14 Febbraio 2020

Venerdì V Settimana T. O.

At 13,46-49; Sal 116; Lc 10,1-9

Dal Martirologio: Questi due fratelli di Salonicco, mandati in Moravia dal vescovo di Costantinopoli Fozio, vi predicarono la fede cristiana e crearono un alfabeto per tradurre i libri sacri dal greco in lingua slava. Venuti a Roma, Cirillo, il cui nome prima era Costantino, colpito da malattia, si fece monaco e in questo giorno si addormentò nel Signore. Metodio, invece, ordinato da papa Adriano II vescovo di Srijem, nell’odierna Croazia, evangelizzò la Pannonia senza lesinare fatiche, dovendo sopportare molti dissidi rivolti contro di lui, ma venendo sempre sostenuto dai Romani Pontefici; a Staré Mesto in Moravia, il 6 aprile, ricevette il compenso delle sue fatiche.

Colletta: O Dio, ricco di misericordia, che nella missione apostolica dei santi fratelli Cirillo e Metodio hai donato ai popoli slavi la luce del Vangelo, per la loro comune intercessione fa’ che tutti gli uomini accolgano la tua parola e formino il tuo popolo santo concorde nel testimoniare la vera fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Il racconto dell’invio dei settantadue discepoli mette in evidenza che la missione non è unicamente affidata allo stretto gruppo degli apostoli, ma anche alla cerchia più vasta dei discepoli. Il compito di annunciare Cristo rientra nella vocazione cristiana di ogni battezzato e deve estendersi a tutta la terra: il numero settantadue richiama la tradizione giudaica che riteneva che le nazioni della terra fossero, appunto, settantadue. Nel concetto di inviare c’è anche l’idea del viaggio, della partenza: “Andate!”. Non sono le nazioni che devono incamminarsi verso i discepoli, ma i discepoli che devono correre verso i popoli. Questo modo di pensare la missione accentua fortemente l’idea di universalità e di servizio. Gesù pone anche alcune regole. Anzitutto, la consapevolezza dell’urgenza e della vastità del compito: “La messe è abbondante...”. Da questa consapevolezza sgorga la necessità della preghiera: “Pregate dunque il signore della messe...”. L’urgenza e la vastità del compito sono sottolineate anche da un altro avvertimento: “non fermatevi a salutare nessuno per strada”. Non c’è tempo per conversazioni inutili, per cose secondarie. Il discepolo si concentra tutto sull’essenziale e non ha tempo da perdere. Una seconda condizione è la povertà: “non portate borsa, né sacca, né sandali...”. Si tratta di una libertà indispensabile perché la purezza del vangelo sia salvata ed è il modo di vivere che rende credibile il vangelo stesso. Mostra, infatti, davanti a tutti, la fiducia che il missionario ha nel Padre. Infine, terzo atteggiamento, la consapevolezza e l’accettazione di una situazione di sproporzione: “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Lo scontro col mondo non è ad armi pari, ma il cristiano deve avere fede nella Parola che annuncia, anche se questa sembra inadeguata al compito. Spesso è la mancanza di fede che impedisce alla Parola di manifestare la forza di Dio che essa nasconde.

Dal Vangelo secondo Luca 10,1-9: In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio».

Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi - Dopo la missione dei Dodici (Cf. Lc 9,3-5), Gesù manda settantadue discepoli ad annunziare il regno di Dio che è già vicino. Il numero dei discepoli forse è intenzionale. Gen 10, nella versione dei Settanta, elenca settantadue nazioni, se Luca si attiene a questo dato il numero dei discepoli inviati vuole indicare l’universalità della missione: la salvezza supera gli angusti confini d’Israele per raggiungere tutti gli uomini. Sono mandati a due a due perché, per la legge mosaica, sono necessari due testimoni per attestare la veridicità di un avvenimento (Cf. Dt 19,15).
I settantadue discepoli sono mandati davanti a Gesù (Lc 9,52), quindi come precursori, e il Regno di Dio che essi annunziano è in relazione con la persona di Gesù.
La missione già si presenta ardua in quanto le forze sono impari: «vi mando come agnelli in mezzo a lupi». I discepoli si trovano come pecore tra i denti affilati dei lupi. E i lupi quando azzannano scarnificano la preda. Una missione tutta in salita. La persecuzione sarà sempre in agguato (Cf. Lc 6,22-23).
Gli inviati avranno in eredità il destino di Colui che li manda nel mondo: «Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Non è una probabilità, è pura certezza: «Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio» (Gv 16,2). Gli inviati dalla loro parte avranno soltanto lo Spirito Santo: «Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire: perche lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire» (Lc 12,11-12)».
Il loro sangue non sarà sparso invano, testimonierà contro i carnefici, cosicché ricadrà su di essi «tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare» (Mt 23,35).
Gesù esige, data l’urgenza della missione, la massima povertà e anche essenzialità nelle relazioni: non bisogna perdersi in chiacchiere inutili.
Gesù poi tratteggia il bon ton del missionario. Innanzi tutto egli è un uomo di pace: è colui che porta la pace che per un israelita è la pienezza dei doni divini. Non bisogna vagabondare di casa in casa e di buon grado mangiare quello che sarà messo dinanzi. Una regola d’oro con la quale viene abrogata la distinzione mosaica tra cibi puri e impuri (Cf. Mc 7,19). Ridonare la salute agli infermi entra nell’opera missionaria: con essa si attesta il potere affidato agli inviati.
Nell’impegno missionario Gesù è sempre con i missionari, continuando a insegnare e a guarire: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”  (Mc 16,20).

Gli inviati del Figlio - J. Perron e P. Grelot: 1. La missione di Gesù si prolunga con quella dei suoi inviati, i Dodici, che per questo stesso motivo portano il nome di apostoli. Già durante la sua vita Gesù li manda innanzi a sé (cfr. Lc 10,1) a predicare il vangelo ed a guarire (Lc 9,1s par.), il che costituisce l’oggetto della sua missione personale. Essi sono gli operai mandati dal padrone alla messe (Mt 9,38 par.; cfr. Gv 4,38); sono i servi mandati dal re per condurre gli invitati alle nozze del figlio suo (Mt 22,3 par.). Non devono farsi nessuna illusione sul destino che li attende: l’inviato non è maggiore di colui che lo manda (Gv 13,16); come hanno trattato il padrone, cosi tratteranno i servi (Mt 10,24s). Gesù li manda «come pecore in mezzo ai lupi (10,16 par.). Egli sa che la «generazione perversa, perseguiterà i suoi inviati e li metterà a morte (23,34 par.). Ma ciò che sa fatto loro, sarà fatto a lui stesso, e in definitiva al Padre: «Chi ascolta voi, ascolta me chi rigetta voi, rigetta me, e chi rigetta me, rigetta Colui che mi ha mandato» (Lc 10,16); «Chi accoglie voi, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13,20). Di fatto la missione degli apostoli si collega nel modo più stretto a quella di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» (20,21). Questa frase illumina il senso profondo dell’invio finale dei Dodici in occasione delle apparizioni di Cristo risorto: «Andate...». Essi andranno dunque ad annunziare il vangelo (Mc 16,15), a reclutare discepoli di tutte le nazioni (Mt 28,19), a portare dovunque la loro testimonianza (Atti 1,8). Così la missione del Figlio raggiungerà effettivamente tutti gli uomini, grazie alla missione dei suoi apostoli e della sua Chiesa.
2. Questo appunto intende il libro degli Atti quando racconta la vocazione di Paolo. Riprendendo i termini classici delle vocazioni profetiche, Cristo risorto dice al suo strumento eletto: «Va perché io ti invierò lontano presso i pagani» (Atti 22,21); e questa missione ai pagani si inserisce nella linea esatta di quella del servo di Jahve (Atti 26,17; cfr. Is 42,7.16). Infatti il servo è venuto nella persona di Gesù, e gli inviati di Gesù portano a tutte le nazioni il messaggio di salvezza che egli personalmente aveva notificato soltanto alle «pecore perdute della casa di Israele» (Mt 15,24). Di questa missione, ricevuta sulla strada di Damasco, Paolo si farà sempre forte per giustificare il suo titolo di apostolo (1Cor 15,8s; Gal 1,12). Sicuro della sua estensione universale, egli porterà il vangelo ai pagani per ottenere da essi l’obbedienza della fede (Rom 1,5) e magnificherà la missione di tutti i messaggeri del vangelo (10,14s): non è forse grazie ad essa che nasce nel cuore degli uomini la fede nella parola di Cristo (10,17)? Al di là della missione personale degli apostoli, tutta la Chiesa nella sua funzione missionaria si ricollega in tal modo alla missione del Figlio.

La missione della Chiesa - Ad gentes 5.: Il Signore Gesù, fin dall’inizio « chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare» (Mc 3,13; cfr. Mt 10,1-42). Gli apostoli furono dunque ad un tempo il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta completati in se stesso con la sua morte e risurrezione i misteri della nostra salvezza e dell’universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra, prima di salire al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20); «Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato » (Mc 16,15). Da qui deriva alla Chiesa l’impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell’esplicito mandato che l’ordine episcopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in forza di quell’influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra: « Da lui infatti tutto quanto il corpo, connesso e compaginato per ogni congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno dei suoi organi cresce e si autocostruisce nella carità» (Ef 4,16).
Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso un’azione tale, per cui essa, in adesione all’ordine di Cristo e sotto l’influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.
Questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare la buona novella ai poveri; per questo è necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, egli uscì vincitore. Proprio con questa speranza procedettero tutti gli apostoli, che con le loro molteplici tribolazioni e sofferenze completarono quanto mancava ai patimenti di Cristo a vantaggio del suo corpo, la Chiesa. E spesso anche il sangue dei cristiani fu seme fecondo.
  
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, Padre di tutte le genti,
che nell’unico pane e nell’unico Spirito
ci hai fatti commensali ed eredi del banchetto eterno,
per l’intercessione dei santi Cirillo e Metodio
fa’ che la moltitudine dei tuoi figli, unita nella stessa fede,
sia solidale nel costruire la giustizia e la pace.
Per Cristo nostro Signore.