5 Febbraio 2020

Mercoledì IV Settimana T. O.

2Sam 24,2.9-17; Sal 31 (32); Mc 6,1-6

Sant’Agata, Vergine e Martire

Sant’Agata, Vergine e Martire: Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l’uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l’esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251. (Avvenire)

Colletta: Donaci, Signore, la tua misericordia, per intercessione di sant’Agata, che risplende nella Chiesa per la gloria della verginità e del martirio. Per il nostro Signore Gesù Cristo ... 

Gesù venne nella sua patria, Marco si riferisce a  Nazaret, una località che non è menzionata né nell’Antico Testamento, né in Giuseppe Flavio, né nel Talmud. È nominata per la prima volta nel Nuovo Testamento come patria di Gesù e dei suoi parenti (Cf. Mt 2,23; Mc 1,9; 6,3; Lc 2,51).
Il racconto della visita di Gesù a Nazaret lo si trova anche in Matteo e in Luca. Quest’ultimo, a differenza dei primi due, ha elaborato un racconto eccessivamente sovraccarico.
Gesù ama insegnare nella sinagoga il luogo privilegiato per l’annuncio e l’ascolto della Parola di Dio. Il sabato era il giorno dedicato alla preghiera e all’istruzione religiosa. Non sappiamo cosa Gesù insegnò, è soltanto sottolineato che “molti, ascoltando, rimanevano stupiti”. Ma la reazione è molto diversa, l’autorevolezza dell’insegnamento suscita delle domande alle quali gli uditori non riescono a dare una risposta. Gesù è “uno di loro”, l’hanno visto crescere, lavorare nella bottega del “padre”, conoscono la madre, i parenti, e poi non l’hanno visto frequentare la scuola dei rabbini, quindi: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?”. Certamente non era facile andare al di là del “velo della carne”, ma avrebbero almeno potuto “applaudire”, essere contenti che un loro compaesano si elevava al di sopra di tutti per dottrina e sapienza, e invece lì ad arzigogolare forse alla ricerca di un “mistero” che non riuscivano a svelare. L’incredulità prende il posto della fede, e così “lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì”. L’incredulità era tanta forte da suscitare la meraviglia di Gesù.   

Dal Vangelo secondo Marco 6,1-6: In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. 

Adalberto Sisti (Marco): Non è egli il falegname: nonostante che ORIGENE, Contro Celsum, 6, 36 (PG 11, 1351-1352) affermi che «in nessun luogo degli evangeli ricevuti nelle chiese Cristo è presentato come falegname», la lezione del testo critico è sicura. Si noti, tuttavia, che il termine scelto dall’evangelista (TÉXTCOV) è molto generico come il corrispondente latino faber, potendo indicare tanto (e principalmente) un falegname, quanto un fabbro o anche un muratore. Anche la tradizione su questo punto non è concorde. Ma ciononostante il significato di «falegname» resta sempre il più probabile. - il figlio di Maria: considerata la mentalità ebraica, secondo la quale si usava indicare una persona sempre con il nome del padre, l’espressione di per se stessa appare strana. Gli studiosi si sono sforzati di trovarne la ragione, chi nel fatto che all’epoca dell’episodio Giuseppe doveva essere morto e chi supponendo che l’evangelista abbia voluto mettere in risalto la concezione verginale di Gesù (non narrata da Marco, ma da Mt 1,18-25 e Lc 1,26-38). Ambedue le spiegazioni sono possibili, sebbene la prima abbia contro di sé l’uso ebraico di continuare a chiamare una persona con il nome del padre, anche dopo la morte di costui. Comunque va tenuto presente che qui sono i Nazaretani a parlare e che, quindi, le loro parole potrebbero avere un valore dispregiativo. - fratello di Giacomo: dei quattro nomi, presenti anche in Mt 13,55, solo il primo è noto altrove, essendo ricordato come «fratello del Signore» in Gal 1,19; poiché in questo testo è presentato anche come apostolo, in genere viene identificato con il Giacomo di Alfeo delle liste degli apostoli (Mc 3,18; Mt 10,3), che poi divenne vescovo di Gerusalemme (At 12,17; I5,13; 21,18; 1Cor 15,7). Morì lapidato nel 62 d.C. (cf G. FLAVIO, Antiquitates Judaicae, 20, 9, 1). [...] - si scandalizzavano di lui: il termine ha un significato prettamente teologico (cf 4,17). Vuol dire che, nonostante quanto di straordinario vedono in Gesù, gli abitanti di Nazaret non sono capaci di credere in lui come inviato di Dio, appunto perché guardano alle sue umili origini e condizioni di famiglia e non possono ammettere che Dio gli abbia conferito tanta autorità e dignità.

Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? - Si deve rilevare il fatto che gli evangelisti parlano solo e sempre di fratelli di Gesù, mai di figli di Maria. Solo Gesù è detto di figlio di Maria e Maria è detta solo e sempre madre di Gesù. I “fratelli di Gesù” che Marco ricorda sono: Giacomo, Ioses (Giuseppe), Giuda (non l’Iscariota) e Simone. Di chi erano figli? Chi era la loro madre? Nei Vangeli troviamo una risposta. Per esempio in Mt 27,55-56 vien detto che ai piedi della croce c’erano Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo. Le stesse informazioni le abbiamo in Mc 15,40-41 (cf. Mc 16,1).
È bene da intendere che la parola «fratello» in ebraico, come in molte altre lingue, si applica per estensione ai membri di una stessa famiglia (Gen 13,8; Lev 10,4; cfr. Mc 6,3), di una stessa tribù (2Sam 19,13), di uno stesso popolo (Dt 25,3; Giud 1,3), in opposizione agli stranieri (Dt 1,16; 15,2s); designa infine i popoli discendenti da uno stesso antenato, come Edom ed Israele (Deut 2,4; Am 1,11). 
Possiamo ricordare Gen 13,8: Abramo chiama Lot “suo fratello”, in realtà Lot era nipote di Abramo perché figlio di suo fratello Haran (Gen 11,27).
1Cr 23,21-23: Figli di Merarì: Maclì e Musì. Figli di Maclì: Eleàzaro e Kis. Eleàzaro morì senza figli, avendo soltanto figlie; le sposarono i figli di Kis, loro fratelli. 
È fuor di dubbio che i figli di Kis, che sposarono le figlie di Eleazaro, erano in realtà loro cugini, eppure sono chiamati loro fratelli.
Come ci suggerisce il Catechismo della Chiesa Cattolica: «L’approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria  anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo. Infatti la nascita di Cristo “non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l’ha consacrata”. La Liturgia della Chiesa celebra Maria come la “Aeiparthenos”, “sempre Vergine”.


A ciò si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di sorelle di Gesù. La Chiesa ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” (Mt 13,55) sono i figli di una Maria discepola di Cristo, la quale è designata in modo significativo come “l’altra Maria” (Mt 28,1). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione non inusitata nell’Antico Testamento» (nn. 499-500).


Chi ama i cavilli, al dire di Paolo, “è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili” (1Tm 6,4).

Incredulità di fronte a Gesù - Fausto Longo: L’incredulità si manifesta come mancanza di fiducia nella potenza salvifica di Dio presente in Gesù; ciò costituisce, anzi, un segno di questa «generazione incredula» (Mc 9,19) e risulta ancor più chiaro in Lc 11,29 ove la folla chiede un segno. L’incredulità così intesa impedisce che Gesù compia «molti miracoli» (Mt 13,57). Dall’incredulità però c’è anche chi vuol uscire e a questo scopo supplica Gesù di essere aiutato nel cammino verso il traguardo di una fede fiduciale a tutta prova: «Credo, aiutami nella mia incredulità», prega il padre di un figlio indemoniato (Mc 9,24).
Matteo parla di «poca fede» (8,26; 14,31; 16,8), Luca parla di «dubbio» (24,38; cf. Mt 28,17); nella finale di Marco viene rimproverata la incredulità dei discepoli (16,11.13.14; cf. anche Gv 20,27). Queste sono tutte evidenti esortazioni rivolte alle prime comunità cristiane.
Viene spesso opposta, specialmente in Matteo, la fede dei pagani all’incredulità dei giudei. Proprio per reagire a questa incredulità, Gesù instaura la politica del mistero per i suoi miracoli, per i quali non cerca i facili colpi di scena che ingannerebbero le folle a proposito della sua missione; mistero per il suo insegnamento, cioè una voluta oscurità che avvolge le parabole; mistero per i suoi titoli messianici, per cui egli preferisce appellativi vaghi come Figlio dell’uomo; mistero o segreto imposto ai demoni che conoscono il messianesimo di Cristo e ricevono l’ordine del silenzio per non provocare i giudei.
Poiché il credente è uno che vede Dio (cf. Eb 3,1; 11,13.27; 12,2; cf. Gv 1,51), l’incredulità è spesso presentata come una cecità (Mt 15,14; 23,16-26) dovuta all’indurimento del cuore (Mc 3,5) o alla malizia (Ef 4,18; cf. Sap 2,21; Sal 36,4). Sono le diposizioni morali che purificano l’occhio e gli permettono di discernere la luce divina. Nell’opera di Gesù i giudei furono posti di fronte a un doppio scandalo, che provocò in essi l’incredulità: la sua morte di croce e il suo aspetto di «servo». La morte di croce, ossia l’infamia d’un messia che fallisce clamorosamente la sua opera, viene ricordata in modo drastico anche da Paolo (1Cor 1,23).
Di fronte a questo scandalo, l’incredulità raggiunge il colmo. All’annuncio della sorte di Gesù, Pietro cessa di seguire il maestro per diventare uno scandalo dinanzi a Gesù (Mt 16,23); e quando giunge l’ora, lo rinnega, scandalizzato, come Gesù aveva annunciato. La testimonianza del discepolo verte sulla risurrezione di Cristo: cosa appena credibile (At 26,8), e che gli stessi discepoli non arrivano ad accettare pienamente, tanto l’incredulità è radicata profondamente nel cuore dell’uomo.
Anche prima, durante la vita di Gesù, provoca incredulità il suo aspetto di «servo», cioè il fatto che egli lascia i sedicenti giusti, gli osservanti della legge, i soddisfatti di sé e va in cerca dei disprezzati, dei reietti (Lc 15,lss). Le parabole che hanno per oggetto il messaggio della salvezza nel senso più stretto del termine furono rivolte tutte agli avversari di Gesù, in difesa dei peccatori. Fu così che questi, indisposti e indispettiti, si allontanarono da lui e si chiusero nella loro incredulità.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Gesù si meravigliava della loro incredulità. (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, che hai glorificato santa Agata
con la corona della verginità e del martirio,
per la comunione a questo sacro convito
donaci energia nuova,
perché superiamo la forza del male
e raggiungiamo la gloria del cielo.
Per Cristo nostro Signore.