30 Dicembre 2019

LUNEDÌ VI GIORNO FRA OTTAVA DI NATALE

1Gv 2,12-17; Sal 95 (96); Lc 2,36-40

Colletta: Dio grande e misericordioso, la nuova nascita del tuo unico Figlio nella nostra carne mortale ci liberi dalla schiavitù antica, che ci tiene sotto il giogo del peccato. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

La profetessa Anna, molto avanzata in età, non annuncia alcuna nuova rivelazione, ma si mette a lodare Dio e a parlare del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. La liberazione messianica del popolo eletto (Lc 1,68; 24,21) interessava innanzi tutto la sua capitale (cf. Is 40,2; 52,9). Gerusalemme è per l’evangelista Luca il centro predestinato per l’opera salvifica (Lc 9,31.51.53; 13,22-23; 17,11; 18,31; 19,11; 24,47-49.24,52; At 1,8). La lode della profetessa Anna, modello della vedova giudea e cristiana, facendo eco al cantico di Simeone, permette all’evangelista Luca di chiudere il racconto della presentazione al Tempio con una nota gioiosa. La conclusione (vv. 39-40) ricorda ancora una volta la fedeltà dei genitori alla Legge. Poi c’è il ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.

Dal Vangelo secondo  Luca 2,36-40: [Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Maria e Giuseppe… - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 36-38 Alla presenza maschile nel tempio in attesa del Messia, Luca associa quella femminile, come fa spesso nel corso del suo libro. Per Anna si rifà a un ricordo storico, probabilmente trasmesso nella comunità di Gerusalemme. Anna aveva 84 anni; si può anche intendere che era rimasta vedova per 84 anni, dopo sette anni di convivenza matrimoniale. Siccome il matrimonio avveniva a 14 anni circa, sarebbe vissuta 105 anni (14+ 7 +84), l’età di Giuditta (Gdt 16,23), prototipo della donna forte, piena d’amor patrio. Luca forse vuole farne il modello per le vedove cristiane, molto onorate nella chiesa per il loro generoso servizio.
vv. 39-40 Due ritornelli, della partenza (v. 39) e della crescita di Gesù (v. 40), concludono l’episodio della presentazione. Il domicilio e la crescita di Gesù a Nazaret sono confermati dalla tradizione autonoma di Matteo (2,23). La sacra famiglia, secondo Luca, vi ritornò subito dopo la presentazione, cioè una quarantina di giorni dopo la nascita di Gesù a Betlemme. L’evangelista ne ignora la fuga e il soggiorno in Egitto (cf. Mt 2,14.23). Il ritornello della crescita corrisponde a quello che conclude la narrazione della nascita del Battista (1,80); ma viene accentuata la superiorità di Gesù, che era pieno di sapienza, ciò che viene comprovato dall’episodio seguente. La grazia indica la benevolenza di Dio in suo favore.

La profetessa Anna, «figlia di Fanuèle», riconosce nel bambino Gesù il Messia e per questo favore si mette «a lodare Dio e a parlare del bambino». Per molti, poiché il termine bambino non ricorre nel testo, la «traduzione l’aggiunge per evitare la strana ambiguità, che sembra identificare questo piccolo con Dio. Questa applicazione a Cristo di testi concernenti Jahve non è specifica di Luca, ma costante nel Nuovo Testamento per esprimere la divinità di Cristo» (René Laurentin).
Della tribù di Aser, l’ultima nel tradizionale elenco delle tribù d’Israele: in questo modo «tutte le tribù d’Israele, anche l’ultima, almeno nelle anime ben disposte e pie», riconoscono «in Gesù bambino il redentore di Israele» e ne divengono «apostole. Ecco il tocco finale di Luca in questo secondo trittico: è un monito a tutti gli israeliti ad aprirsi al Signore, e a noi cristiani a non stimarci sicuri della salvezza per il solo fatto che siamo nati nel nuovo Israele» (Giovanni Leonardi).

C’era una profetessa, Anna, … era poi rimasta vedova: P. Sandevoir: Sola (Bar 4,12-16), la vedova rappresenta un caso tipico di sventura (Is 47,9). La sua condizione rende manifesto un duplice lutto: a meno di contrarre un nuovo matrimonio, essa ha perduto la speranza della fecondità; è rimasta senza difesa.
1. L’assistenza alle vedove. - Come l’orfano e lo straniero, la vedova è oggetto di una particolare protezione da parte della legge (Es 22,20-23; Deut 14,28-29; 24,17-22) e di Dio (Deut 10,17s) che ascolta il suo lamento (Eccli 35,14s) e si fa il suo difensore e vendicatore (Sal 96,6-10). Guai a coloro che abusano della sua debolezza (Is 10,2; Mt 12,40 par.). Gesù, come Elia, restituisce a una vedova il suo unico figlio (Lc 7,11-15; 1 Re 17,17-24) e affida Maria al discepolo prediletto (Gv 19,26s). Nel servizio quotidiano della Chiesa primitiva, ci si preoccupa di sovvenire alle necessità delle vedove (Atti 6,1). Se non hanno più parenti (1Tm 5,16; cfr. Atti 9,36-39), la comunità deve assumersene la responsabilità, come esige la pietà autentica (Giac 1,27; cfr. Deut 26,1 s; Giob 31,16).
2. Valore riconosciuto alla vedovanza. - Già verso la fine del VT, si assiste alla nascita di una particolare stima per la vedovanza definitiva di Giuditta (Giudit 8,4-8; 16,22) e di Anna la profetessa (Lc 2,36s), consacrata a Dio nella preghiera e nella penitenza. In Giuditta balza agli occhi il contrasto tra la naturale debolezza e la forza attinta in Dio. Allo stesso modo Paolo, pur tollerando un secondo matrimonio, per evitare i pericoli di una cattiva condotta (1Cor 7,9.39), e arrivando fino ad auspicarlo per le giovani vedove (1Tim 5,13-15), considera però migliore la vedovanza (1Cor 7,8) e vi vede una provvidenziale indicazione della necessità di rinunciare al matrimonio (7,17.24). Infatti, la vedovanza, al pari della verginità, è un ideale spirituale che apre all’azione di Dio e libera per il suo servizio (7,34).
3. L’istituzione delle vedove. - Nella Chiesa, tutte le vedove devono essere irreprensibili (1Tim 5,7.14). Certune, veramente sole, libere da ogni impegno familiare e aliene da ogni dissipazione, si dedicheranno alla preghiera (5,5s). Esiste anche un impegno ufficiale alla vedovanza permanente (5,12). Vi sono ammesse solo vedove Che siano state sposate una volta sola e abbiano raggiunto i sessant’anni (5,9); è probabile che esercitassero funzioni caritative, perché dovevano fornire per il passato garanzie di dedizione (510). L’ideale proposto alle vedove all’ultima tappa della loro esistenza si riassume quindi nella preghiera, nella castità e nella carità. 

… si mise anche a lodare Dio - A. Ridouard: La lode cristiana - Nel suo movimento essenziale la lode rimane identica dall’uno all’altro testamento. Essa tuttavia è ormai cristiana, anzitutto perché è suscitata dal dono di Cristo, in occasione della potenza redentrice manifestata in Cristo. Per il senso della lode degli angeli e dei pastori a Natale (Lc 2,13s.20), nonché della lode delle folle dopo i miracoli (Mc 7,36s; Lc 18,43; 19,37); è pure il senso fondamentale dell’Hosanna della domenica delle palme (cfr. Mt 21,16 = Sal 8,2s), ed anche del cantico dell’agnello nell’Apocalisse (cfr. Apoc 15,3).
Alcuni frammenti di inni primitivi, conservati nelle lettere, rimandano l’eco di questa lode cristiana rivolta a Dio Padre, che ha già rivelato il mistero della pietà (1Tim 3,16), e farà rifulgere il ritorno di Cristo (1Tim 6,15s); lode che confessa il mistero di Cristo (Fil 2,5...; Col 1,15 ...), od il mistero della salvezza (2Tim 2,11ss), diventando così talvolta vera confessione della fede e della vita cristiana (Ef 5,14).
Fondata sul dono di Cristo, la lode del Nuovo Testamento è cristiana anche nel senso che sale a Dio con Cristo ed in Cristo (cfr. Ef 3,21); lode filiale sull’esempio della preghiera stessa di Cristo (cfr. Mt 11,25); lode rivolta anche direttamente a Cristo in persona (Mt 21,9; Atti 19,17; Ebr 13,21; Apoc 5,9). In tutti i sensi è giusto affermare: ormai la nostra lode è il Signore Gesù.
Fiorendo così sulla base della Scrittura, la lode doveva sempre rimanere primordiale nel Cristianesimo, ritmando la preghiera liturgica con gli Alleluia ed i Gloria Patri, animando gli spiriti in preghiera sino a permearli ed a trasformarli in una pura «lode di gloria» (cfr. Ef 1,12).

Quando ebbero adempiuto ogni cosa - Carlo Ghidelli (Luca): 39-40: Si ricompone, a questo punto, la famiglia di Maria, Giuseppe e Gesù nella loro casa di Nazaret e si conclude così la storia dell’infanzia di Gesù in senso stretto. Matteo ci ragguaglia circa altri fatti intervenuti prima del ritorno alla loro città (la visita dei Magi, la strage degli innocenti e la fuga in Egitto). Luca ha davanti a sé uno schema letterario al quale vuol rimanere fedele e al quale ha annesso un significato teologico, che a noi è dato ancor oggi riscoprire, sia pure a prezzo di attente analisi. Per questo, con estrema sobrietà, cerca di ricomporre la narrazione, per preparare l’episodio finale ed estremamente significativo, quello del ritrovamento di Gesù fra i dottori nel tempio.
Il v. 40 richiama da un lato 1,80 e anticipa dall’altro 2,41-52: si delinea così quel grande ideale della vita nascosta di Gesù a Nazaret, dove egli viveva sottomesso ai suoi, ma soprattutto dedito a quella formazione totale e globale che doveva fare di lui un uomo perfetto, un predicatore instancabile, un araldo intrepido, un testimone fedele, un martire invitto. Cresceva significa sviluppo fisico del fanciullo; sapienza indica la maturazione psicologica, essendo Gesù, come uomo, soggetto allo sviluppo psichico mediante l’acquisizione di nuove esperienze e mediante gli incontri con le persone; grazia sta ad indicare la compiacenza di Dio ed il favore degli uomini verso Gesù, che cresceva e si fortificava (v. 40): due espressioni equivalenti, queste, con cui si vuol sottolineare l’armonioso sviluppo fisico, psichico e spirituale di Gesù.

Anna era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni - Paolo Curtaz: Come Simeone, anche Anna, un’anziana vedova a servizio del tempio, vede il bambino, e il suo cuore si riempie di Gioia. Simeone e Anna rappresentano tutte le persone che, con semplicità e fedeltà, seguono il Signore, nelle nostre parrocchie, prestando qualche servizio, partecipando ogni giorno alle celebrazioni. Il Signore accetta anche questo tipo di presenza, gradisce queste persone che rappresentano lo zoccolo duro delle nostre povere comunità. E dice: anche vivendo la fedeltà con abitudine, senza grandi eventi, possiamo accogliere il Signore nel suo Natale. Dio chiede di essere accolto, di nascere nel cuore di ogni discepolo, di ogni uomo: i giorni che stiamo vivendo ci aiutano a spalancare il nostro cuore e la nostra vita alla fede del Dio che viene. Paradossalmente, dopo duemila anni di cristianesimo, il rischio è quello di anestetizzare il Natale di stravolgerne il significato, di renderlo insopportabile, inutile. Le persone che soffrono, che vivono sole, vivono il Natale come una festa infinitamente dolorosa. A loro, invece, Dio dice che sono i privilegiati, i prescelti, coloro che possono riconoscere il Dio fattosi povero.

 Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Anna è “profetessa”, donna saggia e pia che interpreta il senso profondo degli eventi storici e del messaggio di Dio in essi celato. Per questo può “lodare Dio” e parlare “del Bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38). La lunga vedovanza dedita al culto nel tempio, la fedeltà ai digiuni settimanali, la partecipazione all’attesa di quanti anelavano il riscatto d’Israele si concludono nell’incontro con il Bambino Gesù» (Benedetto XVI).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che edifichi la tua Chiesa per mezzo dei sacramenti,
suscita in noi nuove energie di vita,
perché il dono ricevuto ci prepari a riceverlo ancora.
Per Cristo nostro Signore.