28 Novembre 2019

Giovedì XXXIV Settimana T. O.

 Dn 6,12-28; Sal da Dn 3,68-74; Lc 21,20-28


Colletta: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Il 21mo capitolo del Vangelo di Luca registra due eventi che coinvolgeranno drammaticamente il popolo eletto e l’umanità: la rovina di Gerusalemme e la manifestazione gloriosa del Figlio dell’uomo.
L’evangelista Luca, seguendo una delle sue fonti, aveva già parlato del ritorno glorioso di Gesù alla fine dei tempi (Cf 17,22-37). Qui, come Marco che egli segue e combina con un’altra fonte, tratta della distruzione di Gerusalemme, senza rimenarvi la fine del mondo come fa l’evangelista Matteo (Cf Mt 24,1; Lc 19,44).

Dal Vangelo secondo Luca 21,20-28: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». 

Due eventi terrificanti, la distruzione della città santa, Gerusalemme, e i segni spaventosi premonitori della venuta del Figlio dell’uomo. La distruzione della città santa si avvererà nell’anno 70 ad opera delle legioni romane, ma la realtà supererà per nefandezze e atrocità quanto ricordato dall’evangelista Luca. Tra i tanti crimini, Giuseppe Flavio ricorda di una donna di nome Maria che per non morire di fame si ciba delle carni del proprio figlio: «[Maria] Afferrò il bambino lattante che aveva seco e gli rivolse queste parole: “Povero figlioletto, a quale sorte dovrei cercare di preservarti in mezzo alla guerra, alla fame, alla rivoluzione? “Dai romani non possiamo attenderci che la schiavitù, se pure riusciremo a vivere fino al loro arrivo, ma la fame ci consumerà prima di finire schiavi, mentre infine i ribelli sono un flagello più tremendo degli altri due.  E allora, sii tu cibo per me, per i ribelli furia vendicatrice, e per l’umanità la tua storia sia quell’unica che ancora mancava fra le tante sventure dei giudei”.  Così disse e, ucciso il figlio, lo mise a cuocere; una metà ne mangiò, mentre l’altra la conservò in un luogo nascosto. Ben presto arrivarono i banditi e, fiutando quell’odore esecrando, la minacciarono di ucciderla all’istante se non avesse mostrato ciò che aveva preparato. Ella rispose di averne conservata una bella porzione anche per loro e presentò i resti del bambino: un improvviso brivido percorse quegli uomini paralizzandoli, ed essi restarono impietriti a una tal vista. “Questo è il mio bambino” disse la donna “e opera mia è questa. Mangiatene, perché anch’io ne ho mangiato.» (Guerra Giudaica Libro VI: 205-210). 
Orrore e lutti che non possono essere consolati né da lacrime né da lamenti, la carneficina perpetrata dai romani è da addebitare unicamente alla crudeltà dell’uomo.
Il secondo evento sarà terribile per i peccatori, per coloro che perseverano nel male, per coloro che bestemmiano lo Spirito Santo: “Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata.” (Mt 12,31)
Ma il risvolto per gli uomini che hanno atteso la venuta del Figlio dell’uomo sarà molto diverso. non vi saranno catene, deportazioni, distruzioni, ma luce, pace, felicità, perfetta comunione, gioia: “ Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,3-4).

Entrambi gli eventi, la distruzione del tempio di Gerusalemme e la beata venuta di Gesù, saranno preceduti da segni premonitori. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle e sulla terra angoscia di popoli... Il genere letterario qui adoperato dall’evangelista è quello apocalittico corrente nell’ambiente semitico (Cf Is 13,9-10; 34,4; Ger 4,23-26; Ez 32,7s; Am 8,9; Mi 1,3-4; Gl 2,10; 3,4; 4,15).
Il Figlio dell’uomo verrà con grande potenza e gloria, tutti lo vedranno e sarà un evento di liberazione per i credenti e di condanna per gli empi.
Anche se Luca tralascia il giudizio universale (Cf. Mt 25,31-46), il giudizio di condanna degli empi è implicito nel racconto. Solo chi avrà perseverato nella fede si salverà (Cf Lc 21,19).
Mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra, i «cristiani non dovranno spaventarsi per gli sconvolgimenti cosmici finali, ma dopo tante sofferenze, persecuzioni e oppressioni che li hanno schiacciati, potranno finalmente drizzarsi e alzare con sicurezza le loro teste, essendo quello “il segnale della realizzazione della loro speranza”» (Angelico Poppi).

Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti… - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): L’evangelista, in sintonia con la tradizione ecclesiale primitiva, considera la distruzione di Gerusalemme come castigo di Dio per il rifiuto del Messia. I pagani «divengono strumento del giudizio punitivo di Dio» (Ernst, II, p. 779); essi profanano il tempio con la loro presenza, segnando l’inizio di una nuova epoca della storia, «il tempo delle nazioni» (v. 24), che saranno aggregate alla comunità messianica, fondata da Cristo. Le nella sua rielaborazione non elimina la prospettiva escatologica del ritorno del Signore, ma lo distingue più chiaramente dalla distruzione di Gerusalemme, un avvenimento ormai appartenente alla storia passata. L’impronta apocalittica giudaica del testo marciano risulta profondamente trasformata in funzione del cammino storico della chiesa. «Da apocalittico, il discorso si fa parenetico: Gesù non comunica qualche segreto ad eletti sulla fine dei tempi, ma esorta i discepoli a vivere eventi e prove con fedeltà e nella vigilanza» (Rosse, p. 790). Luca riafferma che anche Gesù ignora il giorno della parusia, ma insiste sulla necessità della vigilanza perseverante per tale evento, che è decisivo per la salvezza di ciascuno. Nonostante la dura lezione storica della caduta di Gerusalemme, l’evangelista lungi dal conferire un tono minaccioso al discorso, incoraggia i credenti a perseverare nelle tribolazioni, che rientrano come componente inevitabile della sequela del Messia crocifisso, per essere conformati alle sue sofferenze e resi partecipi della sua gloria. «La sua parenesi è evidentemente legata a una Cristologia, a una immagine di Gesù, Figlio dell’uomo, considerato più nella sua funzione di Salvatore che nell’esercizio della funzione temibile di giudice supremo» (Dupont, le trois…, p. 142).

Dal testo lucano si evincono due riflessioni. Innanzi tutto, la liberazione, inaugurata sul monte Calvario e già garantita dal dono dello Spirito, raggiungerà il suo compimento soltanto nella parusia, con la liberazione dalla morte mediante la resurrezione dei corpi (Cf Rm 8,23). Non vi sono quindi paradisi terreni. Infine, prima «della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il pellegrinaggio sulla terra, svelerà il “Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè del pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del Messia venuto nella carne» (CCC 675).
Dunque, il «Regno non si compirà attraverso un trionfo storico della Chiesa secondo un progresso ascendente, ma attraverso una vittoria di Dio sullo scatenarsi ultimo del male che farà discendere dal cielo la sua Sposa. Il trionfo di Dio sulla rivolta del male prenderà la forma dell’ultimo Giudizio dopo l’ultimo sommovimento cosmico di questo mondo che passa» (CCC 677).

Un sereno distacco - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1182: La trascendenza del Regno impedisce di adagiarsi sugli obiettivi raggiunti e stimola una riforma continua, un rinnovamento creativo incessante. Anzi, accanto alla serietà dell’impegno, esige un sereno distacco. «Il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!» (1Cor 7,29-31). La famiglia, il lavoro, la cultura, la politica sono importanti: nessuna indifferenza nei loro confronti. Ma non sono tutto: perciò il cristiano vi partecipa con misura e all’occorrenza sa anche tirarsi fuori. La partecipazione non significa assolutizzazione; la rinuncia non significa disprezzo.
Dio dona questi beni come preparazione a un bene più grande, ma con la morte, e spesso anche prima, li toglie, perché vuol donare se stesso e attirare a sé il desiderio dell’uomo. Occorre rimanere sempre disponibili, non lasciarsi mai imprigionare da valori parziali: «Venga la grazia e passi questo mondo». L’impegno storico stesso cessa di essere autentico, quando assorbe tutte le energie: basti pensare come diventa totalitaria e pericolosa la politica elevata a messianismo.
La speranza cristiana non perde di vista i limiti e la provvisorietà delle conquiste economiche, sociali, politiche e culturali. Accanto al lavoro promuove la festa, per contemplare e celebrare il significato supremo della vita. Conferisce valore all’azione, ma più ancora alla sofferenza, in cui la persona non solo mantiene la sua dignità, ma può crescere umanamente e fare dono di se stessa a Dio e ai fratelli.
n. 1183: Sapendo di preparare il regno di Dio con il suo impegno storico, il cristiano agisce con grande serietà e nello stesso tempo con sereno distacco. «Affrettiamoci a compiere ogni opera buona. Imitiamo in ciò il Creatore e Signore di tutte le cose che gioisce delle sue opere».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che in questi santi misteri
ci hai dato la gioia di unirci alla tua stessa vita,
non permettere che ci separiamo mai da te, fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore.