4 Marzo 2020

Mercoledì della I Settimana di Quaresima

Gn 3,1-10; Salmo 50 (51); Lc 11,29-32

Colletta: Guarda, o Padre, il popolo a te consacrato, e fa’ che mortificando il corpo con l’astinenza si rinnovi nello spirito con il frutto delle buone opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Benedetto XVI (Messaggio per la Quaresima 2006): La Quaresima è il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia. È un pellegrinaggio in cui Lui stesso ci accompagna attraverso il deserto della nostra povertà, sostenendoci nel cammino verso la gioia intensa della Pasqua. Anche nella “valle oscura” di cui parla il Salmista (Sal 23,4), mentre il tentatore ci suggerisce di disperarci o di riporre una speranza illusoria nell’opera delle nostre mani, Dio ci custodisce e ci sostiene. Sì, anche oggi il Signore ascolta il grido delle moltitudini affamate di gioia, di pace, di amore. Come in ogni epoca, esse si sentono abbandonate. Eppure, anche nella desolazione della miseria, della solitudine, della violenza e della fame, che colpiscono senza distinzione anziani, adulti e bambini, Dio non permette che il buio dell’orrore spadroneggi. Come infatti ha scritto il mio amato Predecessore Giovanni Paolo II, c’è un “limite divino imposto al male”, ed è la misericordia (Memoria e identità, 29 ss).

Dal Vangelo secondo Luca 11,29-32: In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del  giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta» (cfr. I Lettura) - Epifanio Callego: L’annunzio è molto semplice e in termini assoluti: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta». I «quaranta» giorni ci fanno ricordare molti numeri «quaranta» nel corso della tradizione biblica. È un numero simbolico che esprime pienezza. Quaranta è il tempo nccessario per la realizzazione di qualcosa, È uno di quei numeri che hanno perso il loro valore matematico per acquistarne uno teologico.
E ancora una volta comincia l’inaudito: quando Giona comincia a predicare, in un solo giorno, il popolo nemico di Yahveh «crede», detto in ebraico con la stessa espressione usata in Gn 15,6 in riferimento alla fede di Abramo. Pare l’avveramento delle parole di Ezechiele: Se Yahveh mandasse Ezechiele a grandi popoli di lingua incomprensibile, lo ascolterebbero, ma gl’israeliti non vogliono ascoltarlo, perché sono di dura cervice e di cuore ostinato (cf 3,4-7).
I niniviti rappresentano il più duro e irritante contrasto con Israele. Il popolo dovette comprenderlo. Il narratore aggiunge altri particolari: l’anonimo re di Ninive si impone la più dura penitenza e ordina che la facciano tutti, compresi gli animali. Tutti invocheranno Yahveh, un Dio per essi sconosciuto e straniero e «si convertiranno». Si fa comprendere a Ninive quello che non si riuscì mai a far comprendere al popolo ebraico: che alla penitenza esteriore dev’essere unita la conversione interiore della vita. L’inverosimile è altrettanto evidente come è chiaro e nitido l’insegnamento della midrash. Tuttavia, quello che costituisce il punto centrale sono le parole che il narratore attribuisce al re: «Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca... sì che noi non moriamo?». E «Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta... si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare». Questa mancanza di avveramento dell’oracolo divino è una delle idee principali del libro. Il senso condizionale di tutti gli oracoli di Yahveh tanto di minaccia come di promessa. È, in fondo, il trionfo dell’amore di Dio sulla malizia dell’uomo. Condizionato, sì. ma non dai suoi culti o sacrifici o cerimonie penitenziali, tante volte criticati dai profeti, ma dalla vera conversione del cuore, dal cambiamento di vita. La narrazione potrà continuare a essere fittizia o fittiziamente ricostruita, ma dovevano essere molto sordi gli orecchi dei suoi uditori giudei per non comprendere la lezione. E se non ebbe importanza per essi la costatazione degli avvenimenti, ma il loro contenuto e loro insegnamento, perché mai dovrebbe preoccupare noi oggi? Dato che siamo gentili, prendiamo esempio da Ninive.

Gesù rifiuta il segno che gli chiedono - Javier Pikaza: Ricordiamo l’espressione radicale di Paolo: i greci cercano la sapienza (l’ascesa verso il divino), i giudei invece chiedono segni (manifestazioni del potere di Dio sulla terra) (1Cor 1,22). Ponendosi su questo piano, i giudei cercano sicurezze, hanno bisogno che Dio manifesti la sua presenza specialmente attraverso avvenimenti di carattere portentoso (la liberazione totale dalla miseria di questo mondo, l’avvento del regno escatologico). Orbene, Gesù non volle offrire tali segni. In tutto il vangelo è presente questo atteggiamento negativo, che lo pone su un piano diverso da quello sul quale vollero collocarlo i giudei. La differenza radicale fra il cristianesimo e il giudaismo sta esattamente in questo piano. I giudei continuano a pensare che Dio interverrà nel momento in cui inaugurerà la nuova realtà, distruggerà il vecchio mondo e fonderà il suo regno. I cristiani hanno scoperto la sua presenza nella persona e nell’opera di Gesù. Da questo momento Dio non è più la pura trascendenza escatologica, ma si manifesta nella via di Gesù verso la Pasqua. In questa dimensione, si può affermare che Dio ha dato un segno: Giona che scompare nel mare e torna all’esistenza simboleggia il destino di Gesù incentrato nella passione, nella morte e nella Pasqua. Questo segno manca degli elementi richiesti dai giudei: la sua apparenza esterna, il suo valore di prova chiara e oggettiva. Solo coloro che confidano in Gesù (credenti) possono giungere a scoprire la presenza di Dio nella sua via e accettare alla fine la realtà della risurrezione.

La regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà... per molti cristiani queste parole di Gesù sono da eliminare dal Vangelo, o qualcuno va dicendo che sono parole spurie inserite da qualche maldestro copista. Si grida a squarciagola “Misericordia, misericordia”, e poi le parole di Gesù, che si leggono nel Vangelo di oggi, buttano in faccia agli uomini una verità che fa male, che fa pezzi ogni ragionevolezza, comprime il cuore facendo sprizzare a fiotti lacrime, sospiri, e gemiti. Quindi, a un volto sereno, pacifico, di Gesù, il Gesù misericordioso, vi è un volto severo, il Gesù giudice, e l’uomo al termine del sua povera può incontrarsi o con l’uno o con l’altro. Ma l’incontro, e quindi il giudizio, non è dettato dai capricci di Dio, ma dalle opere e dalla fede dell’uomo. Se la fede è rimasta accesa fino alla fine, se le opere sono state buone allora l’uomo si incontrerà con l’Amore misericordioso, al contrario se il lume della fede non è rimasto acceso, e il bagaglio è colmo di opere cattive allora l’uomo si incontrerà con il Giudice giusto, e come castigo prenderà dimora eterna nel regno di satana. Non basta dire “Misericordia, misericordia, o “Signore, Signore”, o dire abbiamo fatto miracoli nel tuo nome o abbiamo mangiato e bevuto in tua compagnia: sola la fede in Gesù salva, lo si legge spesso nei Vangeli, “Va’ la tua fede ti ha salvato”. Alla fede si devono accompagnare le opere, altrimenti la fede è morta. E non ci vogliono opere mirabolanti, ma il quotidiano spicciolo che deve diventare carità: Consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti; e poi occorre aggiungere: Dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, e infine seppellire i morti. Tutto qui, ne più ne meno, perché alla sentenza “Benedetti, venite nella casa del Padre mio”, con orrore l’uomo, a suo dileggio, può sentire anche queste parola: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25, 31ss). In poche parole, l’uomo “raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Gal 6,7-8).
  
Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta - Giovanni Paolo II (Omelia, 24 Gennaio 1988): Esiste un’analogia tra la missione di Cristo quella del profeta Giona dell’antico testamento. Giona era stato mandato a Ninive, una grande città, con un avvertimento da parte di Dio: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta” (Gn 3,4). Distrutta a causa della “condotta malvagia” (Gn 3,8) dei suoi abitanti. Giona venne a Ninive per avvertire i suoi abitanti della incombente punizione divina ed esortarli a mutare la loro cattiva condotta. Esortava dunque alla conversione, in nome dello sdegno di Dio e della giustizia divina. Leggiamo che la sua esortazione fu accolta. Nell’annuncio di Giona è presente Dio, che premia il bene e punisce il male. Questa verità è la base di ogni ordine, religioso e morale. Essa è anche un’indispensabile introduzione al Vangelo, alla buona novella, ma non ne è ancora la pienezza. Giona operava quando ancora non era venuta “la pienezza del tempo”. Con la sua azione egli la preparava.

I vari gradi della penitenza: Catechismo Tridentino (Parte Seconda, I Sacramenti 242): Importa anche insegnare ai fedeli attraverso quali gradini possiamo progredire in questa divina virtù.
Innanzi tutto la misericordia di Dio ci previene e converte a sé i nostri cuori. Questo domandava al Signore il profeta quando implorava: Convertici a te, o Signore, e saremo convertiti (Treni, V,21).
Secondo: illuminati da questa luce, ci rivolgiamo a Dio sulle ali della fede, poiché, come afferma l’Apostolo, chi si accosta a Dio deve credere che Dio esiste e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano (Eb 11,6). Terzo: segue il senso del timore, quando l’anima, considerando l’atrocità delle pene, si ritira dal peccato. A questo sembrano riferirsi le parole di Isaia: Come una donna incinta, prossima al parto, si lagna e grida fra le sue doglie, tali siamo noi (Is 26,17). Quarto: si aggiunge la speranza di impetrare la misericordia di Dio, sollevati dalla quale, risolviamo di emendare la vita e i costumi. Quinto: finalmente la carità infiamma i nostri cuori, e da essa scaturisce quel filiale timore che degnamente conviene a figli probi e assennati. Per essa, non temendo più che l’offesa della maestà di Dio, abbandoniamo del tutto l’abitudine del peccato.
Questi sono i gradi attraverso i quali si giunge alla più sublime virtù della penitenza, che agli occhi nostri deve apparire tutta celeste e divina. Infatti la sacra Scrittura le promette il regno dei cieli, come si legge in san Matteo: Fate penitenza, che il regno dei cieli è vicino (Mt 3,2; 4,17); e in Ezechiele: Se l’empio farà penitenza di tutti i peccati commessi e custodirà tutti i miei precetti, operando secondo il diritto e la giustizia, vivrà (Ez 18,21); e ancora: Non voglio la morte dell’empio, ma che si converta dalla sua via e viva (Ez 33,11). Le quali parole devono evidentemente riferirsi alla vita eterna e beata. 

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “La Quaresima è il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia” (Benedetto XVI).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che sempre nutri come pastore il popolo cristiano
con la tua parola e i tuoi sacramenti,
per questi doni della tua bontà,
guidaci alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.