22 Gennaio 2020

Mercoledì Seconda Settimana del Tempo Ordinario

1 Sam 17, 32-33. 37. 40-51; Sal 143 (144); Mc 3,1-6

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Ancora uno scontro con i farisei, e questa volta non più su questioni dottrinali, ma su qualcosa ancora più grave perché andava ad intaccare la dignità dell’uomo, infatti, l’oggetto della controversia la troviamo nelle parole di Gesù: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?” L’uomo non può essere ridotto ad un oggetto, e la sua vita non può dipendere da squilibrati sofismi o da capricciose interpretazioni della legge. Alla domanda di Gesù i farisei non sanno cosa rispondere, il loro cuore è inquinato dall’ira, e l’odio ha ottenebrato la loro mente. Non si arrendono nemmeno dinanzi all’evidenza e rifiutando l’evidenza rifiutano la Verità, rigettano Colui che è la Verità, e allo stesso tempo si smarriscono nei loro tortuosi pensieri: i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Rifiutare Gesù è rifiuto della Verità, è sprofondare nella bestemmia contro lo Spirito Santo perché tutta la verità, pronunciata da chicchessia, viene dallo Spirito Santo (San Tommaso d’Aquino). E a questo proposito, Gesù ha solennemente detto: Qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata (Mt 12,31; cfr. 1Gv 5,16).

Dal Vangelo secondo Marco 3,1-6: In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere - Vincent Taylor (Marco): versetto 2. Paratèreo: «spiare», «osservare scrupolosamente». In questo senso è più frequente il medio (Lc. 6,7), ma è pure usato l’attivo (Lc. 20,20). L’imperfetto non va inteso come impersonale (cfr. Lagrange, 57). Il senso non è che Gesù veniva spiato dalla gente in generale, ma dai suoi nemici. Così la pensa Luca, e per questo aggiunge «gli scribi e i farisei» (6, 7). In Marco e Matteo la loro identità viene lasciata indovinare, e appare chiara soltanto al v. 6. L’interrogativo indiretto («se lo guariva») è usato correttamente. Matteo lo sostituisce con la forma diretta («È permesso guarire di sabato?» 12,10); ma in questo modo elimina l’allusione sottintesa nella storia marciana: Gesù conosce i pensieri dei suoi nemici. Ciò che Marco lascia intendere, Luca lo dice espressamente: «Gesù era a conoscenza dei loro pensieri» (6, 8). Il principio ammesso dai rabbini era che si poteva aiutare un malato di sabato quando la sua vita era in pericolo. Quindi la presenza dell’uomo dalla mano inaridita presentava un test da cui vedere se Gesù intendesse osservare la regola rabbinica.
versetto 3. In questo verso viene affrontata la sfida silenziosa; perciò l’uomo viene chiamato allo scoperto. Nell’espressione «mettiti nel mezzo» la formula è pregnante: «sorgi e vieni nel mezzo» (egeire eis to meson). Luca completa il senso inserendo «alzati» e aggiungendo «alzatosi si mise» (6,8). Matteo omette questo versetto perché, dopo la domanda diretta in 12,10, viene un detto di Gesù attinto a Q o a qualche altra raccolta, e che ha il parallelo in Lc. 14,5. Egli trasforma poi la domanda di Gesù in un’affermazione: «Perciò è permesso fare del bene anche di sabato»; e, tralasciando il particolare descrittivo di Mc. 3,5a, riporta quasi alla lettera il racconto della guarigione narrata in 5b. Così in Matteo la narrazione assume la forma di un apoftegma, mentre in Marco e in Luca azione e parole mettono in opera una sfida silenziosa. Luca riporta la storia marciana con maggiore precisione, tralasciando alcuni dei particolari di Marco (cfr. 3,4) e illustrandone altri.

