19 Gennaio 2020

Seconda Domenica del Tempo Ordinario
 
Is 49,3.5-6; Sal 39; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34

Colletta: O Padre, che in Cristo, agnello pasquale e luce delle genti, chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza, conferma in noi la grazia del battesimo con la forza del tuo Spirito, perché tutta la nostra vita proclami il lieto annunzio del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

I Lettura: Il servo è presentato come un profeta oggetto di una predestinazione divina e di una missione che supera quella degli altri profeti poiché egli stesso sarà reso «luce delle nazioni» (v. 5). Il vecchio Simeone stringendo tra le braccia il bambino Gesù presentato al tempio, si ispirerà proprio a questo passo per proclamare l’infante «luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,32). Infine, forte della forza di Dio, compirà un’opera di liberazione e di salvezza «fino all’estremità della terra» (v. 6).

Salmo Responsoriale: “Ciò che accade contro la nostra volontà, lo sapete, non accade se non per volontà di Dio, per sua provvidenza, per suo ordine, al suo cenno, per le sue leggi. Se poi non comprendiamo perché ciò avviene, abbandoniamolo alla sua provvidenza: non avviene senza motivo. Così non bestemmieremo...
Se per caso entri nell’officina di un fabbro, non osi certo biasimare la forgia, le incudini, i martelli. Supponi uno sciocco che non sappia a che servano: criticherà tutto. Se poi non ha pratica in quel lavoro, ma ha almeno senno umano, che dovrà dire? Non è senza motivo che le forge sono poste in questo punto: lo sa il fabbro, anche se io non lo so. Non osa certo criticare il fabbro nella sua fucina, e osa criticare Dio in questo mondo!” (Agostino, Esposizioni sui Salmi, 148,12).

Seconda lettura - Paolo, pur non facendo parte dei Dodici, ama presentarsi ai suoi lettori come apostolo, cioè inviato da Dio per testimoniare il Cristo crocifisso e risorto. Come gli Apostoli (Cf. At 10,41) ha visto il Cristo risorto (Cf. 1Cor 9,1) e ha ricevuto da lui la missione di essere suo testimone (Cf. At 26,16; Rom 1,5; Gal 1,16). Il saluto è rivolto alla Chiesa di Dio che è a Corinto e ai suoi membri santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo. Per comprendere questo ultimo richiamo alla santità bisogna ricordare che Paolo si decise di scrivere ai cristiani di Corinto  perché era venuto a conoscenza (Cf. 1,11) di situazioni moralmente incresciose verificatesi nella comunità. La Chiesa di Corinto è Chiesa insieme a tutti i fedeli sparsi su tutta la terra: comunione e universalità rese visibili dal loro comune amore verso il Cristo.

Vangelo - Il Battista è immagine del discepolo che progredisce nella fede e nella conoscenza del Cristo. Il Precursore non lo conosceva, poi vede in Gesù il Messia sofferente, colui che battezza in Spirito Santo e infine il Figlio di Dio: è il cammino di fede che tutti i credenti devono percorrere. Il titolo di “agnello di Dio” è «la prima confessione cristologica del vangelo e rimanda al Servo di JHWH di Isaia 53,6-7, figura del popolo d’Israele le cui sofferenze sono salvezza per “molti”. In questo modo l’evangelista lascia intravedere fin dall’inizio il destino di morte di Gesù [Cf. 19,30]» (LA BIBBIA, Via Verità e Vita).

Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34: In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Ecco l’agnello di Dio, applicando a Gesù il termine agnello, l’evangelista Giovanni offre al suo lettore diverse possibili interpretazioni. Le più comuni sono quelle che si rifanno all’agnello pasquale con cui è stato salvato il popolo d’Israele (Cf. Es 12,3) oppure all’Agnello apocalittico che distruggerà il male presente nel mondo (Cf. Ap 5,7; 17,14). Possono essere questi i riferimenti a cui il Precursore si è ispirato, ma poiché in aramaico per dire agnello si usa la parola talya, e la stessa parola designa anche il servo, al testo giovanneo possono essere date altre interpretazioni.
Giovanni Battista, può essersi ispirato al noto vaticinio presente nel quarto canto del servo del Signore: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello; come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7); oppure al servo sofferente preconizzato dal profeta Isaia: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4).
Ma forse, il Precursore, ha voluto unire intenzionalmente in una sola parola i due significati presentando in questo modo Gesù servo e agnello: un lavoro di sutura con il quale assomma la sofferenza vicaria del Figlio di Dio alla sua umile e mite obbedienza alla volontà del Padre, «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). Gesù è il servo-luce (Cf. Gv 3,19s; 12,46) che porterà «la salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6) e allo stesso tempo è l’Agnello-immolato (Cf. Gv 19,36; Ap 5,6), «colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).  In ogni caso, con questa “immagine”, o faccia riferimento al servo-luce delle nazioni o all’agnello-immolato per la salvezza del popolo, bene viene messa in evidenza la missione del Verbo di Dio: strade intrise di sangue, di pene e di dolori indicibili che si incroceranno, sul Golgota, con la Croce, il supplizio infamante degli schiavi.
Comunque, il riferimento all’Agnello apocalittico che toglie il peccato del mondo «corrisponderebbe meglio al modo di pensare del Battista, così come possiamo trovarlo nei Sinottici: egli annuncia la venuta di colui che “ha in mano il ventilabro” e “pulirà la sua aia... brucerà la pula” [Matteo 3,12]. Egli in questo modo coincide con la concezione apocalittica, espressa in molti testi dell’epoca, dell’Agnello regale che lotta contro le fiere e distrugge il mondo cattivo [vedi Apocalisse 14,10; 17,14]. Qui però l’immagine ebraica è stata capovolta dalla fede cristiana: nell’Apocalisse, il combattimento dell’Agnello è la sua morte e sulla bocca del Battista non sono più i peccatori che sono vinti, ma il peccato del mondo che è tolto dall’Agnello di Dio» (I Quattro Vangeli Commentati, ELLEDICI).
... colui che toglie il peccato del mondo! Il peccato «al singolare indica la situazione in cui si trovavano gli uomini e che l’agnello di Dio prende su di sé per togliere» (Giuseppe Segalla). Mondo nel Vangelo di Giovanni indica l’ambiente in cui l’uomo vive, oppure gli uomini che lo abitano e che Dio ama e salva in Gesù (Cf. Gv 3,16-17), oppure tutto quello che si oppone al Vangelo di Gesù e alla salvezza da lui offerta (Cf. Gv 17,1s).
Io non lo conoscevo, che Giovanni Battista non conoscesse Gesù fa pensare che il quarto vangelo ignori la tradizione sull’infanzia di Gesù (Cf. Lc 1,41). Ma probabilmente il significato è ben diverso: nessuno può da solo conoscere il mistero di Gesù. C’è bisogno della rivelazione del Padre. Il battesimo di Giovanni non è un battesimo di perdono dei peccati, ma di preparazione alla rivelazione di Gesù. Il verbo manifestare (rivelare) è proprio del quarto vangelo ed indica l’uscire di Gesù dalle tenebre per essere visto e conosciuto dagli uomini.
Nella testimonianza del Battista vi è ancora un’immagine: Ho contemplato lo Spirito Santo discendere come una colomba. La colomba, già presente in vari testi scritturali (come simbolo della nuova creazione nel libro della Genesi [8,8], come figura amorosa nel Cantico dei Cantici [2,14; 4,1; 5,2.12; 6,9] o della comunità d’Israele in Osea [11,11]), qui è il simbolo dello Spirito Santo che viene nel mondo rinnovandolo con il dono della pace, costituendolo nuovo Israele, la vera e unica Chiesa di Dio, e per unirlo come sposo, in mistiche nozze, al suo Creatore (Ap 21,2).
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Nell’annuncio del Precursore Figlio di Dio significa Messia, ma per i lettori cristiani esprime pure la sua Divinità come intende suggerire l’evangelista Giovanni (Cf. Gv 20,30-31). Quella di Giovanni Battista, è una professione di fede che dovrebbe risuonare nei cuori di tutti i credenti e «in tutto il mondo» (Mc 16,15) perché creda e si salvi.

