7 Marzo 2020

Sabato della I Settimana di Quaresima

Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48

Colletta: O Dio, Padre di eterna misericordia, fa’ che si convertano a te i nostri cuori, perché nella ricerca dell’unico bene necessario e nelle opere di carità fraterna siamo sempre consacrati alla tua lode. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Non fanno così anche i pubblicani?: Gaudium et spes 28: Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo. Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l’amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell’amore si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori» (Mt 5,43).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,43-48: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Amare i nemici e pregare per i persecutori, porgere l’altra guancia, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente osserva ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti, i più poveri. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada. San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene... Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto… Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti... se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rom 12,9-21). Il modello di queste norme etiche si trova in Gesù, autore e perfezionatore della fede (cfr. Eb 12,2), soprattutto nei diversi episodi della sua terrificante passione: quando reagisce con imperturbabilità e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dinanzi alla marmaglia che era venuta per arrestarlo e impedisce a Pietro di usare la spada per difenderlo (Gv 18,4-10), quando perdona i carnefici (Lc 23,34) e accoglie nel suo Regno il buon ladrone (Lc 23,40). E sappiamo che a tenerlo confitto in Croce fu l’amore per gli uomini (Gv 13,1; 15,13). San Tommaso d’Aquino ci dice appunto che la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Infatti, chiunque «vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù è assente dalla croce». Dunque, la via da battere per vivere la Legge nuova è quella del Calvario, difatti se «cerchi un esempio di carità... Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce... Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso... Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene... Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele...» (San Tommaso d’Aquino). Solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.

Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano - P. Beauchamp: 1. Il comandamento e l’esempio. - «Amate i vostri nemici, fate del bene a Coloro che vi odiano» (Mt 5,44 par.). Questo comandamento brilla tra le esigenze più nuove (cfr. 5,43) di Gesù. Egli stesso ha avuto dei nemici che non «lo hanno voluto come re», come dice una parabola (Lc 19,27). Lo hanno messo a morte; ed egli, sulla croce, ha perdonato loro (Lc 23, 34). Così deve fare il discepolo, ad imitazione del suo maestro (cfr. 1Piet 2,23), ad imitazione del Padre celeste (Mt 5,45ss), di cui potrà in tal modo ottenere il perdono (cfr. Mt 6,12). Il cristiano che perdona non si fa illusioni sul mondo in cui vive, come Gesù non si faceva illusioni né sui  Farisei, né su Erode. Ma pratica alla lettera il consiglio della Scrittura: ammucchiare carboni ardenti sul capo del suo nemico (Rom 12,20 = Prov 25,21s). Questa non è vendetta: questo fuoco si cambierà in amore se il nemico vi consente; l’uomo che ama il nemico mira a trasformarlo in  amico ed adopera con sapienza i mezzi adatti. In questa iniziativa Dio stesso l’ha preceduto: quando eravamo suoi nemici, egli ci ha riconciliati con se stesso mediante la morte del Figlio suo (Rom 5,10).
2. La vittoria sull’inimicizia. - Gesù non viene quindi a negare l’inimicizia, ma a manifestarla nella sua dimensione completa al momento di vincerla. Essa non è un fatto come gli altri; è un mistero, il segno del regno di Satana, il nemico per eccellenza: dal giardino di Eden una inimicizia lo oppone ai figli di Eva (Gen 3,15). Nemico degli uomini e nemico di Dio, egli semina quaggiù la zizzania (Mt 13,39); perciò noi siamo esposti ai suoi attacchi. Ma Gesù ha dato ai suoi il potere su ogni potenza che viene dal nemico (Lc 10,19). Essi l’hanno dalla lotta in cui Gesù trionfò con la sua stessa sconfitta, essendosi offerto ai colpi di Satana attraverso quelli dei suoi nemici, ed avendo vinto la morte con la sua morte. In tal modo abbatté «il muro di inimicizia» che divideva l’umanità (Ef 2,14-16). In attesa del giorno in cui Cristo, per mettere «tutti i nemici sotto i suoi piedi», distruggerà per sempre la morte che è «l’ultimo nemico» (1Cor 15,25s), il cristiano combatte con Gesù contro l’antico nemico del genere umano (Ef 6,11-17). Attorno a lui alcuni si comportano da nemici della croce di Cristo (Fil 3,18), ma egli sa che la Croce lo porta al trionfo. Questa croce è il luogo fuori del quale non c’è riconciliazione né con Dio né tra gli uomini. 

Voi, dunque, siate perfetti... - Questo «loghion non si riferisce soltanto all’ultima antitesi, concernente l’amore dei nemici, ma ricapitola l’insegnamento globale di Gesù circa la “giustizia superiore” [Mt 5,21-47]» (Angelico Poppi). La perfezione che viene qui richiesta è la somma di sfumature diverse che si colgono a secondo della traduzione del testo: téilos, in greco, sta a significare perfetto, compiuto, senza difetti, completo, in questo caso nella carità; tamìn, in ebraico, ha una valenza cultuale di integrità e di santità. Una santità quindi che coinvolge tutta la persona del credente: anima, corpo e spirito (cfr. 1Tess 5,23). Il nuovo comandamento di Gesù ha un corrispondente nel Libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (19,2). Sembra una meta impossibile da raggiungere, e infatti «è impossibile che la creatura abbia la perfezione di Dio. Pertanto il Signore vuol dire che la perfezione divina costituisce il modello cui deve aspirare il cristiano, consapevole della distanza infinita che lo separa dal suo Creatore. Ma ciò nulla toglie alla forza di questo imperativo, anzi ne riceve luce» (Bibbia di Navarra). Siate santi come il Padre vostro celeste, una sfida, un invito che la Chiesa non si stanca di rinnovare lungo i secoli.

Benedetto XVI (Angelus 18 febbraio 2007): Il Vangelo di questa domenica contiene una delle parole più tipiche e forti della predicazione di Gesù: “Amate i vostri nemici” (Lc 6,27). È tratta dal Vangelo di Luca, ma si trova anche in quello di Matteo (5,44), nel contesto del discorso programmatico che si apre con le famose “Beatitudini”. Gesù lo pronunciò in Galilea, all’inizio della sua vita pubblica: quasi un “manifesto” presentato a tutti, sul quale Egli chiede l’adesione dei suoi discepoli, proponendo loro in termini radicali il suo modello di vita. Ma qual è il senso di questa sua parola? Perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè un amore che eccede le capacità umane? In realtà la proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio: è la sua misericordia, che si è fatta carne in Gesù e che sola può “sbilanciare” il mondo dal male verso il bene, a partire da quel piccolo e decisivo “mondo” che è il cuore dell’uomo.
Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del “porgere l’altra guancia” (cfr Lc 6,29) - ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”, una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico. La rivoluzione dell’amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei “piccoli”, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Non manchi mai la tua benevolenza, Signore,
a coloro che nutri con questi santi misteri,
e poiché ci hai accolti alla scuola della tua sapienza,
continua ad assisterci con il tuo paterno aiuto.
Per Cristo nostro Signore.