestre dell’amore di Dio - Non basta condividere lo stesso patrimonio genetico per vivere davvero da fratelli e sorelle, perché spesso i legami famigliari sono segnati da profonde divisioni e ostacoli. Ma quando, oltre che dal sangue, sono accomunati anche da un’armonia spirituale, allora i fratelli e le sorelle divento i testimoni più efficaci del regno di Dio. Una testimonianza resa fino in fondo da santa Scolastica assieme al fratello san Benedetto: la loro santità, ovviamente, è un risultato personale, ma assieme essi ci offrono il quadro di un amore che supera il tempo e lo spazio. San Gregorio Magno nei suoi «Dialoghi» ci descrive l’ultimo commovente colloquio, nel 547, tra i due fratelli, che ogni anno si trovavano a metà strada tra i loro monasteri per parlare «delle gioie della vita celeste». Al momento di salutarsi Scolastica espresse il desiderio che quel colloquio potesse continuare e così fu, grazie a un improvviso temporale. Seguendo le orme del fratello, Scolastica nella regola per il suo monastero aveva messo al primo posto il silenzio: la parola doveva servire solo per parlare di Dio. A lei, infatti, si deve la fondazione del ramo femminile dell’Ordine Benedettino. Nata a Norcia attorno al 480, fu mandata con il fratello a Roma per gli studi, ma la vita dissoluta della città spinse entrambi verso il romitaggio. Scolastica seguì il fratello prima a Subiaco e poi nei pressi di Montecassino, fondando il monastero di Piumarola, dove morì nel 547. (Matteo Liut)
Rinvigoriti dalla partecipazione ai santi doni,
ti preghiamo, Signore Dio nostro:
fa’ che sull’esempio di santa Scolastica
portiamo nel nostro corpo
la passione di Cristo Gesù,
per aderire a te, unico e sommo bene.
Per Cristo nostro Signore.