15 Febbraio 2020

Sabato V Settimana T. O.

1Re 12,26-32;13,33-34; Sal 105; Mc 8,1-10

Colletta: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento
della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...

Il racconto della seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci è presente anche nel vangelo di Matteo (15,32-39), ma «l’ambientazione è diversa: per Matteo non era ancora arrivato il tempo dei pagani. Dopo il ritiro con i discepoli verso le parti di Tiro e Sidone” [15,21] e la guarigione della figlia della donna cananea, Gesù tornò “presso il mare della Galilea” dove accolse molte folle [15,25-26]. Poi andò in barca a Magadan, che forse corrisponde a Magdala o a Et- Tabga [= sette fonti]» (Angelico Poppi).
Per l’evangelista Marco il miracolo avviene a Dalmanutà, nome d’una località sconosciuta, come «Magadan» di Mt 15,39. o forse trascrizione di una espressione aramaica mal identificata.
La prima volta Gesù (Mc 6,33-44) aveva moltiplicato i pani e i pesci (cinque pani e due pesci) perché si era commosso nel vedere una grande moltitudine che lo seguiva come “pecore senza pastore”. Saranno i discepoli a indurre Gesù a operare il miracolo. Nella seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci (sette e pochi pesciolini) è Gesù a prendere l’iniziativa: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».    
Molti vedono in questa pagina innumerevoli rimandi simbolici, soprattutto veterotestamentari. Per esempio Angelico Poppi (cfr. vv. vv. 5-9): «I sette pani forse fanno riferimento ai cosiddetti sette comandamenti di Noè, una sorta di legge naturale, desunta da Gn 9,4-6, vincolante per i pagani. Secondo altri, si ha un’allusione ai sette diaconi, scelti tra gli ebrei della diaspora (At 6,1-7), istituiti dai Dodici per il servizio alle mense in favore dei poveri. Il numero sette può anche indicare la pienezza di benedizioni. I quattromila sfamati secondo qualche esegeta evocano i quattro punti cardinali; le sette sporte (v. 8) dei pezzi avanzati, le settanta nazioni che hanno popolato il mondo (Gn 10). La terminologia del v. 6 assomiglia a quella dell’istituzione dell’Eucaristia (14,22), confermando il senso simbolico inteso proletticamente dall’evangelista».
Sarà pur vero, e sarà pure possibile che questo racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci sia un doppione del primo (6,30-44. I gesti compiuti da Gesù sono i medesimi della prima volta, ma nella seconda moltiplicazione manca l’elevazione degli occhi al cielo, e il numero dei beneficati è minore), ma così facendo si corre il rischio di vedere soltanto “storie inventate a tavolino” e far scivolare tutto nel “simbolismo”.
Potremmo invece pensare a un fatto realmente avvenuto e dopo la morte-risurrezione di Gesù è stato “riletto” dall’autore sacro cercando in questo modo di far comprendere ai suoi lettori il reale significato del miracolo veramente operato da Gesù.
Per la Bibbia di Navarra questo miracolo «è una dimostrazione di come Gesù remuneri la perseveranza di coloro che lo seguono: la folla era stata attentissima alla parola di Gesù, dimentica di tutto il resto. Anche noi dobbiamo ascoltare con estrema attenzione la parola del Signore e adempiere quello che ci comanda, rimuovendo ogni vana preoccupazione per il futuro; detto altrimenti, dobbiamo aver fiducia nella Provvidenza divina».

Dal Vangelo secondo Marco 8,1-10: In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».  Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

In quei giorni… - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): Tutto richiama alla memoria i temi ricordati dalla prima moltiplicazione dei pani. Gesù si presenta come il buon pastore preoccupato di sfamare coloro che credono in lui; al contrario, vediamo i discepoli che non sono in grado, come pastori diligenti, di rispondere alle esigenze del loro gregge (v. 4). Gesù chiede loro in primo luogo di informarsi di quello che è a disposizione (v. 5). E ancora lui, il messia, che fa assumere alla folla sparpagliata la condizione di un popolo radunato (v. 6a): quella di una sosta, che permette di ristorarsi. A questo punto, tutto si concatena come per una nuova eucaristia (v. 6b); si riconoscono, tra l’altro, i quattro gesti del rito eucaristico che Gesù compirà durante la cena (14,22-24): egli prende i pani e rende grazie a Dio per tutti i suoi benefici; poi li spezza come segno di spartizione e affida ai discepoli l’incarico di distribuirli: è la loro missione. Marco non dimentica i pesci (v. 7), che si usava arrostire: in Galilea, terra di pescatori sul lago di Tiberiade, essi sostituivano la carne per i poveri, particolare non trascurabile. Ma il culmine del racconto, ancora una volta, è toccato dalla sazietà completa della folla e dall’eccedenza (vv. 8-9).

Sento compassione per la folla - Jean Radermakers (Lettura Pastorale del Vangelo di Marco): Il messaggio del testo - Secondo ogni probabilità, la prima frazione dei pani viene situata dall’evangelista in territorio ebraico, sulle rive del mare di Galilea, là dove la parola del regno poteva essere paragonata a un seme che gettato sulla buona terra viene a maturazione (cf. 4,29) a a un chicco che cresce e mette dei rami capaci di offrire asilo agli uccelli del cielo, pagani che cercano la salvezza (cf. 4,32). La seconda, invece, avviene in un contesto più vasto: Marco ha lasciato Gesù nella Decapoli dove già il geraseno liberato aveva proclamato «tutto ciò che Gesù aveva fatto per lui» (5, 20), e in ogni modo, c’è della gente che «è venuta da lontano» (8,3). Non potrebbe essere stata la sirofenicia ad aprire loro là strade, reclamando per sua figlia le briciole del pane dei figli (7,28)?
Come la storia della tradizione evangelica suggerisce e come la redazione di Marco sottolinea con forza, qui ci viene presentata l’eucaristia. Banchetto messianico, essa raduna sia gli ebrei - i figli - che i pagani delle genti - quelli che vengono da lontano - alla tavola del regno alla quale Gesù, il seminatore (4,14), il medico (2,17) e lo sposo (2,19) accoglie coi suoi discepoli «molti pubblicani e peccatori» (2, 15); egli infatti è anche il sommo sacerdote (6, 7), il profeta (6,4.15), il pastore messianico (6,34; 7,36-37; 8,2).
Si capisce allora perché le discussioni sul puro e sull’impuro, quando si tratta di mangiare di questo pane, vi posta da Marco in parallelo con le due frazioni dei pani. Dalle tradizioni degli antichi, tradizioni del tutto umane, bisogna risalire alla parola di Dio che propone se stessa come cibo, come già nel deserto (Dt 8,3). È in questo senso che Gesù «rendeva puri tutti gli alimenti» (7,1): egli è il «santo di Dio» che rende puri coloro che accolgono il suo insegnamento dato con autorità. Nessuno dunque è escluso dalla tavola del regno, né ebreo, né pagano, poiché il pane viene distribuito per tutti in abbondanza.
Ma se nessuna impurità rituale ne allontana, è perché Dio stesso vi si offre in Gesù e «il figlio dell’uomo ha autorità per perdonare i peccati sulla terra»  (2, 10). Solo lui è capace di trasformare cuori induriti, secondo l’oracolo messianico di Ezechiele: « Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo, metterò in voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Vi libererò da tutte le vostre impurità: chiamerò il grano e lo moltiplicherò e non  vi manderò più la carestia ... Allora vi ricorderete della vostra cattiva condotta e delle vostre azioni perverse ... » (Ez 36,25-31).
L’unica esigenza cristiana per accedere all’eucaristia è dunque la purezza del cuore che crede, ed è Gesù che la crea.

Giovanni Paolo II (Omelia, 18 giugno 1992): La moltiplicazione dei pani nel deserto è un annunzio, così come lo fu la manna. Le folle seguono Gesù, quando sperimentano il suo potere sul cibo e sulla fame umana. Sono pronte perfino a proclamarlo re. Il Salmo di Davide non parla forse del dominio del Messia e del giorno del suo trionfo? “A te il principato - esso dice - nel giorno della tua potenza” (cf. Sal 110, 3). Contemporaneamente, il medesimo Salmo chiama Sacerdote il Messia regale: Egli è Sacerdote per sempre al modo di Melchisedek (cfr. Sal 110,4). Melchisedek fu re e al tempo stesso Sacerdote del Dio Altissimo. A differenza dei Sacerdoti dell’Antica Alleanza, egli offerse a Dio non il sangue di animali immolati, ma pane e vino. La moltiplicazione dei pani nel deserto è, per questo, un messaggio profetico: Cristo sa che Egli stesso realizzerà un giorno la profezia contenuta nel sacrificio di Melchisedek. Quale Sacerdote della Nuova Alleanza - dell’Eterna Alleanza - Gesù entrerà nel santuario eterno, dopo aver compiuto l’opera della Redenzione del mondo grazie al proprio sangue. Agli Apostoli nel cenacolo darà in sostanza, ancora una volta, lo stesso comando: “Dategli voi stessi da mangiare! - Fate questo in memoria di me!”. Esistono diverse categorie di fame, che tormentano la grande famiglia umana. C’è stata la fame che ha trasformato in cimiteri intere città e paesi. C’è stata la fame dei campi di sterminio, prodotti dai sistemi totalitari. In diverse parti del globo c’è ancor oggi la fame del terzo e del “quarto” mondo: là muoiono di fame gli uomini, le madri e i bambini, gli adulti e gli anziani. È terribile la fame dell’organismo umano, la fame che stermina. Ma esiste anche la fame dell’anima, dello spirito. L’anima umana non muore sui sentieri della storia presente. La morte dell’anima umana ha un altro carattere: essa assume la dimensione dell’eternità. È la “seconda morte” (Ap 20,14). Moltiplicando i pani per gli affamati, Cristo ha posto il segno profetico dell’esistenza di un altro Pane: “Io sono il pane vivo, disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 51).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Sento compassione per la folla” (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che ci hai resi partecipi
di un solo pane e di un solo calice,
fa’ che uniti al Cristo in un solo corpo
portiamo con gioia frutti di vita eterna
per la salvezza del mondo.
Per Cristo nostro Signore.