È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla? - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 4 - Gesù, conoscendo il rigorismo dei Farisei sull’osservanza del sabato, vuol dimostrare in modo pratico ed accessibile a tutti i presenti come un’interpretazione servile della legge sia contraria al precetto dell’amore del prossimo. Agli avversari egli propone un caso di coscienza in questi termini: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male? Salvare una vita o lasciarla morire? Il dilemma proposto da Gesù in quella circostanza aveva il senso seguente: è permesso in giorno di sabato compiere un’azione buona pur contravvenendo alla lettera della legge sul rispetto del sabato, oppure bisogna lasciar correre il male astenendosi dal compiere un’azione buona e richiesta dal bisogno per osservare la formulazione verbale del precetto? Il dilemma era imbarazzante; i Farisei infatti ammettevano che in giorno di sabato si potevano compiere azioni buone e si poteva soccorrere chi era in pericolo di vita; Gesù tuttavia fa loro capire che l’interpretazione del riposo sabatico era troppo ristretta e soggettiva. Per quale motivo essi limitavano il compimento delle azioni buone soltanto nel caso che il pericolo di morte lo avesse richiesto? Se in giorno di sabato si può strappare dalla morte un infelice, perché mai non si può guarirlo? Ma quelli tacevano; i Farisei erano troppo superbi per dichiararsi vinti; essi inoltre non vollero nemmeno giustificarsi davanti a Gesù, poiché, in questo caso, sarebbero passati dalla parte di accusatori a quella di accusati che devono discolparsi. Preferirono quindi tacere.
versetto 5 Marco soltanto c’informa sulla reazione psicologica che ebbe Gesù davanti all’indurimento dei Farisei (con indignazionecontristato). La descrizione viva dell’evangelista, dovuta al suo informatore, Pietro, testimone dei fatti, ci rivela la perfezione della natura umana di Gesù. Lo sdegno di Gesù è quello di una persona nobile che disapprova l’ostinazione cieca ed irragionevole di quelle persone prevenute e settarie che non vogliono arrendersi all’evidenza delle cose e della verità. Per l’indurimento; il greco è molto più espressivo, dice infatti: per l’impietrimento, per la callosità (πώρωσις); la Volgata è inesatta, oppure suppone un’altra lettura, poiché ha: super caecitate. Stendi la mano; la malattia o l’infortunio aveva rattrappito le dita della mano (cf. versetto 1).

... rattristato per la durezza dei loro cuori - J. De Fraine e N. Vanhoye - Il cuore dell’uomo - 1. Cuore ed apparenza. - Nei rapporti tra persone è chiaro che ciò che conta è l’atteggiamento interno. Ma il cuore è sottratto agli sguardi. Normalmente l’esterno dell’uomo deve manifestare ciò che egli ha in cuore. Si conosce così il cuore indirettamente, da ciò che ne esprime il volto (Eccli 13,25), da ciò che ne dicono le labbra (Prov 16, 23), da ciò che ne attestano gli atti (Lc 6,44s). Tuttavia, invece di manifestare il cuore, parole e comportamenti possono anche dissimularlo (Prov 26,23-26; Eccli 12,16): l’uomo ha la terribile possibilità della doppiezza. Per ciò stesso anche il suo cuore è doppio, perché è il cuore che comanda una determinata espressione in superficie, pur attenendosi internamente a disposizioni ben diverse. Questa doppiezza è un male profondo che la Bibbia denuncia con forza (Eccli 27,24; Sal 28,3s).
2. Dio ed il cuore. - Alle prese con la chiamata di Dio, l’uomo cerca anche qui di salvarsi con la doppiezza. «Dio è un fuoco divoratore» (Deut 4,24): come far fronte alle sue esigenze troppo radicali? Lo stesso popolo eletto non cessa di ricorrere a sotterfugi. Per dispensarsi dalla conversione autentica, cerca di accontentare Dio con un culto esteriore (Am 5,21 ...) e con belle parole (Sal 78,36s).
Soluzione illusoria: non si può ingannare Dio come si inganna l’uomo; «l’uomo guarda all’apparenza, ma Dio guarda al cuore» (1Sam 16,7). Dio «scruta il cuore e prova i reni» (Ger 17,10; Eccli 42,18) e smaschera la menzogna constatando: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» (Is 29,13). Dinanzi a Dio l’uomo si sente così chiamato in causa nel più profondo dell’io (Ebr 4,12s). Entrare in relazione con Dio significa «arrischiare il proprio cuore» (Ger 30,21).
3. Bisogno di un nuovo cuore. - Israele ha sempre più compreso che una religione esteriore non può bastare. Per trovare Dio occorre «cercarlo con tutto il cuore» (Deut 4,29). Israele ha compreso che deve, una volta per sempre, «fissare il suo cuore in Jahve» (1Sam 7,3) ed «amare Dio con tutto il suo cuore» (Deus 6,5), vivendo in una profonda docilità alla sua legge. Ma tutta la sua storia attesta la sua sostanziale impotenza a realizzare un simile ideale. E questo perché il male giunge fino al suo cuore. «Questo popolo possiede un cuore traviato e indocile» (Ger 5,23), «un cuore incirconciso» (Lev 26,41), «un cuore diviso» (Os 10,2). Invece di mettere la loro fede in Dio «essi hanno seguito l’inclinazione del loro cuore malvagio» (Ger 7,24; 18,12), cosicché calamità senza fine si sono abbattute su di essi. Non rimane più loro che «lacerare il loro cuore» (Gioe 2,13) e presentarsi dinanzi a Dio con un «cuore contrito, umiliato» (Sal 51,19), pregando il Signore di «creare loro un cuore mondo» (Sal 51,12)

Dominum et vivificantem 47: L’azione dello Spirito di verità, che tende al salvifico «convincere quanto al peccato», incontra nell’uomo che si trova in tale condizione una resistenza interiore, quasi un’impermeabilità della coscienza, uno stato d’animo che si direbbe consolidato in ragione di una libera scelta: è ciò che la Sacra Scrittura di solito chiama «durezza di cuore». Nella nostra epoca a questo atteggiamento di mente e di cuore corrisponde forse la perdita del senso del peccato, alla quale dedica molte pagine l’Esortazione Apostolica Reconciliatio et paenitentia. Già il Papa Pio XII aveva affermato che «il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato», e tale perdita va di pari passo con la «perdita del senso di Dio». Nell’Esortazione citata leggiamo: «In realtà, Dio è la radice e il fine supremo dell’uomo, e questi porta in sé un germe divino. Perciò, è la realtà di Dio che svela e illumina il mistero dell’uomo. È vano, quindi, sperare che prenda consistenza un senso del peccato nei confronti dell’uomo e dei valori umani, se manca il senso dell’offesa commessa contro Dio, cioè il senso vero del peccato». La Chiesa, perciò, non cessa di implorare da Dio la grazia che non venga meno la rettitudine nelle coscienze umane, che non si attenui la loro sana sensibilità dinanzi al bene e al male. Questa rettitudine e sensibilità sono profondamente legate all’intima azione dello Spirito di verità. In questa luce acquistano particolare eloquenza le esortazioni dell’Apostolo: «Non spegnete lo Spirito». «Non vogliate rattristare lo Spirito Santo». Soprattutto, però, la Chiesa non cessa di implorare con sommo fervore che non aumenti nel mondo quel peccato chiamato dal Vangelo «bestemmia contro lo Spirito Santo»; che esso, anzi, retroceda nelle anime degli uomini - e per riflesso negli stessi ambienti e nelle varie forme della società -, cedendo il posto all’apertura delle coscienze, necessaria per l’azione salvifica dello Spirito Santo. La Chiesa implora che il pericoloso peccato contro lo Spirito lasci il posto ad una santa disponibilità ad accettare la sua missione di consolatore, quando egli viene per «convincere il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** «Il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato» (Pio XII).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore,
perché nutriti con l’unico pane di vita
formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Per Cristo nostro Signore.