21 Novembre 2019

Giovedì XXXIIII Settimana T. O.

Presentazione della Beata Vergine Maria - Memoria

 1Mac 2,15-29; Salmo 49 (50); Lc 19,41-44

Dal Martirologio: Memoria della Presentazione della beata Vergine Maria. Il giorno dopo la dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova costruita presso il muro del tempio di Gerusalemme, si celebra la dedicazione che fece di se stessa a Dio fin dall’infanzia colei che, sotto l’azione dello Spirito Santo, della cui grazia era stata riempita già nella sua immacolata concezione, sarebbe poi divenuta la Madre di Dio.

Colletta: Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo delle beata Vergine Maria; fa’ che per sua intercessione partecipi alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Questo oracolo completamente intessuto di reminiscenze bibliche lo si trova soltanto nel Vangelo di Luca. Richiama la rovina di Gerusalemme del 587 (o 586?) a.C. e molto più quella del 70 d.C., “di cui peraltro non descrive nessuno dei tratti caratteristici. Da questo testo non si può dunque concludere che essa fosse già avvenuta [cf. Lc 17,22+, Lc 21,20+]” (Bibbia di Gerusalemme). La colpa del popolo d’Israele è di non aver compreso di essere stato “visitato” da Dio nella “pienezza dei tempi”, attraverso il suo unigenito Figlio. Rifiutando Gesù che porta la pace, Gerusalemme, la città santa, non potrà trovare pace e sarà vittima di spaventose devastazioni che porteranno al popolo lutti, sofferenze e dolori.

Dal Vangelo secondo Luca 19,41-44: In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

In quel tempo… - Benedetto Prete (I quattro Vangeli): versetto 41 La versione presenta qualche rigidezza espressiva, perché si è preferito rendere il testo con la maggiore fedeltà possibile; una traduzione più libera è la seguente: Gesù, quando fu vicino alla città e la vide, pianse su di essa. La struttura della proposizione mette in rilievo il fatto che il Maestro, alla vista della capitale religiosa dell’ebraismo, ha provato una viva ed intensa commozione. La descrizione nella sua estrema sobrietà raggiunge una notevole efficacia. Pianse; all’aoristo greco ἔκλαυσεν bisogna dare il senso forte di piangere, non già quello attenuato di affliggersi, far lamenti; l’espressione dello scrittore rivela un aspetto concreto dell’umanità di Cristo; il Maestro, essendo realmente uomo, ebbe quelle vive e profonde commozioni che caratterizzano la natura umana. La scena del pianto di Gesù fa vivo contrasto con quella descritta precedentemente; sembra che Luca ami questi rapidi passaggi tra scene contrastanti (cf. Lc., 23,27-31).
versetto 42 Oh, se anche tu, in questo giorno...!; l’esclamazione esprime la profonda amarezza che opprimeva l’animo del Salvatore alla vista della città che gli si presentava allo sguardo con l’imponenza delle sue mura e del suo tempio e sulla quale gravava un pesante destino. «Anche tu», cioè: come avevano compreso i discepoli (cf. verss. 37-40). «In questo giorno»: oggi, vale a dire: nel momento in cui Gesù sta per entrare nella città santa, dopo che i discepoli e la folla lo hanno acclamato Messia. La dichiarazione del Maestro suppone che già altre volte egli aveva visitato Gerusalemme esplicando in essa una attività didattica e taumaturgica (cf. Lc., 13,34). Questo giorno, cioè la presente circostanza, potrebbe essere ancora utile ai Gerosolimitani per riconoscere in Gesù il Messia; gli abitanti della città santa, se fossero disposti ad accogliere l’estremo appello che il Maestro rivolgerà ad essi durante il soggiorno che seguirà questo suo ingresso messianico, potrebbero ancora evitare il terribile castigo che colpirà la loro capitale religiosa. Ciò che è per la (tua) pace, cioè il messaggio, l’annunzio della pace (cf. vers. 38). Ma ora (ciò) è nascosto ai tuoi occhi! «Ma ora»; l’espressione, più che indicare il tempo («ora»), designa la conseguenza logica che deriva dalle premesse ricordate; essa quindi ha il seguente valore: perciò è rimasto nascosto ai tuoi occhi. «È nascosto»; rimane sottinteso che tale occultamento del messaggio di pace è conseguenza di una punizione divina (la forma passiva, come pure quella impersonale, sono una circonlocuzione del nome di Dio). Gli abitanti di Gerusalemme non hanno voluto riconoscere Gesù come Messia, nonostante che egli abbia operato tanti miracoli per confermare il suo insegnamento; ora Dio li ha puniti con una cecità spirituale così ostinata da rendere inattuabile il desiderio del Salvatore.
versetto 43-44 I due verss. sviluppano il pensiero espresso nella dichiarazione precedente; la cecità dei Gerosolimitani è soltanto un inizio del grave castigo divino che ha colpito la città e che troverà il suo tragico compimento nella rovina di essa per opera dei romani. La predizione della caduta di Gerusalemme è fatta con termini ed immagini tratte dall’Antico Testamento; infatti il vers. 43 richiama Isaia, 29,3; 37,33; Geremia, 52, 4-5; Ezechiele, 4, 1-3; 21, 27 [22] ed il vers. 44 riecheggia Osea, 10, 14; 14, 1; Nahum, 3, 10; Salmo, 137 [136],9. Da ciò risulta che i due verss. sono il risultato di una compilazione antologica di testi fusi insieme dall’evangelista. Le immagini utilizzate dall’autore sacro non intendono descrivere i particolari storici dell’assedio e della caduta di Gerusalemme — da esse quindi lo studioso non può concludere con assoluta certezza che il vangelo di Luca sia stato scritto dopo questo tragico evento – ma richiamano fatti generici che si verificavano comunemente negli assedi e nelle espugnazioni delle città antiche. La presente descrizione va integrata con quella che Luca farà più avanti nel discorso concernente la fine di Gerusalemme (cf. Lc., 21,20-24). Il tragico annunzio viene introdotto con una formula abituale presso i profeti: «verranno giorni per te»; questa formula, ripresa fedelmente dagli antichi oracoli, serve ad accentuare la gravità della predizione. Non lasceranno pietra in te; cf. Lc., 21,6, dove la stessa idea è applicata alla rovina del tempio. Il tempo della visita che ti è stata fatta, oppure: «il tempo in cui tu sei stata visitata»; letteral.: «il tempo della tua visita»; nella traduzione si è dovuto parafrasare il testo originale per motivi di chiarezza. Per il termine biblico «visita», si veda il commento a Lc., 1,68; qui il Salvatore allude alla visita di grazia e di benevolenza che Dio ha fatto agli abitanti di Gerusalemme con l’invio del Messia e della quale essi non hanno approfittato.

Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee - Hugues Cousin: I vv. 42-44 presentano cinque azioni delle truppe nemiche, dall’assedio propriamente detto fino alle atrocità conseguenti alla caduta: questo sarà il castigo della città per il suo rifiuto. Se i particolari descritti attingono a diversi testi delle Scritture (soprattutto Es 29,3: l’assedio; Sal 137,9: i piccoli «sbattuti contro la roccia»), Luca pensa evidentemente al compimento di questa profezia: le operazioni compiute dall’esercito romano per stringere d’assedio Gerusalemme e la caduta della città, il 26 settembre dell’anno 70, un mese dopo l’incendio del tempio.
Gesù non è né il primo né l’ultimo a profetizzare la distruzione di Gerusalemme. Geremia ed Ezechiele lo avevano fatto, prima della distruzione del 587 a.C. Secondo Flavio Giuseppe, quattro anni prima dello scoppio della guerra del 66-70 d.C, «un certo Gesù, figlio di Anania» cominciò a profetizzare gridando nel tempio: «Una voce da oriente, una voce da occidente, una voce dai quattro venti, una voce contro Gerusalemme e il tempio, [...] una voce contro il popolo intero!». E anche sotto la frusta, egli non cesserà di ripetere: «Guai a Gerusalemme!». Morì durante l’assedio. Proprio mentre «gridava, dalle mura, con voce penetrante: Ancora guai alla città e al popolo e al tempio!» e aggiungeva: «E guai anche a me!, fu colpito da una pietra lanciata da una balista» romana (La guerra giudaica, VI, 300-309). La novità di Gesù di Nazaret non consiste nell’annuncio della catastrofe, ma in quello che, ai suoi occhi, ne è la causa. Diversamente da coloro che avevano assistito alla risurrezione del figlio della vedova (cfr. 7,16), la città ha rifiutato di riconoscere che l’ora X annunciata dalle Scritture e attesa da Israele era suonata; essa rifiuta di credere che, quando Gesù predica e agisce, quando entra a Gerusalemme, acclamato dai suoi discepoli, è Dio stesso che visita il suo popolo per offrirgli la salvezza.

Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa - Giovanni Nicolini: Per cogliere qualche scintilla luminosa dalla meraviglia di questo piccolo episodio che il solo Luca ricorda, ho pensato al pianto di Dio. Penso al suo venire nella carne e nella condizione dell’umanità, pienamente: Gesù! E penso a come tutto l’umano, visitato da Dio nella persona di Gesù in questo e per questo venga illuminato e svelato. Penso alla partecipazione assoluta di Dio al pianto della storia. Penso come il nostro piangere sia infinitamente meno profondo, meno consapevole, meno doloroso. Penso a come non si possa trovare nessun uomo e nessuna donna al mondo più “umano” del Figlio di Dio. Penso a come ogni pianto sia visitato, sia in certo modo “giudicato”, e sia “assunto” da Dio nel mistero del suo Figlio in mezzo a noi, tra noi e in noi. Questo pianto lo coinvolge direttamente e assolutamente perché è dovuto al non avere Gerusalemme “compreso quello che porta alla pace” [ver. 42]. Alla lettera, l’espressione sarebbe “le cose verso la pace”. Questo “movimento “ verso la pace ci dice che il cammino in essa e verso essa è infinito, perché Lui stesso, Gesù, è la pace! E la pace non è una “situazione”, ma piuttosto un’ “azione”. La pace è “fare la pace” - o riceverla! - incessantemente. Farla crescere in noi, tra noi e con tutti. La pace è la pienezza della carità. Siamo ben lontani da una pace intesa miseramente - anche se è già molto! - come “non guerra”. Ebbene, il Vangelo di Gesù, il Vangelo che è Gesù, è la pace. “Comprendere” la pace è accogliere e camminare nella via del Vangelo. Non riconoscere “il tempo in cui sei stata visitata” - alla lettera “il tempo della tua visita”, “tempus visitationis tuae” - diventa il “giudizio” divino sulla storia umana. La “conversione” è sempre, per ciascuno e per tutti, riconoscere che Gesù è “la visita” di Dio alla nostra povera condizione, che attende la salvezza. Ma Gesù è venuto a Gerusalemme per offrire la sua vita: così si apre la via della pace. La sua Pasqua entra nell’abisso della storia umana e ne condivide pienamente il dramma. Per questo Egli è anche la via della risurrezione e della vita nuova.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.” (Vangelo)
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, che ci hai nutriti dei tuoi sacramenti,
nel gioioso ricordo della beata Vergine Maria,
fa’ che sul suo esempio collaboriamo fedelmente
al mistero della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.