17 Gennaio 2020

Venerdì - Prima Settimana del Tempo Ordinario
 
1Sam 8,4-7.10-22a; Sal 88 (89); Mc 2,1-12 


S. Antonio Abate - Memoria

Dal Martirologio: Memoria di sant’Antonio, abate, che, rimasto orfano, facendo suoi i precetti evangelici distribuì tutti i suoi beni ai poveri e si ritirò nel deserto della Tebaide in Egitto, dove intraprese la vita ascetica; si adoperò pure per fortificare la Chiesa, sostenendo i confessori della fede durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, e appoggiò sant’Atanasio nella lotta contro gli ariani. Tanti furono i suoi discepoli da essere chiamato padre dei monaci.

  
Colletta: Ispira nella tua paterna bontà, o Signore, i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

La guarigione del paralitico è ricordata dall’evangelista Matteo (9,1-8), e dall’evangelista Luca (5,17-26).
Con il racconto della guarigione del paralitico, si apre la sezione dei contrasti con gli scribi e i farisei che si conclude con una aperta dichiarazione di ostilità da parte di quest’ultimi: «E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (Mc 3,6).
Nel brano marciano, gli scribi accusano Gesù di blasfemia in quanto “pretende” di possedere il potere di rimettere i peccati. Infatti, è scontato che soltanto Dio può rimettere i peccati, e su questo punto hanno ragione, ma avrebbero dovuto attendere la conclusione dell’episodio prima di giungere a un giudizio malevolo. Se è vero che soltanto Dio può rimettere i peccati e anche vero che un uomo non può guarire prodigiosamente un paralitico. Da qui gli scribi avrebbero dovuto tirare le giuste conseguenze.
Gesù dimostrando di conoscere “nel suo spirito” quello “che pensavano tra sé” e guarendo l’infermo dà prova che ha anche il potere di rimettere i peccati.
Ai tempi di Gesù spesso le malattie erano considerate come pena o come prova date da Dio. Inoltre, le malattie mostravano il male nel mondo perciò le guarigioni miracolose erano segno della salvezza e del regno di Dio che mettevano definitivamente fine al male. Gesù non ha voluto indicare il paralitico come peccatore, ma ha voluto sottolineare che il regno di Dio era giunto ed era in mezzo agli uomini.
Gesù, il missionario del Padre, alla folla stupita si rivela medico del corpo, ma sopra tutto salvatore dell’uomo nella sua totalità liberandolo dal peccato.

Dal Vangelo secondo Marco 2,1-12: Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

La dolcezza, la mitezza, la benevolenza e sopra tutto la misericordia usata da Gesù nei confronti del lebbroso (Cf. Mc 1,40-42), spingono gli improvvisati portantini ad essere invadenti oltre misura; una invadenza che è segno di fiducia nel potere del Cristo e che diventa per tutti i credenti un invito ad accogliere con prontezza la parola di salvezza, ad abbandonarsi all’amore misericordioso di Dio e a confidare in Lui. Il gesto un po’ prepotente di sfondare il tetto per calare il paralitico ai piedi di Gesù, è semplicemente un atto di fede ed è questa fede che libera l’uomo dal male e dal peccato; lo redime e gli dona perfetta vittoria sul mondo (Cf. 1Gv 5,4-5).
Se Gesù dona la salute fisica e contemporaneamente il perdono dei peccati, non dobbiamo credere che quel paralitico fosse più peccatore che malato: Gesù «fa intendere che in quell’uomo si sono rese evidenti in modo particolare le conseguenze di quella separazione tra Dio e uomo nella quale risiede la radice del male. Gesù richiama i presenti a questa considerazione affinché non si fermino alla esteriorità del miracolo. E ai versi 10-11 “affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati... ti ordino... alzati” chiarisce la verità opposta, cioè che il perdono non resta mai un fatto puramente interiore, psicologico, ma riconduce anche l’aspetto corporale dell’uomo sotto la sovranità di Dio» (P. Antonio Di Masi).

