29 Marzo 2020

V Domenica di Quaresima

Ez 37,12-14; Sal 129 (130); Rm 8,8-11; Gv 11,1-45

Colletta: Eterno Padre, la tua gloria è l’uomo vivente; tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l’amico Lazzaro, guarda oggi l’afflizione della chiesa che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato, e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo ....

Prima lettura: Ezechiele è sacerdote e insieme profeta. Il veggente, nato intorno al 620 a.C., oltre a proporre oracoli contro le nazioni pagane (Cf. Ez 25-32), alimenta la speranza del popolo esiliato (capitoli 33-38) e delinea il piano di ricostruzione della futura nazione (capitoli 40-48). Ezechiele con la visione terrificante delle ossa inaridite, annunzia la restaurazione messianica di Israele, dopo la liberazione dalla cattività babilonese. Certamente il profeta non voleva predire la risurrezione dei morti. Una lettura in questo senso fu fatta da un gran numero di Padri e esegeti dopo Giustino e Ireneo. Tuttavia, non è meno evidente che questa impressionante profezia abbia orientato gli spiriti all’idea di una risurrezione individuale della carne.

Salmo: «La veglia del mattino è la risurrezione del Cristo. Il salmista spera, a motivo della risurrezione del Cristo... Gesù nostro sacerdote ha preso da noi ciò che doveva offrire per noi: la carne. Nella stessa carne si è fatto vittima; nella passione si è fatto sacrificio; nella risurrezione ha rinnovato ciò che era stato messo a morte e lo ha offerto a Dio come primizia. E ti dice: Essendo stata offerta a Dio una primizia di te stesso nella mia carne, tutte le cose tue sono ormai consacrate al Signore. Spera dunque che si realizzi in te quanto si è realizzato in anticipo nella tua primizia» (San Agostino).

Seconda lettura: La lettera ai Romani oltre ad essere la più estesa tra le lettere paoline, è anche la più importante per comprendere il pensiero di Paolo sulla giustificazione del peccatore ad opera di Dio, mediante la redenzione di Cristo e il dono dello Spirito di Dio, il quale abita nei credenti a motivo del Battesimo e della fede in Gesù Cristo (Cf. 1Cor 6,19). Inoltre, lo Spirito è la garanzia della futura risurrezione. A motivo di tanta ricchezza, il cristiano non può e non deve vivere schiavo della carne.

Vangelo: Il brano della risurrezione di Lazzaro esplicita uno degli aspetti fondamentali della cristologia giovannea. Il miracolo manifesterà ai Giudei la gloria di Dio, ma, allo stesso tempo, spianerà la strada ai nemici del Cristo: proprio a motivo della risurrezione di Lazzaro decideranno di uccidere Gesù. La tomba di Lazzaro si trovava a Betania che era a circa tre chilometri da Gerusalemme. Nel racconto si passa, in un lento crescendo, dalla narrazione della malattia a quella della morte e sepoltura, fino all’evento della risurrezione, al quarto giorno. Tra le righe traspare l’umanità tenerissima di Gesù, che è scossa dal dolore per la morte dell’amico amato (vv. 33.35). La preghiera di Gesù rivolta al Padre, Io sapevo che mi dai sempre ascolto, comprova ed esplicita il mistero della divina figliolanza.

