9 DICEMBRE 2019

Lunedì II Settimana di Avvento
  
 Is 35,1-10; Sal 84 (85); Lc 5,17-26  

Colletta: Salga a te, o Padre, la preghiera del tuo popolo, perché nell’attesa fervida e operosa si prepari a celebrare con vera fede il grande mistero dell’incarnazione del tuo unico Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te...

Un giorno Gesù stava insegnando. La Parola che Gesù annunzia al popolo è il Vangelo nel suo duplice aspetto: di insegnamento e di Buona Novella. Lo Spirito del Signore, che è sopra di lui, lo ha mandato «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
La dolcezza, la mitezza, la benevolenza e sopra tutto la misericordia usata da Gesù nei confronti dei tanti malati da lui guariti, spingono gli improvvisati portantini ad essere invadenti oltre misura; una invadenza che è segno di fiducia nel potere del Cristo e che diventa per tutti i credenti un invito ad accogliere con prontezza la parola di salvezza, ad abbandonarsi all’amore misericordioso di Dio e a confidare in Lui. Il gesto un po’ prepotente di salire sul tetto per calare il paralitico ai piedi di Gesù, è semplicemente un atto di fede ed è questa fede che libera l’uomo dal male e dal peccato; lo redime e gli dona perfetta vittoria sul mondo (Cf. 1Gv 5,4-5).
Se Gesù dona la salute fisica e contemporaneamente il perdono dei peccati, non dobbiamo credere che quel paralitico fosse più peccatore che malato: Gesù «fa intendere che in quell’uomo si sono rese evidenti in modo particolare le conseguenze di quella separazione tra Dio e uomo nella quale risiede la radice del male. Gesù richiama i presenti a questa considerazione affinché non si fermino alla esteriorità del miracolo. E … “affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati... ti ordino... alzati” chiarisce la verità opposta, cioè che il perdono non resta mai un fatto puramente interiore, psicologico, ma riconduce anche l’aspetto corporale dell’uomo sotto la sovranità di Dio» (P. Antonio Di Masi).

Dal Vangelo secondo Luca 5,17-26: Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Ti sono perdonati i peccati... costui bestemmia: la bestemmia consisteva nel maledire il nome di Dio ed era punita con la lapidazione (Cf. Lv 2,16). Nel nostro caso, gli scribi potevano parlare di bestemmia soltanto in modo indiretto: Egli che era uomo si faceva Dio (Cf. Gv 10,33), appropriandosi di prerogative divine come quella di perdonare i peccati.
La reazione degli scribi è la reazione degli ottusi; la risposta di coloro che si sono faticosamente e ostinatamente costruite certezze su Dio, sull’uomo e nelle quali si sono rinchiusi perché abbarbicati al passato e sopra tutto per paura del nuovo.
«Ecco, io faccio una cosa nuova ... io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati» (Is 43,18.25): la parola di Dio che risuona per bocca del profeta Isaia ora trova pienezza e compiutezza nel potere di Gesù di sanare i malati e di rimettere i peccati: «Ti sono perdonati i tuoi peccati … àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua».
Proprio perché Dio è imprevedibile è meglio tenerlo relegato dentro i confini della più rigorosa interpretazione della Legge: Dio è fedele e non può smentire se stesso; Dio nessuno lo può vedere e restare vivo (Cf. Es 33,20) e solo lui può rimettere i peccati (Cf. Is 1,18), quindi Gesù, che si arroga questo potere, è un bestemmiatore; un uomo pericoloso che mina il potere costituito e corrompe le tradizioni dei padri, quindi deve essere immediatamente eliminato.
Il giudizio degli scribi era «fondamentalmente giusto, perché il rimettere i peccati è una prerogativa esclusiva di Dio [Cf. Es 34,6-8; Sal 103,3; Is 43,25; 44,22]. Ma avevano torto in quanto dall’osservazione dei fatti prodigiosi compiuti da Gesù non avevano saputo risalire alla sorgente divina delle sue facoltà» (Adalberto Sisti, Marco). La tentazione di imprigionare Dio dentro gli oscuri schemi della grettezza umana, di asservirlo alle proprie conoscenze sono purtroppo manovre tentate spesso dai battezzati e anche dagli uomini di Chiesa: è la tentazione dei nostalgici.
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti. Gesù con una impietosa operazione chirurgica mette fuori, alla luce del sole, i pensieri occulti degli scribi e anche questa è una prerogativa divina: solo Dio può conoscere i pensieri dell’uomo, solo Lui scruta il cuore degli uomini (Cf. Ger 17,9-10).
Che cosa è più facile... Il perdono dei peccati è qualcosa che non si può riscontrare, il miracolo sì; ecco perché Gesù per dare prova che il «Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra», sana il paralitico nel corpo. Solo la folla a questo punto applaudisce. È meravigliata non tanto, o non solo, per il miracolo prodigioso, quanto per l’autorità che Gesù rivendica a sé.
A Cafarnao Gesù aveva già operato guarigioni, liberazioni di indemoniati meravigliando tutti, ma ora, cosa mai vista, sana un uomo dalla lebbra del peccato dandone la prova certa guarendolo dalla paralisi, per questo motivo la gente stupita, lodando Dio, diceva: «Oggi abbiamo visto cose meravigliose».
Ma quanta amarezza nel vedere come gli scribi, che avevano le carte in regola per riconoscere tali cose, in verità, per la loro albagia, escono fuori dal coro.

Il peccato: l’insegnamento del Nuovo Testamento - S. Lyonnet: 1. Gesù ed i peccatori, a) Fin dall’inizio della catechesi sinottica vediamo Gesù in mezzo ai peccatori. Egli infatti è venuto per essi, non per i giusti (Mc 2,17). Servendosi del vocabolario giudaico dell’epoca, egli annunzia loro che i loro peccati sono «rimessi». Non già che, assimilando in tal modo il peccato ad un «debito», anzi, usandone talvolta il termine (Mt 6,12; 18,23ss), egli intenda suggerire che esso poteva essere perdonato con un atto di Dio che non avrebbe richiesto la trasformazione dello spirito e del cuore dell’uomo. Al pari dei profeti e di Giovanni Battista (Mc 1,4), Gesù predica la conversione, un mutamento radicale dello spirito che ponga l’uomo nella disposizione di accogliere il favore divino, di lasciarsi manovrare da Dio: «Il regno di Dio è vicino: pentitevi e credete alla buona novella» (MC 1, 15). Per contro, dinanzi a chi rifiuta la luce (Mc 3,29 par.) o immagina di non aver bisogno di perdono, come il fariseo della parabola (Lc 18,9ss), Gesù rimane impotente.
b) Perciò, come già i profeti, egli denunzia il peccato dovunque si trovi, anche in coloro che si credono giusti perché osservano le prescrizioni di una legge esterna. Infatti il peccato è dentro il cuore, donde «escono i disegni perversi: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frodi, lascivia, invidia, diffamazione, orgoglio, stoltezza; sono tutte queste cose cattive che escono dal di dentro e contaminano l’uomo» (Mc 7,21ss par.). E questo perché egli è venuto «a portare a compimento la legge» nella sua pienezza, ben lungi dall’abolirla (Mt 5,17); il discepolo di Gesù non può accontentarsi della «giustizia degli scribi e dei farisei» (5,20); senza dubbio la giustizia di Gesù si riduce in definitiva al solo precetto dell’amore (7,12); ma il discepolo, vedendo agire il suo maestro, conoscerà a poco a poco quel che significhi «amare» e correlativamente ciò che è il peccato, rifiuto d’amore.
c) Lo conoscerà specialmente sentendo Gesù che gli rivela l’inconcepibile misericordia di Dio per il peccatore. Pochi passi del Nuovo Testamento meglio della parabola del figliuol prodigo o piuttosto del padre misericordioso (Lc 15,11ss), così si vicina d’altronde all’insegnamento profetico, manifestano in qual senso il peccato è un’offesa di Dio e quanto sarebbe assurdo concepire perdono di Dio che non comportasse il ritorno del peccatore. Al di là dell’atto di disobbedienza che si può supporre - benché il solo fratello maggiore vi faccia allusione per opporlo alla sua propria obbedienza (v. 29 s) -, ciò che ha «contristato» il padre è la partenza del figlio suo, la volontà di non essere più figlio, di non più permettere al padre di amarlo efficacemente: ha «offeso» il padre privandolo della sua presenza di figlio. Come potrebbe «riparare» questa offesa se non col suo ritorno, accettando nuovamente di essere trattato come un figlio? Perciò la parabola sottolinea la gioia del padre. Escluso un simile ritorno, non si potrebbe concepire alcun perdono; o meglio, il padre aveva perdonato da sempre; ma il perdono non raggiunge efficacemente il peccato del figlio se non nel ritorno e mediante il ritorno di questi.
d) Ora questo atteggiamento di Dio nei confronti del peccato, Gesù lo rivela ancor più mediante i suoi atti che mediante le sue parole. Non soltanto accoglie i peccatori con lo stesso amore e la stessa delicatezza del padre della parabola (ad es. Lc 7,36ss; 19,5; Mc 2,15ss; Gv 8,10s), a rischio di scandalizzare i testimoni di una simile misericordia, incapaci di comprenderla come lo era stato il figlio maggiore (Lc 15,28ss). Ma agisce direttamente contro il peccato: trionfa, per primo, di Satana al momento della tentazione; durante la vita pubblica strappa già gli uomini a questo potere del demonio e del peccato che è costituito dalla malattia e dalla possessione (cfr. Mc 1,23), inaugurando in tal modo la funzione del servo (Mt 8,16s), in attesa di «dare la propria vita in riscatto» (Mt 10,45) e di «spargere il suo sangue, il sangue dell’alleanza, per una moltitudine in remissione dei peccati» (Mt 26,28).

 L’attuale percezione del peccato - Giannino Piana: La percezione del peccato, del suo significato e della sua gravità, è oggi fortemente in crisi. A determinare tale crisi hanno concorso, da un lato, l’attenuarsi progressivo nella coscienza del senso di Dio e, dall’altro, la sottolineatura dei limiti della libertà umana, fino alla sua radicale negazione. Il fenomeno della secolarizzazione nelle sue espressioni più accentuate, conduce alla totale autonomia dell’uomo nel mondo; mentre i risultati delle scienze umane, soprattutto quando si indulge verso una loro interpretazione ideologica, portano a maggiorare i condizionamenti dell’agire, al punto di disconoscere la responsabilità umana. Questa situazione può provocare una salutare purificazione del concetto di peccato, evitando di confonderlo con la semplice rottura con ordinamenti esistenti indebitamente sacralizzati o di assimilarlo con sentimenti di colpa di origine nevrotica. Ma non si può misconoscere che il venir meno del senso di Dio porta inevitabilmente con sé la caduta della coscienza del peccato, se è vero che essa è resa possibile solo dallo “stare dell’uomo davanti a Dio” (P. Ricoeur); come non si può dimenticare che peccato e libertà sono grandezze direttamente proporzionali, e che pertanto l’esperienza della libertà e della responsabilità umana è condizione essenziale perché l’uomo possa accusarsi di peccato. Il ricupero del senso autentico del peccato è dunque legato a una corretta ridefinizione del ruolo di Dio nell’esistenza dell’uomo e a un’altrettanto corretta assimilazione esistenziale della libertà umana, cioè alla consapevolezza delle possibilità e dei limiti del suo concreto esercizio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Oggi abbiamo visto cose meravigliose» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Il pane eucaristico, che abbiamo ricevuto,
fortifichi e rinnovi la tua famiglia, Signore,
perché custodisca sempre il dono della fede
e cammini fiduciosa
sulla via segnata dai tuoi comandamenti.
Per Cristo nostro Signore.