11 Gennaio 2020

FERIA PROPRIA 11 GENNAIO

1Gv 5,5-13; Sal 147; Lc 5,12-16

Colletta: Dio onnipotente, manifesta anche a noi il mistero della nascita del Salvatore rivelato ai magi dalla luce della stella, e cresca sempre più nel nostro spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Non conosciamo il nome della città dove si trovava Gesù in quanto all’evangelista non interessa dare informazioni topografici, quello che è più importante è invece dare risalto alla guarigione del lebbroso.
Ecco, un uomo coperto di lebbra, la Legge aveva uno statuto che regolamentava la cura della malattia e la vita dei lebbrosi, i quali erano emarginati dalla vita sociale e religiosa a motivo sopra tutto per la paura del contagio. Possiamo riscontrare due infrazioni la prima: il lebbroso vide Gesù e gli si gettò dinanzi, un gesto inaudito in quanto ai lebbrosi era vietato entrare nei centri abitati e più di ogni altra cosa avvicinarsi alle persone. Non conosciamo perché abbia osato fare tanto, forse perché spinto dalla nomea che Gesù godeva come taumaturgo o semplicemente perché spinto dal desiderio di ritrovare la sanità fisica. La seconda infrazione la compie Gesù: Gesù tese la mano e lo toccò. Al di là che era proibito dalla Legge, ma era “vietato” in modo particolare dalla ripugnanza che suscitava la vista della malattia.
«Signore, se vuoi, puoi purificarmi, in questa supplica non c’è alcuna professione di fede, ma un solo riconoscimento delle capacità taumaturgiche di Gesù. La risposta non si fa attendere, Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato! Dovremmo incentrare la condiscendenza di Gesù nel verbo volere, prima sulla bocca del lebbroso “se vuoi”, e poi sulla labbra di Gesù che non è altro una ratifica dei sentimenti dell’infermo.
Due note ancora, l’ordine di non divulgare il miracolo, e di fare l’offerta per la purificazione dopo che si era mostrato al sacerdote che era deputato dalla Legge a riconoscere l’avvenuta guarigione. In questa ultima intimazione l’intento di Gesù è palese: è un messaggio che manda alle guide spirituali del popolo d’Israele e che vuole suggerire che egli non è avverso né alla Legge né al Tempio. Si parla di purificazione perché la malattia era addebitata ai peccati commessi dall’ammalato e la guarigione era vista come una sorta di perdono da parte di Dio, e quindi la possibilità di ritornare alla vita liturgica e religiosa.
L’appendice Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare, è propria di Luca che ama sottolineare il numero sempre crescendo delle folle che si ponevano alla sequela di Gesù e dall’altra parte l’imperturbabilità di Gesù che non si fa “sedurre dal successo” del suo ministero apostolico, e così preferisce ritirarsi in luoghi appartati, anche per ritrovare la piena comunione con il Padre celeste.

Dal Vangelo secondo Luca 5,12-16: Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.  

Se vuoi - Pur consapevole di infrangere la Legge di Mosè che lo voleva segregato, il lebbroso si prostra ai piedi di Gesù per implorare la guarigione.
Se vuoi, puoi purificarmi: con questa decisa invocazione vuole dare forza alla sua preghiera; egli è profondamente certo che la guarigione può scaturire solo da un atto positivo della volontà del Cristo. Escluso dalla comunità ebraica a motivo della sua malattia, non chiede semplicemente di essere guarito, ma di tornare ad essere “puro”, reintrodotto nel consorzio umano, quello sociale e religioso.
Gesù rompendo ogni schema legale e ogni norma di prudenza scandalizza i presenti. Una affermazione che non è esagerata se si tiene presente che il lebbroso, era considerato alla stregua di un morto.
La lebbra, considerata come una punizione inflitta da Dio (Cf. Num 12,9s; 2Sam 3,29; 2Re 5,27; 15,5), rendeva impuri con conseguenze aberranti e degradanti per l’infettato: non solo era tagliato fuori dal consorzio civile, ma soprattutto era reso inabile alla liturgia del tempio e quindi escluso dalla stessa salvezza. La sua presenza infettava e rendeva impuri. Toccare un lebbroso era come toccare un morto. Una conferma viene dallo storico ebreo Giuseppe Flavio: i lebbrosi stavano «sempre fuori dalle città; dal momento che essi non potevano incontrare nessuno non erano in nulla diversi da un cadavere» (Antichità Giudaiche, III, 11,3).
Lo voglio, sii purificato cioè sii puro: Gesù, toccandolo, lo purifica e lo restituisce alla vita.
Gli ordinò di non dirlo a nessuno, nel vangelo di Marco questo ordine di Gesù ha toni molto più accesi: ammonendolo severamente, lo cacciò via subito (Mc 1,40-35: letteralmente: sdegnandosi con lui subito lo rimandò). Un gesto che è palesemente in contraddizione con la compassione mostrata verso il lebbroso. Perché Marco registra questo comportamento di Gesù? L’atteggiamento di Gesù «sembra duro; ma può essere stato provocato sia dal fatto che il lebbroso non aveva tenuto conto delle regole di segregazione, sia dal desiderio dello stesso Gesù di non provocare un eccessivo entusiasmo tra la folla, come appare dal successivo comando di non parlare della cosa a nessuno» (Adalberto Sisti). Luca non ricorda queste parole di Gesù perché il suo vangelo è tutto teso a mettere in evidenza la misericordia di Gesù, in modo particolare verso i malati e i peccatori.
Va’ a mostrarti al sacerdote: la Legge infatti prescriveva che l’avvenuta purificazione doveva essere comprovata dai sacerdoti e suggellata da sacrifici. Sarebbe servito anche come testimonianza per loro: si credeva che nel tempo della salvezza non ci sarebbe stata più la lebbra. Le guarigioni dalla lebbra compiute da Gesù indicano perciò che il tempo della salvezza è giunto (Cf. Mt 8,2-4; 11,5). L’uomo, per Rinaldo Fabris, ormai «purificato deve essere riammesso nella comunità. Là dove arriva il regno di Dio cadono le barriere e le esclusioni; i tutori dell’antica legislazione devono riconoscere che questo è una prova del tempo nuovo. Il lebbroso guarito allora può diventare un “annunciatore della parola” [...], colui che comunica il messaggio nuovo racchiuso nel gesto di Gesù».
Come è già successo altre volte, Gesù, ripara in luoghi solitari. Le intanto si ingrossano, forse non hanno capito il mistero del Cristo e lo cercano per un tornaconto personale, ma certamente hanno compreso in modo netto una cosa: incontrare quel giovane Maestro, essere toccati da lui, ascoltare la sua parola è come l’essere introdotti in un nuovo mondo dove si respira il profumo della libertà, della sanità corporale e spirituale, della salvezza.

La lebbra - P. Grelot: Nella stessa categoria della lebbra propriamente detta (nega’, parola che significa anzitutto «piaga, colpo»), la Bibbia raggruppa sotto nomi diversi parecchie affezioni cutanee particolarmente contagiose, e persino la muffa delle vesti e dei muri (Lev 13, 47...; 14,33 ...).
1. La lebbra, impurità e castigo divino. - Per la legge, la lebbra è un’impurità contagiosa; perciò il lebbroso è escluso dalla comunità sino alla sua guarigione ed alla sua purificazione rituale, che esige un sacrificio per il peccato (Lev 13-14). Questa lebbra è la «piaga» per eccellenza con cui Dio colpisce (vaga’) i peccatori. Israele ne è minacciato (Deut 28,27.35). Gli Egiziani ne sono colpiti (Es 9,9ss), e così pure Maria (Num 12,10-15) ed Ozia (2Cron 26,19-23). Essa è quindi, per principio, un segno del peccato. Tuttavia, se il servo sofferente è colpito (vaga’; Vg: leprosum) da Dio, per modo che ci si scosta da lui come da un lebbroso, si è perché, quantunque innocente, egli porta i peccati degli uomini che saranno guariti in virtù delle sue piaghe (Is 53,3-12; cfr. Sa] 73,14).
2. La guarigione dei lebbrosi. - Può essere naturale, ma anche avvenire per miracolo, come quella di Naaman nelle acque del Giordano (2Re 5), segno della benevolenza divina e della potenza profetica. Gesù, quando guarisce i lebbrosi (Mt 8,1-4 par.; Lc 17,11-19), trionfa della piaga per eccellenza; ne guarisce gli uomini di cui prende su di sé le malattie (Mt 8,17). Purificando i lebbrosi e reinserendoli nella comunità, egli abolisce con un atto miracoloso la separazione tra il puro e l’impuro. Se prescrive ancora le offerte legali, lo fa a titolo di testimonianza: i sacerdoti constateranno in tal modo il suo rispetto della legge e nello stesso tempo il suo potere miracoloso. Unita alle altre guarigioni, quella dei lebbrosi è quindi un segno che egli è proprio «Colui che deve venire» (Mt 11,5 par.). Anche i Dodici, mandati da lui in missione, ricevono l’ordine ed il potere di mostrare con questo segno che il regno di Dio è giunto (Mt 10,8).

Papa Francesco: L’episodio della guarigione del lebbroso si svolge in tre brevi passaggi: l’invocazione del malato, la risposta di Gesù, le conseguenze della guarigione prodigiosa. Il lebbroso supplica Gesù «in ginocchio» e gli dice: «Se vuoi, puoi purificarmi» (v. 40). A questa preghiera umile e fiduciosa, Gesù reagisce con un atteggiamento profondo del suo animo: la compassione. E “compassione” è una parola molto profonda: compassione che significa “patire-con-l’altro”. Il cuore di Cristo manifesta la compassione paterna di Dio per quell’uomo, avvicinandosi a lui e toccandolo. E questo particolare è molto importante. Gesù «tese la mano, lo toccò … e subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato» (v. 41). La misericordia di Dio supera ogni barriera e la mano di Gesù tocca il lebbroso. Egli non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male; e così proprio il nostro male diventa il luogo del contatto: Lui, Gesù, prende da noi la nostra umanità malata e noi prendiamo da Lui la sua umanità sana e risanante. Questo avviene ogni volta che riceviamo con fede un Sacramento: il Signore Gesù ci “tocca” e ci dona la sua grazia. In questo caso pensiamo specialmente al Sacramento della Riconciliazione, che ci guarisce dalla lebbra del peccato.
Ancora una volta il Vangelo ci mostra che cosa fa Dio di fronte al nostro male: Dio non viene a “tenere una lezione” sul dolore; non viene neanche ad eliminare dal mondo la sofferenza e la morte; viene piuttosto a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo. Così Cristo combatte i mali e le sofferenze del mondo: facendosene carico e vincendoli con la forza della misericordia di Dio.
A noi, oggi, il Vangelo della guarigione del lebbroso dice che, se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione. Per essere “imitatori di Cristo” (cfr 1Cor 11,1) di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione, e di toccarlo e di abbracciarlo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Lo voglio, sii purificato!» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, nostro Padre,
che hai riunito la tua Chiesa nella frazione del pane e nella carità,
fa’ che il mistero eucaristico la confermi nella tua verità,
e la renda fedele testimone del tuo Vangelo.
Per Cristo nostro Signore.