13 Marzo 2020

Venerdì II Settimana di Quaresima

Gen 37,3-4.12-13a.17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46

Colletta: Dio onnipotente e misericordioso, concedi ai tuoi fedeli di essere intimamente purificati dall’impegno penitenziale della Quaresima, per giungere con spirito nuovo alle prossime feste di Pasqua. Per il nostro Signore Gesù Cristo... 

Le immagini della Chiesa - Lumen gentium 6: Come già nell’Antico Testamento la rivelazione del regno viene spesso proposta in figure, così anche ora l’intima natura della Chiesa ci si fa conoscere attraverso immagini varie, desunte sia dalla vita pastorale o agricola, sia dalla costruzione di edifici o anche dalla famiglia e dagli sponsali, e che si trovano già abbozzate nei libri dei profeti.
La Chiesa infatti è un ovile, la cui porta unica e necessaria è Cristo (cfr. Gv 10,1-10). È pure un gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che ne sarebbe il pastore (cfr. Is 40,11; Ez 34,11ss), e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il buon Pastore e principe dei pastori (cfr. Gv 10,11; 1 Pt 5,4), il quale ha dato la vita per le pecore (cfr. Gv 10,11-15). La Chiesa è il podere o campo di Dio (cfr. 1 Cor 3,9). In quel campo cresce l’antico olivo, la cui santa radice sono stati i patriarchi e nel quale è avvenuta e avverrà la riconciliazione dei Giudei e delle Genti (cfr. Rm 11,13-26). Essa è stata piantata dal celeste agricoltore come vigna scelta (Mt 21,33-43, par.; cfr. Is 5,1ss). Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui, e senza di lui nulla possiamo fare (cfr. Gv 15,1-5).
Più spesso ancora la Chiesa è detta edificio di Dio (cfr. 1 Cor 3,9). Il Signore stesso si paragonò alla pietra che i costruttori hanno rigettata, ma che è divenuta la pietra angolare (Mt 21,42 par.). Sopra quel fondamento la Chiesa è costruita dagli apostoli (cfr. 1 Cor 3,11) e da esso riceve stabilità e coesione. Questo edificio viene chiamato in varie maniere: casa di Dio (cfr. 1 Tm 3,15), nella quale cioè abita la sua famiglia, la dimora di Dio nello Spirito (cfr. Ef 2,19-22), la dimora di Dio con gli uomini (cfr. Ap 21,3), e soprattutto tempio santo, il quale, rappresentato dai santuari di pietra, è l’oggetto della lode dei santi Padri ed è paragonato a giusto titolo dalla liturgia alla città santa, la nuova Gerusalemme [5]. In essa infatti quali pietre viventi veniamo a formare su questa terra un tempio spirituale (cfr. 1 Pt 2,5). E questa città santa Giovanni la contempla mentre, nel momento in cui si rinnoverà il mondo, scende dal cielo, da presso Dio, «acconciata come sposa adornatasi per il suo sposo» (Ap 21,1s).

Dal Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45-46: In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Presero il figlio, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero - La parabola dei contadini omicidi si divide in tre parti: vv. 33-34, il padrone della vigna manda i servi a ritirare il raccolto; vv. 38-41 i contadini maltrattano i servi, alcuni li uccidono; infine uccidono pure il figlio del padrone; vv. 42-46, Gesù spiega il senso della parabola, suscitando l’ira dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo.
L’immagine della vigna era familiare agli israeliti come figura di realtà spirituali. Allo stesso tempo, al linguaggio popolare suggeriva delle sentenze (Cf. Gdc 8,2; Ger 31,29) e ispirava ai profeti e agli scrittori biblici numerosissime metafore. Nell’Antico Testamento, la vigna appare talvolta come il simbolo della fertilità (Cf. Sal 128,3; Ez 19,10) e spesso designa il popolo d’Israele (Cf. Is 3,4; 5,1-7; Ger 2,21; 12,10; Ez 15,1; 17,6-10; 19,10-14; Os 10,1). Per esempio nel linguaggio del Cantico dei Cantici o dei Profeti, Israele è la vigna di Dio, l’opera del Signore, la gioia del suo cuore. Sempre nel libro sacro, il castigo di Dio è spesso rappresentato sotto l’aspetto della distruzione di una vigna (Cf. Os 2,14; Is 7,23; 32,10; Ger 8,13), mentre il suo perdono è talora contrassegnato dalla ricostruzione di una vigna fiorente (Cf. Gl 2,22; Mal 3,11). Questo canovaccio non è comunque mantenuto nel Nuovo Testamento.
Se nel cantico della vigna (Cf. Is 5,1-7) la casa d’Israele, a motivo della sua ingratitudine e della sua infedeltà, sarà ridotta a un deserto e abbandonata al suo miserevole destino; nella parabola dei contadini omicidi la vigna non sarà distrutta, ma sarà data ad altri che la faranno fruttificare. È una sorta di rigenerazione, un messaggio di speranza. Il testimòne dell’alleanza passerà alla Chiesa: essa in Cristo, suo Capo, sarà il nuovo Israele che consegnerà a Dio i frutti a suo tempo.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi..., chiara allusione ai profeti mandati da Dio ad Israele. Il raccolto, invece sta ad indicare le opere buone rivendicate dal Signore Dio. L’invio del figlio è l’ultimo tentativo che avrà un esito drammatico. La decisione di uccidere l’erede è in sintonia con la legge ebraica, la quale, nel caso in cui un proselito ebraico moriva, permetteva ai suoi fittavoli di reclamare le sue terre. Ma qui «viene denunciato non tanto un furto di prodotti quanto piuttosto la usurpazione dei diritti di Dio e la pretesa di prendere il suo posto; sta per ripetersi il peccato dei progenitori» (Bruno Barisan).
Alla fine del racconto, i farisei non si accorgono di essere gli accusati (Cf. 2Sam 12,5-7) e rispondendo alla domanda di Gesù, si autodenunciano trasgressori e meritevoli del castigo. La sentenza non tarda ad arrivare: “Io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”.
Questo affidamento però non suggerisce un’idea di appropriazione; infatti, la vigna viene soltanto affidata alla Chiesa ed essa dovrà dare i frutti a tempo debito. È un dono che non porta il marchio della infallibilità; quindi, rimane possibile, anche per la Chiesa, la probabilità di un ripudio.
L’affermazione può sembrare temeraria, ma «ha il vantaggio di provocare una precisazione. La Chiesa è per sua natura santa perché corpo e sposa di Cristo e animata dallo Spirito Santo. Non potrà mai essere ripudiata perché è indefettibile [Mt 16,18]. Dio non può ripudiare suo Figlio di cui la Chiesa è corpo. Però se non c’è il pericolo del ripudio collettivo, rimane sempre quello del rigetto individuale, tanto più grave quanto maggiori sono i sussidi a disposizione di ognuno» (Vincenzo Raffa).
È la minaccia del Padre di resecare ogni tralcio che in Cristo non porta frutto: «Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato» (Gv 15,1-2). Allora la parabola richiama il «bisogno di riacquistare il senso che la Chiesa è anzitutto dono di Dio e che noi stessi lo siamo, che in essa egli ha stabilito con noi un rapporto di amore e di fiducia e che ci domanda il contraccambio di tale rapporto come primo frutto» (Bruno Barisan).

Israele, vigna infedele a Dio - F.-M. Lacan: Sposo e vignaiolo, il Dio di Israele ha la sua vigna, che è il suo popolo. Per Osea, Israele è una vigna feconda che rende grazie della sua fecondità ad altri che a Dio, quel Dio che, mediante l’alleanza, è il suo sposo (Os 10,1; 3,1). Per Isaia, Dio ama la sua vigna, ha fatto tutto per essa, ma invece del frutto di giustizia che attendeva, essa gli ha dato l’acerba vendemmia del sangue versato; egli l’abbandonerà ai devastatori (Is 5,1-7). Per Geremia, Israele è una vigna scelta, inselvatichita e divenuta sterile (Ger 2,21; 8,13), che sarà divelta e calpestata (Ger 5,10; 12,10). Ezechiele infine paragona ad una vigna feconda, poi inaridita e bruciata, ora Israele infedele al suo Dio (Ez 19,10-14; 15,6ss), ora il re infedele ad un’alleanza giurata (17,5-19).
Verrà un giorno in cui la vigna fiorirà sotto la custodia vigilante di Dio (Is 27,2s). A tale scopo Israele invoca l’amore fedele di Dio: possa egli salvare questa vigna vhe ha trapiantato dall’Egitto nella sua terra e che ha dovuto abbandonare allo sterminio ed al fuoco! Ormai essa gli sarà fedele (Sal 80,9-17). Ma non sarà Israele a mantenere questa promessa. Riprendendo la parabola di Isaia, così Gesù riassume la storia del popolo eletto: Dio non ha cessato di aspettare i frutti della sua vigna; ma invece di ascoltare i profeti da lui mandati, i vignaioli li hanno maltrattati (Mc 12,1-5). Colmo dell’amore: egli manda ora il suo Figlio diletto (12,6); in risposta i capi del popolo porteranno al colmo la loro infedeltà, uccidendo il Figlio di cui la vigna è l’eredità. Perciò i colpevoli saranno castigati, ma la morte del Figlio aprirà una nuova tappa del disegno di Dio: affidata a vignaioli fedeli, la vigna darà finalmente il suo frutto (12,ss; Mt 21,41ss).
Quali saranno questi vignaioli fedeli? Le proteste platoniche non servono a nulla: occorre un lavoro effettivo, il solo che renda (Mt 21,28-32). Per fare la sua vendemmia, Dio accoglierà tutti gli operai: lavorando fin dal mattino, od assoldati all’ultima ora, tutti riceveranno la stessa ricompensa. Infatti la chiamata al lavoro e l’offerta del salario sono doni gratuiti e non diritti che l’uomo possa rivendicare: tutto è grazia (Mt 20,1-15).

Nascita e vita della Chiesa - Pasqua e Pentecoste. - F. Ternant: La Chiesa nasce nella Pasqua di Cristo, quando egli «passa» da questo mondo al Padre (Gv 13,1). Con Cristo liberato dalla morte e divenuto «spirito che dà la vita» (1Cor 15,45), sorge una nuova umanità (Ef 2,15; Gal 6,15), una nuova creazione. I Padri hanno detto sovente che la Chiesa, nuova Eva, era nata dal costato di Cristo durante il sonno della morte, come l’antica Eva dal costato di Adamo addormentato; Giovanni, testimoniando gli effetti del colpo di lancia (Gv 19,34s), suggerisce questa idea, se è vero che per lui il sangue e l’acqua simboleggiano da prima il sacrificio di Cristo e lo Spirito che anima la Chiesa, e poi i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia che le trasmettono la vita.
Ma il corpo ecclesiale non è vivo se non in quanto è il corpo di Cristo risorto («risvegliato», cfr. Ef 5,14), che effonde lo Spirito (Atti 2,33). Questa effusione di Spirito incomincia fin dal giorno di Pasqua (Gv 20,22), quando Gesù «alita» lo Spirito ricreatore (Gv 20,22; cfr. Gen 1,2) sui discepoli finalmente da lui radunati (cfr. Mc 14,27), capi del nuovo popolo di Dio (cfr. Ez 37,9). Luca, da parte sua, pone nel giorno di Pentecoste, che il giudaismo considerava come la commemorazione dell’adempimento della Pasqua e del dono dell’Alleanza, la grande effusione carismatica (Atti 2,4), in vista della testimonianza dei Dodici (Atti 1,8) e della manifestazione pubblica della Chiesa; questo giorno quindi è per essa come una data di nascita ufficiale e un po’ quel che per Gesù, concepito di Spirito Santo (Lc 1,35), era stata l’unzione conferitagli da questo Spirito all’alba della sua missione messianica (Atti 10,38; Mt 3,16 par), e quel che per il cristiano è il dono dello Spirito con l’imposizione delle mani, che pone il sigillo alla sua opera nel battesimo (Atti 8,17; cfr. 2,38).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Il pegno dell’eterna salvezza,
che abbiamo ricevuto in questi sacramenti,
ci aiuti, Signore, a progredire nel cammino verso di te,
per giungere al possesso dei beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.