16 Gennaio 2020

Giovedì - Prima Settimana del Tempo Ordinario
1Sam 4,1b-11; Sal 43 (44); Mc 1,40-45

Colletta: Ispira nella tua paterna bontà, o Signore, i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

La lebbra indicava diverse malattie della pelle (Lev 13,1ss), la lebbra vera e propria è solo una fra queste. Tutte hanno in comune il fatto che la pelle diventi macchiata o squamosa. Si parla di lebbra anche per le dimore (Lev 1433-35) o degli abiti  (Lev 13-47).
La Legge aveva delle norme precise per quanto riguardava la malattia della lebbra vera e propria, e allo stesso tempo regolamentava la vita del lebbroso: «Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!” … “Questa è la legge che si riferisce al lebbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote. Il sacerdote uscirà dall’accampamento e lo esaminerà: se riscontrerà che la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso, ordinerà che si prendano, per la persona da purificare, due uccelli vivi, puri, legno di cedro, panno scarlatto e issopo”» (Lev 13,45; 14,2-4). Da qui si comprende perché Gesù intima al lebbroso purificato dalla lebbra di mostrarsi al sacerdote.
A stare fuori dalla comunità civile lo si deve addebitare sopra tutto alla paura del contagio, ma anche alla ripugnanza che suscitava la vista della malattia.
La lebbra era considerata come una  punizione inflitta da Dio (Num 12,9s; 2Sam 3,29; 2Re 5,27; 15,5). Si credeva tuttavia che nel tempo della salvezza non ci sarebbe stata più la lebbra, perciò le guarigioni di Gesù indicano che il tempo della salvezza è arrivato (Mt 8,2-4; 11,5 par.).
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto..., ancora una volta viene infranto l’ordine di non divulgare la guarigione miracolosa, e tanto è l’eco che “Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città”.

Dal Vangelo secondo Marco 1,40-45: In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Se vuoi - Pur consapevole di infrangere la Legge di Mosè che lo voleva segregato, il lebbroso si prostra ai piedi di Gesù per implorare la guarigione.
Se vuoi, puoi purificarmi: con questa decisa invocazione vuole dare forza alla sua preghiera; egli è profondamente certo che la guarigione può scaturire solo da un atto positivo della volontà del Cristo. Escluso dalla comunità ebraica a motivo della sua malattia, non chiede semplicemente di essere guarito, ma di tornare ad essere “puro”, reintrodotto nel consorzio umano, quello sociale e religioso.
Ne ebbe compassione, «in greco abbiamo un verbo, che risente della mentalità semitica, giacché indica propriamente un movimento delle viscere, considerate come sede dei sentimenti. Nella nostra lingua abbiamo qualcosa di simile quando parliamo di “amore sviscerato”» (Adalberto Sisti).
Ma a conturbare è il gesto di toccare il lebbroso.
Gesù rompendo ogni schema legale e ogni norma di prudenza scandalizza i presenti. Una affermazione che non è esagerata se si tiene presente che il lebbroso, era considerato alla stregua di un morto.
La lebbra, considerata come una punizione inflitta da Dio (Cf. Num 12,9s; 2Sam 3,29; 2Re 5,27; 15,5), rendeva impuri con conseguenze aberranti e degradanti per l’infettato: non solo era tagliato fuori dal consorzio civile, ma soprattutto era reso inabile alla liturgia del tempio e quindi escluso dalla stessa salvezza. La sua presenza infettava e rendeva impuri. Toccare un lebbroso era come toccare un morto. Una conferma viene dallo storico ebreo Giuseppe Flavio: i lebbrosi stavano «sempre fuori dalle città; dal momento che essi non potevano incontrare nessuno non erano in nulla diversi da un cadavere» (Antichità Giudaiche, III, 11,3).
Lo voglio, sii purificato cioè sii puro: Gesù, toccandolo, lo purifica e lo restituisce alla vita.
Ma quello che veramente sconcerta è il modo con il quale Gesù allontana il lebbroso dopo la guarigione: ammonendolo severamente, lo cacciò via subito (letteralmente: sdegnandosi con lui subito lo rimandò). Un gesto che è palesemente in contraddizione con la compassione mostrata inizialmente verso il lebbroso. Perché Gesù si è comportato in questo modo? L’atteggiamento di Gesù «sembra duro; ma può essere stato provocato sia dal fatto che il lebbroso non aveva tenuto conto delle regole di segregazione, sia dal desiderio dello stesso Gesù di non provocare un eccessivo entusiasmo tra la folla, come appare dal successivo comando di non parlare della cosa a nessuno» (Adalberto Sisti).
Va’ a mostrarti al sacerdote: la Legge infatti prescriveva che l’avvenuta purificazione doveva essere comprovata dai sacerdoti e suggellata da sacrifici. Sarebbe servito anche come testimonianza per loro: si credeva che nel tempo della salvezza non ci sarebbe stata più la lebbra. Le guarigioni dalla lebbra compiute da Gesù indicano perciò che il tempo della salvezza è giunto (Cf. Mt 8,2-4; 11,5). L’uomo, per Rinaldo Fabris, ormai «purificato deve essere riammesso nella comunità. Là dove arriva il regno di Dio cadono le barriere e le esclusioni; i tutori dell’antica legislazione devono riconoscere che questo è una prova del tempo nuovo. Il lebbroso guarito allora può diventare un “annunciatore della parola” [...], colui che comunica il messaggio nuovo racchiuso nel gesto di Gesù».
All’ordine tassativo di non dire nulla a nessuno, segue l’evidente violazione della consegna da parte dell’uomo, ormai guarito dalla lebbra. Gesù vuole evitare facili entusiasmi, non vuole che il popolo sia attratto unicamente dai suoi miracoli, ma è difficile nascondere un fatto così clamoroso.
Come è già successo altre volte, Gesù, a motivo del miracolo svelato dall’improvvisato banditore, non può più entrare nei centri abitati, ma è obbligato a starsene riparato in luoghi solitari. Ma questo non scoraggia la gente che numerosa si affolla attorno alla sua persona. La gente forse non ha capito il mistero del Cristo e lo cerca per un tornaconto personale, ma certamente ha compreso in modo netto una cosa: incontrare quel giovane Maestro, essere toccati da lui, ascoltare la sua parola è come l’essere introdotti in un nuovo mondo dove si respira il profumo della libertà, della sanità corporale e spirituale, della salvezza.

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso - Josè Maria Gonzáles-Ruiz (Il Vangelo secondo Marco): Qui, si parla per la prima volta della guarigione d’un lebbroso. - La lebbra era una malattia spaventosa, perché escludeva dalla comunione col popolo, cioè separava l’uomo dalle sue relazioni col popolo di Dio. «Impuro! Impuro!» gridava di lontano il lebbroso, in modo che tutti potessero evitare di accostarsi a lui (Lv 13,45). I rabbini lo consideravano come morto e pensavano che la sua guarigione fosse improbabile come la risurrezione. In questo caso, è curioso osservare che il lebbroso non esita ad accostarsi a Gesù. Un vecchio documento cristiano, il papiro di Egerton, inserisce in questo contesto una insistente preghiera del lebbroso che ha scoperto Gesù: «Maestro Gesù, tu che vai con i lebbrosi e mangi con essi nelle loro dimore, anch’io sono divenuto lebbroso; se tu vuoi, ridiventerò puro».
Alcuni codici molto autorevoli, invece di dire: «mosso a compassione», dicono che «si era indignato». Evidentemente Gesù riprovava quella segregazione di cui erano vittime quei poveri lebbrosi.
Alcuni particolari di questa guarigione tradiscono questa indignazione di Gesù per la segregazione dei lebbrosi. Gesù «tocca» il malato per dimostrare il suo disprezzo per le disumane leggi vigenti. È questo un tema che si ripeterà come un ritornello in tutto il secondo vangelo, come anche nell’epistolario paolino: le leggi non sono sovrane in sé; obbligano solo in quanto sono a favore dell’uomo. E il giudizio su questa condizione umana della legge deve darlo il suddito. Per questo, il considerare la legge - civile o ecclesiastica - come un assoluto è contro l’insegnamento più elementare del Nuovo Testamento. Vi saranno momenti in cui il cristiano, portato dalla sua coscienza umanizzatrice, dovrà rigettare una legge ed elevare contro di essa la sua valida «obiezione di coscienza». La legge della segregazione dei lebbrosi era, allo stesso tempo, civile e religiosa. Gesù non solo oppone obiezione di coscienza, ma la viola chiaramente «toccando» il lebbroso.
Subito dopo Gesù ordina severamente al lebbroso di non fare pubblicità della sua guarigione, poiché il suo scopo non era quello di far rumore e attirarsi la gente con una pubblicità battente, ma di reinserire nella società un emarginato. Quindi gli ordina di presentarsi al sacerdote, perché gli rilasci il certificato ufficiale di riammissione nella comunità.
Molte volte nella Chiesa ci si è preoccupati più d’una antievangelica pubblicità apologetica, per acquistare nuovi adepti all’istituzione, che di lottare veramente ed efficacemente per i diritti umani conculcati, siano essi di cristiani o di estranei.

Cardinale Peter K. A. Turkson (Prefetto del Dicastero per il Servizio alla Promozione dello Sviluppo Integrale): Per contrastare con efficacia ed incisività la malattia di Hansen, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la Strategia Globale contro la Lebbra (2016-2020), nella quale un ruolo importante hanno la difesa dei diritti umani fondamentali, la riduzione dello stigma e la conseguente promozione dell’integrazione e dell’inclusione sociale, il ripristino della dignità delle persone colpite dalla malattia e l’accesso alle cure. È dunque estremamente urgente abrogare, dove presenti, le leggi discriminatorie che ostacolano i diritti umani fondamentali. Non è più possibile rimandare oltre.
Lo stigma sociale rimane oggi il problema principale per le persone affette dal morbo di Hansen ed è quindi importante, riprendendo le parole di Papa Francesco, “lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera”. Più degli altri, i malati di lebbra hanno bisogno della vicinanza umana, di quel “tocco” che sprigiona una benefica energia liberatoria. Quante volte, dice il Santo Padre, “incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, la buttiamo lì, ma evitiamo di toccarne la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e rendere inquieti per la sua condizione”.
È edificante servire con amore e tenerezza le persone che hanno bisogno di aiuto perché ci fa crescere in umanità. Ne è testimonianza San Francesco d’Assisi, un giovane ricco trasformato totalmente dall’abbraccio con il lebbroso che gli ha fatto capire ciò che vale veramente nella vita: non le ricchezze, la forza delle armi, la gloria terrena, ma l’umiltà, la misericordia, il perdono frutto dell’incontro con Dio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Se potessi incontrare un lebbroso, dargli il mio corpo e prendere il suo, lo farei volentieri: questo è l’amore perfetto” (Agatone).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente, che ci hai nutriti alla tua mensa,
donaci di esprimere in un fedele servizio
la forza rinnovatrice di questi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore.