27 Gennaio 2020

Lunedì III Settimana Tempo Ordinario

2Sam 5,1-7.10 ; Sal 88 (89); Mc 3,22-30

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, guida i nostri atti secondo la tua volontà, perché nel nome del tuo diletto Figlio portiamo frutti generosi di opere buone. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Gesù è accusato di essere posseduto da Beelzebùl e di scacciare i demòni per mezzo del capo dei demoni, che qui vengono detti “spiriti impuri”. Così il giudaismo (cf. Zc 13,2) chiamava i demoni, estranei e anzi ostili alla purità religiosa e morale che esige il servizio di Dio
L’accusa è molto grave, ma è dettata più dall’ignoranza, dalla acrimonia, e da un cocciuto pregiudizio nei confronti di Gesù. È un tentativo di fare terra bruciata attorno a Gesù, un indemoniato non porta mai a nulla di buono. Gesù è al corrente di quanto vanno seminando malevolmente gli scribi e per questo motivo li chiama cercando di far comprendere loro l’insensatezza della calunnia. La parabola dell’“uomo forte” è di una semplicità estrema e facilmente comprensibile, ma alla stupidità e all’odio gratuito non c’è rimedio.
Gesù ha voluto tirare gli scribi dalla parte della verità, e allo stesso tempo proferisce una sentenza che non potrà essere mutata nei secoli: “In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro»”.   
È reo di colpa eterna: “Attribuire al demonio ciò che è opera dello Spirito santo, significa rifiutarsi alla luce della grazia divina e al perdono che ne proviene. Un simile atteggiamento colloca per necessaria conseguenza al di fuori della salvezza. Ma la grazia può cambiare questo atteggiamento; diventa allora possibile un ritorno alla salvezza” (Bibbia di Gerusalemme).

Dal Vangelo secondo Marco 3,22-30: In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».   

In quel tempo, gli scribi … - Jean Radermakers (Lettura Pastorale del Vangelo di Marco): Come i familiari di Gesù, [gli scribi] hanno espresso un giudizio sull’azione del Maestro: «dicevano» (3,22.30; cf. 3,21.33). L’accusa ch’essi gli rivolgono è grave: è posseduto da Beelzebul (3,22): da uno spirito impuro (3,30); dunque, egli scaccia il demonio per mezzo del principe dei demoni.
Quando un uomo si sente minacciato, accusa facilmente gli altri dello stesso male che ha in sé; il modo migliore per garantirsi contro questo rabbi che, decisamente, sta prendendo troppo piede, è di qualificarlo agli occhi delle folle. Non si rivolgono a Gesù; è lui stesso che li chiama. Per illuminarli, deve contestare il giudizio che hanno espresso sulla sua persona, e per la prima volta nel vangelo egli adopera delle «parabole» (3,23), da cui possono loro stessi trarre una lezione. La storia ha dimostrato che un regno diviso da lotte intestine è facilmente vulnerabile. Se dunque Satana, l’avversario per eccellenza, si oppone a se stesso, la sua potenza viene annullata e non può reggersi; per lui è finita. Gli scribi sanno bene che non è così, perché essi stessi insegnano a guardarsi da Satana, di cui sperimentano l’influsso nella loro coscienza. Di quale regno sono essi, allora? Essi si considerano i familiari: ma di quale casa? Accusando Gesù, fanno quindi il gioco di Satana, il cui ruolo è simile a quello di pubblico accusatore (Zc 3,1-5; Gb 1,6; 2,2).
Siamo al centro del dibattito: la resistenza che gli scribi oppongono a Gesù viene smascherata dal linguaggio parabolico usato nei loro confronti, non solo perché egli si serve di immagini, ma anche perché manifesta con azioni che la potenza del Satana è scossa nei loro cuori, così come la loro sufficienza. E si scoprono alienati. L’uomo forte, che ognuno di loro credeva d’essere, si trova improvvisamente soggiogato dalla potenza di uno «più forte»: colui che era stato annunziato da Giovanni Battista (1,7). Egli distrugge la casa di Satana (cf. Is 49,24-26), inaugurando il regno del perdono.

Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni - Catechismo degli Adulti 382:  I demòni hanno come capo Satana. La sua forza distruttiva e il suo influsso nella storia sono indicati dalla Bibbia in termini impressionanti: «il principe di questo mondo» (Gv 12,31); «il grande drago, il serpente antico... che seduce tutta la terra» (Ap 12,9); «omicida fin da principio... e padre della menzogna» (Gv 8,44), «colui che della morte ha il potere» (Eb 2,14); il «maligno» che domina «tutto il mondo» (1Gv 5,19). Bisogna dunque vedere in lui una persona, malvagia e potente che, attraverso un’illusione di vita, organizza sistematicamente la perdizione e la morte.
Si può riconoscere un suo influsso particolare nella forza della menzogna e dell’ateismo, nell’atteggiamento diffuso di autosufficienza, nei fenomeni di distruzione lucida e folle. Ma tutta la storia, a cominciare dal peccato primordiale, è inquinata e stravolta dalla sua azione nefasta. Secondo la concezione biblica, le varie forme di male sono in qualche modo riconducibili a lui e ai demòni suoi complici. La Chiesa ritiene che «tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà... fino all’ultimo giorno».
Così inquietante è la forza del male, che alcune dottrine religiose hanno immaginato l’esistenza di un dio malvagio, indipendente e concorrenziale rispetto al Dio del bene. La Chiesa rifiuta questo modo di vedere. Tuttavia non minimizza il mistero del male, riducendolo alle deficienze della natura o alla colpa dell’uomo, ma vi scorge «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore».

Poiché dicevano «È posseduto da uno spirito impuro - Penitenzieria Apostolica (XXIX Corso sul Foro Interno): Per possessione diabolica si intende l’azione per la quale uno spirito maligno, albergando in un corpo umano, è in grado di esercitare un controllo dispotico su di esso, riuscendo, in determinati momenti detti di “crisi”, a muoversi e/o a parlare attraverso il corpo della persona posseduta, senza che la vittima possa fare nulla per evitarlo, anche nei casi in cui mantiene la coscienza di ciò che le sta avvenendo.
[...] Lo specifico della possessione diabolica, ossia l’albergare di uno o più demoni in un corpo umano sul quale, in determinati momenti detti di “crisi”, esercitano un controllo dispotico come se il corpo appartenesse a loro, è essenzialmente diverso da ciò che in psichiatria e psicologia clinica viene genericamente indicato come disturbo di personalità. Nelle varie specie di disturbo di personalità il soggetto è sempre lo stesso, ossia la persona umana colpita da una malattia. Nella possessione diabolica, invece, un’entità estranea subentra alla personalità del posseduto nel controllo del suo corpo. Questa entità, che si manifesta come un soggetto dotato di personalità propria, intelligente e libera, è indicata dalla fede cristiana col nome di demonio. 
Nella possessione diabolica il demonio blocca, paralizza, sospende il dominio che normalmente l’anima umana, attraverso le sue potenze, intellettiva e volitiva, esercita sulla parte somatica della persona, sostituendosi ad essa nel controllo e nella direzione del corpo. Quindi è il demonio che fa compiere alle membra del corpo i movimenti che vuole; è lui che imprime sulla fisionomia del volto della persona, in particolare negli occhi e nella bocca, i tratti caratteristici che svelano le sue emozioni: la sua collera, il suo orgoglio, la sua presunzione, il suo disprezzo, la sua paura, la sua volontà di ingannare, di terrorizzare, la sua ribellione a Dio. È il demonio che guarda con gli occhi del posseduto e che parla con la sua bocca, ed è così intimamente legato al corpo posseduto che attraverso il senso del tatto può, ad esempio, soffrire quando questo corpo entra in contatto con acqua santa, reliquie o altri oggetti benedetti, nei casi in cui il Signore voglia servirsi di questi mezzi per colpirlo. È, insomma, un’unione stretta, anche se del tutto diversa per essenza dall’unione sostanziale dell’anima umana con il proprio corpo e con la quale, tra l’altro, il maligno intende scimmiottare l’Incarnazione.

Paolo VI (Udienza Generale 15 Novembre 1972): [...] è molto interessante il quadro della storia drammatica della umanità, dalla quale storia emerge quella della redenzione, quella di Cristo, della nostra salvezza, con i suoi stupendi tesori di rivelazione, di profezia, di santità, di vita elevata a livello soprannaturale, di promesse eterne (Cfr. Eph. 1, 10). A saperlo guardare questo quadro non si può non rimanere incantati (Cfr. S. AUG. Soliloqui): tutto ha un senso, tutto ha un fine, tutto ha un ordine, e tutto lascia intravedere una Presenza-Trascendenza, un Pensiero, una Vita, e finalmente un Amore, così che l’universo, per ciò che è e per ciò che non è, si presenta a noi come una preparazione entusiasmante e inebriante a qualche cosa di ancor più bello ed ancor più perfetto (Cfr. 1 Cor. 2, 9; 13, 12; Rom. 8, 19-23).
La visione cristiana del cosmo e della vita è pertanto trionfalmente ottimista; e questa visione giustifica la nostra gioia e la nostra riconoscenza di vivere per cui celebrando la gloria di Dio noi cantiamo la nostra felicità (Cfr. il Gloria della Messa).
Ma è completa questa visione? è esatta? Nulla ci importano le deficienze che sono nel mondo? le disfunzioni delle cose rispetto alla nostra esistenza? il dolore, la morte? la cattiveria, la crudeltà, il peccato, in una parola, il male? e non vediamo quanto male è nel mondo? specialmente, quanto male morale, cioè simultaneamente, sebbene diversamente, contro l’uomo e contro Dio? Non è forse questo un triste spettacolo, un inesplicabile mistero? E non siamo noi, proprio noi cultori del Verbo i cantori del Bene, noi credenti, i più sensibili, i più turbati dall’osservazione e dall’esperienza del male? Lo troviamo nel regno della natura, dove tante sue manifestazioni sembrano a noi denunciare un disordine. Poi lo troviamo nell’ambito umano, dove incontriamo la debolezza, la fragilità, il dolore, la morte, e qualche cosa di peggio; una duplice legge contrastante, una che vorrebbe il bene, l’altra invece rivolta al male, tormento che S. Paolo mette in umiliante evidenza per dimostrare la necessità e la fortuna d’una grazia salvatrice, della salute cioè portata da Cristo (Cfr. Rom. 7); già il poeta pagano aveva denunciato questo conflitto interiore nel cuore stesso dell’uomo: video meliora proboque, deteriora sequor (OVIDIO, Met. 7, 19). Troviamo il peccato, perversione della libertà umana, e causa profonda della morte, perché distacco da Dio fonte della vita (Rom. 5, 12), e poi, a sua volta, occasione ed effetto d’un intervento in noi e nel nostro mondo d’un agente oscuro e nemico, il Demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa.
Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio a sé stante, non avente essa pure, come ogni creatura, origine da Dio; oppure la spiega come una pseudo-realtà, una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni. Il problema del male, visto nella sua complessità, e nella sua assurdità rispetto alla nostra unilaterale razionalità, diventa ossessionante. Esso costituisce la più forte difficoltà per la nostra intelligenza religiosa del cosmo. Non per nulla ne soffrì per anni S. Agostino: Quaerebam unde malum, et non erat exitus, io cercavo donde provenisse il male, e non trovavo spiegazione (S. Aug. Confess. VII, 5, 7, 11, etc.; PL, 32, 736, 739).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che in questi santi misteri
ci hai nutriti col corpo e sangue del tuo Figlio,
fa’ che ci rallegriamo sempre del tuo dono,
sorgente inesauribile di vita nuova
Per Cristo nostro Signore.