5 DICEMBRE 2019

Giovedì della I Settimana di Avvento

   Is 26,1-6; Sal 117 (118); Mt 7,21.24-27

Colletta: Ridesta la tua potenza, Signore, e con grande forza soccorri i tuo fedeli; la tua grazia vinca le resistenze del peccato e affretti il momento della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

I capitoli cinque, sei e sette del Vangelo di Matteo contengono l’ampio discorso evangelico che Gesù rivolge alla folla e ai suoi discepoli e che è comunemente conosciuto come la Magna Charta del Regno dei Cieli. L’uomo, costruito solidamente nella sua libertà, può accogliere il Vangelo, la Buona Novella della salvezza, oppure rigettarlo, esponendosi alla catastrofe. Per l’uomo non vi sono vie intermedie: chi non è con Cristo è contro di lui, e chi non raccoglie con lui, disperde (Cf. Mt 12,30). La vita dell’uomo non è una sequenza fissa di avvenimenti che sono inevitabili e invariabili, né esiste una volontà che predetermina e ordina il corso degli avvenimenti: tutto poggia sulla sapienza o sulla insipienza dell’uomo, e quindi sulla sua capacità di saper discernere e percorrere quell’unica via che conduce alla vita.

Dal Vangelo secondo Matteo 7,21.24-27: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

I capitoli 5-7 sono la magna carta del Regno di Dio, i versetti 21-27 del 7mo capitolo chiudono questa lunga sezione. Il versetto 21, Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, probabilmente si riferisce “ai cristiani entusiasti e carismatici, però neghittosi e disimpegnati. Costoro pensavano di piacere a Dio con grandi manifestazioni di devozione e con solenni professioni di fede nelle assemblee liturgiche. Per bocca di Gesù viene contestata la pietà falsa di questi cristiani. Non basta invocarlo e proclamarlo «Signore, Signore!», ma bisogna anzitutto impegnarsi seriamente per fare la volontà del Padre. Se la preghiera è disgiunta da una condotta di vita autenticamente cristiana non serve a nulla. È ancora l’orto prassi il criterio per discernere i veri dai falsi discepoli” (Angelico Poppi, I Quattro Vangeli).
I versetti 24-27 suggeriscono ai “veri discepoli” come edificare la loro vita perché possano ottenere il dono della beatitudine eterna. Fare la volontà del Padre e ascoltare le parole di Gesù sono consequenziali: la volontà di Gesù è la volontà del Padre, e la sua parola è la parola del Padre. Da qui si evince che colui che fa la volontà di Gesù fa la volontà del Padre, e chi ascolta la sua parola ascolta la parola Padre: “Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato… Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 5,30; 14,23; cfr. 4,34; 6,38).
In questi ultimi versetti il discorso della Montagna ha “una conclusione degna della sua apertura: l’immagine dell’edificio innalzato sulla roccia che non crolla, in contrasto con quello costruito sulla sabbia. Il discepolo di Gesù è un uomo saggio che edifica su solidi basi: l’ascolto e la messa in pratica degli insegnamenti del Maestro” (Angelo Lancellotti, Matteo).

Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli: Gesù al termine del lungo discorso evangelico (Cf. Mt 5-7), con il quale ha esposto lo spirito nuovo del regno di Dio, pone la folla e i suoi discepoli dinanzi alle loro concrete responsabilità: essere suoi seguaci comporta unicamente una vita pienamente donata all’Amore e agli uomini, liberamente compiacente a fare la volontà di Dio. Per entrare nel regno dei cieli non serve a nulla vantare amicizie o parentele con il Cristo oppure operare prodigi nel suo nome.
La salvezza non sta nel fare miracoli, nel parlare lingue sconosciute o esorcizzare i diavoli, ma nel fare la volontà del Padre.
Il profeta Geremia, molti anni prima, aveva rivolto a Israele lo stesso monito: «Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo. Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!» (Ger 7,3-4).
Per Gesù, la discrasia tra il dire e il fare pone gli uomini nella condizione di andare incontro a un giudizio avverso: in «quel giorno», nel giorno del giudizio, coloro che conoscendo la volontà di Dio, non avranno disposto o agito secondo la sua volontà (Cf. Lc 12,47), saranno condannati al «fuoco eterno» (Mt 25,41; Cf. Mt 18,8). I falsi profeti e i carismatici millantatori sono «condannati dal giudice non per la mancanza di opere buone: hanno parlato profeticamente, hanno portato gli uomini a Dio, hanno vinto satana secondo lo stile della vittoria di Cristo su di lui [Mt 12,28]; hanno fatto meraviglie ... ma non hanno compiuto la volontà di Dio. Per questo, coloro che si presentano con questa arroganza davanti a Dio sono chiamati operatori di “iniquità”» (Felipe F. Ramos).

Perciò chiunque ascolta queste mie parole - Wolfgang Trilling (Vangelo di Matteo): Gesù ci presenta i due costruttori come esempio. A chi volete assomigliare nella costruzione della casa della vostra vita? Nel giudizio degli uomini l’uno è saggio e prudente, l’altro è uno stolto che merita giustamente «il danno e le beffe». Accade così anche nei riguardi della dottrina di Gesù: chi lo ascolta e lo segue è un uomo prudente; chi invece ascolta solo, ma non lo segue, è uno stolto. Ci sono unicamente queste due possibilità, e anche qui l’unica cosa veramente decisiva è «il fare». «Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori» (Gc 1, 22). Questa non è, come nel racconto, una prudenza a stoltezza semplicemente umana e terrena. Qui non si tratta di ciò che ha successo nella vita presente, di ciò che rende salda la casa materiale. Lo stolto dell’immagine poteva costruirsi una nuova casa e imparare a sue spese la prudenza.
Al discepolo di Gesù è possibile questo? Gesù dice: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio...», cioè nel giorno del giudizio. L’uragano del racconto è descritto con colori così forti da far pensare all’immane catastrofe che chiuderà la storia. Cadde la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e s’abbatterono su quella casa. Questa immagine richiama “l’uragano” escatologico, che decide una volta per tutte la sorte della casa della tua vita: nessuno potrà cominciare a edificare una seconda volta. Se la casa è crollata resta in rovina, per sempre. Queste parole danno a tutto il discorso della montagna una profondità e una efficacia particolare. Tu puoi costruirti una casa soltanto nell’uno o nell’altro modo. Le parole di Gesù ci indicano dove dobbiamo porre le fondamenta per poter resistere all’uragano del giudizio; ma ascoltarle e conoscerle non basta, se non costruiamo effettivamente sulla roccia, cioè se non mettiamo in pratica le sue parole. Tutto incalza; non soltanto perché così vuole Dio o così fu rivelato da Gesù, ma perché per ognuno il tempo urge. La vita è una e irripetibile, e il giudizio finale è inevitabile. Solo colui che ha costruito la sua vita avendo come unico ideale Dio, il suo regno e la sua giustizia, lo potrà superare.

Un mondo da costruire e da condurre al suo fine - Gaudium et spes 93: I cristiani, ricordando le parole del Signore: «in questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo. Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e beneficiando della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a colui che tutti giudicherà nell’ultimo giorno.
Non tutti infatti quelli che dicono: «Signore, Signore», entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre e coraggiosamente agiscono. Perché la volontà del Padre è che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello, con la parola e con l’azione, rendendo così testimonianza alla verità, e comunichiamo agli altri il mistero dell’amore del Padre celeste.
Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla fine essi vengano ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore. « A colui che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen» (Ef 3,20-21).

Giovanni Paolo II (Omelia 6 Giugno 1999): Che cosa Cristo, dice in proposito, nella pagina dell’odierno Vangelo? Terminando il discorso della montagna, disse: “chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7, 24-25). L’opposto di colui che costruì sulla roccia è l’uomo che costruì sulla sabbia. La sua costruzione si dimostrò poco resistente. Di fronte alle prove e alle difficoltà crollò. Cristo ci insegna questo.
Una casa costruita sulla roccia. L’edificio della vita. Come costruirlo affinché non crolli sotto la pressione degli avvenimenti di questo mondo? Come costruire questo edificio perché da “abitazione sulla terra” diventi un’“abitazione ricevuta da Dio?, una dimora eterna nei cieli non costruita da mani di uomo” (cfr. 2Cor 5,1)? Oggi udiamo la risposta a questi interrogativi essenziali della fede: alla base della costruzione cristiana c’è l’ascolto e il compimento della parola di Cristo. E dicendo “la parola di Cristo” abbiamo in mente non soltanto il suo insegnamento, le parabole, le promesse, ma anche le sue opere, i segni, i miracoli. E soprattutto la sua morte, la risurrezione e la discesa dello Spirito Santo. Più ancora: abbiamo in mente il Figlio di Dio stesso, l’eterno Verbo del Padre, nel mistero dell’incarnazione. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Vangelo).  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questo sacramento
che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano della vita,
ci sostenga, Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni.
Per Cristo nostro Signore
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