29 Febbraio 2020

Sabato dopo le Ceneri

Is 58,9b-14; Sal 85 (86); Lc 5,27-32

Papa Francesco (Messaggio per la Quaresima 2020): Il Mistero pasquale, fondamento della conversione - La gioia del cristiano scaturisce dall’ascolto e dall’accoglienza della Buona Notizia della morte e risurrezione di Gesù: il kerygma. Esso riassume il Mistero di un amore «così reale, così vero, così concreto, che ci offre una relazione piena di dialogo sincero e fecondo» (Esort. ap. Cristus vivit , 117). Chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre, dalla sua volontà di dare la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Se invece si presta ascolto alla voce suadente del “padre della menzogna” (cfr Gv 8,45) si rischia di sprofondare nel baratro del nonsenso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra, come testimoniano purtroppo molti eventi drammatici dell’esperienza umana personale e collettiva.
In questa Quaresima 2020 vorrei perciò estendere ad ogni cristiano quanto già ho scritto ai giovani nell’Esortazione apostolica Crisrus vivit: «Guarda le braccia aperte di Cristo crocifisso, lasciati salvare sempre nuovamente. E quando ti avvicini per confessare i tuoi peccati, credi fermamente nella sua misericordia che ti libera dalla colpa. Contempla il suo sangue versato con tanto affetto e lasciati purificare da esso. Così potrai rinascere sempre di nuovo» (n. 123). La Pasqua di Gesù non è un avvenimento del passato: per la potenza dello Spirito Santo è sempre attuale e ci permette di guardare e toccare con fede la carne di Cristo in tanti sofferenti.

Dal Vangelo secondo Luca 5,27-32: In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

Seguimi - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 30 Perché voi mangiate e bevete con i pubblicani ed i peccatori? Il termine «peccatori», evitato dall’evangelista nel versetto precedente, qui invece è mantenuto, perché è pronunziato dagli avversari del Maestro; per i Farisei e gli Scribi erano «peccatori» coloro che non osservavano la Legge mosaica e la interpretazione che essi stessi ne davano. Luca attenua il tono dell’accusa ricorrendo ad una formulazione differente dalla frase; nel terzo vangelo l’accusa non è rivolta direttamente a Gesù, come fanno Matteo e Marco («Perché egli mangia e beve con i pubblicani e con i peccatori?», Mc., 2,16), bensì ai suoi discepoli («perché voi mangiate e bevete con...»).
versetto 32 Io non sono venuto a chiamare i giusti etc.; sul piano spirituale i giusti sono considerati come persone sane che non hanno bisogno del medico. La dichiarazione è spinta all’iperbole a motivo dell’ambiente in cui è stata pronunziata; in realtà Gesù è venuto per tutti, poiché tutti, anche coloro che come i Farisei si ritenevano giusti, avevano bisogno della sua salvezza; in quella circostanza tuttavia il Maestro giudicò necessario di proporre chiaramente davanti agli avversari lo scopo della sua venuta affermando esplicitamente di essere venuto per chiamare i peccatori. Le parole del Salvatore racchiudono anche un sottile e pungente rimprovero contro i Farisei che andavano orgogliosi della propria giustizia (si veda il commento a Mc., 2,17). Al pentimento (εἰς μετάνοιαν); in Luca soltanto si legge questa precisazione chiarificatrice; l’espressione indica che la chiamata dei peccatori implica da parte loro un ravvedimento ed un pentimento che li rendono docili a Dio ed alla sua volontà. Nel terzo vangelo questo «pentimento» dell’uomo trova una accentuazione particolare (cf. Lc., 15,7,10).

Conversione ed ingresso nel Regno di Dio - J. Giblet e P. Grelot: 1. Gesù non si accontenta di annunziare l’approssimarsi del regno di Dio, ma incomincia a realizzarlo con potenza; con lui il regno si inaugura, quantunque esso sia ancora volto verso compimenti misteriosi. Ma l’appello alla conversione lanciato dal Battista conserva nondimeno tutta la sua attualità: Gesù lo riprende in termini propri all’inizio del suo ministero (Mc 1,15; Mt 4,17). Egli è venuto a «chiamare i peccatori alla conversione» (Lc 5,32); questo è uno degli aspetti essenziali del vangelo del regno. L’uomo che prende coscienza del suo stato di peccatore può d’altronde rivolgersi a Gesù con fiducia, perché «il figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati» (Mt 9,6 par.). Ma il messaggio di conversione urta contro la sufficienza umana in tutte le sue forme, dall’attaccamento alle ricchezze (Mc 10,21-25) fino all’orgogliosa sicurezza dei farisei (Lc 18,9). Gesù si leva come il «segno di Giona» in mezzo ad una generazione malvagia, meno ben disposta nei confronti di Dio di quanto lo fosse un tempo Ninive (Lc 11,29-32 par.). Perciò egli pronuncia contro di essa una requisitoria piena di minacce: gli uomini di Ninive la condanneranno al momento del giudizio (Lc 11,32); Tiro e Sidone avranno una sorte meno severa delle città del lago (Lc 10,13ss par.). Di fatto l’impenitenza attuale di Israele è il segno dell’indurimento del suo cuore (Mt 13,15 par.; cfr. Is 6,10). Se non modificano la loro condotta, gli uditori impenitenti di Gesù periranno (Lc 13,1-5), ad immagine del fico sterile (Lc 13,6-9; cfr. Mt 21,18-22 par.).
2. Gesù, quando esige la conversione, non fa allusione alcuna alle liturgie penitenziali. Diffida persino dei segni troppo appariscenti (Mt 6,16ss). Ciò che conta è la conversione del cuore che a diventare come bambini (Mt 18,3 par.). È, in seguito, lo sforzo continuo per «cercare il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33), Cioè per regolare la propria vita secondo la nuova legge. L’atto stesso della conversione è evocato in parabole molto espressive. Implica una volontà di cambiamento morale, ma è soprattutto umile appello, atto di fiducia: «Mio Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18,13). La conversione è una grazia dovuta all’iniziativa divina che previene sempre: è il pastore che muove alla ricerca della pecora smarrita (Lc 15,4 ss; cfr. 15,8). La risposta umana a questa grazia è concretamente analizzata nella parabola del figliuol prodigo, che mette in sorprendente rilievo la misericordia del padre (Lc 15,11-32). Infatti il vangelo del regno comporta questa rivelazione sconcertante: «C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza» (Lc 15,7.10). Anche Gesù riserva quindi ai peccatori un’accoglienza che scandalizza i farisei (Mt 9,10-13 par.; Lc 15, 2), ma provoca conversioni; ed il vangelo di Luca si compiace nel riferire in modo particolareggiato taluni di questi ritorni, come quello della peccatrice (Lc 7,36-50) e quello di Zaccheo (19,5-9).

La conversione: esigenza anche per le comunità cristiane - Giuseppe Barbaglio: Destinatari dell’appello a convertirsi non sono soltanto i non-credenti, ma anche quanti si sono dimostrati incoerenti con la loro scelta di fede. Così Matteo rivolge alla sua comunità l’invito a farsi umili come i bambini: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cie1i» (l8,3), Non dovevano mancare infatti nella sua chiesa gli altezzosi pronti a disprezzare «i piccoli», cioè i fratelli deboli e marginali (cf. 18,5ss).
Da parte sua, Paolo finalmente riconciliato con la comunità di Corinto, può gioire dell’efficacia dei suoi duri interventi che hanno provocato i credenti corinzi a convertirsi recuperando una doverosa fedeltà all’apostolo e al suo insegnamento (2Cor 7,9-10). Invece, precedentemente, nel pieno del confronto polemico, egli si era rammaricato dell’impenitenza di molti corinzi (2Cor 12,21).
Nella 2Tm il destinatario dello scritto viene esortato a non essere violento quando riprende gli oppositori, «nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi» (2,25).
Scrivendo ai capi delle chiese asiatiche di Efeso, Pergamo, Tiatira, Sardi, l’autore dell’Apocalisse li esorta in toni ultimativi a ritrovare la perduta fedeltà cristiana: «Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto» (2,5; cf. 2,l6.2l-22; 3,3).
La lettera agli Ebrei é l’unico scritto del Nuovo Testamento che mostra una posizione rigorosa. Chi rinnega a fondo con l’apostasia la propria decisione di fede in Cristo, si sbarra con le sue mani la strada alla conversione: «Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro. Tuttavia se sono caduti, é impossibile rinnovarli una seconda volta portandoli alla conversione, dal momento che ricrocifiggono da se stessi [ns. trad.] il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia» (6,5-6).

Benedetto XVI (Udienza Generale 30 Agosto 2006): [...] Gesù accoglie nel gruppo dei suoi intimi un uomo che, secondo le concezioni in voga nell’Israele del tempo, era considerato un pubblico peccatore. Matteo, infatti, non solo maneggiava denaro ritenuto impuro a motivo della sua provenienza da gente estranea al popolo di Dio, ma collaborava anche con un’autorità straniera odiosamente avida, i cui tributi potevano essere determinati anche in modo arbitrario. Per questi motivi, più di una volta i Vangeli parlano unitariamente di “pubblicani e peccatori” (Mt 9,10; Lc 15,1), di “pubblicani e prostitute” (Mt 21,31). Inoltre essi vedono nei pubblicani un esempio di grettezza (cfr Mt 5,46: amano solo coloro che li amano) e menzionano uno di loro, Zaccheo, come “capo dei pubblicani e ricco” (Lc 19,2), mentre l’opinione popolare li associava a “ladri, ingiusti, adulteri” (Lc 18, 11). Un primo dato salta all’occhio sulla base di questi accenni: Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Anzi, proprio mentre si trova a tavola in casa di Matteo-Levi, in risposta a chi esprimeva scandalo per il fatto che egli frequentava compagnie poco raccomandabili, pronuncia l’importante dichiarazione: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori” (Mc 2,17).
Il buon annuncio del Vangelo consiste proprio in questo: nell’offerta della grazia di Dio al peccatore. [...].
Un’altra riflessione, che proviene dal racconto evangelico, è che alla chiamata di Gesù, Matteo risponde all’istante: “egli si alzò e lo seguì”. La stringatezza della frase mette chiaramente in evidenza la prontezza di Matteo nel rispondere alla chiamata. Ciò significava per lui l’abbandono di ogni cosa, soprattutto di ciò che gli garantiva un cespite di guadagno sicuro, anche se spesso ingiusto e disonorevole. Evidentemente Matteo capì che la familiarità con Gesù non gli consentiva di perseverare in attività disapprovate da Dio. Facilmente intuibile l’applicazione al presente: anche oggi non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste. Una volta Egli ebbe a dire senza mezzi termini: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel regno dei cieli; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). E’ proprio ciò che fece Matteo: si alzò e lo seguì! In questo ‘alzarsi’ è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato ed insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questo sacramento,
Dio onnipotente, ci liberi da ogni colpa
e ci ottenga dalla tua misericordia
la conversione del nostro spirito.
Per Cristo nostro Signore.