26 Marzo 2020

Giovedì della IV Settimana di Quaresima

Es 32,7-14; Dal Sal 105 (106); Gv 5,31-47

Colletta: O Padre, che ci hai dato la grazia di purificarci con la penitenza e di santificarci con le opere di carità fraterna, fa’ che camminiamo fedelmente nella via dei tuoi precetti, per giungere rinnovati alle feste pasquali. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Dei Verbum n. 15: L’economia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente (cfr. Lc 24,44; Gv 5,39; 1Pt 1,10) e a significare con diverse figure (cfr. 1Cor 10,11) l’avvento di Cristo redentore dell’universo e del regno messianico. I libri poi del Vecchio Testamento, tenuto conto della condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza instaurata da Cristo, manifestano a tutti chi è Dio e chi è l’uomo e il modo con cui Dio giusto e misericordioso agisce con gli uomini. Questi libri, sebbene contengano cose imperfette e caduche, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. Quindi i cristiani devono ricevere con devozione questi libri: in essi si esprime un vivo senso di Dio; in essi sono racchiusi sublimi insegnamenti su Dio, una sapienza salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere; in essi infine è nascosto il mistero della nostra salvezza.
n. 16: Dio dunque, il quale ha ispirato i libri dell’uno e dell’altro Testamento e ne è l’autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nel Vecchio e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo. Poiché, anche se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel sangue suo (cfr. Lc 22,20; 1Cor 11,25), tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento (cfr. Mt 5,17; Lc 24,27), che essi a loro volta illuminano e spiegano.

Dal Vangelo secondo Giovanni 5,31-47: In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): La portata dottrinale del discorso è molto rilevante. Gesù afferma categoricamente di compiere le opere del Padre. Egli non fa nulla se non lo vede fare dal Padre. Siccome questi lo ama, non gli tiene nascosto nulla, ma gli mostra tutto quello che fa. Il Figlio imita ciò che fa il Padre, compiendo le sue opere. Ora, le opere tipiche di Dio sono due: far risorgere i morti e vivificarli. Il Padre ha conferito tale potere divino al Figlio, affinché tutti lo onorino quale suo inviato definitivo. Essendo stato mandato dal Padre, egli riveste la sua stessa dignità; perciò chi non onora il Figlio, non onora il neppure il Padre. Tale identità di operazione, che scaturisce dallunione intima di amore con il Padre, manifesta la dignità trascendente di Gesù, la sua uguaglianza con Dio. Più avanti afferma: «Io e il Padre siamo uno» (10,30). Infatti, egli si rivendica il potere di far risorgere i morti e di giudicarli, opere che le Scritture attribuiscono esclusivamente a Dio. Si tratta di due opere escatologiche, che ora il Padre compie attraverso il Figlio Unigenito, divenuto «Figlio dell”uomo» con lincamazione; a lui egli ha affidato il giudizio del mondo, secondo quanto aveva predetto Daniele (7,13-14).
Nessuno può restare indifferente dinanzi alla rivelazione di Gesù, essendo egli stato mandato da Dio. Questo termine serve d’aggancio tra il v. 23 e il v. 24, che rappresenta il punto focale di tutto il brano: Gesù passa dal tema delle opere escatologiche (w. 19-23) a quello della fede nel suo messaggio per ottenere la vita eterna nel giudizio vv. 24-30). Il Figlio è stato mandato dal Padre per manifestare e compiere il suo disegno salvifico. Chi accoglie la parola di Gesù con fede, è reso partecipe fin d’ora della vita divina; chi non crede, si autoesclude dalla salvezza (V. 24). Il giudizio divino è già in atto nella missione di Gesù. La sua parola contiene la realtà divina che annuncia, e chi l’accetta riceve la vita eterna.

Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole? - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 47. Il versetto non sottolinea un contrasto tra gli scritti di Mosè e le «parole» di Gesù, quasi che la parola scritta sia più autorevole della parola pronunziata, bensì esso stabilisce un parallelo tra Mosè e Cristo; se Mosè, il quale ha predetto il Messia, come consta dai libri della Legge, non è creduto dagli ebrei, come può avvenire che questi stessi ebrei possano credere alle parole di Cristo che annunziano il compimento delle predizioni contenute nelle Scritture?
La sezione di Giov., 5,31-47 sviluppa un tema centrale a forma di dibattito sulla «testimonianza» concernente la persona e I’opera di Gesù. Il Maestro stesso richiama successivamente le testimonianze che ha avuto dal Padre, da Giovanni Battista, dalle opere e da Mosè (per mezzo delle Scritture). Queste molteplici testimonianze hanno lo scopo di mostrare il messianismo di Gesù e l’opera che egli deve svolgere nel mondo, non già intendono provare la sua origine divina o il mistero della sua persona. Le testimonianze del Precursore, di Mosè e delle opere sono valide per provare sul piano storico che Gesù attua l’opera del Messia predetto (cf. « Revue Biblique », 67 [1960], p. 514).

Le testimonianze rese a Gesù - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Gesù inizia la seconda parte della sua apologia di Gv 5, affermando di avere come testimone una persona misteriosa e straordinaria, che non può essere se non Dio: questi gli rende una testimonianza molto autorevole (Gv 5,31s). Il Battista ha reso testimonianza alla verità, ossia al Verbo incarnato, rivelazione personificata di Dio; Gesù però non riceve testimonianza da un uomo (Gv 5,33s). Egli ha una testimonianza più grande di quella di Giovanni, essa è rappresentata dalle opere compiute e dal Padre in persona (Gv 5,36s): tanto le opere quanto Dio rendono testimonianza alla missione divina di Gesù. Non basta, Gesù ha una terza testimonianza: quella delle Scritture (Gv 5,39). Quindi è triplice la testimonianza che il Maestro accetta: quella del Padre, quella delle opere e quella delle Scritture. La testimonianza del Battista è considerata umana e perciò rifiutata (Gv 5.34).
Eppure Giovanni Battista per due volte ha reso solenne testimonianza alla messianicità divina di Gesù (Gv 1,29-34; 3,31-36). Egli è venuto per rendere testimonianza alla luce e per favorire la fede nel Verbo, luce del mondo (Gv 1,7s). La sua testimonianza sulle rive del Giordano (Gv 1,19-34) ha spinto alcuni suoi discepoli a seguire Gesù (Gv 1,35ss); essa perciò ha favorito la rivelazione del Cristo (cf. Gv 1,31; 2,1-12) e la fede iniziale dei primi discepoli (Gv 2,11). La seconda testimonianza del Battista è molto esplicita nel proclamare la divinità del Maestro (Gv 3,29-36). Ma il Verbo incarnato non accetta questa testimonianza umana (Gv 5,34).
Gesù accoglie solo la testimonianza divina del Padre, delle sue opere e delle Scritture. Egli proclama inoltre che la sua testimonianza è vera anche dal punto di vista giuridico della legge mosaica, perché gli rende testimonianza anche il Padre (Gv 8,14-18), per mezzo delle opere che compie nel suo nome (Gv 10,25). Nei discorsi dell’ultima cena il Maestro accenna a una nuova testimonianza divina in suo favore, quella del Paraclito, lo Spirito di verità: questi renderà testimonianza a Gesù mediante la testimonianza dei discepoli (Gv 15,26s), e farà giustizia convincendo il mondo del suo peccato d”incredulità, dell’ingiustizia commessa rifiutando il Cristo e dell’iniquo giudizio di condanna nei confronti dell`inviato di Dio (Gv 16,8-11).
Quindi i giudei che accusano Gesù di peccato e di bestemmia, perché avrebbe trasgredito il riposo sabatico e si è proclamato uguale a Dio (Gv 5,16.18), meritano biasimo e condanna. Nel processo sommario che essi intentano contro il Maestro, sono condannati dal Padre, dalla Scrittura e dallo Spirito di verità, i quali difendono la causa del Cristo e offrono la garanzia della loro autorevolissima testimonianza. L’appello di Gesù a queste testimonianze è quanto mai efficace nella sua apologia contro le accuse dei giudei, che lo perseguitano e meditano di ucciderlo, quale trasgressore della legge.

Voi scrutate le Scritture...: Giovanni Paolo II (Omelia, 17 marzo 1983): Ci troviamo nel centro stesso di quella disputa, che Gesù di Nazaret conduce con i suoi contemporanei, rappresentanti di Israele. Proprio essi, più di qualsiasi altro, potevano riconoscere in Cristo la testimonianza di Dio stesso. Infatti, erano a ciò particolarmente preparati. Cristo dice: “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita” (Gv 5,39-40). Non volete... La controversia, che Cristo svolge con i suoi contemporanei in Israele, riguarda la promessa che quel popolo eletto aveva ricevuto nell’antica alleanza: Cristo viene come compimento di quella Promessa. Ed ecco, non vogliono accoglierlo. Quindi, egli disputa con essi, richiamandosi all’autorità che per essi era la più grande: Mosè. Dice: “Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me, perché di me egli ha scritto” (Gv 5,46). E perciò aggiunge: “Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza” (Gv 5,45). Così, dunque, si svolge una sorta di lite. Essa ha in un certo senso le caratteristiche di un processo giudiziario. Cristo si richiama ai testimoni. Testimone è Mosè e tutto il Vecchio Testamento fino a Giovanni Battista. Testimone è la Scrittura e testimone è tutta l’attesa del Popolo eletto. Ma, soprattutto, testimone sono le “opere” che Cristo compie per intervento del Padre. Dinanzi a questa testimonianza, i testimoni dell’antica alleanza, e soprattutto Mosè, assumono ancora un nuovo carattere: si prestano nel ruolo di accusatori. Sembrano dire: perché non accogliete Gesù di Nazaret, dato che tutto indica che proprio egli è Colui che Dio ha mandato conformemente alla Promessa? Con questa domanda, quei testimoni sembrano però non soltanto chiedere, ma addirittura accusare!

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato”.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Il sacramento che abbiamo ricevuto, Signore,
ci liberi da ogni colpa, perché sollevati dall’umiliazione
del peccato possiamo gloriarci della pienezza del tuo dono.
Per Cristo nostro Signore.