Ti sono perdonati i peccati... costui bestemmia: la bestemmia consisteva nel maledire il nome di Dio ed era punita con la lapidazione (Cf. Lv 2,16). Nel nostro caso, gli scribi potevano parlare di bestemmia soltanto in modo indiretto: Egli che era uomo si faceva Dio (Cf. Gv 10,33), appropriandosi di prerogative divine come quella di perdonare i peccati.
La reazione degli scribi è la reazione degli ottusi; la risposta di coloro che si sono faticosamente e ostinatamente costruite certezze su Dio, sull’uomo e nelle quali si sono rinchiusi perché abbarbicati al passato e sopra tutto per paura del nuovo. Proprio perché Dio è imprevedibile è meglio tenerlo relegato dentro i confini della più rigorosa interpretazione della Legge: Dio è fedele e non può smentire se stesso; Dio nessuno lo può vedere e restare vivo (Cf. Es 33,20) e solo lui può rimettere i peccati (Cf. Is 1,18), quindi Gesù, che si arroga questo potere, è un bestemmiatore; un uomo pericoloso che mina il potere costituito e corrompe le tradizioni dei padri, quindi deve essere immediatamente eliminato: «E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (Mc 3,6).
Il giudizio degli scribi era «fondamentalmente giusto, perché il rimettere i peccati è una prerogativa esclusiva di Dio [Cf. Es 34,6-8; Sal 103,3; Is 43,25; 44,22]. Ma avevano torto in quanto dall’osservazione dei fatti prodigiosi compiuti da Gesù non avevano saputo risalire alla sorgente divina delle sue facoltà» (Adalberto Sisti, Marco). La tentazione di imprigionare Dio dentro gli oscuri schemi della grettezza umana, di asservirlo alle proprie conoscenze sono purtroppo manovre tentate spesso dai battezzati e anche dagli uomini di Chiesa: è la tentazione dei nostalgici.
Gesù con una impietosa operazione chirurgica mette fuori, alla luce del sole, i pensieri occulti degli scribi e anche questa è una prerogativa divina: solo Dio può conoscere i pensieri dell’uomo, solo Lui scruta il cuore degli uomini (Cf. Ger 17,9-10).
Che cosa è più facile... Il perdono dei peccati è qualcosa che non si può riscontrare, il miracolo sì; ecco perché Gesù per dare prova che il «Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra», sana il paralitico nel corpo. Solo la folla a questo punto applaudisce. È meravigliata non tanto, o non solo, per il miracolo prodigioso, quanto per l’autorità che Gesù rivendica a sé.
A Cafarnao Gesù aveva già operato guarigioni, liberazioni di indemoniati meravigliando tutti, ma ora, cosa mai vista, sana un uomo dalla lebbra del peccato dandone la prova certa guarendolo dalla paralisi, per questo motivo la gente stupita, lodando Dio, diceva: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!». Ma quanta amarezza nel vedere come gli scribi, che avevano le carte in regola per riconoscere tali cose, in verità, per la loro albagia, escono fuori dal coro.

Ora, perché sappiate che il Figlio delluomo... - Alice Baum: Questa espressione biblica significa anzitutto semplicemente “uomo / essere umano” come concetto di genere, nel senso, all'incirca, del nostro “figlio mio”. NellAT viene usato quando si vuol evidenziare la distanza tra Dio e uomo, ed è presente frequentemente nel modo di rivolgersi di Dio al profeta Ezechiele. Nell’apocalittica giudaica figlio dell’uomo acquista il significato di una denominazione di sovranità e diventa il titolo di un particolare mediatore che comparirà alla fine dei tempi. In Dn 7,13s si parla di un figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo, al quale viene conferita regalità imperitura su tutti gli uomini. Nel v. 27 questo figlio dell’uomo viene identificato col “popolo dei santi dell'Altissimo”, in senso collettivo, quindi con Israele. Ma sullo sfondo di tutto ciò cè da tenere presente una tradizione circa un figlio dell’uomo come figura individuale, delluomo celeste (o anche delluomo delle origini) che era atteso come colui che avrebbe portato a compimento la creazione e giudicato il mondo. Questa tradizione fu fissata per iscritto nell'apocalittica extrabiblica, e anche il figlio dell’uomo di Daniele è stato inteso più tardi come figura individuale. Nel Libro di Enoch, uno scritto apocalittico, il figlio dell’uomo è una figura escatologica di origine celeste che salverà i giusti e giudicherà tutti gli uomini.
Egli ha i tratti del re-messia e del servo del Signore, ma senza laspetto della sofferenza. Indipendentemente dalla sua datazione, il Libro di Enoch riflette in questo campo le opinioni dottrinali di certi circoli giudaici del periodo neotestamentario, che hanno “colorato” anche l'uso dellespressione figlio dell’uomo presente nel NT.
Nel NT, secondo la presentazione dei Sinottici, figlio dell’uomo è l'autodenominazione di Gesù. Fuori dei Vangeli essa è rara e Paolo non la usa affatto. Nei Vangeli non viene mai usata come titolo o affermazione su Gesù. L'interrogativo se Gesù abbia designato se stesso come figlio dell’uomo fa parte dei problemi molto discussi della scienza neotestamentaria. Una parte delle espressioni ove compare figlio dell’uomo sono chiare asserzioni di sovranità: il figlio dell’uomo ha il potere della remissione dei peccati, è padrone del sabato, ritornerà sulle nubi del cielo per il giudizio. Altre sono asserzioni circa una situazione di piccolezza e umiltà del figlio dell’uomo, che non ha un luogo ove porre il capo, che è venuto a servire, che deve soffrire ed essere ucciso. Questa ambivalenza delle affermazioni ha portato alla supposizione che le espressioni ove compare figlio dell’uomo non provengano dalla bocca di Gesù stesso, ma che siano entrate nei Vangeli come annuncio postpasquale. Ciò è contraddetto dal fatto che nelle più antiche formule di professione cristiana, questo titolo non è presente (mentre lo è quello di messia). Inoltre, poiché all'apocalittica giudaica era estranea la concezione del figlio dell’uomo sofferente, è improbabile che le espressioni con figlio dell’uomo siano esclusivamente creazioni della comunità primitiva. Sembra pertanto che quantomeno una parte delle espressioni con figlio dell’uomo risalgano a Gesù stesso. Con questa autodesignazione egli ha collegato l'idea tradizionale di figlio dell’uomo quale giudice venturo del mondo a quella del servo sofferente del Signore che sacrifica se stesso, indicando così ai suoi discepoli il suo compito messianico.

Ti sono perdonati i peccati - Odilo Kaiser: NellAntico Testamento. Luomo è peccatore. Questa convinzione sta chiaramente alla base di tutti gli scritti veterotestamentari. In alcuni viene espressa, in altri presupposta. Per quanto riguarda la dimostrazione “in che cosa” e “a causa di cosa” luomo sia peccatore, si rinvengono invece grandi differenze. Queste si spiegano con la diversità letteraria e teologica dei singoli scritti. Per la grande poesia dei salmi si tratta “... dellirradiazione che si effettua al cospetto di Dio delle profondità e degli abissi ultimi dellesistenza umana” (H. J. Kraus). La predicazione profetica svela luomo nel suo cuore e nel suo comportamento verso laltro uomo come peccatore.
Nel Nuovo Testamento. La profondità di questa visione dellAntico Testamento trova conferma nelle parole di Gesù: diventa escatologica e pertanto definitiva. A essa corrisponde lappello al perfetto amore di Dio e del prossimo per mezzo del quale il peccatore si estingue nelluomo. Ogni comandamento deve servire quale strumento per raggiungere questa “meta”: la sua adeguatezza in proposito decide della sua validità (Mt 22,34-40). In considerazione della reale volontà di Dio, la parola di Gesù smaschera come elucubrazione umana le categorie veterotestamentario-giudaiche che permettevano, o esigevano, la divisione del mondo in “giusti” e “peccatori”: appartenenza al popolo, culto, Legge, tradizione (Mt 8,11).
Lorientamento verso i bisogni della comunità determina spesso, nel corso della formazione della tradizione, unimpronta etica (Mt 9,10-13). Sebbene in Matteo sia presente una qualificazione etica del credente come “giusto”, non si ritorna di nuovo a una divisione del mondo - o addirittura della comunità - in due, in “giusti” e “peccatori.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Àlzati, prendi la tua barella e cammina” (Vangelo).  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente, che ci hai nutriti alla tua mensa,
donaci di esprimere in un fedele servizio
la forza rinnovatrice di questi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore.