1 Marzo 2020

I Domenica di Quaresima

Gen 2,7-9; 3,1-7; Salmo 50 [51]; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11

Colletta: O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

I Lettura: I due capitoli del libro della Genesi, che formano la lettura odierna, vanno letti separatamente e, allo stesso tempo, in continuità. Il II capitolo descrive il progetto di Dio sull’uomo: è una creatura; è il signore, il vertice della creazione, il custode dell’opera di Dio; è stato creato per essere intimo, familiare di Dio; è stato creato come un essere-con, in relazione-con, la comunione sponsale uomo-donna è la prima fondamentale forma di comunità umana. Il III capitolo descrive il peccato dell’uomo che, al dire della Bibbia di Gerusalemme, è consistito nella pretesa di «decidere da se stessi ciò che è bene e male, e di agire di conseguenza: una rivendicazione di autonomia morale con la quale l’uomo rinnega il suo stato di creatura [Is 5,20]. Il primo peccato è stato un attentato alla sovranità di Dio, una colpa di orgoglio» (nota a Gen 2,17). Un peccato che ha segnato rovinosamente e per sempre la storia e le sorti dell’uomo.

Salmo: Teodoreto: Natan ha già detto a David che il suo peccato è stato perdonato, ma: ...il mio peccato davanti a me è sempre.

II Lettura: Due Adamo si contrappongono: dal primo Adamo sono venuti il peccato e la morte per tutta l’umanità, ed essa è con lui solidale nella triste sorte; dal secondo Adamo, Gesù Cristo, sono venuti la salvezza e la vita per tutta l’umanità, a lui associata mediante la fede.

Vangelo: Il ministero di Gesù inizia con le tentazioni nel deserto, con le quali il Signore rovescia la sconfitta di Adamo, vincendo il «forte» (Lc 11,21-22) nei confini del suo stesso regno. Subito dopo il battesimo lo Spirito di Dio era sceso sul Cristo (Mt 3,13-17), ora, prima che Egli inizi la sua missione pubblica, lo conduce «nel deserto, per essere tentato dal diavolo» (Mt 4,1). La menzione dello Spirito, «oltre a stabilire un collegamento intimo con il battesimo del Giordano, conferma soprattutto che è in obbedienza al disegno del Padre che Gesù va a questa battaglia. La via di Gesù porta fin dall’inizio al deserto dove c’è Satana. Come Adamo, Gesù è messo di fronte alla tentazione subito dopo aver ricevuto la missione da Dio: ma a differenza di Adamo, egli supera la prova e ripristina il paradiso» (Maria Ignazia Danieli).

Dal Vangelo secondo Matteo 4,1-11: In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano

Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto - Dopo aver ricevuto il Battesimo, Gesù viene condotto dallo Spirito Santo nel deserto per essere tentato dal diavolo. Dal greco diabolos, il diavolo, padre della menzogna (Cf. Gv 8,44), è colui che tenta ed incita l’uomo al male. È il tentatore (Cf. Gen 3,1ss), l’accusatore (Cf. Giob 2,1; Zac 3,1; Sal 109,6; Ap 12,10). È «il principe di questo mondo» (Gv 12,31), l’avversario di Dio e degli uomini. Un «agente oscuro e nemico ... un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa» (Paolo VI, Udienza generale, 15 Novembre 1972).
Il deserto è il luogo dell’incontro con Dio, il luogo dove risuona la Parola di Dio (Cf. Os 2,16). Luogo di purificazione (Cf. Lev 16,21; Ger 31,2; Mt 3,21), nel deserto Israele ha provato la fame e la sete, ha subito la tentazione di rimpiangere le comodità dell’Egitto, ha tentato Dio, ha sperimentato l’amore provvidente di Dio (Cf. Es 15-17). È la dimora del Maligno e delle sue legioni (Cf. Lev 16,8;17,7; Is 13,21; 34,14: Bar 4,35; Ap 18,2; Mt 8,28, 12,43).
In questo luogo, così denso di ricordi, Gesù subisce tre tentazioni, «numero altamente simbolico; indica la pienezza della prova e la perfezione che consegue chi l’ha superata» (Ortensio Da Spinetoli).
Gesù digiuna «quaranta giorni e quaranta notti»: questa nota ricorda il digiuno di Mosè sul monte Sinai (Cf. Es 24,18; 34,28) e quello del profeta Elia nel deserto (Cf. 1Re 19,8), ma forse qui l’evangelista vuole riferirsi ai quarant’anni durante i quali Israele fu tentato nel deserto (Cf. Dt 8,2).
Al termine del digiuno in Gesù insorge la sensazione della fame ed è su questa necessità fisica che fa leva il tentatore suggerendo al «figlio di Maria» (Mc 6,3) di dare una dimostrazione eclatante della sua figliolanza divina trasformando le pietre in pani. Nel pensiero del tentatore, «come del resto nella mente dei Giudei che sotto la croce lanceranno al Crocifisso la stessa sfida [Cf. Mt 27,40], l’espressione “figlio di Dio” non è compresa nel suo senso pieno, ma alla maniera dell’Antico Testamento, cioè nel senso di una figliolanza morale» (Angelo Lancellotti).
La risposta di Gesù è netta e non lascia spazio a una replica. Il ricorso alla Parola di Dio, frequente nei circoli rabbinici, costituiva l’argomento decisivo in ogni discussione.
Gesù cita Dt 8,3 e sostanzialmente vuole suggerire al tentatore che il pane «non è l’unico né il principale mezzo per sostenere la vita, ma la parola di Dio è mezzo di sostentamento molto più efficace di qualsiasi pane. Questo infatti non impedisce la morte, la parola di Dio invece dà la vita eterna. Ora l’opera del Messia deve essere diretta non a sostentare una vita destinata a finire, ma a dare la vita eterna» (Benito Camporeale).
Nella seconda tentazione, il tentatore fa ricorso alla sacra Scrittura. Se Gesù avesse accettato la proposta del diavolo avrebbe costretto Dio a fare un miracolo per salvarlo da una caduta rovinosa. Gesù respinge questa seconda tentazione citando Dt 6,16: è un chiaro monito a non tentare Dio così come aveva fatto Israele nel suo cammino nel deserto. Stoltamente, il popolo assetato aveva messo alla prova la potenza e la provvidenza di Dio esigendo da lui il miracolo dell’acqua.
Con la terza tentazione, il tentatore getta via la maschera svelando le sue vere intenzioni: poiché l’inaugurazione del Regno di Dio da parte di Gesù avrebbe segnato la dissoluzione dell’impero di Satana, egli tenta di distoglierlo dal portare a compimento la sua missione, offrendogli un messianismo politico. Gesù, non prestando alcuna attenzione all’idolatria del potere e della gloria umana, caccia via il tentatore il quale cede alla potenza del Cristo ritirandosi sconfitto, ma, come lascia trasparire l’evangelista Luca, per ritornare al tempo fissato (Cf. Lc 4,13).
Alla fine, gli angeli si accostano a Gesù e lo servono (il significato è proprio del verbo diakoneo, cioè «servire a tavola»). Gli angeli portano a Gesù quel cibo che in precedenza aveva rifiutato di procurarsi cavalcando la spettacolarità del miracolismo (Cf. 1Re 19,5-8).

