24 Novembre 2019

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

 2Sam 5,1-3; Sal 121 (122); Col 1,12-20; Lc 23,35-43

“Cristo è il Re dell’universo, poiché in lui, attraverso di lui e in vista di lui tutto è stato creato. Diventò il Signore di tutto per la sua Morte e Risurrezione: il Padre lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli e tutto ha sottomesso ai suoi piedi [cf. Ef 1,20-22]. Nel cielo risuona il cantico nuovo: «l’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione» [Ap 5,12]. Invece, sulla terra avviene il ritorno di tutto a Dio. Cristo ha costituito il suo regno, «regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace».
Il suo regno non è di questo mondo, ma si realizza nel mondo e lo deve abbracciare tutto. La storia del mondo, gli affanni che l’umanità attraversa, gli avvenimenti sconvolgenti della storia: tutto ciò è definitivamente una preparazione alla signoria di Cristo, che conterrà tutto nel giorno del suo ritorno nella gloria. «Venga il tuo regno», dicono milioni di credenti nella preghiera quotidiana. L’uomo non chiede soltanto la venuta del Regno di Dio sulla terra, ma contribuisce al suo sviluppo. Morire al peccato e vivere per Dio, uscire dalla schiavitù del male e vivere nella libertà dei figli di Dio vuol dire rafforzare il Regno di Gesù sulla terra. Siamo consapevoli della nostra elezione per collaborare al rinnovamento di tutto in Cristo” (La Bibbia e i Padri della Chiesa [I Padri vivi]).

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo, fa’ che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...

I Lettura Il brano è il racconto della unzione regale di Davide e del riconoscimento da parte di tutte le tribù d’Israele: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne». Con il regno davidico Israele, unificandosi politicamente sotto un unico re, raggiungerà l’apice della potenza e della espansione. Con l’unzione regale, si realizza la parola del Signore (1Sam 16,1.13): per volontà divina Davide sarà pastore e capo. Pastore è una delle più antiche denominazioni del re non solo del mondo semitico: dice responsabilità e cura indefessa del popolo; si dirà anche del Cristo (1Pt 2,25; 5,4) e del suo vicario in terra (Gv 21,15ss).

Salmo Responsoriale “Questo canto dei pellegrini è incentrato sulla grandezza materiale e spirituale di Gerusalemme. Essa riempie di gioia il salmista e il suo gruppo di pellegrinaggio (vv. 1-2). La visione della compattezza delle sue costruzioni strappa l’ammirazione (v. 3). È il centro religioso delle tribù israelitiche, che sono tenute per legge a salirvi in pellegrinaggi annuali per lodare la potenza e la bontà di Iahvé («il suo nome») (v. 4). È anche il centro politico e giudiziario, perché il re vi esercita il suo potere di giudice sovrano (v. 5).
Il salmista fa quindi voti ripetuti di pace, cioè di salvezza e di favore divino, per Gerusalemme e per quanti l’amano, soprattutto per i parenti e gli amici (v. 6-8). Si ripete, infine, che Sion è abitazione di Dio (v. 9, che richiama il v. 1). Il Nuovo Testamento ha interpretato Gerusalemme come tipo della comunità dei credenti, nuova Gerusalemme (cfr. Ap 21)” (AA. VV. I Salmi - Morcelliana).

Seconda Lettura San Paolo descrive l’opera della salvezza come passaggio dalle tenebre al Regno del Figlio diletto, Regno di luce (v. 13). Questa opera salvifica è iniziativa del Padre. È lui infatti che ci ha resi eredi della promessa, mettendoci in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce (v. 12; Ef 1,11-13). La seconda parte del brano (vv. 15-20) è un inno al primato assoluto di Cristo.

Vangelo Gesù crocifisso riceve un triplice insulto: dai capi del popolo, dai soldati e da uno dei malfattori crocifisso con lui. Il popolo, indifferente, «stava a vedere». Il motivo degli scherni e degli insulti è preso dai titoli di Gesù: Salvatore, Unto di Dio e Messia, Eletto, servo di Dio, Figlio di Dio e re (Lc 9,20.35; 23,37; Is 42,21). I versetti 39-43, propri di Luca, sono elaborati sulla linea della letteratura dei martiri. La morte del giusto, intesa come martirio (= testimonianza), conquista i peccatori (vv. 40-42). Nel brano lucano possiamo ravvisare anche queste indicazioni: Gesù è il Signore, ha potere sulla vita e sulla morte; Giudice degli uomini dona il premio ai giusti e il castigo ai reprobi; infine, l’universalità della salvezza. Tutti gli uomini sono chiamati al banchetto del Regno. È la fede in Gesù a salvare l’uomo: «oggi con me sarai nel paradiso». Luca, ancora una volta, testimonia, con delicata finezza, la misericordia di Dio che si rivela soprattutto nel perdono (cfr. Lc 15).

Dal Vangelo secondo Luca 23,35-43: In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

La crocifissione - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Il racconto della crocifissione e morte di Gesù in sostanza corrisponde a quello di Marco. Eccone gli elementi in comune: crocifissione sul Calvario tra due malfattori. derisione del Crocifisso, le tenebre che coprono la terra, rottura del velo del tempio, grido implorante di Gesù morente, il centurione che ne proclama l’innocenza, presenza delle donne di Galilea, sepoltura. Sono però numerose anche le differenze: si riscontrano modifiche, inversioni, aggiunte e omissioni (come l’offerta del vino aromatizzato, la menzione delI ‘ora della crocifissione). Perciò alcuni esegeti fanno dipendere la redazione lucana da una fonte particolare, integrata con quella di Marco.
Solo Luca ricorda la preghiera di perdono per i crocifissori (v. 34) e la conversione di un malfattore (vv. 42-43). II popolo stava a guardare in un atteggiamento religioso, senza partecipare agli insulti contro Gesù in croce, e alla fine se ne andò battendo i il petto (v. 35). Gesù non appare isolato, ma proteso verso coloro che lo circondano. Più che ai dettagli cronachistici l’evangelista è interessato a mettere in risalto il comportamento esemplare di Gesù, che domanda il perdono per i suoi crocifissori e si rimette al volere del Padre con fiducia filiale. Quindi è sempre un intento teologico e parenetico che prevale sull’interesse torico anche nel racconto lucano della crocifissione.

Il popolo sta a guardare la terrificante morte di Gesù, ma non si unisce ai dileggi dei capi e dei soldati. La folla sembra essere soltanto smarrita: l’Uomo che pende dalla croce ha fatto solo del bene e numerose sono le testimonianze; molti hanno ritrovato la sanità fisica, altri quella spirituale, ecco perché quella morte crudele appare incomprensibile, assurda. Sentimenti opposti anche alla morte di Gesù: «la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto» (Lc 23,48); i capi invece si preoccuperanno di ben custodire il sepolcro per timore di essere subornati dai discepoli del Crocifisso (cfr. Mt 27,62-65). Gli insulti che impietosamente piovono su Gesù riprendono i capi di accusa che lo hanno portato al patibolo: le guide del popolo, nell’insultare il Cristo, si riferiscono alla dichiarazione del processo giudaico (Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto ); i soldati, invece, a quella del processo romano (Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso ). In questa cornice, la scritta che campeggia sulla croce è più una provocazione che un’attestazione della regalità del Cristo. Al morente i soldati porgono dell’aceto: per Luca è un gesto di scherno, diversamente per Matteo e Marco che vi ravvisano invece un gesto di pietà. Due sono i malfattori che condividono la triste sorte di Gesù. Uno rabbiosamente fa coro con coloro che vomitano insulti; l’altro, reagendo con forza e dando prova di intuire il progetto salvifico del Cristo, si affida a Gesù chiedendogli «non una liberazione momentanea [come l’altro ladrone si sarebbe augurato], ma la salvezza eterna [riconosce in Gesù il Messia-salvatore]» (Carlo Ghidelli). Nelle parole del morente si può raccogliere quindi una richiesta di salvezza: lui, condannato alla pena capitale, nel momento in cui sta per attraversare definitivamente la porta della morte si affida a Colui che ha dimostrato di essere giusto perché entrato nel suo regno si ricordi di lui. Il buon ladrone «chiede un ricordo [forse una raccomandazione]. Senza che ne abbia lucida coscienza, il regno invocato è quello che cresce in terra, ma che si radica in cielo, quello che avviene nel tempo, ha caratteri di eternità. È il regno che Gesù sta meritando con il sacrificio della sua vita. È il regno che potrebbe avere il suo archetipo in quel giardino, un tempo luogo di incontro amoroso tra Dio e la sua creatura [cfr. Gen 2], e ora sigillato dal peccato. Gesù si appresta a riaprirlo. Non servono chiavi. Occorre un atto di amore infinito che può compiere solo il Figlio dell’uomo che è altresì il Figlio di Dio» (Mauro Orsatti). Il malfattore ottiene in modo insperato il dono desiderato: entrerà in Paradiso con il Cristo. Questa promessa di Gesù si farà verità per tutti i credenti: la morte non è tolta, ma viene trasformata in passaggio alla vera vita e alla vera felicità. Questa è la fede della Chiesa.

Re che salva con il suo sacrificio - Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva): La Croce e la morte di Cristo si verificano all’insegna della sua regalità. Sembra strano, ma è questo il paradosso della rivelazione. Le due cose, immolazione e dominio, si condizionano a vicenda nel Cristo. È condannato perché è re, gli viene domandata la salvezza perché è re: «Se tu sei re dei Giudei salva te stesso... Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi...» . Il buon ladrone pure si appella alla sua regalità parlando del suo regno: «Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Il prefazio di oggi esprime l’intima consociazione del sacrificio e della regalità nel Cristo quando canta: «Hai consacrato sacerdote eterno e re dell’universo il tuo unico Figlio perché, sacrificando se stesso, immacolata vittima di pace sull’altare della croce, operasse il mistero della redenzione e, assoggettate al suo potere tutte le creature, offrisse alla tua maestà infinita il regno eterno e universale ...». Del resto in altro luogo la liturgia dice: «Regna su di te il Signore, o croce gloriosa. Sul tuo legno lavò le nostre colpe nel sangue» (Responsorio breve dei Vespri nella festa dell’Esaltazione della Croce). L’innalzamento sulla croce è l’esaltazione gloriosa del Cristo (Gv 12,32-33; cfr. 3,13-16; 8,28), l’ora della sua morte è quella della sua gloria (Gv 7,30; 8,20; 12,23-27; 13,1; 17,1). La sconfitta del Cristo coincise con la sua vittoria. Il dragone diabolico ingoiò l’umanità del Cristo nelle sue fauci mortali, credendo di aver ormai conquistato definitivamente la sovranità universale e invece fu allora che ingoiò la sua rovina totale. Così si esprime immaginosamente sant’Efrem (Liturgia delle Ore II, 662). La sovranità, il dominio, la potenza del Cristo si identificano con il suo programma di universale restaurazione. Più gli uomini entrano nella sfera della redenzione e più si allarga il Regno di Cristo e si afferma la sua regalità.
Non è errato dire che il mistero di Cristo re è il mistero della vera, più grande promozione umana a gloria di Dio. È questo propriamente il Regno di Cristo comprendente gli uomini suoi fratelli e tutte le realtà cosmiche, da lui ricapitolate. È un regno che ha pure le sue dimensioni temporali, ma che trova la sua più autentica realizzazione nell’eternità.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Vangelo).  
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, nostro Padre, che ci hai nutriti
con il pane della vita immortale,
fa’ che obbediamo con gioia
a Cristo, Re dell’universo,
per vivere senza fine con lui
nel suo regno glorioso.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.