13 DICEMBRE 2019

Venerdì II Settimana di Avvento
  
Santa Lucia Vergine e Martire - Memoria

 Is 48,17-19; Sal 1; Mt 11,16-19 

Dal Martirologio: Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto.

Colletta: Riempi di gioia e di luce il tuo popolo, Signore, per l’intercessione gloriosa della santa vergine e martire Lucia, perché noi, che festeggiamo la sua nascita al cielo, possiamo contemplare con i nostri occhi la tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Il giudizio di Gesù sulla sua generazione è molto severo. Alla maniera “di fanciulli imbronciati o musoni che respingono tutti i giochi che si offrono loro [qui le feste di matrimonio e di sepoltura], i Giudei rigettano tutte le proposte di Dio, sia la penitenza di Giovanni sia la condiscendenza di Gesù. Eppure l’una e l’altra si legittimano per le diverse situazioni di Giovanni Battista e di Gesù in rapporto all’èra messianica (cf 9,14-15; 11,11-13). - A dispetto della cattiva volontà degli uomini, il sapiente disegno di Dio si realizza e si giustifica da solo lo, con la condotta che esso ispira a Giovanni Battista e a Gesù. Le «opere di quest’ultimo in particolare, cioè i suoi miracoli (v 2), sono la testimonianza che convince o condanna (vv 6.20-24). Gesù è ancora accostato alla
sapienza in 11,28-30; 12,42; 23,34p; Gv 6,35+; 1Cor 1,24” (Bibbia di Gerusalemme nota a Mt 11,19).
Il versetto 19 (È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori) richiama Dt 21,20: «Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre né di sua madre e, benché l’abbiano castigato, non dà loro retta,  suo padre e sua madre lo prenderanno e lo condurranno dagli anziani della città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anziani della città: “Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla nostra voce, è un ingordo e un ubriacone. Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà. Così estirperai da te il male, e tutto Israele lo saprà e avrà timore” (cfr. Pr 23,20). Questo accostamento potrebbe rivelare alcuni capi di accusa contro Gesù e i tanti tentativi omicidi dei farisei legittimati da una interpretazione aberrante della Legge.

Dal Vangelo secondo Matteo 11,16-19: In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

A che posso paragonare questa generazione? - Bibbia di Navarra (nota Mt 11,16-19): Alludendo a qualche canzone popolare o a un gioco dei fanciulli d’allora, Gesù rimprovera gli uomini che si ostinano a non riconoscere la disonestà dei loro pregiudizi. Fin dall’inizio della storia umana il Signore si è sforzato di attirare a é tutti: «Che cosa do evo fare ancora che io non abbia fatto?» (Is 5,4). La risposta degli uomini è stata di frequente il rifiuto: «Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa [la vigna] ha fatto uva selvatica?» (Is 5,4).
Il Signore condanna anche la maldicenza: vi possono essere degli uomini che, per giustificare le loro azioni, vedono peccato là dove c’è solamente virtù. «Quando scoprono chiaramente il bene - osserva san Gregorio Magno - indagano per accertare se v’è anche qualche male nascosto» (Moralia, 6,22). Il digiuno del Battista viene interpretato come opera del demonio; Gesù, invece, è chiamato ghiottone. L’evangelista non ha timore nel riferire le accuse e le calunnie che furono mosse a Gesù. In caso diverso, non avremmo nemmeno potuto immaginare la malizia degli uomini che si accanirono contro colui che passò sulla terra facendo il bene (At 10,38). In altre occasioni fu Gesù stesso ad avvertire i suoi discepoli che sarebbero stati trattati al pari di lui (Gv 15.20).
Le opere di Gesù e di Giovanni Battista testimoniano che l’uno e l’altro portano a compimento ciò che la sapienza divina ha stabilito per la salvezza degli uomini: il fatto che taluni non vogliano riconoscerlo non impedisce che i piani di Dio si realizzino.

È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori - Bruno Maggioni: Secondo i Vangeli Gesù ha annunciato il Retino di Dio, facendone lo scopo della sua predicazione e la ragione di tutte le sue scelte. Dio è qui e agisce in nostro favore: questo è il significato essenziale dell’espressione Regno di Dio. Un’azione di Dio, però, che nell’annuncio di Gesù assume tratti di sorprendente novità. E difatti, in qualsiasi modo Gesù parli del Regno, non manca mai l’idea di una novità che esige dall’ascoltatore un’inversione di marcia, un modo nuovo di considerare le cose, a incominciare proprio dalla stessa azione salvifica di Dio. Nuova, per fare un esempio, è l’accentuazione dei tratti della misericordia e dell’universalità. Certo anche nella società religiosa del tempo si parlava di misericordia, ma era molto più accentuato il giudizio, e in ogni caso si consigliava la separazione fra giusti e peccatori.

L’accoglienza dei peccatori. Nella predicazione di Gesù la prospettiva si rovescia. Il suo modo di essere Messia, che Gesù intende presentare come lo specchio dell’azione di Dio, è caratterizzato dall’accoglienza dei peccatori. Tutto questo suscitò conflitti e non mancò di creargli difficoltà, ma per Gesù l’accoglienza dei peccatori è un punto fermo, al quale non può rinunciare, nonostante le polemiche e le opposizioni. La stessa croce (una morte “per i peccatori”) non sarebbe comprensibile senza la precedente accoglienza dei peccatori. Con i suoi gesti di misericordia Gesù ha inteso rivelare non semplicemente la salvezza di Dio, ma proprio l’universalità e la gratuità di questa salvezza. Accogliendo i peccatori, egli ha rotto lo schema del puro e dell’impuro, facendo crollare ogni barriera emarginante. Gesù guarda l’uomo semplicemente nel suo rapporto con Dio o, meglio, nel rapporto che Dio ha con lui. Dio si pone davanti all’uomo come un padre misericordioso: questo è ciò che Gesù ha inteso mostrare con le sue parole e con i suoi gesti. Per questo motivo egli non soltanto ha accolto i peccatori, ma ha privilegiato gli emarginati di ogni specie, specialmente i poveri. È anche questo uno dei tratti più storicamente sicuri del suo ministero.

Amico dei peccatori - Odilo Kaiser: Nell’Antico Testamento L’uomo è peccatore, Questa i convinzione sta chiaramente alla base di tutti gli scritti veterotestamentari. In alcuni viene espressa, in altri presupposta. Per quanto riguarda la dimostrazione “in che cosa” e “a causa di cosa” l’uomo sia peccatore, si rinvengono invece grandi differenze. Queste si spiegano con la diversità letteraria e teologica dei singoli scritti. Per la grande poesia dei salmi si tratta “... dell’irradiazione che si effettua al cospetto di Dio delle profondità e degli abissi ultimi dell’esistenza umana” (H. J. Kraus). La predicazione profetica svela l’uomo nel suo cuore e nel suo comportamento verso l’altro uomo come peccatore.
Nel Nuovo Testamento. La profondità di questa visione dell’Antico Testamento trova conferma nelle parole di Gesù: diventa escatologica e pertanto definitiva. A essa corrisponde l’appello al perfetto amore di Dio e del prossimo per mezzo del quale il peccato si estingue nell’uomo. Ogni comandamento deve servire quale strumento per raggiungere questa “meta”: la sua adeguatezza in proposito decide della sua validità (Mt 22,34-40). In considerazione della reale volontà di Dio, la parola di Gesù smaschera come elucubrazione umana le categorie veterotestamentario-giudaiche che permettevano, o esigevano, la divisione del mondo in “giusti” e “peccatori”: appartenenza al popolo, culto, Legge, tradizione (Mt 8,11). L’orientamento verso i bisogni della comunità determina spesso, nel corso della formazione della tradizione, un’impronta etica (Mt 9,10-13). Sebbene in Matteo sia presente una qualificazione etica del credente come “giusto”, non si ritorna di nuovo a una divisione del mondo - o addirittura della comunità - in due, in “giusti” e “peccatori”.

Felipe F. Ramos (Commento della Bibbia Liturgica): Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Abbiamo, in queste parole, il ritratto del Battista che esortava alla penitenza e quello di Gesù che invitava alla gioia? Il Maestro accenna al precursore e al Figlio dell’uomo per mettere in evidenza il capriccio di quel popolo. Il senso della parabola è chiaro: i giudei rigettano sempre la parola di Dio, in qualsiasi modo venga loro proposta. Il loro comportamento non è quello degli eroi, ma quello dei bambini testardi e capricciosi. Seduti sul comodo divano d’una religione che essi stessi hanno sfigurata, e che quindi non è più autentica, essi si sentono felici di pagare la decima dell’anice, della menta e del cumino e, al riparo del mantello della loro religiosità ufficiale, trascurano il fondamento della legge: la giustizia, la misericordia e la fede. Seduti sulla piazza, essi criticano l’atteggiamento di tutti gli inviati di Dio: tutti quelli che non camminano per le loro vie e non si adattano ai loro piani sono lontani dalla via della salvezza, compreso Gesù stesso.
Sono essi, i dirigenti del popolo, quelli che vivono seduti come signori nella piazza e si arrogano il diritto di scegliere la musica che loro talenta. Su tutto deve prevalere il loro criterio, il loro interesse, il loro capriccio, e, non volendo mai ubbidire, restano esclusi dalla via della salvezza. La nostra vita, infatti, è fondamentalmente ubbidienza; l’ubbidienza della fede.
Al termine della parabola, Gesù aggiunge questa sentenza: «Alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere». Quando si parla di sapienza, nel mondo greco, come anche nel nostro, si pensa semplicemente alla scienza. Il mondo della Bibbia non pensa così. La sapienza senza qualificativi è la sapienza di Dio, con la quale ci si riferisce al piano di Dio sul mondo e alla sua esecuzione attraverso gli uomini eletti da lui per questo scopo. Per conseguenza, questo proverbio afferma che tanto il Battista quanto Gesù sono agenti eminenti nella realizzazione del piano di Dio. La loro condotta può parere errata ed essere giudicata come tale dai dirigenti del popolo giudaico; ma le loro opere dimostrano che essi sono sulla via della verità e che, quindi, quelli che sbagliano sono altri. D’altra parte sappiamo - e il Nuovo Testamento lo ripete spesso - che Gesù è la sapienza di Dio. L’opera salvifica che egli porta a compimento nel mondo dimostra che quelli che lo rigettano non hanno ragione.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Il Signore condanna anche la maldicenza: vi possono essere degli uomini che, per giustificare le loro azioni, vedono peccato là dove c’è solamente virtù” (Bibbia di Navarra).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore Dio nostro,
per la forza misteriosa di questo convito eucaristico,
a cui abbiamo partecipato nel ricordo di santa Lucia,
donaci la vittoria sul peccato,
la salute del corpo e dello spirito, e la gloria eterna nel tuo regno.
Per Cristo nostro Signore.