Gesù di Nazareth, «elevato» nello Spirito Santo - Dominum et vivificantem 19: Anche se nella sua patria di Nazareth Gesù non è accolto come Messia, tuttavia, all’inizio dell’attività pubblica la sua missione messianica nello Spirito Santo viene rivelata al popolo da Giovanni Battista. Questi, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, annuncia presso il Giordano la venuta del Messia ed amministra il battesimo di penitenza. Egli dice: «Io vi battezzo con acqua, ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Giovanni Battista annuncia il Messia-Cristo non solo come colui che «viene» nello Spirito Santo, ma anche come colui che «porta» lo Spirito Santo, come rivelerà meglio Gesù nel Cenacolo. Giovanni è qui l’eco fedele delle parole di Isaia, le quali nell’antico Profeta riguardavano il futuro, mentre nel suo proprio insegnamento lungo le rive del Giordano costituiscono l’introduzione immediata alla nuova realtà messianica. Giovanni è non solo un profeta, ma anche un messaggero: è il precursore di Cristo. Ciò che egli annuncia si realizza davanti agli occhi di tutti. Gesù di Nazareth viene al Giordano per ricevere anch’egli il battesimo di penitenza. Alla vista di colui che arriva, Giovanni proclama: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo». Ciò dice per ispirazione dello Spirito Santo, rendendo testimonianza al compimento della profezia di Isaia. Al tempo stesso, egli confessa la fede nella missione redentrice di Gesù di Nazareth. Sulle labbra di Giovanni Battista «Agnello di Dio» è un’affermazione della verità intorno al Redentore, non meno significativa di quella usata da Isaia: «Servo del Signore». Così, con la testimonianza di Giovanni al Giordano, Gesù di Nazareth, rifiutato dai propri concittadini, viene elevato agli occhi di Israele come Messia, cioè «Unto» con lo Spirito Santo.

L’azione dello Spirito di Gesù in noi - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): La pericope sulla prima testimonianza del Battista presenta Gesù come l’unica persona che può battezzare con lo Spirito ossia può donare lo Spirito santo. Quindi lo Spirito di Dio che ogni credente possiede, è dono di Gesù. Ora, la ricca e profonda pneumatologia giovannea ha conseguenze importanti per la nostra vita di fede. La santificazione del discepolo di Gesù infatti dipende dall’azione vivificante dello Spirito di Dio (cf. Lumen gentium, 40). In realtà per il quarto evangelista noi dobbiamo lasciarci vivificare dallo Spirito ossia dobbiamo permettere allo Spirito di verità di far penetrare in noi la rivelazione di Gesù che è spirito e vita (Gv 6,60-65).
Il discepolo del Cristo deve lasciarsi ammaestrare dallo Spirito di Gesù (Gv 14,26); lo Spirito di verità deve essere il suo maestro interiore. Infine il credente deve lasciarsi guidare dallo Spirito santo verso la verità ossia dentro la rivelazione di Gesù (Gv 16,12-15) (cf. Dei Verbum, 20). Il popolo di Dio infatti ha accesso al Padre per mezzo del Figlio nell’effusione dello Spirito santo (cf. Unitatis redintegratio, 15). Lo Spirito di Dio gli svela il mistero del Cristo e lo guida continuamente:
«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di più genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti» (Gaudium et spes, 1).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore,
perché nutriti con l’unico pane di vita formiamo
un cuor solo e un’anima sola.
Per Cristo nostro Signore.