La creazione - Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva): La prima lettura ci parla della creazione. La creazione del mondo e dell’uomo é il primo punto del piano salvifico (Sal 135,5-15). Il piano di Dio è unico ed eterno. Non fu fatto e rifatto. Niente ripensamenti o resipiscenze nel Creatore. Da sempre stabilì per l’uomo un destino affascinante (Sal 8,5-8), quello della sua condizione soprannaturale.
La creazione è comandata dal proposito eterno di Dio di eleggere l’uomo a figlio suo: Ci ha scelti in Cristo come figli prima della creazione del mondo (Ef 1, 3-6). L’esaltazione dell’uomo doveva raggiungere il suo culmine nel Cristo (Ef 1,7-10). Solo nel Cristo infatti si conosce in pienezza che cosa è l’uomo e solo nella dottrina del maestro divino vengono spiegati tutti i titoli nobiliari del1’uomo. E nella luce di questa programmazione eterna che si coglie tutto il significato della creazione (Col 1,15-17). Essa appare come la prima pedina nel compimento delle intenzioni divine di costituire il regno della sua gloria, un regno nel quale, col Cristo, l’uomo sarebbe stato il re chiamato ad assidersi alla destra di Dio.
L’uomo fu creato buono nell’anima, nel corpo, e in tutto le sue potenze e aspirazioni. Buono fu fatto il mondo nel quale l’uomo doveva vivere ed operare (Gn 1,31; Sal 103,24; Qo 3,11; Sir 39,33; 1Tm 4,4).
La creazione fu il primo dono di Dio all’uomo. Dio mise a disposizione della sua creatura tutto (Gn 1,28; Sap 9,2-3) perché nell’esercizio responsabile della sua libertà se ne servisse per conseguire il destino che gli aveva assegnato. Su questo meraviglioso universo, pensato e attuato da Dio, nulla vi era di difettoso fino a quando l’uomo non peccò. Il peccato fu il crollo tragico di questo edificio incantevole (Sap 2,24). Dio non rinunciò per questo al suo piano e mandò il Redentore. Se grande era stato il male, la riparazione compiuta da Cristo fu infinitamente più grande. Dio non si lasciò vincere dal male, ma volle stravincere nel bene.

Le tentazioni di Gesù - Angelico Poppi: La prova del pane è strettamente connessa con il digiuno di Gesù. «Se sei figlio di Dio» implica la messianità di Gesù. Appunto perché Messia può esigere un miracolo per non morire di fame. Gesù però si abbandona alla volontà del Padre con somma fiducia anche nella sofferenza. A lui basta essere fedele a Dio e aderire alla sua parola. Alla bramosia d’ogni uomo d’afferrarsi alle cose, alla mania di possedere Gesù oppone la fiducia nella bontà del Padre. La prova del pinnacolo tende a sollecitare Gesù a una verifica. Come Messia, cioè come giuste per eccellenza, aveva il diritto a una protezione speciale degli angeli, come recitava il Salmo 92,11s. Non si tratta di esibizionismo, perché non si parla di alcuno spettatore. Ma mentre gli Israeliti misero alla prova Dio ancora una volta, esigendo l’acqua miracolosa nel deserto, Gesù non ha la minima esitazione dell’amore del Padre. Egli rifiuta un messianismo miracoloso e accetta di percorrere la via oscura e faticosa del Servo sofferente. La terza prova manifesta l’ambizione smisurata di Satana che pretende di rivaleggiare con Dio. Ma mentre gli Israeliti, suggestionati dallo splendore della ricchezza e del potere, si prostrarono dinanzi agli idoli pagani, Gesù opta decisamente per un messianismo umile e sofferente in contrasto con la concezione corrente di un Messia trionfatore e dominatore. Anche ammettendo l’oggettività d’una prova all’inizio del ministero di Gesù, non è necessario pensare a spostamenti locali. Si tratta d’un processo intimo nello spirito di Gesù, probabilmente drammatizzato nella tradizione ecclesiale per contrapporre la sua vittoria sul Maligno quale nuovo Israele in contrasto con l’infedeltà del popolo eletto, che non corrispose all’amore di Dio.

 Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che questo sacramento,
fonte di vita per la tua Chiesa,
sia per noi pegno sicuro di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.