23 Novembre 2019

Sabato XXXIIII Settimana T. O.

  1Mac 6,1-13; Sal 9; Lc 20,27-40

Colletta:  Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi...: la domanda posta dai sadducei è capziosa, ed è altresì deviante perché poggia su una legge umana, la legge del levirato (Dt 25,5-10), che presa alla lettera finisce con il ridicolizzare l’idea della risurrezione. La vita eterna, quella che attende ogni uomo, non è la continuazione della vita terrena con tutte le sue complicanze. L’uomo ritornerà nella polvere, ma non precipiterà nel nulla. La risurrezione “non fu chiaramente percepita agli inizi della rivelazione biblica, donde la credenza a uno «sheol» senza resurrezione [Is 38,10-20; Sal 6,6; 88,11-13], alla quale il tradizionalismo conservatore dei sadducei [At 23,8] pretendeva di restar fedele. Ma il progresso della rivelazione a poco a poco ha compreso e soddisfatto questa esigenza [Sal 16,10-11; 49,16; 73,24], annunziando il ritorno alla vita [Sap 3,1-9] di tutto l’uomo, salvato perfino nel suo corpo [Dn 12,2-3; 2Mac 7,9s; 12,43-45; 14,46]” (Bibbia di Gerusalemme). La risposta di Gesù ai sadducei fa ben intendere che la vita dei risorti è una vita completamente nuova, un approdo nell’immensità dell’amore di Dio, una esaltate trasformazione che ha inizio già in questa povera vita: noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18).

Dal Vangelo secondo Luca 20,27-40: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi - i quali dicono che non c’è risurrezione - e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

La risurrezione dei morti - Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva - cfr XXXI I Domenica T. O.): Nell’ultimo periodo dell’anno liturgico la Chiesa ci porta a considerare la realtà della fase finale della storia salvifica. Fra queste realtà, connesse con i destini umani, vi è la risurrezione dei morti (cfr. il « Credo »). Tale dottrina non è un dogma originale del cristianesimo, anche se ne sono originali tutto il contesto e gli addentellati col mistero di Cristo. I farisei, partito religioso-politico al tempo di Gesù, tenevano e difendevano questa fede contro l’altra setta, quella materialista e razionalista dei sadducei, che la negavano. Lo si legge anche nel vangelo di oggi. Nel secondo libro dei Maccabei, composto parecchio tempo prima di Cristo, la verità della risurrezione è affermata esplicitamente. Dei sette fratelli ebrei, immolati per la loro fede religiosa, il secondo, fra gli spasimi del supplizio, proclamava la sua convinzione « di risuscitare a una vita nuova ed eterna » (7, 9). Il terzo fratello precisò che si trattava di risurrezione di corpi. Disse infatti delle sue membra martoriate per Dio: « Da lui spero di riaverle di nuovo», certo nella risurrezione (7,11). Il quarto fratello dichiarò al persecutore che per lui, empio e carnefice, non vi sarebbe stata « risurrezione per la vita » (7,14). Gesù nel vangelo di oggi afferma vigorosamente non solo una vita dell’anima dopo la morte, ma anche la risurrezione corporale, che porta l’essere umano a ricomporsi nella sua integrità, per vivere un’esistenza nuova, libera da tutti i condizionamenti propri della fase terrestre, in uno stato di realizzazione completa e perfetta del destino, assegnatogli da Dio. Del resto Gesù è ritornato più volte sulla dottrina della risurrezione corporale. Egli afferma la possibilità e il pericolo per l’uomo di precipitare nella Geenna con l’anima e con il corpo (Mt 10,28; Mc 9,43-48). Però sottolinea particolarmente la risurrezione dei giusti (Lc 14,14). Chiarissime e molteplici poi le affermazioni in questo senso nel vangelo di san Giovanni (5,29; 11,25; 6,39.40.54; 11,25). San Paolo nella prima lettera ai Corinti (c. 15) disserta lungamente su questa tesi, applicandosi a illustrare principalmente la risurrezione dei giusti e il loro destino glorioso. Riconosce però la risurrezione anche dei cattivi, che dovranno presentarsi davanti al tribunale del giudizio futuro. Lo dichiarò mentre era prigioniero a Cesarea, a due personaggi poco esemplari, quali erano il governatore Felice e sua moglie Drusilla. Egli nutriva «in Dio la speranza, condivisa pure da costoro (cioè dai farisei), che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti» (At 24, 15).

 La risurrezione dei morti - Franco Giulio Brambilla: Il riferimento all’Antico Testamento e più in genere al contesto giudaico consente di mostrare come l’annuncio della risurrezione di Gesù si collochi sullo sfondo della fede nella risurrezione dei morti. Questa nasce in epoca piuttosto tarda, con la crisi del tempo dei Maccabei (II sec. a.C), anche se ha alcune anticipazioni importanti nel libro di Daniele (12,2-3). Il racconto dei Maccabei (2 Mac 7) fonda la fede nella risurrezione sulla potenza-fedeltà creatrice di Dio che fa risorgere i giusti che gli sono rimasti fedeli nella persecuzione (martiri). I precedenti biblici della fede nella risurrezione dei morti si trovano nel libro di Osea (6,1-3) ed Ezechiele (37,1-14): si tratta di visioni che usano un linguaggio di risurrezione per indicare la fedeltà di Dio, che fa risorgere continuamente il popolo dalle sue sconfitte. La fede nella risurrezione dei morti poi si sviluppa e si accelera nel giudaismo ed entra in contatto con l’ellenismo e la credenza dell’immortalità dell’anima (libro della Sapienza). Su questo sfondo, la risurrezione di Gesù diventa la sorgente della risurrezione dei cristiani: è il senso del grande sviluppo del capitolo 15 sulla risurrezione della Prima lettera ai Corinzi. Paolo attraverso questa riflessione tenta di rispondere alle obiezioni dei corinzi, di mentalità greca: essi avevano difficoltà a pensare alla risurrezione del corpo e si chiedevano come fosse il corpo dei risorti. Paolo argomenta a partire dalla verità della risurrezione di Gesù, che fonda quella dei credenti, fornendo motivi presi dalla storia della salvezza e dall’esperienza degli uomini. Il discorso sulla risurrezione viene in tal modo collegato con l’attesa della sopravvivenza al di là della morte, presente in quasi tutte le culture antiche e moderne. La speranza cristiana risulta una specifica determinazione dell’universale attesa di una promessa di vita contenuta nell’umano sperare. Le attuali teologie, ispirate al tema della speranza, tentano di mediare tra la fede nella risurrezione dei morti e la speranza di salvezza finale contenuta nell’agire umano, volta a raggiungere un futuro buono e felice per l’umanità.

Il mistero della morte - Gaudium et spes 18: In faccia alla morte l’enigma della condizione umana raggiunge il culmine. L’uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva. Ma l’istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e respinge l’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona. Il germe dell’eternità che porta in sé, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà dell’uomo: il prolungamento di vita che procura la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel suo cuore. Se qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte, la Chiesa invece, istruita dalla Rivelazione divina, afferma che l’uomo è stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene. Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta un giorno, quando l’onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno all’uomo la salvezza perduta per sua colpa. Dio infatti ha chiamato e chiama l’uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l’ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l’uomo dalla morte mediante la sua morte. Pertanto la fede, offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la sorte futura; e al tempo stesso dà la possibilità di una comunione nel Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci la speranza che essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.

Giorno del Signore e risurrezione - Catechismo degli Adulti 1209: Sebbene ciascuno con la morte raggiunga la propria salvezza definitiva o la perdizione eterna, salvezza e perdizione diventano complete, secondo tutte le dimensioni della persona, solo alla fine del mondo.
Dio dirige la storia e la porta a termine. I profeti dell’Antico Testamento annunziano il giorno del Signore, suprema manifestazione della sua gloria su tutta la terra, per punire i nemici, per purificare e salvare i fedeli. Sarà vittoria totale, separazione definitiva del bene dal male.
Sullo sfondo di questa attesa emerge progressivamente la fede nella risurrezione dei morti: «Quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna» (Dn 12,2). I sette fratelli, di cui narra il secondo Libro dei Maccabei, muoiono con la certezza di essere risuscitati da Dio nell’ultimo giorno.
 1210 L’insegnamento di Gesù conferma la fede nella risurrezione: «A riguardo dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi!» (Mc 12,26-27). Alla risurrezione sarà congiunto il giudizio universale, separazione del buon grano dalla zizzania, delle pecore dai capri. Anzi Gesù dichiara di aver ricevuto dal Padre il potere di risuscitare e di giudicare; perciò «verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5,28-29).

… quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio - Papa Francesco (Angelus 10 Novembre 2019): Con questa risposta, Gesù anzitutto invita i suoi interlocutori - e anche noi - a pensare che questa dimensione terrena in cui viviamo adesso non è l’unica dimensione, ma ce n’è un’altra, non più soggetta alla morte, in cui si manifesterà pienamente che siamo figli di Dio. Dà grande consolazione e speranza ascoltare questa parola semplice e chiara di Gesù sulla vita oltre la morte; ne abbiamo tanto bisogno specialmente nel nostro tempo, così ricco di conoscenze sull’universo ma così povero di sapienza sulla vita eterna.
Questa limpida certezza di Gesù sulla risurrezione si basa interamente sulla fedeltà di Dio, che è il Dio della vita. In effetti, dietro l’interrogativo dei sadducei se ne nasconde uno più profondo: non solo di chi sarà moglie la donna vedova di sette mariti, ma di chi sarà la sua vita. Si tratta di un dubbio che tocca l’uomo di tutti i tempi e anche noi: dopo questo pellegrinaggio terreno, che ne sarà della nostra vita? Apparterrà al nulla, alla morte?
Gesù risponde che la vita appartiene a Dio, il quale ci ama e si preoccupa tanto di noi, al punto di legare il suo nome al nostro: è «il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui» (vv. 37-38). La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte. È l’egoismo. Se io vivo per me stesso, sto seminando morte nel mio cuore.
La Vergine Maria ci aiuti a vivere ogni giorno nella prospettiva di quanto affermiamo nella parte finale del Credo: «Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». Aspettare l’al di là.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui» (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento,
ascolta la nostra umile preghiera:
il memoriale, che Cristo tuo Figlio
ci ha comandato di celebrare,
ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.