10 Gennaio 2020

FERIA PROPRIA 10 GENNAIO

1Gv 4,19-5,4; Sal 71 (72); Lc 4,14-22a

Colletta: O Dio, che in Cristo tuo Figlio hai rivelato a tutti i popoli la sapienza eterna, fa’ risplendere su di noi la gloria del nostro Redentore, perché giungiamo alla luce che non ha tramonto. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

La proclamazione ai prigionieri della loro liberazione, è molto più di una parola di consolazione, è un annuncio sconvolgente che va a sanare la carne e lo spirito dell’uomo ferito dal peccato e indica in Gesù il Medico, il Messia e il Redentore.
Oggi, in Cristo e per Cristo, colui che è schiavo del peccato e della morte (cf. Rom 7,14ss) acquista la libertà ed è adottato come figlio con il dono reale della vita divina: «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio» (Gal 3,6; cf. 2Cor 13,13).
Questa liberazione si realizza nel fonte battesimale: nelle sue acque salutari vengono infranti i ceppi del peccato e della morte e l’uomo diventa “una nuova creatura” (2Cor 5,17), un figlio adottivo di Dio che è divenuto “partecipe della natura divina” (2Pt 1,4), membro di Cristo e coerede con lui, tempio dello Spirito Santo.

Dal Vangelo secondo Luca 4,14-22: In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Sign re». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.

Subito dopo aver superato le tentazioni nel deserto (Cf. Lc 4,1-13), Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo. Gesù inizia il suo ministero in Galilea pieno di Spirito Santo, che è il protagonista della intera opera lucana. Non a caso il Libro degli Atti degli Apostoli è stato chiamato il Vangelo dello Spirito Santo.
Nazaret, il villaggio dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16), non è menzionata né dallo storico Giuseppe Flavio, né nel Talmud. San Girolamo nel V secolo affermava che fosse un viculus ovvero un piccolo villaggio, abitato da un centinaio di persone. A Nazaret l’angelo del Signore aveva annunciato alla vergine Maria la nascita del Figlio dell’Altissimo, il Salvatore del mondo (Cf. Lc 1,32.35).
Gesù, come tutti gli Ebrei, amava frequentare la sinagoga che è edificio in cui gli Israeliti si radunavano per pregare, per leggere e per studiare la Legge. Il decano degli anziani, il quale era incaricato della celebrazione, a volte invitava qualcuno dei presenti a predicare. Fu così che Gesù venne invitato a leggere il profeta Isaia.
Il brano che Gesù legge è tratto dal libro di Isaia (61,1ss) dove il profeta, da parte di Dio, annunzia un messaggio di consolazione al popolo d’Israele. Ma in verità il testo isaiano non era scritto sul rotolo perché è frutto del lavoro redazionale di Luca che ha fuso insieme Is 61,1-2 e 58,6.
Lo Spirito del Signore... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano.
La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): E gli fu dato il libro del profeta Isaia... Il libro aveva la forma di rotolo. Gesù lo svolge e sceglie il passo di Isaia 61,l-2a, forse previsto dalla liturgia e connesso con il brano della Toràh (Gn 35,39ss.). Il testo riportato da Luca corrisponde alla traduzione dei LXX e include anche un tratto di Is 58,6: «a mettere in libertà gli oppressi»; si tratta evidentemente di un adattamento, elaborato nella comunità cristiana. Benché in Isaia il brano citato si riferisca alla chiamata del profeta postesilico (Terzo Isaia) per trasmettere un messaggio di consolazione a Gerusalemme, in Luca, più che il ruolo profetico di Gesù, viene messa in risalto la sua funzione messianica, come appare dalla terminologia, soprattutto dall’espressione «mi ha unto» (échrisen me), che in Atti (10,38; cf. pure 4,27) viene connessa con la sua investitura messianica al Giordano. In effetti, nella teofania al battesimo (3,21-22), Gesù fu consacrato Messia (unto di Spirito Santo), per annunziare la buona novella ai poveri, cioè il lieto annuncio di salvezza, per proclamare la liberazione ai prigionieri e per mettere in libertà gli oppressi (cf. Le 7,18-23). Si ha qui un’allusione all’anno giubilare (prescritto ogni 50 anni in Lv 25,10), che comportava la liberazione di tutti gli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’accento cade sull’annuncio del «vangelo» (euaggelisasthai), la cui efficacia è garantita dalla forza dello Spirito, effuso su Gesù al Giordano. Nel contesto gioioso della proclamazione della salvezza. Luca, dopo la citazione della frase «mi ha mandato... a proclamare un anno accetto al Signore», omette l’espressione che segue: «un giorno di vendetta per il nostro Dio» (Is 61,2b). L’evangelista reinterpreta in chiave evangelica la profezia, che non viene più riferita all’intervento escatologico di Dio per sterminare i malvagi, bensì alla missione storica di Gesù, che è quella di salvare, non di condannare, di essere medico dei malati e non giudice per punire i peccatori. C. Ghidelli scrive che Luca si serve del passo di Isaia per innestare nel primo discorso di Gesù i temi che più gli stavano a cuore: «lo Spirito Santo, l’unzione messianica, la liberazione escatologica, la gioia messianica, l’intervento di Dio in favore dei poveri e degli oppressi, la proclamazione dell’anno di grazia» (p. 118). Perciò sembra che in Le questo discorso «svolga il ruolo che ha il discorso della montagna nel quadro del vangelo di Matteo: è la magna charta, il programma essenziale del suo ministero» (ivi; cf. pure Rosse, pp. 154-155)

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette - Mons. Vincenzo Paglia: [...] Terminata la lettura, Gesù chiude il rotolo. Tutti hanno gli occhi fissi su di lui; la meraviglia è notevole. Per quanto si può arguire dal Vangelo Gesù non si era mai fatto notare a Nazareth; non aveva seguito corsi di rabbino, né aveva operato cose straordinarie. Solo ultimamente si era sentito che aveva iniziato a parlare in altre cittadine della Galilea. È la prima volta che predica a Nazareth. Cosa dirà? La liturgia, quasi a forzarci ad entrare in questa scena evangelica, ci propone anche l’antica assemblea del popolo d’Israele radunato attorno al sacerdote Esdra. “Tutto il popolo piangeva [...] mentre ascoltava le parole della Legge”. Piangeva perché, finalmente, il Signore era tornato a parlare, a raccoglierli e a offrire loro la speranza di una vita più bella. Non erano più un popolo abbandonato, senza speranza e senza parole. Si accese in loro la speranza che il mondo sarebbe stato visitato dal Signore.
Gesù arrotola il volume e lo depone. Siede. Tutti lo guardano con grande attenzione, sottolinea l’Evangelista, come a farci rivivere quei cuori sospesi nell’ascolto e nell’attesa.
“Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”. Gesù non commenta, compie! “Oggi”. La speranza non è più un sogno lontano, probabile, indefinito, quasi fosse ridotta ad un modo per sopportare meglio le difficoltà del presente. Il tempo non scorre più senza un orientamento. Dopo la Sinagoga di Nazareth tutti possiamo aiutare il Signore perché si compia per tanti il Vangelo. “Oggi” ti vengo a trovare! “Oggi” inizio a dire quelle parole di amore che non so più pronunciare o che sono sempre rimaste dentro! “Oggi” vado oltre il rancore, la paura, il giudizio; “oggi” scelgo di essere generoso, cambio atteggiamento, volto. “Oggi” chiedo perdono a chi ho offeso o tradito. “Oggi” ti aiuto, pover’uomo che chiedi ed hai bisogno di tutto. “Oggi” vogliamo che i malati dell’Africa trovino le cure che un mondo ingiusto vuole negare. “Oggi” possiamo aiutare ad uscire dalla prigione amarissima della solitudine, dall’oppressione della violenza e della guerra. Non rimandiamo sempre al domani, per pigrizia e paura, per sciocco ottimismo. “Oggi”  alziamo gli occhi e guardiamo i campi che già biondeggiano. Apriamo gli occhi del cuore e crediamo nell’amore, potenza del Signore, che egli dona ai suoi, speranza dei poveri e degli oppressi. È l’oggi di Dio. Che non finisce mai.
Ogni volta che il Vangelo viene proclamato, come in questo giorno, si compie questo “oggi” di Dio, l’oggi della liberazione, l’oggi della festa, l’oggi del Vangelo. Ogni volta che si apre il Vangelo dobbiamo sentirci dire: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. L’oggi di Dio entra nei nostri cuori, nelle nostre giornate, anche se tutto quel che accade intorno ci spinge a non credere più a nulla, a non ritenere possibile che questo “oggi” straordinario possa giungere, per rassegnarci tutti all’ineluttabile. Noi crediamo, invece, che l’oggi del Signore - quella festa di cui abbiamo ascoltato nella prima lettura - arrivi per ogni uomo e per ogni donna, in tutti i luoghi della terra, anche in quelli nei quali sembra più impossibile.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Vangelo).   
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che nella partecipazione a questi santi misteri
ci doni il pegno della redenzione eterna,
fa’ che la tua Chiesa,
riunita nel rendimento di grazie,
sia per tutti gli uomini sacramento di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.