19 Novembre 2019

Martedì XXXIIII Settimana T. O.

 2Mac 6,18-31; Salmo Responsoriale 3; Lc 19,1-10

Colletta: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

La vicenda di Zaccheo ha fatto scorrere fiumi di inchiostro. L’ansia di vedere Gesù, la prontezza nell’accoglierlo nella sua dimora, la conversione, e il desiderio di riparare alle sue ruberie, superando anche il tetto previsto dalla Legge. Fin qui la sua storia, ma di lui, dopo la conversione, non si sa nulla. Cosa ha fatto dopo? Ha mantenuto gli impegni assunti dinanzi a Gesù e a una città? Nulla. La conversione lo ha accompagnato fino alla morte? Nulla, nessuna notizia postuma. Il bel finale sarebbe stato se Luca avesse raccontato un “po’ di vita” di quest’uomo dopo la conversione. A motivo del silenzio, siamo costretti a fantasticare, così lo possiamo immaginare “cristiano”, e forse presbitero o episcopo, oppure fondatore di comunità cristiane, perfino compagno di Pietro o di Paolo, magari un po’ defilato, e, infine, martire. Ma sono solo fantasie. Il vero messaggio non sta nella conversione di Zaccheo, avvezzo a maneggiare denaro e a rubare, ma sta nel dopo. Sta nella vita nascosta, nella “vita nascosta” in Dio, nel bene silenzioso che viaggia veloce come i fiumi sottoterra, nel silenzio sulle imprese che è sigillo di umiltà, nel riparare i propri errori, nel mettere fine a una vita peccaminosa e malvagia, sempre nel silenzio, senza proclami o manifesti. Ebbene se c’è tutto questo nella nostra povera vita, allora abbiamo accolto sul serio Gesù nella nostra casa, e la nostra conversione è veramente sincera, e assai robusta tanto da resistere alla tentazione di mettere la nostra “vita cristiana” sotto i riflettori del mondo, per ricevere ovazioni, premi, coppe e quant’altro. Solo la vita “nascosta in Dio” autentica la nostra conversione. E allora possiamo continuare a fantasticare, e a pensare che Zaccheo abbia concluso la sua vita “nascosto in Dio”, facendo tanto bene, sopratutto ai poveri.

Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10: In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Il Figlio dell’uomo infatti è venuto ... - La storia di Zaccheo la si trova soltanto nel Vangelo di Luca e vuole esemplificare il giusto atteggiamento nei confronti delle ricchezze. Gerico era un’importante sede dell’amministrazione romana e sosta obbligata per chi dalla Perea si recava a Gerusalemme.
Zaccheo non faceva certamente onore al suo nome: forma grecizzata - Zakchaios - dell’ebraico Zakkai o Zaccai, il nome significa puro e innocente.
Zaccheo non era né puro né innocente: «capo della mafia di Gerico» (Don Luigi Giussani), strozzino, ladro, collaborazionista degli odiati romani, certamente non poteva non essere che odiato. Per la sua professione, esattore delle tasse, e per il suo hobby preferito, estortore incallito, era considerato peccatore pubblico, cioè tagliato fuori dalla salvezza e di conseguenza emarginato dalla società e allontanato dalle famiglie.
salì su un sicòmoro, Gesù non sta a controllare il curriculum vitae del capo dei pubblicani e lo invita a scendere subito dall’albero su cui si era arrampicato. La fretta indica l’urgenza messianica. Poiché il tempo della salvezza è arrivato e non si può più rimandare, Zaccheo è invitato a scendere subito, senza tentennamenti e senza perdere ulteriore tempo.
È entrato in casa di un peccatore. Come era previsto si alza un coro di dissensi. I soliti farisei, miopi e musi lunghi di professione, ligi alla legge e incollati ad una sua comprensione letterale, si scandalizzano: un ebreo non poteva venire a contatto con un peccatore (Cf. Mt 8,8).
... se ho rubato a qualcuno. Zaccheo sembra voler dare una mano a Gesù nel tentativo di tappare la bocca ai soliti saccenti: secondo la legge, la conversione a un pubblicano costava il venti per cento dei suoi beni da distribuire ai poveri come segno di pentimento; Lv 5,20-24 suggeriva di restituire i beni rubati con un quinto in più. Zaccheo va ben oltre la legge. Una decisione maturata nella gioia della ritrovata salvezza che lo catapulta tra le braccia di Dio misericordioso: «Zaccheo ha dimostrato con i fatti, cioè con “frutti degni della conversione” [Lc 3,8], che la salvezza l’aveva raggiunto nella sua casa. Anche lui, avendo imitato la fede di Abramo, doveva essere considerato suo vero figlio, appartenente al popolo di elezione a pieno diritto» (Angelico Poppi).
Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, un’affermazione che fa strabuzzare gli occhi alle ipocrite guide del popolo d’Israele. Con questa frase conclusiva, Gesù, come già aveva solennemente proclamato nella sinagoga di Nazaret (Cf. Lc 4,16-30), rivela la sua vera identità: Egli è il Salvatore di tutti gli uomini.
I pochi anni vissuti in mezzo agli uomini lo hanno visto portare la vita ai morti, la salute fisica agli ammalati, il perdono ai peccatori, la consolazione alle vedove e soprattutto il dono della grazia a coloro che gli si sono avvicinati con fede. Come all’adultera o alla donna peccatrice, ora Gesù porta la salvezza al piccolo Zaccheo.
Gesù significa “Dio salva” (Mt 1,21), un Nome che ben manifesta la divina missione del Figlio di Maria: «ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).
Gesù, vero Dio e vero Uomo, è il salvatore di tutti gli uomini e «invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” [Mc 2,17]. Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa “gioia” che si prova “in cielo per un peccatore convertito” [Lc 15,7]. La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei peccati” [Mt 26,28]» (CCC 545).

