25 Gennaio 2020

CONVERSIONE DI S. PAOLO APOSTOLO - FESTA 

At 22,3-16 oppure At 9,1-22; Sal 116 (117); Mc 16,15-18

Dal Martirologio: Festa della Conversione di san Paolo Apostolo, al quale, mentre percorreva la via di Damasco spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, Gesù in persona si manifestò glorioso lungo la strada affinché, colmo di Spirito Santo, annunciasse il Vangelo della salvezza alle genti, patendo molto per il nome di Cristo. 

Colletta: O Dio, che hai illuminato tutte le genti con la parola dell’apostolo Paolo, concedi anche a noi, che oggi ricordiamo la sua conversione, di essere testimoni della tua verità e di camminare sempre nella via del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Il Risorto invia la Chiesa nel mondo perché si apra alla luce del Vangelo. Essa è munita di potere e doni straordinari, scaccerà nel suo nome i démoni, parlerà lingue nuove, saranno invincibili contro ogni avversità, guariranno i malati. La missione della Chiesa è quella di spalancare le porte del regno a tutti gli uomini battezzandoli nel nome della santissima Trinità: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”.

Dal Vangelo secondo Marco 16,15-18: In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici]  Benedetto Prete (I Quattro Vangeli) versetto 15 E disse loro; l’autore non segnala un cambiamento di scena tra il versetto 14 e il versetto 15; ciò tuttavia non implica che le parole di Cristo riferite nel presente versetto siano state dette durante quella apparizione, poiché, dal raffronto con gli altri vangeli, risulta che esse furono pronunziate in un’apparizione posteriore. Tra il versetto 14 ed il versetto 15 vi è quindi una distanza cronologica. L’apparizione ricordata al versetto 14 corrisponde alla prima manifestazione pubblica di Gesù risorto ed ebbe luogo alla sera stessa della risurrezione (cf. Gio., 20,19). Questo modo di presentare i fatti non deve stupire il lettore moderno, perché la sezione conclusiva del vangelo di Marco è una compilazione di avvenimenti importanti, ricordati senza indicazioni di date né di luoghi. Andate in tutto il mondo ed annunziate il vangelo; secondo Matteo l’ordine di predicare il vangelo fu dato da Gesù in una montagna della Galilea, dove si erano raccolti gli Undici dopo la risurrezione del Maestro (cf. Mt., 28,16-20). A tutta la creazione: espressione paolina (cf. Romani, 8,22; Colossesi, 1,23) che designa tutto il mondo. Gli apostoli ricevono l’ordine di portarsi in tutto il mondo e di predicare a tutti gli uomini il vangelo che è messaggio di salvezza. «Tutto il mondo» e «tutta la creazione» sono espressioni che accentuano con un’enfasi particolare il carattere universale della missione affidata da Cristo agli apostoli, continuatori della sua opera.
versetto 16 Chi avrà creduto... si salverà; sentenza lapidaria con la quale ogni uomo è posto davanti alle proprie responsabilità religiose. Si noti le due condizioni richieste per la salvezza: credere e ricevere il battesimo; non basta quindi un’adesione interna al messaggio evangelico, ma è necessario ricevere il segno esterno del battesimo, che rappresenta il primo atto di accettazione di tutto quello che il vangelo indica come mezzo salvifico. Il versetto mostra anche le due prospettive finali della vita: la salvezza eterna da una parte e la condanna eterna dall’altra. Anche se l’aggettivo «eterno» non è espresso esplicitamente in questa solenne dichiarazione, esso tuttavia è richiesto dal contesto, poiché nella dichiarazione di Cristo è accentuato il contrasto tra la salvezza, che è di natura sua definitiva, e la condanna opposta, la quale deve avere lo stesso carattere di perennità (cf. Gio., 3,18). Inoltre il detto del Salvatore non considera l’aspetto transitorio della vita umana, bensì quello definitivo e supremo, il quale, una volta raggiunto, rimane necessariamente immutabile, poiché s’identifica con il fine ultimo dell’esistenza. Nel versetto si parla degli adulti ai quali soltanto può essere richiesto un atto di volontà per l’adesione alla fede e l’accettazione del battesimo.
versetti 17-18 Le promesse contenute in questi due versetti vanno riferite ai credenti considerati come società (Chiesa), non già come individui; non bisogna quindi concludere da queste parole che ogni credente compirà i miracoli elencati nel passo evangelico. Nel mio nome scacceranno demoni; il secondo vangelo ha messo in particolare rilievo l’espulsione dei demoni (cf. Mc., 3,14-15; 6,7,13). «Nel mio nome», cioè: con la potenza di Cristo. Il potere di espellere gli spiriti maligni costituisce una prova tangibile dell’avanzamento e della diffusione del regno di Dio. Parleranno nuove lingue, cioè lingue sconosciute o a quelli che le parlano o a coloro che le ascoltano. Questa promessa comprende tanto la glossolalia, carisma che pone l’individuo in uno stato estatico in cui egli pronunzia parole di preghiera, di lode, di ringraziamento a Dio, non comprensibili a tutti gli uditori, ma soltanto ad alcuni, quanto l’uso di lingue straniere non apprese precedentemente (cf. Atti, 2,3-13; 10,46; 19,6: 1Corinti, 12,28; 14). Prenderanno (in mano) serpenti, cioè: non saranno offesi dai serpenti velenosi. Con questa espressione popolare e sintetica l’autore non intende dire che i credenti compiranno atti esibizionistici come può fare un illusionista o un incantatore, ma che essi non avranno nocumento da questi rettili pericolosi, incontrati eventualmente nelle loro peregrinazioni missionarie. Già Cristo, in altra circostanza, aveva promesso ai suoi discepoli il potere di camminare sopra i serpenti senza esserne danneggiati (cf. Lc., 10,19). Paolo, quando approdò a Malta, fu miracolosamente salvato dal morso di una vipera che gli si era attorcigliata alla mano mentre raccoglieva legna da ardere (cf. Atti, 28,3-6). Questo incidente rappresenta un caso di avveramento della promessa ricordata nel versetto. Se berranno qualche veleno mortalenon ne avranno danno; l’autore precisa ulteriormente la promessa già riferita. Papia, secondo la testimonianza di Eusebio, narrava che Iustus Barsabas non subì alcun danno dopo aver preso una bevanda velenosa; gli Acta lohannis ricordano che Giovanni, quando era a Patmos, bevette del veleno senza averne la più lieve conseguenza. Imporranno le mani ai malati; le guarigioni ottenute con l’imposizione delle mani ricordano il gesto miracoloso tracciato più volte da Cristo sugli infermi che gli venivano presentati (cf. Mc., 6,5). L’imposizione delle mani non designa quindi un atto rituale, ma semplicemente un gesto che imita quello compiuto da Gesù sui malati. In questa sezione finale sono elencati cinque generi di miracoli che l’autore chiama σημεῖα (segni) perché destinati a «indicare» l’origine divina del messaggio evangelico e a garantirne la verità; essi sono: scacciare i demoni, parlare lingue nuove, prendere i serpenti senza averne nocumento, bere veleni senza conseguenze letali, guarire gli infermi con l’imposizione delle mani. Ai primi tempi della Chiesa quando vi era maggiormente bisogno di scuotere il mondo pagano ed ebraico dallo scetticismo e dall’ostilità nei confronti della religione cristiana, queste manifestazioni soprannaturali erano più frequenti e numerose, come risulta dagli scritti neotestamentari. Tuttavia questa grandiosa promessa di Cristo non riguarda un determinato periodo, ma si estende a tutta la storia della Chiesa; in questa infatti non verranno mai meno i segni soprannaturali della sua divina origine, della sua divina missione e della sua santità.

Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato - J. Giblet e P. Grelot - Conversione e battesimo: Durante la sua vita Gesù aveva già mandato gli apostoli a predicare la conversione annunziando il vangelo del regno (Mc 6,12). Dopo la risurrezione rinnova loro questa missione: essi andranno a predicare in suo nome la penitenza a tutte le nazioni in vista della remissione dei peccati (Lc 24,47), perché i peccati saranno rimessi a coloro ai quali essi li rimetteranno (Gv 20,23). Gli Atti e le Lettere fanno assistere all’esecuzione di quest’ordine. Ma la conversione assume tuttavia un aspetto diverso a seconda che si tratti di Gíudei o di pagani.
l. Ai Giudei si richiede anzitutto la conversione morale a cui già li chiamava Gesù. A questo ravvedimento (metànoia) Dio risponderà accordando il perdono dei peccati (Atti 2,38; 3,19; 5,3l); suo suggello sarà il ricevere il battesimo ed il dono dello Spirito Santo (Atti 2,38). Tuttavia, assieme ad un cambiamento morale, la conversione deve anche includere un atto positivo di  fede in Cristo: i Giudei si rivolgeranno (epistrèfein) verso il Signore (Atti 3,19; 9,35). Ora, secondo l’esperienza che ne fa Paolo, una simile adesione a Cristo è la cosa più difficile da ottenere. I Giudei hanno un velo sul cuore. Se si convertissero, il velo cadrebbe (2Cor 3,16). Ma, secondo il testo di Isaia (6,9s), il loro indurimento li lega all’incredulità (Atti 28,24-27). Peccatori quanto i pagani, minacciati al pari di essi dall’ira divina, non comprendono che Dio dimostra pazienza per spingerli al pentimento (Rom 2, 4). Soltanto un resto risponde alla predicazione apostolica (Rom 11,1-5).
2. Il vangelo trova un’accoglienza migliore presso le nazioni pagane. Fin dal battesimo del centurione Cornelio, i Cristiani di origine giudaica constatano con stupore che «il ravvedimento che porta alla vita è offerto ai pagani come ad essi» (Atti 11,18; cfr. 17,30). Di fatto esso è annunziato con successo ad Antiochia ed altrove (Atti 11,21; 15,3.19); appunto questo è l’oggetto speciale della missione di Paolo (Atti 26,18.20). Ma contemporaneamente al ravvedimento morale (metànoia), la conversione esige in questo caso il distacco dagli idoli per rivolgersi (epistrèfein) al Dio vivente (Atti 14,15; 2618; 1Tess 1,9), secondo un tipo di conversione che già il Deutero-Isaia aveva di mira. Compiuto questo primo passo, i pagani al pari dei Giudei sono portati a «rivolgersi a Cristo, pastore e guardiano delle loro anime» (1Piet 2,25).

La conversione di san Paolo - Papa Francesco (Omelia 25 Gennaio 2017): L’incontro con Gesù sulla strada verso Damasco trasforma radicalmente la vita di Paolo. Da quel momento in poi, per lui il significato dell’esistenza non sta più nell’affidarsi alle proprie forze per osservare scrupolosamente la Legge, ma nell’aderire con tutto sé stesso all’amore gratuito e immeritato di Dio, a Gesù Cristo crocifisso e risorto. Così egli conosce l’irrompere di una nuova vita, la vita secondo lo Spirito, nella quale, per la potenza del Signore Risorto, sperimenta perdono, confidenza e conforto. E Paolo non può tenere per sé questa novità: è spinto dalla grazia a proclamare la lieta notizia dell’amore e della riconciliazione che Dio offre pienamente in Cristo all’umanità.
Per l’Apostolo delle genti la riconciliazione dell’uomo con Dio, di cui egli è divenuto ambasciatore (cfr 2 Cor 5,20), è un dono che viene da Cristo. Ciò appare con chiarezza nel testo della Seconda Lettera ai Corinzi, [...] “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr 2 Cor 5,14-20). “L’amore di Cristo”: non si tratta del nostro amore per Cristo, ma dell’amore che Cristo ha per noi. Allo stesso modo, la riconciliazione verso cui siamo spinti non è semplicemente nostra iniziativa: è in primo luogo la riconciliazione che Dio ci offre in Cristo. Prima di essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le loro divisioni, è un dono gratuito di Dio. Come effetto di questo dono la persona, perdonata e amata, è chiamata a sua volta a proclamare il vangelo della riconciliazione in parole e opere, a vivere e testimoniare un’esistenza riconciliata.
In questa prospettiva, possiamo oggi chiederci: come proclamare questo vangelo di riconciliazione dopo secoli di divisioni? È lo stesso Paolo ad aiutarci a trovare la via. Egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può avvenire senza sacrificio. Gesù ha dato la sua vita, morendo per tutti. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono chiamati, nel suo nome, a dare la vita, a non vivere più per sé stessi, ma per Colui che è morto e risorto per loro (cfr 2Cor 5,14-15). Come Gesù insegna, è solo quando perdiamo la vita per amore suo che la guadagniamo davvero (cfr Lc 9,24). È la rivoluzione che Paolo ha vissuto, ma è la rivoluzione cristiana di sempre: non vivere più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma ad immagine di Cristo, per Lui e secondo Lui, col suo amore e nel suo amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Il sacramento che abbiamo ricevuto, Signore Dio nostro,
comunichi anche a noi l’ardore di carità dell’apostolo Paolo,
che portava nel suo cuore la sollecitudine per tutte le Chiese.
Per Cristo nostro Signore.