20 Marzo 2020

Venerdì della Terza Settimana di Quaresima

Os 14,2-10, Sal 80 (81); Mc 12,28b-34

Colletta: Padre santo e misericordioso, infondi la tua grazia nei nostri cuori, perché possiamo salvarci dagli sbandamenti umani e restare fedeli alla tua parola di vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Vocazione universale alla santità - Lumen gentium 40: Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,12). I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l’Apostolo che vivano «come si conviene a santi» (Ef 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza» (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Ga 5,22 Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6,12).
È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l’esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi.

Dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34: In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

La risposta che Gesù suggerisce allo scriba non è una novità in quanto nelle scuole rabbiniche era aperto il dibattito sul “cuore” della legge, e l’affermazione che esso consistesse nell’amore di Dio e del prossimo non era sconosciuta. La novità sta nel fatto che Gesù unifica un testo del Deuteronomio (6,4-5) con un testo del Levitico (19,18). Nelle parole di Gesù va colta una profonda verità: l’amore dell’uomo nasce da quello di Dio, e deve commisurarsi su di esso. Nella replica dello scriba poi si coglie una osservazione polemica contro il culto. Infatti, è sempre in agguato il rischio che le pratiche cultuali ingombrino l’anima e la distraggano dalla giustizia: la vera preghiera invece non sostituisce l’amore, ma ne è al servizio. Se si capovolgesse l’ordine, l’uomo diverrebbe il nostro idolo, ne cercheremmo l’approvazione e ci prostreremmo davanti a lui.

Qual è il primo di tutti i comandamenti? - José Maria Gonzalez-Ruiz: L’unione del primo comandamento col secondo era già avvenuta in seno al giudaismo, ma il senso universale del «prossimo» non doveva essere comune nella teologia ebraica.
«Prossimo» era colui che apparteneva al popolo eletto o almeno un proselito che accettava le regole del gioco.
Lo scriba aggiunge una cosa molto cara al nostro evangelista il culto non ha valore se non e unito strettamente con l’amore del prossimo. Gesù costata finalmente che anche fra gli scribi vi erano quelli che non erano lontani dal regno di Dio.
Nella storia del cristianesimo resterà sempre viva la polemica sulla tensione fra il primo e il secondo comandamento. Specialmente noi occidentali non sappiamo afferrare tutta la dialettica che unisce inseparabilmente i due comandamenti. Parliamo di verticalismo (verso Dio) e di orizzontalismo (verso il prossimo), di antropocentrismo e di teocentrismo, senza mai comprendere che la cosa più essenziale del cristianesimo è la combinazione dialettica fra Dio e il prossimo.
Il verticalismo teocentrico si rivela in un tipo di pietà introversa, che rifugge dal «mondo» e si rifugia irrevocabilmente nei luoghi solitari. La storia del cristianesimo presenta esempi sconcertanti di questa fuga dal mondo. Dobbiamo riconoscere che il cristianesimo ortodosso è quello che si è distinto maggiormente sotto questo aspetto: ne resta un esempio insigne nella santa penisola del Monte Athos che sopravvive dopo più di mille anni. Fra i cattolici la vita monastica ha avuto molte metamorfosi e subisce gli inevitabili cambiamenti della società nella quale è inserita.
Tuttavia la discussione è ancora d’attualità. È avvenuto spesso che i «religiosi» - immersi nella pratica di riti venerabili - siano i più insensibili di fronte al prossimo di turno. Nella migliore delle ipotesi, essi conservano del «prossimo» un’idea anacronistica, riducendolo al povero mendico che si aggirava per le vecchie città di tipo medievale.
D’altra  parte l’orizzontalismo antropocentrico ha messo eccessivamente in rilievo la dimensione dell’uomo a spese della ricerca di qualcosa che sia superiore all’uomo. In un primo tempo l’effetto ottenuto è stato qualcosa di positivo: la scomparsa del «dio» oppressore che impediva all’uomo di realizzarsi e completarsi; ma poi, confondendo questo «dio» con «Dio», si è ottenuto che, attraverso la porta di servizio, entrassero altri dèi «vestiti da contadino».
Attualmente, nella crisi del mondo sia cattolico che protestante, è facile costatare come il militante cristiano che scopre l’uomo - attraverso una lotta politica di liberazione - sia tentato di abbandonare la sua fede cristiana, lasciando libero il campo agli avversari, i quali manipolano questa fede per i loro fini egoistici e, per questo, finanziano lussuosamente l’aspetto «verticale» del cristianesimo, dietro il quale nascondono i loro non confessati interessi.

I due amori. - C. Wiéner: Da un capo all’altro del Nuovo Testamento l’amore del prossimo appare indissociabile dall’amore di Dio: i due comandamenti sono il vertice e la chiave della legge (Mc 12,28-33 par.) la carità fraterna è la realizzazione di ogni esistenza morale (Gal 5,14; 6, 2; Rom 13, 8 s; Col 3,14), è in definitiva l’unico comandamento (Gv 15,12; 2 Gv 5), l’opera unica e multiforme di ogni fede viva (Gal 5, 6. 22): «Chi non ama il fratello che vede, non può amare quel Dio che non vede... amiamo i figli di Dio quando amiamo Dio» (1Gv 4,20s). Non si potrebbe affermare meglio che, in sostanza, non c’è che un solo amore.
L’amore del prossimo è quindi essenzialmente religioso; non è una semplice filantropia. Anzitutto è religioso per il suo modello: imitare l’amore stesso di Dio (Mt 5,44s; Ef 5,1s. 25; 1Gv 4,11s). Poi, e soprattutto, per la sua sorgente, perché è l’opera di Dio in noi: come potremmo essere misericordiosi come il Padre celeste (Lc 6,36), se il Signore non ce lo insegnasse (1Tess 4,9), se lo Spirito non lo effondesse nei nostri cuori (Rom 5,5; 15,30)? Questo amore viene da Dio ed esiste in noi per il fatto stesso che Dio ci prende come figli (1Gv 4,7). E, venuto da Dio, esso ritorna a lui: amando i nostri fratelli, amiamo il Signore stesso (Mt 25,40), perché tutti assieme forniamo il corpo di Cristo (Rom 12,5-10; 1Cor 12,12-17). Questo è il modo in cui possiamo rispondere all’amore con cui Dio ci ha amati per primo (1Gv 3,16; 4,19s).
In attesa della parusia del Signore, la carità è l’esigenza essenziale, in base alla quale gli uomini saranno giudicati (Mt 25,31-46). Questo è il testamento lasciato da Gesù: «Amatevi gli unii gli altri, come io vi ho amati» (Gv 13,34s). L’atto d’amore di Cristo continua ad esprimersi attraverso gli atti dei discepoli. Questo comandamento, benché antico perché legato alle sorgenti stesse della rivelazione (1Gv 2,7s), è nuovo: di fatto Gesù ha inaugurato una nuova era mediante il suo sacrificio, fondando la nuova comunità annunziata dai profeti, donando ad ognuno lo Spirito che crea dei cuori nuovi. Se dunque i due comandamenti sono uniti, si è perché l’amore di Cristo continua ad esprimersi attraverso la carità che i discepoli manifestano tra loro.

Deus caritas est n. 1: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto».
Abbiamo creduto all’amore di Dio - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti parole: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L’Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18; cfr Mc 12,29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un «comandamento», ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un «comandamento», ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro” (Deus caritas est). 
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La forza del tuo Spirito
ci pervada corpo e anima, o Dio,
perché possiamo ottenere pienamente la redenzione
alla quale abbiamo partecipato in questi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore.