14 DICEMBRE 2019

Sabato II Settimana di Avvento

San Giovanni della Croce - Memoria
  
 Sir 48,1-4.9-11; Sal 79 (80); Mt 17,10-13

Dal Martirologio: Memoria di san Giovanni della Croce, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e dottore della Chiesa, che, su invito di santa Teresa di Gesù, fu il primo tra i frati ad aggregarsi alla riforma dell’Ordine, da lui sostenuta tra innumerevoli fatiche, opere e aspre tribolazioni. Come attestano i suoi scritti, ascese attraverso la notte oscura dell’anima alla montagna di Dio, cercando una vita di interiore nascondimento in Cristo e lasciandosi ardere dalla fiamma dell’amore di Dio. A Ubeda in Spagna riposò, infine, nel Signore. 

Colletta: O Dio, che hai guidato san Giovanni della Croce alla santa montagna che è Cristo, attraverso la notte oscura della rinuncia e l’amore ardente della croce, concedi a noi di seguirlo come maestro di vita spirituale, per giungere alla contemplazione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Gli scribi, instancabili detrattori di Gesù, tentano di provare con un cavillo immaginoso che Gesù non è il Messia: poiché la sua venuta doveva essere preceduta dalla apparizione di Elia, e giacché Elia non si è mostrato, risulta quindi falsa la pretesa da parte di Gesù di dichiararsi Messia. Come ragionamento funziona, ma il loro errore sta nel dire che “vedono”, ma in verità sono “ciechi” (Gv 9,40-41). Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?»: questa profezia la si trova in Ml 3,23-24: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio” (cfr Sir 48,1ss). Gesù afferma che la profezia è veritiera, ma che si è compiuta nella persona di Giovanni Battista che non è stato riconosciuto (Lc 1,17). Ricordando l’odio persecutorio della regina Gezabele (1Re 19,1-10), Gesù associa la sua missione a quella di Elia, e allo stesso tempo preannuncia la sua fine cruenta per mano dei farisei e degli scribi. Elia e Gesù sono così inclusi in quella meteora di giusti e profeti perseguitati iniquamente.

Dal Vangelo secondo Matteo 17,10-13: Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa? - Angelo Lancellotti (Matteo): versetti 10-13: (Mc 9,9-13): Giovanni Battista, incarnazione dello « spirito » e della missione di Elia, precursore e prefigura del Messia. La domanda fatta dai discepoli su Elia venturo sembra provenire dalla sua apparizione sul monte insieme a Mosè (v. 3); ma può avere anche un altro contesto storico; la sua trattazione qui è dovuta soprattutto all’accenno, nel v. 12, della futura passione, che indica ancor più chiaramente qual è il senso della trasfigurazione.
versetto 10: prima deve venire Elia: la tradizione ha origine dalla profezia di Ml 3,23, che Gesù accetta, ma precisandone il senso: non la persona, ma lo spirito di Elia (cf Lc 1,17) deve tornare come precursore del Messia e ciò è già avvenuto nella persona del Battista (v. 12).
versetto 12: Così anche...: secondo l’affermazione di Gesù c’è uno stretto parallelismo fra lui e il suo precursore, e ciò non tanto nella predicazione, ma soprattutto nel trattamento subito da entrambi da parte dei capi della nazione eletta.

Si verrà Elia - Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Era convinzione comune che Dio, prima del Messia, doveva mandare Elia, come precursore, messaggero, annunciatore della sua venuta. Così è scritto nelle parole conclusive dell’ultimo profeta d’Israele, Malachia: «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio» (Mi 3,23). La fede dei contemporanei di Gesù si fondava su questo testo. Che cosa pensare, dunque, se questa promessa di Dio non si realizzasse? Non sarà questo, un argomento contro Gesù che afferma di essere il Messia? I discepoli hanno visto e vissuto manifestazioni ben più convincenti, ma gli avversari possono, già ora e in seguito, addurre questo argomento contro la “pretesa” di Gesù. Egli conferma che Elia verrà e «ristabilirà ogni cosa»; aggiunge però subito che Elia «è già venuto», ma non è stato riconosciuto. Come Elia, anch’egli - Giovanni il Battista - rimase sconosciuto e il suo mistero restò nascosto agli uomini che lo hanno trattato «come hanno voluto», cioè non secondo la volontà di Dio. Erano accecati e agirono con malvagità. Avrebbero dovuto riconoscere Elia dalle sue opere e parole. Non ha egli ristabilito «ogni cosa», appianando le vie, colmando le valli e abbassando le montagne? L’inizio della sua vita non realizzava la parola: «Egli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia» (Lc 1,17)? Non ha egli annunciato i tempi ultimi, soprattutto non ci ha indicato il «più potente», già pronto con il ventilabro in mano per pulire il grano sull’aia, bruciare la pula nel fuoco e raccogliere il frumento nei granai di Dio (3,12)? Il suo nome non era Elia, ma ne ha svolto il compito: essere il profeta dell’ultima ora e preparare il popolo al regno di Dio. Se essi non hanno riconosciuto questo «segno dei tempi», quanto meno potranno riconoscere il segno del Messia! Perciò anche il Figlio dell’uomo dovrà patire, e proprio da parte loro. Si tratta sempre della stessa generazione disobbediente e dura di cuore che si ribella alle vie di Dio per seguire le proprie. Abbiamo letto che la causa immediata della morte del Battista fu Erode (14,3-12), ma la colpa coinvolge tutti, poiché non hanno ascoltato il suo richiamo e non si sono convertiti. «E venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto» (21,32). Anche il Messia deve seguire la stessa strada; ora la morte del Battista acquista una nuova luce: non è soltanto la conseguenza di un capriccio e del giuramento sconsiderato di un principe, vittima dell’odio di Erodiade. Giovanni non è un profeta che ha fallito ed è finito in modo tragico; proprio con la sua morte prepara la via «della salvezza messianica e, nello stesso tempo, realizza la sua più profonda affinità con Gesù. Anch’egli è come il grano di frumento che, nascosto nella terra, muore e porta molto frutto (cf. Gv 12,24).
I discepoli capiscono questa istruzione. Per loro si scioglie un altro enigma. Le parole di Gesù hanno reso comprensibile la figura del Battista. Così - lentamente ma progressivamente - si saldano gli anelli della catena. Passo dopo passo, i discepoli comprendono sempre meglio anche se stessi: essendo testimoni di Gesù, del suo abbassamento e della sua gloria, non sarà loro risparmiata la via della sofferenza: la vita dalla morte.

Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro - Detlev Dormeyer: Israele dovette subire molto spesso persecuzioni a causa dei suoi nemici. Ma soltanto nel tempo postesilico sotto i Seleucidi la persecuzione cresce fino a diventare una minaccia per la fede. Israele deve abbandonare la propria religione. Contro ciò scoppia l’insurrezione dei Maccabei, che si conclude positivamente con l’indipendenza della Giudea. Anche all’interno di Israele vengono messe in atto delle persecuzioni da parte delle autorità. Alcuni uomini pii come i profeti vengono perseguitati a causa del loro rigore religioso (cf. Gezabele contro Elia, 1Re 19,2s). Queste esperienze furono trasferite, nel tardo giudaismo, sul piano escatologico. Prima della fine del mondo, una grande persecuzione religiosa colpirà Israele (Dn 7). Un’esperienza simile è fatta dalla comunità neotestamentaria. A causa della sua missione di rinnovare la fede, Gesù viene perseguitato dai suoi nemici fino a subire la morte. Anche la comunità viene perseguitata dai propri correligionari ebrei a causa della nuova fede. La persecuzione innesta nella sequela della croce di Cristo e saggia la stabilità della fede (Mc 4,16). La comunità può sopportare la persecuzione perché a motivo della perseveranza le è promessa la salvezza definitiva (Mc 13,13). I persecutori, invece, saranno condannati nel giudizio. Nella persona di Paolo, il persecutore è diventato perseguitato. Il persecutore dei cristiani si è trasformato nell’apostolo perseguitato che porta nel proprio corpo le sofferenze di Cristo.

Il Figlio dell’uomo … - J. Delorme: Nei vangeli, «figlio dell’uomo» (espressione greca ricalcata su una aramaica, che si sarebbe dovuto tradurre «figlio d’uomo») si trova settanta volte. A volte è solo l’equivalente del pronome personale «io» (cfr. Mt 5, 11 e Lc 6,22; Mt 16,13-21 e Mc 8, 27-31). Il grido di Stefano che vede «il figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio» (Atti 7,56) può indicare che questa concezione era viva in certi ambienti della Chiesa nascente. Ma la loro influenza non è sufficiente a spiegare tutti gli usi evangelici di questa espressione. Il fatto che essa compaia esclusivamente sulla bocca di Gesù presuppone che la si sia ritenuta una delle sue espressioni tipiche, mentre la fede postpasquale lo designava con altri titoli. A volte Gesù non si identifica esplicitamente con il figlio dell’uomo (Mt 16, 27; 24, 30 par.); ma altrove è chiaro che parla di se stesso (Mt 8,20 par.; 11,19; 16,13; Gv 3,13s; 12,34). È possibile che abbia scelto l’espressione a motivo della sua ambiguità: suscettibile di un senso banale («l’uomo che io sono»), essa racchiudeva pure una netta allusione all’apocalittica giudaica.
I sinottici. a) I quadri escatologici di Gesù si ricollegano alla tradizione apocalittica: il figlio dell’uomo verrà sulle nubi del Cielo (Mt 24,30 par.), siederà sul suo trono di gloria (19,28), giudicherà tutti gli uomini (16,27 par.). Ora, nel corso del suo processo, interrogato dal sommo sacerdote per sapere se egli è «il messia, figlio del benedetto», Gesù risponde indirettamente alla domanda identificandosi con colui che siede alla destra del Dio (cfr. Sal 110,1) e viene sulle nubi del cielo (cfr. Dan 7,13; Mt 26,64 par.). Questa affermazione lo fa condannare come bestemmiatore. Di fatto, scartando ogni concezione terrena del messia, Gesù ha lasciato apparire la sua trascendenza. Il titolo di figlio dell’uomo, in base ai suoi antecedenti, si prestava a questa rivelazione.
b) Per contro, Gesù ha pure collegato al titolo di figlio dell’uomo un contenuto che la tradizione apocalittica non prevedeva direttamente. Egli viene a realizzare nella sua vita terrena la vocazione del servo di Jahve, rigettato e messo a morte per essere infine glorificato e salvare le moltitudini. Ora egli deve subire questo destino in qualità di figlio dell’uomo (Mc 8,31 par.; Mt 17,9 par. 22s par.; 20,18 par.; 26,2.24 par. 45 par.). Prima di apparire m gloria nell’ultimo giorno, il figlio dell’uomo avrà condotto un’esistenza terrena in cui la sua gloria era velata nella umiliazione e nella sofferenza, così come nel libro di Daniele la gloria dei santi dell’altissimo presupponeva la loro persecuzione. Per definire quindi l’insieme della sua carriera, Gesù preferisce il titolo di figlio dell’uomo a quello di messia (cfr. Mc 8,29ss), troppo compromesso nelle prospettive temporali della speranza giudaica.
c) Nell’umiltà di questa condizione nascosta (cfr. Mt 8,20 par.; 11,19), che può scusare le  bestemmie che vengono proferite contro di lui (Mt 12,32 par.), Gesù incomincia non di meno ad esercitare taluni dei poteri del figlio dell’uomo: potere di rimettere i peccati (Mt 9,6 par.), padronanza del sabato (Mt 12,8 par.), annunzio della parola (Mt 13,37). Questa manifestazione della sua dignità segreta annunzia in qualche misura quella dell’ultimo giorno.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente. Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.” (San Giovanni della Croce).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La comunione a questo sacrificio, o Padre,
ci doni la sapienza della croce
che ha illuminato il tuo sacerdote san Giovanni,
perché aderiamo pienamente a Cristo
e collaboriamo, nella Chiesa, alla redenzione del mondo.
Per Cristo nostro Signore.