Forma Breve - Dal Vangelo secondo Giovanni 11, 3-7.17.20-27.33b-45: In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Lazzaro, vieni fuori! - Il miracolo della risurrezione di Lazzaro è l’ultimo «segno» compiuto da Gesù prima della sua morte. In un contesto di dolore, di profonda commozione, di speranza e di incredulità, la risurrezione di colui che Gesù ama (Gv 11,3.16) è il segno e l’anticipazione della risurrezione stessa di Cristo.
Nel «segno», inoltre, brilla una profonda verità, Gesù è la risurrezione e la vita; chi crede in Lui, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in Lui, anche se muore, non morirà in eterno (Cf. Gv 11,25).
Marta e Maria si preoccupano di avvisare Gesù che il loro fratello Lazzaro è malato.
Questa malattia non porterà alla morte, la risposta di Gesù, non compresa nella sua pienezza profetica, ha un duplice significato: gli amici dell’uomo credono che Lazzaro guarirà dalla malattia, Gesù indica invece il percorso della morte che il suo amico amato dovrà percorrere fino in fondo per poi risorgere manifestando in questo modo ai Giudei la gloria di Dio. Ma allo stesso tempo, questo miracolo provocherà (Gv 11,46-54) la sua morte, che sarà anche la sua glorificazione (Gv 12,32).
In attesa che gli eventi maturino, Gesù rimane ancora per due giorni nel luogo dove si trovava.
Quando Gesù arriva a Betania, Lazzaro è morto da quattro giorni.
Marta sembra rimproverare il Maestro, se tu fossi stato qui ..., ma nella richiesta c’è qualcosa che va al di là dell’umana speranza, l’insperabile: lei è certa che, nonostante la decomposizione organica del corpo, Gesù può operare un miracolo: Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà, anche quella di risuscitare ora Lazzaro.
Gesù comprende appieno la richiesta, ma rimanda la donna alla comune fede nella risurrezione dei morti. Marta, che forse sperava in un qualcosa di straordinario, si acquieta e accetta l’evidenza dei fatti: Lazzaro è morto, so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. Di rimando, Gesù, inaspettatamente, spazza via qualsiasi equivoco o dubbio: Io sono la risurrezione e la vita, così come Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6,35s), Io sono la luce del mondo (Gv 8,12), Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6). Gesù è venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10): Marta accoglie la rivelazione, crede e professa la sua fede: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo.
Gesù si commuove profondamente e, molto turbato, chiede che gli si indichi la tomba di Lazzaro.
Alla commozione segue il pianto che mette in evidenza tutta l’umanità di Gesù: Egli è profondamente uomo e nutre nel suo cuore sentimenti umani. Il verbo commuoversi (embrimaomai, fremere, indignarsi) «si riferisce a una reazione di rabbia che Giovanni interpreta come un’agitazione interiore. Il motivo di questa reazione potrebbe essere il peccato che causa la morte e il dolore che ne consegue; oppure la compassione nei confronti delle due sorelle; infine il cordoglio dei giudei [“la vide piangere e piangere anche i giudei”]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
Le lacrime di Gesù dividono i presenti, anzi per qualcuno sono motivo di scandalo: Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse? Probabilmente, per questi tali, la morte di Lazzaro ha svelato finalmente i veri limiti di colui che essendo uomo si faceva Dio (Cf. Gv 10,33). Forse, Gesù ha intuito i pensieri di coloro che dubitano (Cf. Mt 9,4) e così il tono si fa forte, imperioso e a Marta, che ora sembra vacillare nella sua fede, risponde con altrettanta fermezza, tacitandola, ma con amorevolezza.
La preghiera di Gesù, Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato, forse fatta ad alta voce, è tesa a che i Giudei credano che il Padre lo ha mandato e che lui e il Padre sono una cosa sola (Cf. Gv 10,30.38): la volontà del Figlio è così unita a quella del Padre che ogni sua domanda viene esaudita.
... gridò a gran voce, questo particolare sembra quasi sottolineare la riottosità della morte a cedere il passo alla vita: infatti, «l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1Cor 15,26).
Gesù chiama per nome il suo amico: anche dopo la morte l’uomo è persona ed è conosciuto come persona da Dio. Colui che sarà ammesso nel regno riceverà dal Risorto «una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi lo riceve» (Ap 2,17).
Il morto uscì legato: è la carne, la morte, il peccato a legare l’uomo, ma Gesù è venuto a sciogliere questi lacci ed è venuto con voce forte «simile al fragore di grandi acque» (Ap 1,15).
Liberàtelo e lasciàtelo andare: il «comando, che troviamo anche nei miracoli sinottici di risurrezione [Mc 5,43b; Lc 7,15], indica un ritorno alla vita normale. Niente invece di ciò che naturalmente ci aspetteremmo: un saluto o una domanda al risuscitato. Tutto rimane immortalato nella solennità di un quadro, in cui, sullo scenario storico, trionfano la cornice e i colori teologici» (Giuseppe Segalla).
Molti credettero, ma altri si fanno sopraffare dall’odio: il più bel gesto, quello di dare la vita ad un amico, che significa e concretizza l’amore di Dio verso tutti gli uomini, per pochi scellerati è solo apparato scenografico con una aggravante: il sedicente Cristo, con i suoi miracoli e guarigioni prodigiosi, può portare alla rovina l’intera nazione ebraica. È quindi necessario decidere della sua sorte e decidere partendo da un saggio principio: è conveniente che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera (Gv 11,50).
Di lì a poco, la gioia di Betania si sarebbe così spenta ai piedi di una croce. Anche Lazzaro, il risuscitato, avrebbe pagato il suo prezzo.

Gesù scoppiò in pianto - Amoris laetitia 144: Gesù, come vero uomo, viveva le cose con una carica di emotività. Perciò lo addolorava il rifiuto di Gerusalemme (cfr Mt 23,37) e questa situazione gli faceva versare lacrime (cfr Lc 19,41). Ugualmente provava compassione di fronte alla sofferenza della gente (cfr Mc 6,34). Vedendo piangere gli altri si commuoveva e si turbava (cfr Jn 11,33), ed Egli stesso pianse la morte di un amico (cfr Jn 11,35). Queste manifestazioni della sua sensibilità mostravano fino a che punto il suo cuore umano era aperto agli altri.
145 Provare un’emozione non è qualcosa di moralmente buono o cattivo per sé stesso. Incominciare a provare desiderio o rifiuto non è peccaminoso né riprovevole. Quello che è bene o male è l’atto che uno compie spinto o accompagnato da una passione. Ma se i sentimenti sono alimentati, ricercati e a causa di essi commettiamo cattive azioni, il male sta nella decisione di alimentarli e negli atti cattivi che ne conseguono. Sulla stessa linea, provare piacere per qualcuno non è di per sé un bene. Se con tale piacere io faccio in modo che quella persona diventi mia schiava, il sentimento sarà al servizio del mio egoismo. Credere che siamo buoni solo perché “proviamo dei sentimenti” è un tremendo inganno. Ci sono persone che si sentono capaci di un grande amore solo perché hanno una grande necessità di affetto, però non sono in grado di lottare per la felicità degli altri e vivono rinchiusi nei propri desideri. In tal caso i sentimenti distolgono dai grandi valori e nascondono un egocentrismo che non rende possibile coltivare una vita in famiglia sana e felice.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli
di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo,
poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue.
Per Cristo nostro Signore.