23 Gennaio 2020

Giovedì Seconda Settimana del Tempo Ordinario

1Sam 18,6-9; 19,1-7; Sal 55 (56); Mc 3,7-12

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Gesù è letteralmente assediato dalla folla, molti erano tormentati da Satana e quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Questo chiarimento “è ancora più pittoresco. Presenta un quadro tutto vivo della gente che cade addosso a Gesù nella smania di toccarlo. «Ne aveva guariti molti» richiama 1,34a. Né qui né là ( neppure in 10,45) con «molti» Marco vuol dire «alcuni ma non tutti»: ed è quindi inutile speculare sul cambiamento di Matteo, che invece di «molti» scrive «tutti» (12,15 Cfr. Lc. 6,19). Tuttavia, la sobrietà della descrizione di Marco non è meno degna di nota della sua vivacità. «Si gettavano addosso per toccarlo». Mentre in 1,41 leggevamo il gesto di toccare da parte di Gesù, qui vediamo l’ansia di toccarlo nei malati (cfr. 5,27ss; 6,56). Luca spiega che un’energia (dunamis) usciva da lui e che egli guariva tutti. Marco riporta la stessa idea in 5,30. I malati sono descritti come «coloro che avevano qualche male». Letteralmente mastix = «flagello», «piaga» (5,29.34; Lc. 7,21; Atti 22,24; Ebr. 11,36). Qui, come nel greco classico, il termine è detto di malattia considerata come castigo divino” (Vincent Taylor, Marco).
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. Una imposizione tesa a evitare fraintendimenti sulla missione di Gesù.
Gesù è veramente il Figlio di Dio, come l’aveva rivelato il Padre quando lui, l’amato Unigenito, si era immerso nelle acque del Giordano per ricevere il battesimo da Giovanni, ma il riconoscimento della sua vera identità da parte dei credenti non può appoggiarsi su rivelazioni spettacolari, ma unicamente sui gesti e sulle parole di Gesù che impegnano a seguirlo fino all’ultima manifestazione, la morte e la resurrezione. Gesù è il medico divino, Egli sana i corpi e le anime, ma è sopra tutto la Via che conduce al Regno, porto sospirato dei credenti. Ora, nella pienezza del tempo, l’uomo può riprendere a percorre la via che conduce all’albero della vita (cfr. Gen 3,24).

Dal Vangelo secondo Marco 3,7-12: In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
  
Infatti aveva guarito molti - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Durante la vita pubblica del Signore più volte la gente gli si accalcava intorno per essere guarita (cfr Lc 6,19; 8,45; e altri luoghi). Come in occasione di molte guarigioni, san Marco recepisce con vivezza quanto Gesù compiva a beneficio degli ammalati (cfr Mc 1,31.41; 7,31-37; 8,22-26; Gv 9,1-7.11.15). Il Signore, operando queste guarigioni, dimostra che è al tempo stesso Dio e uomo: guarisce in virtù del suo potere divino, servendosi della propria natura umana. Infatti, solo nel Verbo di Dio fatto carne si compì l’opera della nostra redenzione, e lo strumento della nostra salvezza fu l’umanità di Gesù - corpo e anima - nell’unità della Persona del Verbo (cfr Sacrosanctum Concilium, n.5).
Al pari degli antichi Giudei anche i cristiani d’ogni tempo si affollano intorno a Gesù, perché l’umanità santissima del Signore è l’unica via per la nostra salvezza e lo strumento insostituibile per unirei a Dio. Così, dunque, noi oggi possiamo avvicinarci al Signore per mezzo dei sacramenti, in modo peculiare ed eminente con l’Eucaristia. Mediante i sacramenti anche verso di noi fluisce, scaturendo da Dio attraverso l’umanità del Verbo, una virtù che guarisce tutti coloro che li ricevono con fede (cfr Summa theologiae, III, q. 62, a. 5).

Gesù dinanzi alla malattia - J. Corbon e J. Guillet: 1. Durante il suo ministero, Gesù trova ammalati sulla sua strada. Senza interpretare la malattia in una prospettiva di retribuzione troppo stretta (cfr. Gv 9,2 s), egli vede in essa un male di cui soffrono gli uomini, una conseguenza del peccato, un segno del potere di Satana sugli uomini (Lc 13,16). Ne prova pietà (Mt 20,34), e questa pietà guida la sua azione. Senza soffermarsi a distinguere ciò che è malattia naturale da ciò che è possessione diabolica, «egli scaccia gli spiriti e guarisce coloro che sono ammalati» (Mt 8,16 par.). Le due cose vanno di pari passo.
Manifestano entrambe la sua potenza (cfr. Lc 6,19) ed hanno infine lo stesso senso: significano il trionfo di Gesù su Satana e la instaurazione del regno di Dio in terra, conformemente alle Scritture (cfr. Mt 11,5 par.).
Non già che la malattia debba ormai sparire dal mondo, ma la forza divina che infine la vincerà è fin d’ora in azione quaggiù. Perciò, dinanzi a tutti gli ammalati che gli esprimono la loro fiducia (Mc 1,40; Mt 8,2-6 par.), Gesù non manifesta che una esigenza: credere, perché tutto è possibile alla fede (Mt 9,28; Mc 5,36 par.; 9,23). La loro fede in lui implica la fede nel regno di Dio, ed è questa fede a salvarli (Mt 9,22 par.; 15,28; Mc 10,52 par.).
2. I miracoli di guarigione sono quindi in qualche misura un’anticipazione dello stato di perfezione che l’umanità ritroverà infine nel regno di Dio, conformemente alle profezie. Ma hanno pure un significato simbolico relativo al tempo attuale. La malattia è un simbolo della stato in cui si trova l’uomo peccatore: spiritualmente, egli è cieco, sordo, paralitico... Quindi la guarigione del malato è anche un simbolo: rappresenta la guarigione spirituale che Gesù viene ad operare negli uomini. Egli rimette i peccati del paralitico e, per dimostrare che ne ha il potere, lo guarisce (Mc 2,1-12 par.). Questa portata dei miracoli-segni è messa in rilievo soprattutto nel quarto vangelo: la guarigione del paralitico di Bezatha significa l’opera di vivificazione compiuta da Gesù (Gv 5, 1-9.19-26), e quella del cieco nato fa vedere in lui la luce del mondo (Gv 9). I gesti che Gesù compie sugli ammalati preludono cosi ai sacramenti cristiani. Egli infatti è venuto quaggiù come il medico dei peccatori (Mc 2,17 par.), un medico che, per togliere le infermità e le malattie, le prende su di sé (Mt 8,17 = Is 53,4). Tale sarà di fatto il senso della sua passione: Gesù parteciperà alla condizione dell’umanità sofferente per poter trionfare infine dei suoi mali.

Satana - Erich Zeger: Originariamente si chiama così in ebraico colui che si comporta in maniera avversa e ostile. In questo senso il termine si trova soprattutto nella storia di Davide e di Salomone riferita all’avversario in un processo (Sal 106,9) e forse come termine tecnico per accusatore (pubblica accusa). In Zc 3,lss e Gb 1-2. Satana è membro della corte celeste di JHWH. Si interpreta qui Satana semplicemente come pubblico accusatore il quale, secondo il modello delle corti reali dell’oriente antico, presenta a JHWH la colpa degli uomini. Non sembra sostenibile l’interpretazione per cui il ruolo di Satana sarebbe da desumere dalla concezione babilonese secondo la quale ogni uomo oltre al proprio dio protettore avrebbe anche un demone che si oppone a questo dio o all’uomo stesso. La comprensione migliore del termine è forse quella che si riferisce alla designazione dell’essenza: Satana è l’essere celeste di sentimenti ostili e avversi agli uomini. In questo modo, due teologoumena, che in un primo momento venivano collegati con JHWH stesso, vengono estrapolati da esso e sotto l’influenza della religione persiana subiscono un po’ alla volta una personificazione. Lo “spirito cattivo di JHWH” che in 1Re 22,19-22 diventa spirito menzognero nei profeti, in Gb 1-2 diventa già una figura che si differenzia da JHWH. L’ira di Dio che in 2Sam 24,1 induce Davide a peccare, in 1Cr 21,1 diventa Satana (qui già nome proprio!). Con ciò è avviato quello sviluppo che porterà alla concezione tardogiudaica di Satana come nemico dell’uomo e soprattutto come antagonista di Dio con la quale si confronta il Nuovo Testamento.

Satana l’avversario di Cristo - S. Lyonnet: Fin da questo primo episodio della sua storia, l’umanità vinta intravvede tuttavia che un giorno trionferà del suo avversario (Gen 3, 15). La vittoria dell’uomo su Satana, tale è di fatto lo scopo stesso della missione di Cristo, venuto «a ridurre alla impotenza colui che aveva il potere della morte, il diavolo» (Ebr 2,14), «a distruggere le sue opere» (1 Gv 3,8), in altre parole; a sostituire il regno del Padre suo a quello di Satana (1Cor 15,24-28; Col 1,13s). I vangeli presentano quindi la sua vita pubblica come una lotta contro Satana. Essa incomincia con l’episodio della tentazione in cui, per la prima volta dopo la scena del paradiso, un uomo, rappresentante l’umanità, «figlio di Adamo» (Lc 3,38), viene a trovarsi faccia a faccia con il diavolo. Si inasprisce con le liberazioni degli indemoniati, prova che «il regno di Dio è giunto» (Mc 3,22 ss par.) e che quello di Satana ha avuto termine (cfr. Lc 10,17-20), nonché con le guarigioni di semplici malati (cfr. Atti 10,38). Continua pure, più dissimulata, nello scontro che oppone Cristo ai Giudei increduli, a questi veri «figli del diavolo» (Gv 8,44; cfr. Mt 13,38), a questa «razza di vipere» (Mt 3,7ss; 12,34; 23,33). Raggiunge il suo parossismo nell’ora della passione. Coscientemente Luca la collega alla tentazione (Lc 4,13; 22,53), e Giovanni non vi sottolinea la funzione di Satana (Gv 13,2.27; 14,30; cfr. Lc 22,3.31) se non per proclamarne la sconfitta finale. Satana sembra condurre il gioco; ma in realtà «non ha su Cristo alcun potere»: tutto è opera dell’amore e dell’obbedienza del Figlio (Gv 14,30). Nel momento preciso in cui si crede certo della vittoria, il «principe di questo mondo» è «gettato fuori» (Gv 12,31; cfr. 16,11; Apoc 12,9-13); il dominio del mondo, che una volta egli aveva osato offrire a Gesù (Lc 4,6), appartiene ormai al Cristo morto e glorificato (Mt 28, 18; cfr. Fil 2,9).

Il peccato - Gaudium et spes n. 13: Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l’uomo però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di lui.
Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini « non gli hanno reso l’onore dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente »... e preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore .
Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza.
Infatti l’uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l’armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione. Così l’uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l’uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare l’uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell’intimo e scacciando fuori «il principe di questo mondo» (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato.
Il peccato è, del resto, una diminuzione per l’uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la sublime vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli uomini fanno l’esperienza.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Il peccato è, del resto, una diminuzione per l’uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza” (Gaudium et spes n. 13).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore,
perché nutriti con l’unico pane di vita
formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Per Cristo nostro Signore.