13 Febbraio 2020

Giovedì V Settimana T. O.

1Re 11,4-13; Sal 105 (106); Mc 7,24-30

Colletta: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo …

L’escursione di Gesù verso la regione di Tiro suggerisce che egli è soprattutto un profeta itinerante: è il buon pastore che va dietro alla pecora perduta, finché non la ritrova (cfr. Lc 15,4). La scelta poi della zona non è casuale e non senza risonanza: anche ai pagani è destinata la salvezza. La donna che si getta ai piedi di Gesù era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Gesù alla donna che lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia dà una risposta è dura e inaspettata: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». La risposta di Gesù non scoraggia la donna; ella non si scompone, l’epiteto offensivo non la ferma nella sua richiesta: è venuta per la guarigione della figlia, quel che riguarda lei è secondario. Dio è messo così di fronte all’amore di una madre che è disposta a tutto pur di vedere guarita la propria bambina. Gesù non è insensibile a questo amore, ma vuole spingere la Cananèa ad una sincera professione di fede. La risposta di Gesù non vuole offendere il dolore della donna, ma soltanto sottolineare quanto già aveva suggerito alla Samaritana: la salvezza viene dai Giudei (Gv 4,22). Il brano evangelico, quindi, è teso a mostrare la lealtà di Gesù verso Israele e contemporaneamente vuol sottolineare che tra i pagani nasce la fede, mentre il popolo eletto si chiude al messaggio evangelico. Praticamente, l’elogio e il dono della guarigione vogliono registrare un nuovo, importante dato della missione di Cristo: la salvezza ormai appartiene a tutti i popoli. Si è realizzata così la promessa di Dio fatta ad Abramo, in Gesù sono benedette tutte le famiglie della terra (cfr. Gen 12,3).

Dal Vangelo secondo Marco 7,24-30: In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Conclusa la polemica di Gesù con i farisei sulle abluzioni e sulla purezza legale, il testo di Marco ci propone l’episodio della donna siro-fenicia (cananea, secondo Mt 15,22), che per la figlia malata intercede presso Gesù che si trova nella regione fenicia di Tiro (oggi Libano).
La collocazione dell’episodio in questo contesto è molto abile, perché questa donna pagana prefigura il superamento del legalismo farisaico sul puro e l’impuro. Inoltre il suo atteggiamento dimostra che davanti a Dio conta non tanto la fedeltà alla legge, quanto la fede. È proprio la fede che ottiene alla donna il favore di Gesù, il cui intervento segna la fine del monopolio che gli ebrei supponevano di avere rispetto alla salvezza di Dio. Ma la fede e la salvezza non hanno nazionalità.
Nel dialogo di Gesù con la donna siro-fenicia si stabilisce una specie di duello verbale che la donna finisce per vincere. Quando questa gli chiede di scacciare il demonio da sua figlia, il Signore le risponde: «”Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli (gli ebrei) e gettarlo ai cagnolini (i pagani)”. Ma essa replicò: “Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli”». Davanti a una risposta tanto ingegnosa, che esprime una fede indistruttibile, Gesù dovette cedere: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia».

Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini - Adalberto Sisti (Marco): In genere si afferma che il detto di Gesù, contenuto in questo versetto, si ispiri all’uso giudaico, che, basandosi su alcuni testi biblici nei quali gli Israeliti sono chiamati figli di Dio (Es 4,22; Dt 14,1; 22,6; Is 1,2; 43,6; Gr 31,9; Os 11,13 Rm 9-4), avrebbe talvolta gratificato i membri di tutti gli altri popoli con l’epiteto di «cani». Ma la cosa non è certa, perché nel Nuovo Testamento tale epiteto ha un valore piuttosto morale e in genere si riferisce a gente ostile o indegna di ricevere il messaggio evangelico (cf Mt 7,6; Fl 3,2; Ap 22,15). Inoltre, nel nostro testo, come in quello parallelo di Mt 15,26, si parla non di cani, ma di cagnolini; di cani domestici, cioè (sembra di razza speciale), che anche gli Ebrei tenevano in casa. Pertanto è più probabile che si tratti di una semplice metafora, con la quale Gesù volle non offendere la povera donna, né respingere la sua preghiera, ma piuttosto farle intendere «che egli deve recare la benedizione dell’era di salvezza in primo luogo e di preferenza a Israele» (R. SCHNACKENBURG, I 87). In questo modo anche quel prima (πρῶτον), messo subito dopo il verbo iniziale, non può considerarsi come un riflesso della dottrina paolina circa la precedenza accordata da Dio ad Israele nella storia della salvezza (cf Rm 1,16; 2,9-10; 11,11-24), ma come un elemento essenziale della similitudine, la quale non esclude che i cagnolini possano nutrirsi - come replica la donna nel v. 28 - delle briciole o degli avanzi dei figli. Senza dubbio Gesù operò quasi esclusivamente in mezzo agli Ebrei; ma, memore dell’insegnamento dei profeti (cf Is 2,2-4; 41,21-29; 42,10-17; 45,14; 66,18-19; ecc-), in varie circostanze non ricusò di accostarsi anche ai pagani, come mostrano i suoi giri fuori dei confini della Galilea, e di predire il loro ingresso nel regno di Dio (cf Mt 8,11).

Per questa tua parola, va’… - Giuseppe Barbaglio: Anzitutto la fede appare motivo ricorrente nei racconti miracolosi di Gesù. Un paralitico gli è portato davanti da accompagnatori che hanno dovuto superare difficoltà a prima vista insormontabili. Ora, Gesù entra in scena dopo di aver constatato la loro fede (Mc 2,5 e par). Nel racconto della guarigione del cieco di Gerico, centrale appare il detto di Cristo: «Va’, la tua fede ti ha salvato» (Mc 10,52; cf. Lc 18,42). Da parte sua Matteo, che nel passo parallelo tralascia il detto di Gesù sulla fede del cieco, ha in proprio un doppione di questo brano, appunto la narrazione della guarigione di due ciechi (9,27-31), nella quale qualificante appare il dialogo tra Gesù e i due. Alla loro invocazione: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi», Gesù risponde inizialmente con una domanda: «Credete voi che io possa fare questo?», e udita la risposta positiva: «Sì, o Signore», conclude: «Sia fatto a voi secondo la vostra fede». Nei due racconti miracolosi dell’emorroissa e della figlia di Giairo, l’uno incastrato nell’altro, è ancora la fede dei protagonisti che sollecita Gesù ad agire: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male» (Mc 5,34 e par); «Non temere, continua solo ad aver fede» (Mc 5,36; cf. Le 8,50). Di grande interesse è pure lo scambio di battute tra il padre dell’epilettico indemoniato e Gesù nel racconto marciano: «Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci. Gesù gli disse: Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,22-24). Per contrasto, nei passi paralleli di Mt e di Le si mette in rilievo l’impotenza dei discepoli, che Gesù addebita alla loro mancanza di fede (Mt 17,20; Lc 17,5). Infine, al centurione romano e alla donna cananea che lo supplicano per una persona cara, Cristo dà atto della loro straordinaria fede: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande... E Gesù disse al centurione: Va’, e sia fatto secondo la tua fede» (Mt 8,10 e 13); «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri» (Mt 15,20). In conclusione, strettamente collegata con il miracolo, la fede vuol dire fiducia in Gesù e nel suo potere di compiere prodigi. Per questo le guarigioni evangeliche non hanno nulla di magico. Sono invece risposta alla domanda fiduciosa di chi si affida a Cristo, facendogli credito e non arrendendosi alla potenza del male e della morte. Di regola, poi, questa fede fiduciale si esprime in una supplica perché Gesù traduca in atto il suo potere taumaturgico. Il miracolo è solo l’esito di un profondo rapporto interpersonale di fiducia ripagata. Si deve però notare che la formula: «La tua fede ti ha salvato» ricorre anche al di fuori del contesto miracoloso. In concreto, Gesù così ha parlato anche alla donna peccatrice del c. 7 di Luca (v. 50), cui ha concesso il perdono dei peccati. Similmente, guariti dieci lebbrosi, solo uno di questi, ed era un samaritano, ritorna a ringraziare Cristo e si sente dire: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19). Dunque fiducia nel prodigio, ma anche fiducia nel perdono dei peccati.

Satana - Catechismo degli Adulti n.  382: I demòni hanno come capo Satana. La sua forza distruttiva e il suo influsso nella storia sono indicati dalla Bibbia in termini impressionanti: «il principe di questo mondo» (Gv 12,31); «il grande drago, il serpente antico... che seduce tutta la terra» (Ap 12,9); «omicida fin da principio... e padre della menzogna» (Gv 8,44), «colui che della morte ha il potere» (Eb 2,14); il «maligno» che domina «tutto il mondo» (1Gv 5,19). Bisogna dunque vedere in lui una persona, malvagia e potente che, attraverso un’illusione di vita, organizza sistematicamente la perdizione e la morte. Si può riconoscere un suo influsso particolare nella forza della menzogna e dell’ateismo, nell’atteggiamento diffuso di autosufficienza, nei fenomeni di distruzione lucida e folle. Ma tutta la storia, a cominciare dal peccato primordiale, è inquinata e stravolta dalla sua azione nefasta. Secondo la concezione biblica, le varie forme di male sono in qualche modo riconducibili a lui e ai demòni suoi complici. La Chiesa ritiene che «tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà... fino all’ultimo giorno». Così inquietante è la forza del male, che alcune dottrine religiose hanno immaginato l’esistenza di un dio malvagio, indipendente e concorrenziale rispetto al Dio del bene. La Chiesa rifiuta questo modo di vedere. Tuttavia non minimizza il mistero del male, riducendolo alle deficienze della natura o alla colpa dell’uomo, ma vi scorge «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore».

Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro: Giovanni Paolo II (Udienza Generale 25 agosto 1999): Il Nuovo Testamento sottolinea fortemente l’autorità di Gesù sui demoni, che egli scaccia “con il dito di Dio” (Lc 11,20). Nella prospettiva evangelica, la liberazione degli indemoniati (cfr. Mc 5,1-20) assume un significato più ampio della semplice guarigione fisica, in quanto il male fisico è posto in relazione con un male interiore. La malattia dalla quale Gesù libera è anzitutto quella del peccato. Gesù stesso lo spiega in occasione della guarigione del paralitico: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mc 2,10-11). Prima ancora che nelle guarigioni, Gesù ha vinto il peccato superando egli stesso le “tentazioni” che il diavolo gli presentava nel periodo da lui trascorso nel deserto dopo il battesimo ricevuto da Giovanni (cfr. Mc 1,12-13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13). Per combattere il peccato che si annida dentro di noi e attorno a noi, dobbiamo metterci sulle orme di Gesù e imparare il gusto del “sì” da Lui continuamente pronunciato al progetto di amore del Padre. Questo “sì” richiede tutto il nostro impegno, ma non potremmo pronunciarlo senza l’aiuto della grazia, che Gesù stesso ci ha ottenuto con la sua opera redentrice.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che ci hai resi partecipi
di un solo pane e di un solo calice,
fa’ che uniti al Cristo in un solo corpo
portiamo con gioia frutti di vita eterna
per la salvezza del mondo.
Per Cristo nostro Signore.