21 Gennaio 2020

Martedì Seconda Settimana del Tempo Ordinario

1Sam 16,1-13a; Sal 88 (89); Mc 2,23-28

 Sant’Agnese Martire - Memoria

Dal Martirologio: Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature miti e deboli per confondere le potenze del mondo, concedi a noi, che celebriamo la nascita al cielo di sant’Agnese vergine e martire, di imitare la sua eroica costanza nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo... 

La polemica sulle spighe strappate si trova anche in Mt 12,1-8 e Lc 6,1-5. Matteo e Luca rilevano che i discepoli raccoglievano le spighe perché avevano “fame”. Non si rimprovera “ai discepoli di cogliere le spighe, passando nei campi altrui [Dt 23,26 lo permetteva], ma di farlo nel giorno di sabato. I casisti vi vedevano un «lavoro» proibito dalla legge [Es 34,21]” (Bibbia di Gerusalemme). Gesù nel rispondere cerca di riportare nel giusto alveo la norma che regolava il sabato: il sabato era stato pensato per dare riposo all’uomo e non per angariarlo con imposizioni aberranti. Ma in fondo, fa notare Gesù, il sabato è violato dai sacerdoti perché non sopprime, ma piuttosto aggrava le attività dei ministri del culto, e nonostante questa palese violazione nessuno addebita loro la trasgressione. Da tutto il contesto si può evincere la futilità della polemica innescata dai farisei, l’ennesimo tentativo di trovare un capo d’accusa contro Gesù e i suoi discepoli.

Dal Vangelo secondo Marco 2,23-28: In quel tempo, di sabato Gesù passava tra i campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: “Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?”. Ed egli rispose loro: “Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!”. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l’uomo  e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”.

La legge del sabato - Karl Pauritsch: Antiche tradizioni testuali fanno ritenere che in Israele già in tempi antichissimi dopo sei giorni lavorativi si osservasse il settimo, il sabato, come giorno di riposo (jahwistico è Es 34,21; cf. nel codice dell’alleanza Es 23,12ss). Da dove provenga non è ancora chiaro. Manca ogni parallelismo coevo. La Bibbia lo fa risalire a Mosè e lo giustifica teologicamente o nel senso della settimana della creazione (Es 20,8ss: il settimo giorno, compiuta la creazione, Dio riposò), o richiamandosi alla permanenza in Egitto (Dt 5,12). In origine il sabato presenta soltanto un aspetto sociale, non teologico. Uomo (schiavo) e animale devono riposare. Dovevano essere lasciati reciprocamente liberi. In questo giorno anche il più umile doveva essere garantito nei confronti del suo prossimo. Soltanto un po’ alla volta il sabato si trasformò in festività caratterizzata dal sacrificio. Con l’esilio si compì definitivamente un cambiamento di significato e divenne il “giorno santificato a Dio”. Secondo Ezechiele e il documento sacerdotale, il sabato, come la circoncisione, divenne segno della professione di fede e dell’alleanza con Dio, segno caratteristico dell’appartenenza a JHWH. Soprattutto nel tempo tardogiudaico si introdussero molte prescrizioni (come il cammino di un sabato, divieto di accendere il fuoco e altro) per evitare una “profanazione” del sabato (Es 31,5). Gesù si contrappose a un’interpretazione gretta del sabato: il comandamento dell’amore ha la precedenza (Mc 2,27; 3,4; Lc 13,15s ecc.). Per la chiesa primitiva la domenica divenne ben presto riconosciuta come giorno del Signore (1Cor 16,2).

Gesù e il sabato - C. Spicq e P. Grelot: 1. Gesù non abroga esplicitamente la legge del sabato: in questo giorno egli frequenta la sinagoga e ne approfitta per annunciare il vangelo (Lc 4,16...). Ma trova a ridire al rigorismo formalistico dei dottori farisei: «Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato» (Mc 2, 27), ed il dovere della carità prevale sull’osservanza materiale del riposo (Mt 12,5; Lc 13,10-16; 14,1-5). Inoltre Gesù si attribuisce un potere sul sabato: il figlio dell’uomo ne è padrone (Mc 2, 28). È questo uno degli appunti che i dottori gli muovono (cfr. Gv 5,9...). Ma, facendo del bene nel giorno di sabato, non imita egli il Padre suo che, entrato nel suo riposo al termine della creazione, continua a governare il mondo ed a vivificare gli uomini (Gv 5,17)?
2. I discepoli di Gesù in un primo tempo hanno continuato ad osservare il sabato (Mt 28,1; Mc 15,42; 16,l; Gv 19,42). Anche dopo l’ascensione le riunioni sabbatiche servono ad annunziare il vangelo in ambiente ebraico (Atti 13, 14; 16, 13; 17, 2; 18, 4). Ma ben presto il primo giorno della settimana, giorno della risurrezione di Gesù, diventa il giorno di culto della Chiesa, in quanto giorno del Signore (Atti 20,7; Apoc 1,10). Vi si trasferiscono le pratiche che gli Ebrei collegavano volentieri al sabato, come l’elemosina (1Cor 16,2) e la lode divina. In questa nuova prospettiva l’antico sabato giudaico acquista un significato figurativo, come molte altre istituzioni del Vecchio Testamento. Con il loro riposo, gli uomini commemoravano in esso il riposo di Dio nel settimo giorno. Ora Gesù è entrato in questo riposo divino con la sua risurrezione, e noi abbiamo ricevuto la promessa di entrarvi dietro di lui (Ebr 4,1-11). Sarà questo il vero sabato, in cui gli uomini si riposeranno dalle loro fatiche, ad immagine di Dio che si riposa dalle sue opere (Ebr 4,10; Apoc 14,13). 

Non avete mai letto… - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Non avete mai letto che cosa fece David…?». Gesù risponde all’obiezione dei farisei con una controdomanda. Egli scagiona i discepoli rifacendosi all’esempio di David, che mangiò i pani della proposizione, cioè della presentazione, con i suoi compagni, trovandosi in necessità (1Sam 21,2-10). Si trattava dei dodici pani, posti come offerta su una tavola laminata d’oro, che venivano rinnovati ogni sabato e consumati solo dai sacerdoti in luogo sacro (Lv 24,5-9). Se David si arrogò il diritto di trasgredire un precetto in una situazione di necessità, tanto più lo poteva il «Figlio dell’uomo», che era più grande di lui. Viene qui a stabilirsi un confronto implicito tra David e Gesù, nel quale emerge la superiorità di quest’ultimo. Non è storicamente esatto il riferimento ad Abiatar, poiché allora il sommo sacerdote era Achimelech. Forse viene nominato suo figlio Abiatar perché più noto, in quanto, dopo lo sterminio della famiglia sacerdotale per mano di Saul, fu accolto da David ed esercitò la funzione di sommo sacerdote durante tutto il suo regno.

Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato - José Maria Gonzáles- Ruiz (Vangelo secondo Marco): Il sabato è una legge che, come tutte le leggi, deve essere destinata al bene dell’uomo. Per conseguenza, non vi dovrebbe essere una contraddizione fra la legge del sabato e una necessità primordiale dell’uomo, come è quella di togliersi la fame.
Gesù stabilisce il principio generale d’una cosa che è al centro del vangelo, cioè della liberazione dalla «alienazione legale». Siamo nuovamente di fronte a un importante tema paolino: Cristo è venuto a liberare l’uomo dalla tirannia della legge (Rm 3,20; 4,13; 6,14; 8,2; Gal 1, 4-5; ecc.).
La formulazione, proposta solo da Marco, è veramente bella: «Il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato». Però, la conclusione di Gesù, in apparenza, è incoerente: «Perciò, il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato». Ma il paradosso scompare quando scopriamo che, nel secondo vangelo, l’autorità del «Figlio dell’uomo» è un’autorità in funzione dell’uomo. Gesù, il Messia, il salvatore del mondo, il «Figlio dell’uomo» non viene a condannare l’uomo, ma a salvarlo da ogni alienazione e in primo luogo dalla alienazione legale. Questo è il punto centrale della «signoria» di Cristo.
I cristiani, riconoscendo Cristo come l’unico Signore, relativizzano tutto, compreso l’ordine legale, per quanto esso sia legittimo. È certo che questa necessità di relativismo è pericolosa, ma nello stesso vangelo ci è offerta la misura giusta: un cristiano relativizza l’ordine legale quando questo non è «in funzione dell’uomo». In questo caso, i cristiani ricordano che Cristo è «il signore del sabato», cioè che è superiore a ogni ordine legale, a ogni sistema stabilito, a ogni «establishment».
La fede cristiana porta in sé un pericoloso germe di ribellione che molti «signori di questo mondo» vogliono soffocare o, almeno, sotterrare sotto la valanga di belle e seducenti concessioni all’istituzione ecclesiale.

Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato - Giovanni Paolo II (Udienza Generale 29 Aprile 1987): Il titolo “Figlio dell’uomo” proviene dall’Antico Testamento dal Libro del profeta Daniele. Ecco il testo che descrive una visione notturna del profeta: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto”(Dn 7,13-14).
E quando il profeta chiede la spiegazione di questa visione, riceve la risposta seguente: “I santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per secoli e secoli ... allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo, saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo” (Dn 7,18.27). Il testo di Daniele riguarda una persona singola e il popolo. Notiamo subito che ciò che si riferisce alla persona del Figlio dell’uomo si ritrova nelle parole dell’angelo nell’annunciazione a Maria: “regnerà per sempre ... e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,33).
Quando Gesù chiama se stesso “Figlio dell’uomo” usa un’espressione proveniente dalla tradizione canonica dell’Antico Testamento e presente anche negli apocrifi giudaici. Occorre però notare che l’espressione “Figlio dell’uomo” (ben-adam) era diventata nell’aramaico dei tempi di Gesù un’espressione indicante semplicemente “uomo” (“bar-enas”). Gesù, perciò, chiamando se stesso “figlio dell’uomo”, riuscì quasi a nascondere dietro il velo del significato comune il significato messianico che la parola aveva nell’insegnamento profetico. Non a caso, tuttavia, se enunciazioni sul “Figlio dell’uomo” appaiono specialmente nel contesto della vita terrena e della passione di Cristo, non ne mancano anche in riferimento alla sua elevazione escatologica.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. 
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La comunione alla mensa del corpo e sangue del tuo Figlio
ci distolga, Signore, dalla seduzione delle cose che passano,
e sull’esempio di sant’Agnese ci aiuti a crescere nel tuo amore,
per godere in cielo la visione del tuo volto.
Per Cristo nostro Signore.