Oggi la salvezza è entrata in questa casa - Carlo Ghidelli (Luca): mentre Zaccheo fa penitenza, nella gioia, e dona ai poveri i suoi beni, mentre la folla mormora contro Gesù, Gesù stesso esprime a chiare lettere il vero motivo della sua permanenza in casa di Zaccheo. La mormorazione dei presenti non lo preoccupa perché è immotivata e tradisce una miope concezione della salvezza; la conversione di Zaccheo invece lo esalta. Come buon pastore, per questo Egli è venuto: la sua presenza è salvezza per chi crede, per chiunque, mediante la fede, diventa vero figlio d’Abramo. - in questa casa: come non c’è professione, anche quella del pubblicano, che sia incompatibile con la salvezza cristiana (cfr 3,12-14), così non c’è famiglia che non possa accogliere il dono di Dio in Gesù Cristo (cfr At 11,14). Qui salvezza non sta ad indicare, come in 18,14, la giustificazione del pubblicano, ma la venuta, la presenza di Gesù. In quanto Messia (Figlio dell’uomo, al v. 10), Gesù è stato mandato per chiamare e portare a Dio veri figli di Abramo (cfr anche 3,8 dove però si dice che Dio è capace di suscitare dei figli ad Abramo anche dalle pietre: è Dio dunque che in ogni tempo e in ogni circostanza, oggi però in Cristo e per mezzo di Cristo, chiama a salvezza; Egli infatti è capace anche di risuscitare dai morti - cfr 2Co 1,9 -, Egli è il Dio dei vivi - cfr Lc 20,38). - figlio di Abramo: come già Paolo, Luca ama sottolineare che Gesù viene a portare la salvezza per Israele: cfr 2,32; 13,16; 22,30; 24,21; At 1,6; 28,19s.
a cercare e a salvare: è spontaneo il riferimento a Gesù buon Pastore (Gv 10,1ss), ma soprattutto alle parabole della pecorella smarrita (Lc 15,1-7) e della moneta perduta (15,8-10), che si richiamano più lontanamente all’immagine profetica di Ez 34,16 (cfr anche Mt 9,36). Il richiamo con 15,24.32 ci autorizza ad affermare che da buon discepolo Luca, ancora una volta, ama mettere in forte risalto la bontà e l’amore di Dio per tutti gli uomini (Tt 3,4) privilegiando i peccatori, i ladroni, le peccatrici (cfr 7,36-50; 23,34.39-43 ecc.).

Salvezza -  Nei Vangeli sinottici - Bruno Ramazzotti e Giuseppe Barbaglio (Salvezza in Schede Bibliche Pastorali Vol. VII): La salvezza è talvolta intesa come liberazione dai pericoli che minacciano la vita. Significativa appare qui l’invocazione dei discepoli che stanno per essere travolti dalle onde tempestose del lago di Galilea: «Salvaci, Signore, siamo perduti!» (Mt 8,25; cf. anche il passo parallelo 14,30 in cui è Pietro che invoca l’intervento di Cristo). Si tratta, in realtà, del grido d’aiuto dei credenti della chiesa matteana confrontati con pericoli incombenti, in particolare con la persecuzione. Nel passato degli apostoli infatti Matteo rilegge la storia della chiesa.
Sempre Matteo, nel vangelo d’infanzia, si preoccupa di presentare l’etimologia del nome di Gesù: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (1,21), dove nel vocabolo «popolo» si deve intendere con tutta probabilità la chiesa.
Il concetto di salvezza ha dunque un vasto campo di applicazione; esso va dalla guarigione di mali fisici (Mt 9,21-22 e par.; Me 5,28; 6,56; 10,52; Le 17,19) al rinnovamento spirituale testimoniato dal racconto lucano della peccatrice a cui Gesù dice: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!» (7,50) e da da un detto del Signore conservatoci sempre da Luca: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (19,10). Si noti qui il contesto del racconto di Zaccheo che Luca conclude con le parole del Maestro al pubblicano: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo» (19,9).
Nel discorso apocalittico poi Marco e Matteo ci hanno trasmesso un detto caratteristico del genere letterario particolare del contesto: «Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato» (Me 13,13; cf. Mt 24,13; cf. anche Mt 10,22). Qui si tratta evidentemente della salvezza finale ed escatologica. In questa prospettiva si deve ancora citare l’interrogativo dei discepoli e la risposta di Cristo a proposito della discussione sorta dopo il rifiuto dell’uomo ricco di seguire Gesù: «Chi si potrà dunque salvare?... Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (Mt 19,25-26 e par.). Alla salvezza escatologica si riferisce anche un detto incentrato sul duplice significato, fisico e spirituale, di vita: «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35 e par.).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Zaccheo, pieno di gioia, accoglie Gesù, ma la folla subito inizia a mormorare scandalizzata (come siamo tutti bravi in questo!): «è andato ad alloggiare da un peccatore!». Ma Zaccheo ormai ha trovato la vera ricchezza: Gesù, e ci spiazza con la sua immediata risposta: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». E la risposta del Signore? Eccola: «oggi la salvezza è entrata in questa casa». Il Santo Abate Benedetto ci incoraggia: «mai disperare della misericordia di Dio» (RB 4,74). Dio si ricorda di ognuno di noi e notte e giorno ci cerca. Nonostante la nostra «piccola statura» non ci scoraggiamo, la preghiera è il nostro «albero», la nostra salvezza e ci sentiremo anche noi chiamare per nome: oggi devo fermarmi a casa tua!” (Papa Francesco).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento,
ascolta la nostra umile preghiera:
il memoriale, che Cristo tuo Figlio ci ha comandato di celebrare,
ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.