27 Novembre 2019

Mercoledì XXXIV Settimana T. O.

 Dn 5,1-6.13-14.16-17.23-28; Salmo da Dn 3,62-67; Lc 21,12-19

Colletta: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

“In molte epoche e in molti luoghi i cristiani sono stati oggetto di odio, di persecuzioni e di sterminio; hanno sperimentato però la consolante promessa del Redentore: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,18-19). Non si tratta certo di salvare la vita fisica. Basta leggere gli Acta Martyrum per convincersi che ai grandi testimoni di Cristo e ai confessori della fede non è stata risparmiata la vita terrena. Andavano incontro alla morte con grande coraggio, consapevoli che accettando di morire per Cristo in realtà si avvicinavano alla pienezza di quella vita divina da Cristo comunicata all’uomo nel mistero pasquale.” (Giovanni Paolo II (Omelia,19 novembre 1995).

Dal Vangelo secondo Luca 21,12-19: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:  «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Gesù aveva suggerito alcuni “segni” che avrebbero accompagnato la fine dei “tempi”. Tra questi vi sarà la persecuzione contro la Chiesa che darà ai discepoli occasione di dare testimonianza. La persecuzione comunque è volta al tentativo di cancellare il nome di Gesù.
La consegna alle sinagoghe e alle prigioni è forse un espediente per sottolineare la matrice religiosa e statale-temporale della persecuzione contro i discepoli del Risorto. Il termine testimonianza è desunto dal greco martyrion da cui viene la parola martirio e va inteso come atto del testimoniare la propria fede fino al sacrifico della vita. All’annuncio della persecuzione a motivo della fede (Cf. Gv 15,20), si accompagna la promessa dell’assistenza divina: il discepolo deve guardare al martirio con estrema serenità in quanto ha la certezza che nemmeno un capello del suo capo perirà.
Questa parola di Gesù è un proverbio noto nell’Antico Testamento (Cf. 1Sam 14,45; 2Sam 14,1; 1Re 1,52), a cui Luca fa più volte riferimento (Cf. Lc 12,7; At 27,34).
L’essere cristiani pone nella condizione di essere perseguitati, calunniati, odiati per il nome di Cristo, anche dal padre o dal fratello. Il martirio, affrontare la morte per la fede, per il cristiano non è un incidente di percorso o qualcosa di molto improbabile, infatti, il «Battesimo impegna i cristiani a partecipare con coraggio alla diffusione del Regno di Dio, cooperandovi se necessario col sacrificio della stessa vita» (Benedetto XVI).
Essere cristiani non significa non subire alcun danno o offesa, ma che ogni sofferenza verrà ricompensata e niente andrà perduto, neppure un capello. Essere discepoli di Cristo è una scelta che riserva un calice amaro: è il prezzo della verità.
Il mondo del male, coalizzato contro i cristiani, potrà fare a pezzi i loro corpi, ma essi non devono temere perché sono già nella gioia del possesso del regno dei cieli (Mt 5,11-12).
«Gesù chiama alla gioia, paradossalmente, i discepoli vittime di ogni angheria. Essi pagano un prezzo alto l’adesione a Cristo. Ma grande sarà anche la ricompensa celeste ed escatologica. Nessuna meraviglia per questo destino di persecuzione, perché già i profeti sono stati perseguitati; così sarà dei discepoli di Gesù» (G. B.).
Che i profeti e i discepoli di Gesù siano accomunati al suo destino di persecuzione è attestato da Luca 11,49-50: «Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo».
Una comunanza di morte che con la sua lunga scia di sangue ha lambito ben duemila anni di storia cristiana! Il cristiano sa attendere con pazienza la venuta del suo Salvatore. Sa essere paziente imitando la pazienza di Dio. Sa essere perseverante nella fede perché la perseveranza è la porta della salvezza. La perseveranza è la carta di identità del cristiano e allo stesso tempo la carta vincente: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

La gioia della sofferenza: l’avvento cristiano - Maria Ignazia Danieli (Persecuzione in Schede Bibliche Pastorali): Leggiamo in Matteo: «Godete e rallegratevi, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt. 5,12a): il primo verbo usato, khairo, gioire, essere gioiosi, è quello impiegato più frequentemente per esprimere il sentimento che si prova in una situazione favorevole; il secondo termine, agalliao, ha un uso più direttamente riserbato al giudaismo e al cristianesimo, e designa non soltanto la gioia che si prova intimamente, ma una gioia che si esteriorizza e si manifesta: sembra cioè che i due vocaboli convergano ad esprimere la completezza della gioia. I cristiani dunque sono chiamati a gioire nel momento stesso in cui soffrono da parte di quelli che li circondano: questo è un tema proprio del cristianesimo primitivo (Cf. 1Pt. 4,12 ss.; Giac. 1,2.12; Ebr. 10,32-36; Rom. 5,3-5; 2Cor. 4,17; 8,2): “Considerate letizia perfetta, o miei fratelli, quando subite prove d’ogni genere... Beato l’uomo che sopporta la prova, perché una volta approvato riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano…” (Giac. 1,2.12)
Il paradosso cristiano della gioia nella sofferenza viene dalla immersione nella vita stessa di Gesù: Lui è stato respinto e messo a morte, pur tuttavia è il Cristo fedele, umile, risuscitato dopo le sue sofferenze innocenti, quale hanno predetto i profeti. Nel Cristo la rivolta dell’«empio» contro il creatore, di cui parlava il salterio, si denuncia apertamente: ogni discepolo dovrà tenerne conto (Cf. Lc. 14,26-33) e non credersi al di sopra del suo maestro: «Un discepolo non è più del maestro, né un servo più del suo padrone... Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più chiameranno così i familiari!» (Mt. 10,24-25).
Attraverso le persone dei cristiani, la persecuzione ha di mira la persona viva del Cristo risuscitato. È Gesù che Saulo perseguita a Gerusalemme e Damasco (Atti 9,1ss); è il suo corpo - la chiesa - in particolare gli apostoli, che sono colpiti a causa di lui.
La chiesa è chiamata in causa per il suo annuncio del Cristo e per questo non deve rattristarsi (cf. 1Pt. 4,15-16): essa sa bene che i suoi persecutori sono alle prese non con lei, ma con il Signore onnipotente, e per questo deve pregare per loro (Mt. 5, 44; Rom. 12,14), pronta ad accoglierli senza timore e senza trionfo nella sua comunione di salvezza (Atti 9,10-17). Vi è poi un altro elemento a fondamento della gioia cristiana nella persecuzione: Gesù parla di «ricompensa grande nei cieli». Bisogna intendere bene il senso di questa «ricompensa» (alla lettera «misthós» = salario): certo con nessuna opera l’uomo si acquisisce dei meriti in senso stretto presso Dio; le sofferenze non conferiscono un diritto alla beatitudine, ma sono un «titolo» in virtù della predilezione di cui Dio si compiace di circondare quelli che soffrono (Cf. 1Pt. 1,4-5). La ricompensa promessa ai perseguitati è nei cieli, presso Dio, assegnata da lui, «preparata prima» (Cf. Mt. 10,40; Mt. 20,23; 25,34; 1Cor. 2,9; 1Pt. 1,5) e tenuta come «in riserva» per gli eletti (Cf. 1Pt. 1,4; Col. 1,5).

Mario Galizzi (Vangelo secondo Luca): I cristiani [...] si sforzarono di imitare Gesù. Come Gesù cercarono di fare del tempio un luogo di preghiera e di annunzio del Vangelo, ma il rifiuto si fece presto sentire. Arrestarono Pietro e Giovanni e li gettarono in prigione (At 4,3), così fecero pure con Stefano (At 6,12) e più tardi con Paolo (At 21,27-36). Ovunque nel mondo gli ebrei cercarono di impedire la diffusione del Vangelo e trascinarono i suoi annunciatori davanti ai governatori e ai re (At 12,1-5; 19,12-13; ce. 24.27). Ma sia di fronte alla sinagoga, cioè ai tribunali ebraici, sia davanti ai governatori e ai re, i discepoli trovarono - come disse Gesù - una buona occasione per dare la loro bella testimonianza. Nessuno riusciva a controbatterli. Davvero Gesù dava loro bocca e sapienza, cioè quella saggezza che viene dallo Spirito, dono di Gesù (12,11-12; 21,15). E alcuni (quanti?) furono pure uccisi, emarginati, radiati dalla società come Stefano e Giacomo (7,58-60; 12,1); altri fuggendo continuavano a diffondere la parola di Dio (At 8,1). Gesù sin dall’inizio ha continuato e continua a coinvolgere i suoi discepoli nel suo destino per la salvezza del mondo; ed essi, benché traditi e odiati da tutti, anche dagli amici e parenti (21,16-17; vedi 12,52-53), amano perdere la loro vita in questo mondo per poi riaverla, come Gesù (21,19 = 17,33; 9,24; vedi 9,25-26; 12,8-10), nella vita eterna.
La pagina di Luca non è solo una profezia, e non è neppure soltanto un documento del passato, ma un annunzio valido in ogni tempo. Come Gesù, prima di essere il Signore che viene, è passato attraverso la passione (17,24-25), cosi ogni cristiano mentre attende il suo ritorno.

Salvifici doloris n. 25: Cristo non nascondeva ai propri ascoltatori la necessità della sofferenza. Molto chiaramente diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, ... prenda la sua croce ogni giorno», ed ai suoi discepoli poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione è possibile solo a condizione di «rinnegare se stessi». La via che porta al Regno dei cieli è «stretta ed angusta», e Cristo la contrappone alla via «larga e spaziosa», che peraltro «conduce alla perdizione». Diverse volte Cristo diceva anche che i suoi discepoli e confessori avrebbero incontrato molteplici persecuzioni, ciò che - come si sa - è avvenuto non solo nei primi secoli della vita della Chiesa sotto l’impero romano, ma si è avverato e si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della terra, anche ai nostri tempi.
Ecco alcune frasi di Cristo su questo tema: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di rendere testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa: io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».
Il Vangelo della sofferenza parla prima in diversi punti della sofferenza «per Cristo», «a causa di Cristo», e ciò fa con le parole stesse di Gesù, oppure con le parole dei suoi Apostoli. Il Maestro non nasconde ai suoi discepoli e seguaci la prospettiva di una tale sofferenza, anzi la rivela con tutta franchezza, indicando contemporaneamente le forze soprannaturali, che li accompagneranno in mezzo alle persecuzioni e tribolazioni «per il suo nome».
Queste saranno insieme quasi una speciale verifica della somiglianza a Cristo e dell’unione con lui.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che in questi santi misteri
ci hai dato la gioia di unirci alla tua stessa vita,
non permettere che ci separiamo mai da te, fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore.