15 Gennaio 2020

Mercoledì - Prima Settimana del Tempo Ordinario

1Sam 3,1-10.19-20; Sal 39 (40); Mc 1,29-39

Colletta: Ispira nella tua paterna bontà, o Signore, i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Il Vangelo può essere diviso in tre parti. Nella prima parte è narrata la guarigione della suocera di Pietro: La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Il racconto è comune a Mt 8,14-15 e a Lc 4,38-39.
Il brano evangelico della guarigione della suocera di Pietro è scarno, ma andando al testo greco due verbi possono attirare l’attenzione del lettore. Il primo è ἤγειρεν (la fece alzare) ed è lo stesso verbo che troviamo nel racconto della risurrezione di Gesù (Mc 16,6; cfr. 1Cor 15,4; At 3,15; 13,37). Molto probabilmente la Chiesa primitiva ha letto il miracolo come una «prefigurazione della risurrezione escatologica operata nel genere umano attraverso la morte e la risurrezione di Cristo» (Edward J. Mally, S.J.).
È «effettivamente necessario metterci nella situazione dei primi cristiani quando leggiamo questa pagina dell’evangelista. Per loro Gesù non è solo il guaritore prestigioso degli inizi della sua missione: grazie alla sua risurrezione, egli è riconosciuto come “Cristo e Signore” (At 2,36), colui che continua, ogni giorno, a salvare gli uomini dal peccato, a strapparli alla morte; è il salvatore che rimette in piedi coloro che sono abbattuti dal male» (Jacques Hervieux, Vangelo di Marco).
Il secondo verbo è διηκόνει (serviva), è il verbo che negli Atti degli Apostoli sta a indicare il servizio dei diaconi. Per Angelico Poppi Marco “forse allude alla funzione delle donne al seguito di Gesù [cf. Lc 8,2-3]; alcune di esse saranno le prime testimoni della sua risurrezione [15,40; 16,1]. I rabbini sdegnavano il servizio delle donne. Gesù si dimostra subito innovatore anche in questo campo. Forse il servizio della suocera di Pietro è ricordato come modello della diaconia femminile nella chiesa. In effetti, la donna non serve solo Gesù ma tutti i presenti: «Il servizio al quale chiama la exousia di Gesù è il servizio del prossimo» [Pesch, I, p. 226]” (Angelico Poppi, I quattro Vangeli) .
La seconda parte del racconto marciano investe l’azione taumaturgica di Gesù. Nella cacciata dei demòni Marco ritorna sul motivo del segreto messianico imposto ai demòni: “… ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano”. Infine, la pretesa di trattenere Gesù, “Tutti ti cercano!”, è come voler restringere i confini della missione di Gesù che contrariamente a quanto pensa Simone non possono essere circoscritti a quelli di una città (cfr. Mt 28,19).

Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39: In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Il racconto evangelico è attraversato da un crescendo di emozioni, di entusiasmo e di buoni sentimenti, almeno da parte della folla che non si stanca di ascoltare il Maestro e dei molti ammalati che assediano la casa dove Egli è ospite per ottenere la guarigione fisica. Si passa dalla entusiasta accoglienza nella sinagoga alla guarigione della suocera di Pietro; dalla guarigione di molti ammalati «affetti da varie malattie» alla liberazione di indemoniati e ossessi fino a raggiungere il culmine con la frase di Pietro: «Tutti ti cercano!». Ma su questo entusiasmo arriva una risposta a dir poco sconcertante e inattesa: «Andiamocene altrove».
Gesù è “venuto” per dedicarsi alla salvezza dei Giudei e dei pagani: è venuto a chiamare i peccatori (Cf. Mc 2,17), a cercare la pecora perduta (Cf. Lc 14,4-6) e a dare «la propria vita in riscatto per molti» (Cf. Mc 10,45). Con queste parole, Andiamocene altrove, Gesù per la prima volta «parla della sua missione e manifesta chiaramente il proposito di volersi attenere alla volontà del Padre, considerando suo compito primo l’annuncio della salvezza e non quello di soddisfare la curiosità o l’entusiasmo delle folle come un qualunque guaritore più o meno abile» (ADALBERTO SISTI, Marco).
La vita di Gesù è una vita girovaga senza riposo e senza un tetto sotto il quale ripararsi (Cf. Mt 8,20), uno stile di vita che i discepoli devono saper imitare. Sul suo esempio, Egli vuole che i suoi discepoli siano decisi ad abbracciare questo stile di vita intessuto di povertà e di precarietà, pronti nell’abbandonare affetti, case e parentele varie per mettersi al suo seguito (Cf. Mt 8,21-22). Un distacco totale che contrassegna la sequela cristiana.
Ritirandosi in un luogo deserto per pregare, Gesù indica ai suoi discepoli la fonte dove trovare la forza per attuare un simile programma di vita.
I Vangeli amano parlare della preghiera di Gesù. Sopra tutto la ricordano in occasione dei momenti più importanti del ministero pubblico del Signore: il battesimo (Cf. Lc 3,21), la chiamata degli Apostoli (Cf. Lc 6,12), la prima moltiplicazione dei pani (Cf. Mc 6,46), la Trasfigurazione (Cf. Lc 9,29), nel Getsemani (Cf. Mt 26,39), sulla croce quando prega per i suoi carnefici (Cf. Lc 23,34).
Altresì, possiamo ricordare quante volte la preghiera ottenne il dono della guarigione da Gesù: il cieco nato (Cf. Mc 10,46-56), la guarigione del lebbroso (Cf. Mt 8,23), la Cananea (Cf. Mt 15,21-28). Il discepolo apprende in questo modo il segreto della preghiera come unico fondamento su cui poggiare la sua fede, la sua speranza. Senza la preghiera il cristiano non può essere fedele alla sua vocazione e alla sua elezione (2Pt 2,10).

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati - J. Giblet e P. Grelot: 1. Durante il suo ministero, Gesù trova ammalati sulla sua strada. Senza interpretare la malattia in una prospettiva di retribuzione troppo stretta (cfr. Gv 9,2s), egli vede in essa un male di cui soffrono gli uomini, una conseguenza del peccato, un segno del potere di Satana sugli uomini (Lc 13,16). Ne prova pietà (Mt 20,34), e questa pietà guida la sua azione. Senza soffermarsi a distinguere ciò che è malattia naturale da ciò che è possessione diabolica, «egli scaccia gli spiriti e guarisce coloro che sono ammalati» (Mt 8,16 par.). Le due cose vanno di pari passo. Manifestano entrambe la sua potenza (cfr. Lc 6,19) ed hanno infine lo stesso senso: significano il trionfo di Gesù su Satana e la instaurazione del  regno di Dio in terra, conformemente alle Scritture (cfr. Mt 11,5 par.). Non già che la malattia debba ormai sparire dal mondo, ma la forza divina che infine la vincerà è fin d’ora in azione quaggiù. Perciò, dinanzi a tutti gli ammalati che gli esprimono la loro fiducia (Mc 1,40; Mt 8,2-6 par.), Gesù non manifesta che una esigenza: credere, perché tutto è possibile alla  fede (Mt 9,28; Mc 5,36 par.; 9,23). La loro fede in lui implica la fede nel  regno di Dio, ed è questa fede a salvarli (Mt 9,22 par.; 15,28; Mc 10,52 par.)
2. I miracoli di guarigione sono quindi in qualche misura un’anticipazione dello stato di perfezione che l’umanità ritroverà infine nel regno di Dio, conformemente alle profezie. Ma hanno pure un significato simbolico relativo al tempo attuale. La malattia è un simbolo della stato in cui si trova l’uomo peccatore: spiritualmente, egli è cieco, sordo, paralitico... Quindi la guarigione del malato è anche un simbolo: rappresenta la guarigione spirituale che Gesù viene ad operare negli uomini. Egli rimette i peccati del paralitico e, per dimostrare che ne ha il potere, lo guarisce (Mc 2,1-12 par.). Questa portata dei miracoli-segni è messa in rilievo soprattutto nel quarto vangelo: la guarigione del paralitico di Bezatha significa l’opera di vivificazione compiuta da Gesù (Gv 5,1-9.19-26), e quella del cieco nato fa vedere in lui la luce del mondo (Gv 9). I gesti che Gesù compie sugli ammalati preludono così ai sacramenti cristiani. Egli infatti è venuto quaggiù come il medico dei peccatori (Mc 2,17 par.), un medico che, per togliere le infermità e le malattie, le prende su di sé (Mt 8,17 = Is 53,4). Tale sarà di fatto il senso della sua passione: Gesù parteciperà alla condizione dell’umanità sofferente, per poter trionfare infine dei suoi mali.

Guarì molti che erano affetti da varie malattie - Detlev Dormeyer / Anton Grabner: a) Secondo l’Antico Testamento la malattia è mandata da Dio. Dapprima si crede che Dio la infligga come castigo personale (Is l,5s), ma negli scritti più tardi dell’Antico Testamento si ricerca un’altra motivazione. Giobbe viene colpito dal Satana con la malattia, ma col permesso di Dio (Gb 1). Poiché Giobbe ha condotto una vita retta, senza alcuna colpa, non si può non riconoscere che il malvagio può vivere sano e felice, mentre il giusto può venir colpito dalla malattia. Perciò si evidenziano le ripercussioni sociali del peccato. Le azioni umane non danno e non tolgono nulla a Dio, colpiscono però il proprio simile; il peccato può causare una malattia propria o quella di altri. Il fatto che la malattia visiti uno anziché l’altro, deriva dalla causalità intramondana, in ultima analisi, però, dall’imperscrutabile volontà di Dio. Come mezzi per guarire la malattia sono perciò indicati, nell’Antico Testamento, opere di pietà, preghiera, digiuno, voti e sacrifici per implorare la pietà di Dio. Non si rinuncia, tuttavia, all’ausilio di metodi umani in vista della guarigione (Sir 38,1ss).
b) Anche nel Nuovo Testamento domina la concezione veterotestamentaria che la malattia provenga da Dio.
Gesù però, come il Libro di Giobbe, rifiuta decisamente l’interpretazione degli scribi per cui la malattia sarebbe il castigo per una colpa personale o famigliare. Al contrario, egli guarisce la malattia con i suoi prodigi, perché questo è un segno che con lui è iniziato il tempo escatologico: “I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11,5). Con ciò si adempie la promessa del profeta (Is 35,5s e 61,1). Gesù è venuto per guarire l’uomo. Gesù suscita un mondo risanato, il regno di Dio. Malattia significa per il cristiano partecipazione alla croce di Cristo; la sofferenza di Cristo continua nei suoi (Col 1,24), finché la “nuova creazione di Dio non sia compiuta.

Salvifici Doloris n. 16: Nella sua attività messianica in mezzo a Israele Cristo si è avvicinato incessantemente al mondo dell’umana sofferenza. «Passò facendo del bene», e questo suo operare riguardava, prima di tutto, i sofferenti e coloro che attendevano aiuto. Egli guariva gli ammalati, consolava gli afflitti, nutriva gli affamati, liberava gli uomini dalla sordità, dalla cecità, dalla lebbra, dal demonio e da diverse minorazioni fisiche, tre volte restituì ai morti la vita. Era sensibile a ogni umana sofferenza, sia a quella del corpo che a quella dell’anima  E al tempo stesso ammaestrava, ponendo al centro del suo insegnamento le otto beatitudini, che sono indirizzate agli uomini provati da svariate sofferenze nella vita temporale. Essi sono «i poveri in spirito» e «gli afflitti», e «quelli che hanno fame e sete della giustizia» e «i perseguitati per causa della giustizia», quando li insultano, li perseguitano e mentendo, dicono ogni sorta di male contro di loro per causa di Cristo ... Così secondo Matteo; Luca menziona esplicitamente coloro «che ora hanno fame». Ad ogni modo Cristo si è avvicinato soprattutto al mondo dell’umana sofferenza per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Cristo si è avvicinato soprattutto al mondo dell’umana sofferenza per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé” (Salvifici doloris n. 16).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente, che ci hai nutriti alla tua mensa,
donaci di esprimere in un fedele servizio
la forza rinnovatrice di questi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore.