17 Marzo 2020

Martedì III Settimana di Quaresima

Dn 3,25.34-43; Sal 24 (25); Mt 18,21-35

Colletta: Non ci abbandoni mai la tua grazia, o Padre, ci renda fedeli al tuo santo servizio e ci ottenga sempre il tuo aiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo..

Giovanni Paolo II (Udienza Generale 2 Giugno 1992): La carità accesa da Cristo nel mondo è amore senza limiti, universale. La Chiesa testimonia questo amore che supera ogni divisione fra individui, categorie sociali, popoli e nazioni. Reagisce contro i particolarismi nazionali che vorrebbero limitare la carità nelle frontiere di un popolo. Con il suo amore aperto a tutti, la Chiesa mostra che l’uomo è chiamato da Cristo non solo ad evitare ogni ostilità all’interno del proprio popolo, ma a stimare e amare i membri delle altre nazioni e gli stessi popoli come tali.
La carità di Cristo supera anche la diversità delle classi sociali. Non accetta l’odio né la lotta di classe. La Chiesa vuole l’unione di tutti in Cristo, e cerca di vivere ed esorta e insegna a vivere l’amore evangelico, anche per coloro che alcuni vorrebbero considerare come dei nemici. In applicazione del mandato dell’amore di Cristo, la Chiesa chiede la giustizia sociale, e quindi una equa condivisione dei beni materiali nella società e un aiuto per i più poveri, per tutti gli sventurati. Ma nello stesso tempo predica e favorisce la pace e la riconciliazione nella società.
La carità della Chiesa comporta essenzialmente un atteggiamento di perdono, ad imitazione della benevolenza di Cristo, che, pur condannando il peccato, si è comportato da “amico dei peccatori” (Mt 11,19 cf. Lc 9,5-10) e ha rifiutato di condannarli (Gv 8,11). In questo modo la Chiesa si sforza di riprodurre in sé, e nell’animo dei suoi figli, la disposizione generosa di Gesù, che ha perdonato e ha chiesto al Padre di perdonare coloro che lo avevano mandato al supplizio (Lc 23,34).
I cristiani sanno che non possono mai ricorrere alla vendetta e che, secondo la risposta di Gesù a Pietro, devono perdonare tutte le offese, senza mai stancarsi (Mt 18,22). Ogni volta che recitano il Padre nostro, riaffermano la loro volontà di perdono. La testimonianza del perdono, data e inculcata dalla Chiesa, è legata alla rivelazione della misericordia divina: è proprio per essere simili al Padre celeste, secondo l’esortazione di Gesù (Lc 6,36-38; Mt 6,14-15; Mt 18,33-35), che i cristiani sono inclini all’indulgenza, alla comprensione, alla pace. Con questo non vengono meno alla giustizia, che mai deve essere separata dalla misericordia.

Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-35: In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quel che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

... quante volte dovrò perdonargli? A porre la domanda è Pietro. Gesù aveva insegnato ai discepoli l’urgente necessità della correzione fraterna, e a Pietro, che certamente faceva riferimento ad una Legge con spirito ben diverso, sembrò forse un po’ esagerato tutta la trafila da fare prima di arrivare ad un giudizio. Comunque, Pietro  pensa di essere molto magnanimo nel dichiararsi disposto a perdonare fino a sette volte (cfr. Prov 24,16). La risposta di Gesù, Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette (cfr. Gen 4,24), è palese per un semita: bisogna perdonare non per un numero limitato di casi, sette volte, ma senza limiti, cioè sempre, settanta volte sette! Questo è il vino nuovo che va versato in otri nuovi (Mt 19,17; Mc 2,22; Lc 5,37-38). Non più la Legge del taglione (cfr. Es 21,23), ma la carità  fraterna, l’amore vicendevole, il perdono senza limiti.

Il perdono delle offese - J. Giblet e M.F. Lacan: Già nell’Antico Testamento, non soltanto la legge pone un limite alla vendetta con la regola del taglione (Es 21,25), ma vieta anche l’odio per il fratello, la vendetta ed il rancore verso il prossimo (Lev 19,17s). Il sapiente Ben Sira ha meditato queste prescrizioni; ha scoperto il legame che unisce il perdono accordato dall’uomo al suo simile col perdono che egli chiede a Dio: «Perdona al tuo prossimo i suoi torti; allora, per la tua preghiera, ti saranno rimessi i tuoi peccati. Se uno nutre ira contro un altro, come può chiedere a Dio la guarigione? Egli è senza compassione per un uomo, suo simile, e pregherebbe per le sue proprie colpe?» (Eccli 27,30 - 28,7). Il libro della Sapienza completa questa lezione ricordando al giusto che, nei suoi giudizi, deve prendere come modello la misericordia di Dio (Sap 12,19.22). Gesù riprenderà e trasformerà questa duplice lezione. Come il Siracide, egli insegna che Dio non può perdonare a chi non perdona, e che, per domandare il perdono di Dio, occorre perdonare al proprio fratello. La parabola del debitore spietato inculca con forza questa verità (Mt 18,23- 35), sulla quale Cristo insiste (Mt 6,14 s) e che ci impedisce di dimenticare, facendocela ripetere ogni giorno: nel Pater, dobbiamo poter dire che perdoniamo; questa affermazione è collegata alla nostra domanda ora con un perché, che ne fa la condizione del perdono divino (Lc 11,4), ora con un come, che ne fissa la misura (Mt 6,12).
Gesù va più lontano: come il libro della Sapienza, egli presenta Dio quale modello di misericordia (Lc 6,35s) a coloro di cui è il Padre e che lo devono imitare per essere suoi veri figli (Mt 5,43ss.48). Il perdono non è soltanto una condizione preliminare della nuova vita; ne è uno degli elementi essenziali: Gesù quindi comanda a Pietro di perdonare instancabilmente, in opposizione al peccatore che tende a vendicarsi senza misura (Mt 18,21s; cfr. Gen 4,24). Seguendo l’esempio del Signore (Lc 23,34), Stefano è morto perdonando (Atti 7,60). Per vincere come essi il male con il bene (Rom 12,21; cfr. 1Piet 3,9), il cristiano deve sempre perdonare, e perdonare per amore, come Cristo (Col 3,13), come il Padre suo (Ef 4,32). 

«come noi li rimettiamo ai nostri debitori» - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2842: Questo «come» non è unico nell’insegnamento di Gesù: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36); «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi» (Gv 13,34). È impossibile osservare il comandamento del Signore, se si tratta di imitare il modello divino dall’esterno. Si tratta invece di una partecipazione vitale, che scaturisce «dalla profondità del cuore», alla santità, alla misericordia, all’amore del nostro Dio. Soltanto lo Spirito, del quale «viviamo» (Gal 5,25), può fare «nostri» i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Allora diventa possibile l’unità del perdono, perdonarci «a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» (Ef 4,32).
2843: Così prendono vita le parole del Signore sul perdono, su questo amore che ama fino alla fine. La parabola del servo spietato, che corona l’insegnamento del Signore sulla comunione ecclesiale, termina con queste parole: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello». È lì, infatti, « nella profondità del cuore » che tutto si lega e si scioglie. Non è in nostro potere non sentire più e dimenticare l’offesa; ma il cuore che si offre allo Spirito Santo tramuta la ferita in compassione e purifica la memoria trasformando l’offesa in intercessione.

Perdono, esigenze della giustizia e della verità: Compendio della Dottrina sociale della Chiesa 518: Il perdono reciproco non deve annullare le esigenze della giustizia né, tanto meno, precludere il cammino che porta alla verità: giustizia e verità rappresentano, invece, i requisiti concreti della riconciliazione. Risultano opportune le iniziative tendenti ad istituire Organismi giudiziari internazionali. Simili Organismi, avvalendosi del principio della giurisdizione universale e sorretti da procedure adeguate, rispettose dei diritti degli imputati e delle vittime, possono accertare la verità sui crimini perpetrati durante i conflitti armati. È necessario, tuttavia, andare oltre la determinazione dei comportamenti delittuosi, sia attivi che omissivi, e oltre le decisioni in merito alle procedure di riparazione, per giungere al ristabilimento di relazioni di reciproca accoglienza tra i popoli divisi, nel segno della riconciliazione. È necessario, inoltre, promuovere il rispetto del diritto alla pace: tale diritto «favorisce la costruzione di una società all’interno della quale ai rapporti di forza subentrano rapporti di collaborazione, in vista del bene comune».

Papa Francesco (Angelus 17 Settembre 2017): Il re della parabola è un uomo generoso che, preso da compassione, condona un debito enorme - “diecimila talenti”: enorme - a un servo che lo supplica. Ma quello stesso servo, appena incontra un altro servo come lui che gli deve cento denari - cioè molto meno -, si comporta in modo spietato, facendolo gettare in prigione. L’atteggiamento incoerente di questo servo è anche il nostro quando rifiutiamo il perdono ai nostri fratelli. Mentre il re della parabola è l’immagine di Dio che ci ama di un amore così ricco di misericordia da accoglierci, e amarci e perdonarci continuamente.
Fin dal nostro Battesimo Dio ci ha perdonati, condonandoci un debito insolvibile: il peccato originale. Ma, quella è la prima volta. Poi, con una misericordia senza limiti, Egli ci perdona tutte le colpe non appena mostriamo anche solo un piccolo segno di pentimento. Dio è così: misericordioso. Quando siamo tentati di chiudere il nostro cuore a chi ci ha offeso e ci chiede scusa, ricordiamoci delle parole del Padre celeste al servo spietato: «Io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (vv. 32-33). Chiunque abbia sperimentato la gioia, la pace e la libertà interiore che viene dall’essere perdonato può aprirsi alla possibilità di perdonare a sua volta.
Nella preghiera del Padre Nostro, Gesù ha voluto inserire lo stesso insegnamento di questa parabola. Ha messo in relazione diretta il perdono che chiediamo a Dio con il perdono che dobbiamo concedere ai nostri fratelli: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Il perdono di Dio è il segno del suo straripante amore per ciascuno di noi; è l’amore che ci lascia liberi di allontanarci, come il figlio prodigo, ma che attende ogni giorno il nostro ritorno; è l’amore intraprendente del pastore per la pecora perduta; è la tenerezza che accoglie ogni peccatore che bussa alla sua porta. Il Padre celeste - nostro Padre - è pieno, è pieno di amore e vuole offrircelo, ma non lo può fare se chiudiamo il nostro cuore all’amore per gli altri.
La Vergine Maria ci aiuti ad essere sempre più consapevoli della gratuità e della grandezza del perdono ricevuto da Dio, per diventare misericordiosi come Lui, Padre buono, lento all’ira e grande nell’amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Il perdono è l’aspetto materno di Dio. Una madre amorosa perdona sempre il figlio” (Abbè Pierre).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

«Ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
Ma anche tu devi aver pietà del tuo fratello»,
dice il Signore. (Cfr. Mt 18,32-33)