2 DICEMBRE 2019

Lunedì della I Settimana di Avvento

  Is 4,2-6; Sal 121 (122); Mt 8,5-11

Colletta: Il tuo aiuto, o Padre, ci renda perseveranti nel bene in attesa del Cristo tuo Figlio; quando egli verrà e busserà alla porta ci trovi vigilanti nella preghiera, operosi nella carità fraterna ed esultanti nella lode. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Il racconto della guarigione del servo del centurione romano lo troviamo anche nel vangelo di Luca 7,1-10, ma con particolarità e intenti propri. Questa memoria ci suggerisce che il Vangelo ha superato gli angusti confini della Palestina, e ha raggiunto il cuore dei pagani: “non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.” (Col 3,11). La Chiesa per un po’ di tempo resterà chiusa nella gabbia del nazionalismo giudaico (At 11,9), poi, a motivo della continua ostilità dei giudei, comprenderà che la Buona Novella doveva essere annunciata a tutti i popoli (Mt 28,19): “Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra».” (At 13,46-48). Alla testardaggine d’Israele, popolo disobbediente e ribelle (Rm 10,21), Dio risponde pazientemente con la fedeltà: quando nell’ovile di Cristo saranno entrate tutte quante le genti, allora tutto Israele sarà salvato (Rm 11,25-26). Il Vangelo è luce che illumina tutta l’umanità, la pazienza e la fedeltà di Dio aprono i cuori degli uomini alla pace e alla speranza. Manca il versetto 12 dove è sottolineata la riprovazione di Israele, e il versetto 13 dove è esplicitato il miracolo.

Dal Vangelo secondo Matteo 8,5-11: In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 8 Matteo riporta il fatto in forma compendiosa, come appare manifestamente dal racconto parallelo di Luca, 7,1-10. Quest’ultimo evangelista parla di una ambasceria inviata a Gesù dal centurione per ottenere la guarigione. Le umili parole del centurione rivelano uno scrupolo religioso. L’ufficiale romano conosceva, per esperienza diretta, che gli Ebrei non entravano volentieri nelle case dei pagani per timore di contrarre un’impurità legale. Il centurione desidera risparmiare a Gesù un atto che poteva contaminarlo e renderlo inviso ai correligionari. Questo delicato sentimento suggerisce all’ufficiale un’espressione di fede viva nella potenza di Cristo. Gesù non aveva bisogno di recarsi nella sua casa, poiché egli, possedendo dei grandi poteri, era in grado di comandare all’infermità con una parola ed il suo ordine sarebbe stato eseguito dalle forze del male che minacciavano il servo morente.
versetto 9 Il centurione fa appello alla propria esperienza; egli conosce la potenza della parola e l’efficacia di un ordine, poiché nella sua carriera militare aveva visto come il comando giunge lontano.
versetto 10 Gesù... restò ammirato; Cristo, come uomo, era soggetto alla meraviglia. L’evangelista rileva questo aspetto interessante della natura umana di Gesù. Il Redentore elogia la fede del centurione pagano, il quale gli aveva espresso la propria fiducia nella potenza della sua parola. Non bisogna tuttavia sottilizzare troppo le parole di Cristo, né intenderle in modo assoluto, come se nessun altro ebreo avesse raggiunto l’intensità della fede del centurione.
versetti 10-11 La fede dell’ufficiale pagano richiama a Matteo un detto che Gesù pronunziò in altra circostanza (cf. Lc., 13,28-29). Cristo lamenta la sorte degli Ebrei (i figli del regno) che dovevano essere gli eredi delle promesse fatte ai patriarchi (AbramoIsaccoGiacobbe) e che invece, per un’ostinata cecità, non entrarono nel regno messianico che attendevano; al loro posto furono chiamati i pagani da ogni parte del mondo. Il pensiero è espresso con le immagini del banchetto e delle tenebre; i pagani siedono festosamente a mensa con i patriarchi, gli Ebrei invece rimangono nelle tenebre e in un luogo di pianto e di dolore.

In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): La «grande fede» del centurione richiama inevitabilmente la «poca fede» o incredulità dei giudei. Matteo ribadisce la lezione con un altro logion sulla futura conversione dei gentili e defezione dei connazionali. La venuta dall’Oriente e dall’Occidente attua un oracolo profetico. L’evangelista della chiesa dei giudei non perde di mira la comunità etnico-cristiana che, al momento in cui egli scrive, ha preso il posto della sinagoga. I magi, il centurione, la cananea (15,22-28) segnano i capisaldi del nuovo corso della storia della salvezza che trova nel solenne invio ai gentili la sua conclusione (28, 8-19). L’era messianica è simboleggiata nell’immagine di un convito. Sedersi attorno alla stessa mensa significa partecipare alla medesima comunità di beni. Nella grande sala, accanto ai capostipiti del popolo israelitico, prendono posto i pagani rimasti sino allora fuori. Il paradosso di questo rovescio sta nel fatto che i gentili si siedano al banchetto escatologico con i patriarchi giudaici, mentre i discendenti di tali antenati sono messi alla porta. Accanto ad Abramo, il padre dei credenti, si trovano solo coloro che accettano Cristo, non i suoi «figli» carnali. Egli è il capostipite di un popolo nuovo che possiede la sua stessa fede. Di fronte alle conversioni dal paganesimo, il giudaismo si irrigidirà nel suo diniego fino a essere espulso dalla sala conviviale, cioè dal regno messianico. La condizione in cui verranno a trovarsi gli israeliti è la stessa in cui si trovavano i pagani prima di essere chiamati. La luce e le tenebre simboleggiano la verità e l’errore, il bene e il male, Dio e Satana. Anche il richiamo allo stridore dei denti fa pensare a una condizione di particolare disagio.

La fede - Bibbia d Gerusalemme (nota a Mt 8,10): La fede, che Gesù richiede fin dall’inizio della sua attività (Mc 1,15) e che richiederà incessantemente, è un movimento di fiducia e di abbandono per il quale l’uomo rinuncia a far affidamento sui propri pensieri e sulle proprie forze, per rimettersi alle parole e alla potenza di colui nel quale crede (Lc 1,20.45; Mt 21,25p.32). Gesù la domanda in modo particolare in occasione dei miracoli (8,13; 9,2p.22p.28-29; 15,28; Mc 5,36p; 10,52p; Lc 17,19), che sono meno atti di misericordia che segni della sua missione e del Regno (8,3+, cf Gv 2,11+1; così egli non può compierne se non trova la fede, che deve dare ad essi il loro vero significato (2,38-39; 13.58p; 16,1-4). Esigendo un sacrificio dello spirito e di tutto l’essere, la fede è un atto difficile di umiltà (18,61), che molti rifiutano di compiere, particolarmente in Israele (8,10p; 15,28; 27,42p; Lc 18,8) o lo fanno solo per metà (Mc 9,24; Lc 8,13).
l discepoli stessi sono lenti a credere (8,26p; 14,31; 16,8; 17,20p), anche dopo la risurrezione (28,17; Mc 16,11-14; Lc 24,11.25.41). Anche la fede più sincera del loro capo, la «roccia» (16,16-18), sarà scossa dallo scanda­lo della passione (26,69-75p), ma poi trionferà (Lc 22,32). Quando è forte, la fede opera meraviglie (17,20p: 21,21p; Mc 16,171, ottiene tutto 121,22p; Mc 9,23), in particolare la remissione dci peccat(i 19,2p; Lc 7,50) e la salvezza, di cui è la condizione indispensabile (Lc 8,12; Mc 16,16; cf, At 3,16+).

La fede della Chiesa - J. Duplacy: 1. La fede pasquale. - Malgrado la loro conoscenza dei misteri del regno (Mt 13,11 par.), i discepoli ebbero difficoltà a mettersi sulla via in cui, nella fede, dovevano seguire il figlio dell’uomo (16,21-23 par.). La fiducia che esclude ogni  preoccupazione ed ogni timore (Lc 12, 22-32 par.) non era loro abituale (Mc 4,35-41; Mt 16,5-12 par.). Quindi, la prova della passione (Mt 26,41) sarà per essi uno scandalo (26,33). Ciò che allora essi vedono richiede molta fede (cfr. Mc 15,31s). La fede dello stesso Pietro, senza sparire - perché Gesù aveva pregato per essa (Lc 22,32) - non ebbe il coraggio di affermarsi (22,54-62 par.). La fede dei discepoli doveva ancora fare un passo decisivo per diventare la fede della Chiesa.
Questo passo fu compiuto quando i discepoli, dopo molte esitazioni in occasione delle apparizioni di Gesù (Mt 28,17; Mc 16,11-14; Lc 24,11), credettero alla sua risurrezione. Testimoni di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto (Atti 10, 39), essi lo proclamano «Signore e Cristo», nel quale sono compiute invisibilmente le promesse (2,33-36). Ora la loro fede è capace di giungere «fino al sangue» (cfr. Ebr 12,4). Essi chiamano i loro uditori a condividerla per beneficiare della promessa ottenendo la remissione dei loro peccati (Atti 2,38s; 10,43). La fede della Chiesa è nata.
2. La fede nella parola. - Credere significa innanzitutto accogliere questa predicazione dei testimoni, il vangelo (Atti 15,7; 1Cor 15,2), la parola (Atti 2,41; Rom 10,17; 1Piet 2,8), confessando Gesù come Signore (1Cor 12,3; Rom 10,9; cfr. 1Gv 2,22). Questo messaggio iniziale, trasmesso come una tradizione (1Cor 15,1-3), potrà arricchirsi e precisarsi in un insegnamento (1Tim 4,6; 2Tim 4,1-5): questa parola umana sarà sempre, per la fede, la parola stessa di Dio (1Tess 2, 3). Riceverla, vuol dire per il pagano abbandonare gli idoli e rivolgersi al Dio vivo e vero (1Tess 1,8ss), significa per tutti riconoscere che il Signore Gesù porta a compimento il disegno di Dio (Atti 5,14; 13,27- 37; cfr. 1Gv 2,24). Significa, ricevendo il battesimo, confessare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Mt 28,19). Questa fede, come constaterà Paolo, apre all’intelligenza «i tesori di sapienza e di scienza» che sono in Cristo (Col 2,3): la sapienza stessa di Dio rivelata dallo Spirito (1Cor 2), così diversa dalla sapienza umana (1Cor 1,17-31; cfr. Giac 2,1-5; 3,13-18; cfr. Is 29,14) e la conoscenza di Cristo e del suo amore (Fil 3, 8; Ef 3, 19; cfr. 1 Gv 3, 16).
3. La fede e la vita del battezzato. - Condotto dalla fede sino al battesimo e alla imposizione delle mani che lo fanno entrare pienamente nella Chiesa, colui che ha creduto nella parola partecipa all’insegnamento, allo spirito, alla «liturgia» di questa Chiesa (Atti 2,41-46). In essa infatti Dio realizza il suo disegno operando la salvezza di coloro che credono (2,47; 1Cor 1,18): la fede si manifesta nell’obbedienza a questo disegno (Atti 6,7; 2Tess 1,8). Si dispiega nell’attività (1Tess 1,3; Giac 1,21s) di una vita morale fedele alla legge di Cristo (Gal 6,2; Rom 8,2; Giac 1,25; 2,12); agisce per mezzo dell’amore fraterno (Gal 5,6; Giac 2,14-26). Si conserva in una fedeltà capace di affrontare la morte sull’esempio di Gesù (Ebr 12; Atti 7,55-60), in una fiducia assoluta in Colui «nel quale ha creduto» (2Tm 1,12; 4,17s). Fede nella parola, obbedienza nella fiducia, questa è la fede della Chiesa, che separa coloro i quali si perdono - l’eretico, per esempio (Tito 3,10) - da coloro che sono salvati (2Tess 1,3-10; 1Piet 2,7s; Mc 16,16).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Che cosa è proprio della fede? Piena e indubbia certezza della verità delle parole ispirate da Dio ... che cosa è proprio del fedele? Il conformarsi con tale piena certezza al significato delle parole della Scrittura, e non osare togliere o aggiungere alcunché.” (San Basilio).  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questo sacramento,
che a noi pellegrini sulla terra
rivela il senso cristiano della vita,
ci sostenga, Signore, nel nostro cammino
e ci guidi ai beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.