11 Febbraio 2020

Martedì V Settimana T. O.

 1Re 8,22-23.27-30; Sal 83 (84); Mc 7,1-13

Colletta: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo …

Prima di consumare un pasto “ci si lavava sempre le mani, perché non si usavano oggetti quali coltelli, forchette o cucchiai. Nelle case dei ricchi questo compito era svolto da un servo. Eliseo aveva il compito di versare l’acqua sulle mani di Elia [2Re 3,11]). Ai tempi del Nuovo Testamento tale azione aveva assunto le connotazioni di un rituale. Gesù reagì contro la pura ritualizzazione di tale pratica [Marco 7,1-8]. Egli assunse il ruolo del servo nel lavare i piedi, ma non le mani, dei discepoli in occasione dell’ultima cena [Giovanni 13,4-5]. Le mani erano anche lavate al termine del pasto. Prima del pasto si esprimeva una formula di ringraziamento; tradizionalmente si diceva: «Benedetto sei tu, Iahvè nostro Dio, Re del mondo, che fai nascere il pane dalla terra». Forse Gesù usò questa preghiera quando diede da mangiare ai cinquemila [Giovanni 6,11], proprio come secoli prima aveva fatto Samuele [1Samuele 9,13]” (Ralph Gower, Usi e costumi dei tempi della Bibbia).
Gli Ebrei ritenevano obbligatorio di dover osservare prima di prestare il culto liturgico a Dio delle norme di purità, distinte tra cose, persone, creature, azioni pure e impure. Chi veniva a contatto con ciò che era considerato impuro doveva purificarsi, prima di entrare in contatto con Dio. Per la Bibbia di Gerusalemme, «i rabbini facevano risalire la tradizione orale, attraverso gli “anziani”, a Mosè […]  A proposito dell’impurità delle mani, obiettata dai Farisei, Gesù prende in considerazione la questione più generale dell’impurità attribuita dalla legge a certi alimenti [Lev 11]  e insegna a posporre l’impurità legale a quella morale, la sola che importa veramente ([cf. At 10,9-16.28; Rm 14,14s; Ef4,29; Gc 3,6 ...]».
La risposta di Gesù è una accusa contro la pratica ipocrita della Legge che di fatto svuotava e annullava la parola di Dio. Un uso costante di manomissione della Legge che veniva sostituta sistematicamente con la tradizioni degli uomini. Con tale pratica le guide spirituali d’Israele trascuravano il comandamento di Dio, ma quello che era deleterio è che la insegnavano al popolo sviandolo dalla osservanza fedele della legge di Dio.

Dal Vangelo secondo Marco 7,1-13: In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti ,quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Discussione sulle tradizioni farisaiche - Ai tempi di Gesù, i Farisei e gli scribi erano considerati i fedeli custodi della tradizione scritta ed orale per cui la loro autorità era indiscussa. Ma la tradizione orale, il cui scopo era quello di esplicitare quella scritta e così alleggerirla, in verità la rendeva insopportabile, a volte, anche per le stesse guide spirituali tanto che spesso, con mille sotterfugi, arrivavano intenzionalmente a trasgredirla: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,3).
Il tema della discussione è quello del «lavarsi le mani» che non era un norma igienica, ma una prescrizione rituale della purificazione secondo la «tradizione degli antichi».
I tutori della legge consideravano Gesù e i suoi discepoli, a motivo del loro atteggiamento insubordinato, sovvertitori della legge e questo per la nazione intera poteva avere conseguenze inimmaginabili (Gv 11,48). La loro disubbidienza, poi, era sotto gli occhi di tutti; quindi, era urgente fermarli prima che fosse troppo tardi. Così si capisce perché la «casa madre», Gerusalemme, si premura di inviare a Genèsaret alcuni esperti della legge.
Sotto il rimprovero capzioso rivolto a Gesù, si può cogliere quella mentalità dura a morire la quale nasceva dalla considerazione che la legge, e sopra tutto la sua osservanza, bastava a giustificare il Giudeo: chi non osservava la legge era gente dannata (Gv 7,49), tagliata fuori dal progetto salvifico. Gesù, agli occhi dei Farisei, non soltanto sovvertiva la tradizione degli antichi, ma fuorviava il popolo introducendolo in sentieri che lo avrebbe portato molto lontano dalla salvezza. Accuse quindi molto pesanti che andavano al di là della banalità di lavarsi le mani prima di prendere cibo.
Gesù innanzi tutto si rifà agli insegnamenti dei Profeti in eterno conflitto con il potere deviante dei governanti e con il posticcio culto che la nazione rendeva a Dio. I re, sovente idolatri, sguazzavano nella melma della sensualità (Sir 47,19) e non si facevano scrupolo di ammazzare pur di possedere la donna oggetto delle loro brame (2Sam 11,1-27).
Il popolo da par suo era abilissimo nell’emulare le sue guide: da una parte l’incenso e dall’altra una vita scellerata (Is 1,11-13); da una parte le preghiere nel tempio e dall’altra parte le mani lorde di sangue fraterno (Is 1,15); da una parte l’osservanza del Sabato e dall’altra la bramosia che tutto passasse in fretta perché si potesse riprendere a vendere rubando e truffando sul peso (Amos 8,5-6).
La risposta di Gesù è molto aspra, la sua è infatti una controaccusa: i toni sono forti perché Egli sta rimproverando gente molto abile nell’eludere i comandamenti di Dio contrapponendovi la tradizione umana (Mc 7,9) e molto brava da apparire «giusti all’esterno davanti agli uomini» (Mt 23,28).
Per cui Gesù senza mezzi termini li taccia di ipocrisia: il termine hipokrites descrive gli attori con il volto nascosto da una maschera.
In questa prima discussione Gesù non coinvolge il popolo, si rivolge solo ai Farisei e agli scribi perché tecnicamente capaci di comprendere il suo linguaggio. Poi chiama la folla e qui il discorso ha la forma di didascalia, cioè di insegnamento; un insegnamento rivolto a tutti, discepoli e no, e che da tutti doveva essere ritenuto. Gesù non è un rivoluzionario: la legge va osservata anche nei più piccoli particolari perché lui non è venuto per abolirla, ma per renderla perfetta (Mt 5,17-19).
È un invito a guardarsi dentro: la creazione di per sé è buona e c’è un solo tipo di impurità che allontana l’uomo da Dio ed è quella che scaturisce dal suo cuore, cioè dai pensieri e dalle intenzioni. È l’uomo, se non ha un cuore puro, a rendere impure anche le cose buone. E poi, ora, nella pienezza del tempo, non è la legge e la sua osservanza a giustificare l’uomo, ma la fede in Cristo (Rom 5,1s).

Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti... - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Nella sua risposta agli scribi e ai farisei, Gesù dapprima (vv. 6-8) rimprovera la loro falsa religiosità, basata su prescrizioni umane e non su di un amore sincero verso Dio; poi porta un esempio per provare la stridente contrapposizione fra la tradizione giudaica e il comandamento di Dio (vv. 913). Egli sorvola sulla questione delle abluzioni legali, ma stigmatizza fortemente l’osservanza esteriore dei farisei e degli scribi, perché difforme da una religiosità autentica. Il legalismo eccessivo e le osservanze esteriori non favoriscono un rapporto sincero verso Dio, ma possono costituirne un travisamento e un ostacolo per una vera conversione del cuore. Uno può correre il rischio di considerarsi creditore di fronte a Dio, con la pretesa di rivendicare la propria giustizia (religiosità) sulla base delle «opere della Legge», cioè delle proprie osservanze. Si tratta di un atteggiamento orgoglioso, fondato su un’autosufficienza che si oppone radicalmente allo spirito del vangelo. Gesù biasima decisamente questa distorsione della religione, ponendosi sulla scia dei profeti, che spesso avevano criticato aspramente la purità soltanto esteriore.

Purità - Alice Baum: È un concetto che nelle religioni dell’antichità riveste una grande importanza. Purità è la disposizione che abilita l’uomo a entrare in contatto con la divinità. Si tratta, quindi, in primo luogo non di purità morale, ma cultuale. La santità di Dio impone che l’uomo sia libero da tutto ciò che è visto come qualcosa che rende impuro. L’impurità viene causata da determinate cose, azioni o situazioni che, secondo antiche concezioni magiche, sono caricate di forze misteriose e pericolose (tabù). La grande importanza che l’Antico Testamento attribuisce alla purità cultuale è determinata dalla santità di Dio. Poiché JHWH è santo, non sopporta nulla di impuro. La purità abilita a partecipare al culto e alla vita della comunità. L’impurità viene determinata soprattutto dal contatto col paganesimo. Il paese dei pagani è impuro, per questo il bottino di guerra va distrutto (cf. Gs 6,24ss). Determinati animali erano considerati impuri; era vietato mangiarli, presumibilmente perché erano impiegati nei culti pagani. Le leggi di purità contenute soprattutto in Lv 11-16 si riferiscono a tutto ciò attraverso cui la purità cultuale veniva perduta: fenomeni sessuali, determinate malattie, assunzione del sangue, contatto coi morti (cf. Nm 19). In questo caso Israele ha recepito antichi tabù, forse a partire dalla coscienza della santità e del pericolo riguardante la vita. Mediante il loro inserimento nella Legge, esse diventarono una richiesta vincolante da parte di JHWH e contribuirono a stabilire il popolo in un atteggiamento obbedienziale nei confronti della volontà di Dio. Le leggi di purità  distinguevano Israele dai pagani e salvaguardavano il monoteismo. I profeti si scagliarono con durezza contro un formalismo che si accontenta della purità cultuale e non si cura di quella morale. Essi ricordavano continuamente al popolo che la purità esteriore davanti a Dio non ha valore se non è accompagnata dall’ubbidienza ai comandamenti divini che richiedono pietà, diritto e fedeltà (Os 6,6, Am 5,21-25; Is 10,1-17 ecc.). Nel Nuovo Testamento si prolunga la linea profetica. Gesù si è attenuto alle leggi di purità, ma ha proclamato in forma radicale la purità morale come realtà veramente decisiva (cf. Mc 7,1-23). A coloro che hanno un cuore puro egli promette che vedranno Dio (Mt 5,8; cf. Sal 24,4). Fu necessario un certo lasso di tempo prima che il giovane cristianesimo fosse in grado di liberarsi da concezioni connesse alle leggi cultuali (cf. Gal 2,1114 ecc.); questo accadde man mano che si realizzava la separazione dal giudaismo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione». (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto  suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che ci hai resi partecipi
di un solo pane e di un solo calice,
fa’ che uniti al Cristo in un solo corpo
portiamo con gioia frutti di vita eterna
per la salvezza del mondo.
Per Cristo nostro Signore.