18 Febbraio 2020

Martedì VI Settimana T. O.

Gc 1,12-18; Sal 93 (94); Mc 8,14-21

Colletta: O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!: Nell’Antico Testamento il lievito è importante nella celebrazione della memoria dell’esodo dall’Egitto, in quanto la rinuncia al lievito esprime il nuovo inizio, l’essere in cammino e l’essere pronto d’Israele (Es 12,15ss). Nel Nuovo Testamento il lievito riveste il ruolo di immagine: in Mt 13,33 il lievito indica l’efficacia del regno di Dio che compenetra ogni cosa. In Mt 16,6 invece si parla del lievito dei farisei e dei sadducei, cioè dell’effetto rovinoso della loro dottrina e della loro condotta di vita riguardo al rapporto con Dio da parte d’Israele e del discepolo credente. Similmente l’evangelista Luca 12,1 interpreta il lievito dei farisei come l’ipocrisia dei farisei e dei sadducei.
Alla base di entrambe le interpretazioni possiamo pensare che originariamente il detto deve essere stato riferito all’atteggiamento ostile dei farisei e dei sadducei nei confronti di Gesù e del suo messaggio.
Per Erode “l’applicazione della metafora diventa più difficile. Ma forse non si è lontani dal vero se si pensa che Erode [6,14-29] sia preso come tipo di certa falsa religiosità, che non sa mai decidersi ad accettare totalmente la verità e ad agire di conseguenza. In ogni caso, i discepoli erano invitati a mirare dritto al loro scopo e a non lasciarsi fuorviare dall’esempio o dalla dottrina di quanti rifiutavano di credere in Gesù, chiudendosi nel loro egoismo e nella loro ostinazione” (Adalbero Sisti, Marco).
San Paolo nella Lettera ai Corinzi usa il lievito come immagine per indicare l’antica condotta di vita improntata alla vanagloria e all’empietà, di cui ciascuno nella fede deve radicalmente liberarsi (lCor 5,6-8) per aver parte a Gesù Cristo, l’agnello pasquale, come uomo nuovo, in purezza e verità (lCor 5,7).
Non capite ancora e non comprendete?: Le parole di Gesù però non vengono comprese dai discepoli: la preoccupazione per il cibo materiale impediva loro di comprendere che Gesù, che da poco aveva nutrito le folle operando un miracolo, era il Messia atteso dai Profeti, il vero Pane disceso dal Cielo in grado di nutrirli con il pane della vita. È “un invito per i discepoli a superare le preoccupazioni materiali per riflettere alla missione di Gesù illuminata dai suoi miracoli” (Bibbia di Gerusalemme).

Dal Vangelo secondo Marco 8,14-21: In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».   

In quel tempo… - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Nel brano evangelico di oggi si fondono un avvertimento di Gesù sul lievito dei farisei e un forte rimprovero ai suoi discepoli per non aver capito la precedente moltiplicazione dei pani. L’occasione è data dal fatto che i discepoli, imbarcandosi, avevano dimenticato di portare il pane. Marco, dicendo che «non avevano con sé sulla barca che un pane solo», sembra voler puntare l’attenzione su Gesù, il pane della vita. Per associazione di idee, Cristo passa dal pane al lievito: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Nel brano parallelo di Matteo è detto: «dei farisei e dei sadducei» (Mt 16,6). I discepoli pensarono che si riferisse alla dimenticanza del pane, e cominciarono a preoccuparsi di non avere da mangiare. Smemorati e, per di più, tardi. Non avrebbe potuto risolvere il loro problema chi aveva appena nutrito quattromila persone con solo sette pani? Di qui il meritato rimprovero di Gesù: «Ancora non capite? Siete così lenti?».
Il miracolo dei pani aveva lo scopo di rinvigorire la loro fede in Gesù come messia di Dio, perché, rivelando il segreto del regno messianico, svelava loro la personalità di chi lo rendeva presente. Ma le menti dei discepoli erano lente e i loro occhi ciechi, come quelli dei farisei, anche se per una ragione diversa: i discepoli pei difetto di attenzione, i farisei per cattiva volontà. Era senza dubbio doloroso per Gesù verificare come i suoi discepoli, malgrado la loro situazione privilegiata, fossero sullo stesso livello d’incomprensione degli altri.

Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode! - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 14 Marco osserva all’inizio di questa sezione che i discepoli si erano dimenticati di prendere il pane; probabilmente in quella circostanza, la partenza fu decisa in brevissimo tempo; i discepoli, ricevuto l’ordine improvviso, non pensarono a fare le necessarie provviste per la traversata. L’osservazione dell’evangelista era necessaria per facilitare l’intelligenza dell’episodio che segue.
versetto 15 Guardatevi dal lievito dei Farisei e dal lievito di Erode; il Maestro prende in senso metaforico il termine «lievito», che, nel presente contesto, indica il principio della corruzione morale. Gli Ebrei infatti consideravano la fermentazione prodotta dal lievito come una forma di corruzione; per questo motivo il Levitico interdiceva l’uso del lievito per alcune offerte destinate al tempio (cf. Levitico, 2,11). Gesù raccomandava ai discepoli di guardarsi dal lievito dei Farisei e da quello di Erode. Il lievito dei Farisei designava la loro ipocrisia religiosa, come indica apertamente Luca, 12,1. L’evangelista parla anche del lievito di Erode (Matteo omette questa allusione al tetrarca), segnalando così un altro tipo di corruzione morale. Gesù riprova la falsa pietà dei Farisei che erano attaccati ad un formalismo religioso tutto apparenza ed esteriorità, come pure condanna i principi politici e morali del tetrarca che era un uomo abile, astuto, ambizioso, adultero, amante dello sfarzo e dei piaceri della vita. Gesù premunisce i suoi contro l’influenza corruttrice dei Farisei e di Erode Antipa.
versetto 16 I discepoli, invece di far tesoro dell’ammonimento del Maestro e trarne profitto per la loro condotta personale, si mettono a discutere per conoscere chi di essi era responsabile di aver dimenticato il cibo per il viaggio.
versetti 17-21 Marco non omette di rilevare l’ottusità mentale dei discepoli tanto lenti a penetrare il senso delle affermazioni di Gesù. L’insistenza con la quale egli ritorna su questo argomento è una conferma della obiettività storica del suo racconto (cf. Mc., 6,52). I discepoli, dopo tanto tempo passato in intimità con il Maestro, non sanno ancora elevarsi ad un’interpretazione spirituale delle sue parole, ma si mostrano ancora interamente presi da preoccupazioni materiali. E non vi ricordate quando spezzai i cinque pani...; il Maestro richiama alla memoria dei discepoli i due grandiosi miracoli dei pani moltiplicati per far loro intendere che essi devono avere piena fiducia ed abbandono in lui anche per le necessità fisiche, come sono quelle del cibo. Gesù, con il ricordo di quei miracoli, desidera strappare i discepoli dalle preoccupazioni materiali che li occupano continuamente e che rendono «duro» il loro cuore, cioè, accecano la loro intelligenza. Evidentemente il Maestro, che in quelle due circostanze aveva sfamato tante migliaia di persone moltiplicando i pani con tale generosità da farne sopravvanzare in abbondanza, poteva anche dar da mangiare al piccolo gruppo dei suoi discepoli compiendo un ulteriore miracolo di proporzioni assai più modeste dei precedenti. Non comprendete ancora? Con queste parole il Salvatore invita di nuovo i discepoli ad abbandonare le preoccupazioni materiali che sorgono continuamente nel loro spirito e ad aprirsi a considerazioni più elevate per comprendere la sua missione religiosa e spirituale.

Padre Lino Pedron: I discepoli sono talmente immersi nei pensieri terra-terra di ogni giorno, che non riescono a penetrare nelle severe parole di Gesù e continuano a manifestarsi l’un l’altro le loro preoccupazioni per il pane. Gesù interviene e parla loro in tono di tale rimprovero come non aveva mai fatto prima.
Il loro cuore è indurito fin dal tempo della moltiplicazione dei pani (6,52); essi non hanno capito nulla dell’opera messianica di Gesù né hanno compreso il mistero della sua personalità mentre egli camminava sulle onde del lago. Tuttavia Gesù non abbandona nemmeno ora i suoi discepoli, ma cerca di portarli a riflettere e a capire. I discepoli devono stare attenti a non lasciarsi contagiare dalla mentalità dei farisei e di Erode. Gesù vuole che stiano lontani da questi due partiti: da quello dei farisei, la cui religione è più esteriore che profonda; da quello di Erode che è totalmente preso dalle cose del mondo e della politica. L’avvertimento è tutt’altro che fuori posto: Giuda ci cascherà dentro in pieno, purtroppo!
Ma mentre Gesù diceva loro queste cose, essi pensavano ad altro: “E quelli dicevano tra loro: ‘Non abbiamo pane’” (v.16). È evidente la “distrazione” dei discepoli, la loro incapacità di ascoltare: Sono talmente immersi nella preoccupazione del pane che non afferrano altro. Non avvertono neppure l’urgenza e l’importanza di quanto Gesù sta dicendo. Si comportano come se egli non parlasse.
“Non intendete e non capite ancora?” (v.17). Il rimprovero di Gesù assume un’ampiezza insospettata e si risolve in una diagnosi completa delle malattie di cui sono afflitti i discepoli: scarsa intelligenza, cecità, sordità, durezza di cuore, sospetta perdita della memoria.
In questi versetti, il martellamento delle domande incalzanti, che vanno verso il fortissimo e passano in rassegna tutti i sensi dell’uomo, fa capire ai discepoli che non hanno capito proprio nulla. Essi ricordano perfettamente i fatti. Rispondono senza alcuna esitazione e sanno ricordare benissimo ciò che è accaduto. Sono tutt’altro che stupidi, ma non comprendono il grande dramma che si sta svolgendo sotto i loro occhi.
In questa circostanza i nodi vengono al pettine e Gesù coglie l’occasione per fare ai suoi discepoli un esame di coscienza piuttosto ruvido. Non è possibile leggere questo brano senza sentire il tono alto, altissimo della voce di Gesù, con una buona dose d’ira, di accoramento e di delusione. Il Maestro si trova davanti dodici discepoli che non sanno risolvere l’equazione ad un’incognita: e in questo caso l’incognita è Gesù.
“Avete il cuore indurito?”. La diagnosi di Gesù si concentra essenzialmente su una malattia: la durezza di cuore. Il cuore, nel linguaggio biblico, indica non tanto la sede della vita affettiva, quanto la fonte dei pensieri e della comprensione. Qui viene denunciata la mancanza d’intelligenza, l’incapacità di vedere la portata messianica di ciò che sta accadendo: è l’accecamento dello spirito. I discepoli sono duri di cuore perché non hanno l’intelligenza per capire chi è Gesù: e questa intelligenza si identifica, di fatto, con la fede.
“Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?”. Tutti questi interrogativi non sono una condanna, ma un invito accorato e costante a convertirsi, che richiama i rimproveri di Mosè (Dt 29,3) e dei profeti (Ger 5,21; Ez 12,2) al popolo ribelle. Egli li rimanda alla loro esperienza passata. Come il ricordo dei benefici d’un tempo provocava Israele a uscire dal suo torpore e a tornare a Dio (cfr Sal 77,4.6.12.13; 105,5), così la memoria di quello che essi avevano fatto, distribuendo alle folle il pane che sazia in abbondanza, può richiamarli alla loro responsabilità e aiutarli a capire finalmente chi egli sia.
La funzione di questo brano corrisponde alla prima fase del miracolo che segue: vuol farci vedere che non vediamo. Siamo come il cieco che scambia gli uomini per alberi.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “La funzione di questo brano corrisponde alla prima fase del miracolo che segue: vuol farci vedere che non vediamo. Siamo come il cieco che scambia gli uomini per alberi”.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, che ci hai nutriti al convito eucaristico,
fa’ che ricerchiamo sempre quei beni
che ci danno la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.