18 Novembre 2019

Lunedì XXXIIII Settimana T. O.

 1Mac 1,10-15.41-43.54-57.62-64; Salmo Responsoriale 118 (119); Lc 18,35-43

Colletta: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Gerico è una città della Cisgiordania, posta in prossimità del fiume Giordano. Considerata la più antica città fortificata al mondo, Gerico evoca lutti, guerre e prodigi operati da Dio per la sua conquista. Basti pensare alla sua espugnazione miracolosa da parte di Giosuè quando Israele, dopo l’uscita «a mano alzata dall’Egitto» (Es 14,8), incominciò a conquistare la terra promessa (cf. Gs 6,1-16).
Il miracolo della guarigione del cieco di Gerico è raccontato anche da Matteo, ma ad essere guariti sono due cechi (Mt 20,19-34), e poi lo si trova nel vangelo di Marco, e qui il cieco viene chiamato Bartimeo, figlio di Timeo (10,46-52). La guarigione del cieco sulla strada di Gerico segna anche una svolta: Gesù non cerca più di mantenere il segreto della sua identità. Accetta di essere chiamato Figlio di Davide e in seguito all’ingresso in Gerusalemme si designerà apertamente come il Messia. La sequela del cieco diventa il prototipo di ogni discepolato: solo la luce della grazia riesce a far sentire all’uomo la presenza di Gesù. Solo il Dio salvatore dell’uomo e la grazia muovono l’uomo a invocare l’intervento liberatore di Dio, l’uomo, a tanta condiscendenza divina, può rispondere all’amore salvifico di Dio solo con la fede.

Dal Vangelo secondo Luca 18,35-43: Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».  Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».  Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio. 

Dell’uomo che mendicava non sappiamo se era cieco dalla nascita, ma il fatto che l’evangelista Marco ne fornisca il nome potrebbe significare che probabilmente era conosciuto nell’ambiente della primitiva comunità cristiana.
Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! Il titolo Figlio di Davide è un titolo messianico, ma non è facile intuire che eco avesse sulla bocca e nel cuore dell’uomo cieco. In ogni caso, il grido dell’uomo cieco era un appello di aiuto. Essere guariti dalla cecità non stava a significare soltanto la liberazione dalla schiavitù della mendicità, ma un reale ritorno alla vita assaporandone tutti i colori. I soliti tetragoni tutori dell’ordine cercano di farlo tacere, ma il cieco consapevole della posta in gioco non si fa intimorire ed alza la voce gridando più forte. Gesù si ferma e ordina in modo perentorio di chiamarlo. Solo ora i guardiani dell’ordine, all’imprevisto annuncio messianico di un cieco, comprendono la vera identità di Gesù e sulle loro labbra finalmente fiorisce una parola di speranza: «Coraggio! Alzati, ti chiama».
Gesù prende l’iniziativa anche se è scontata la richiesta. Il miracolo è subitaneo. È da notare che Gesù non chiede la fede, ma ne sottolinea il possesso da parte dell’uomo cieco: «Va’, la tua fede ti ha salvato». Quello che sfugge ai più, non sfugge al Figlio di Dio. Sa scovare in quella richiesta tutta la fede necessaria per ottenere il dono della vista.
D’altronde Gesù dal Padre è stato mandato nel mondo «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Il racconto si conclude sottolineando le manifestazioni di gioia da parte del miracolato (cf. At 3,8) e lo stupore della folla: Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.  Ma la nota, cominciò a seguirlo, È in atto un cammino di conversione. Gesù è la Luce del mondo (cf. Gv 8,12) ed è venuto per dare la vista ai ciechi (cf. Gv 9,39), ma è anche la Via (cf. Gv 14,6) che conduce a salvezza. Così qui viene proposto quell’interiore cammino che ogni uomo deve compiere per porsi alla sequela di Gesù Nazareno: pentirsi dei propri peccati, farsi illuminare da Cristo (immergersi nelle acque salutari del Battesimo), prendere ogni giorno sulle spalle la croce del Maestro e seguirlo (cf. Lc 9,23).
È la proposta che risuonerà nella città di Gerusalemme il mattino di Pentecoste: all’udire la predicazione degli Undici molti «si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. E Pietro disse loro: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo”» (At 2,37-38).

Subito ci vide di nuovo … - Silvano Fausti (Una comunità legge il Vangelo di Luca):Il cieco viene guarito per vedere il Volto. Dalla trasfigurazione in poi è il tema dominante di tutto il Vangelo che culmina nella visione (= theoria: 23,48) del Crocifisso offerta a tutti. Questa è la salvezza dell’uomo, che torna a essere se stesso, riflesso di quella Gloria di cui è immagine e somiglianza. Dove giunge la luce, figlia primigenia di Dio, cessa il caos e inizia il mondo nuovo. Il centro di questo brano è
il nome di Gesù, luce del mondo (Gv 8,12), la cui invocazione mette in comunione con lui. Vedere lui è il dono della «sublimità della conoscenza» del Maestro buono come l’unico buono. Ciò rende possibile l’impossibile: trasforma il notabile ricco in Zaccheo, vero figlio di Abramo, che ospita la benedizione promessa.
Il cieco chiama Gesù per none. Chiamare per nome significa avere un rapporto personale di conoscenza e di amore, da amico ad amico. È quanto avviene nel battesimo, che ci unisce a lui. Chiamando lui per nome, abbiamo il nostro vero nome di creature nuove. In lui la nostra miseria trova il volto di Dio che è misericordia di Padre verso il Figliò. Accogliamo così la rivelazione del Nome.
Un cieco non può scorgere neanche il lampo di una folgore. Come può l’uomo vedere la Gloria nell’umiliazione del Figlio dell’uomo, compimento delle Scritture?
I nostri occhi, tre volte ciechi davanti ad essa (v. 34), devono essere guariti. La cecità è l’estremo rifugio del peccato come fuga da Dio. Il bimbo chiude gli occhi e crede di non essere visto! È vero che cessa di vedere, ma non di essere visto. Colui che ha creato la luce, che anzi è la Luce, ora apre l’occhio perché possa contemplarla. Il battesimo ci dà un’illuminazione reale su Dio, che rimane però nel centro del cuore, come un fuoco sepolto sotto la cenere della menzogna antica. Viene ravvivato dallo Spirito, mediante il ricordo costante della Parola, la liturgia e la preghiera del Nome.

Il cieco - Rivhard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Non si tratta per Gesù di guerra e di politica, non di trionfo esterno, non di marcia vittoriosa verso Gerusalemme.
L’atmosfera è in sé propizia. Le folle lo circondano. L’entusiasmo vibra nell’aria. Gesù è giunto a Gerico, al luogo cioè dove Israele vittorioso ha preso possesso della Terra Santa, ha passato il Giordano a piedi asciutti, e l’imprendibile fortezza di Gerico è caduta. Non dovrebbe egli, con la fiducia nell’aiuto del Padre, prendere la Gerico spirituale, il baluardo dei suoi nemici? Impadronirsi della Terra Santa, cioè del regno del Padre? Ma il suo regno è il regno dell’amore e dell’aiuto amoroso .. Anche nella sua andata a Gerusalemme egli è il Salvatore che aiuta eon lo sguardo i sofferenti. Così egli vede colui che non può vedere. Osserva l’inosservato mucchio di miseria al margine della strada ed ascolta il grido di aiuto di colui che gli altri vorrebbero ridurre al silenzio e che perciò a stento può farsi ascoltare. Gesù sosta in mezzo alla calca, fa condurre a sé il mendicante cieco e gli ridà la vista. Ciò per lui è più importante che non l’entusiasmo della moltitudine e le folli idee di successo o i sogni di vittoria dei suoi Apostoli.
Onesto sguardo per la miseria in mezzo al giubilo del popolo, questa comprensione del grande per il piccolo, del veggente per il cieco, del donatore per il mendico, ha in quest’ora una particolare bellezza.
Ma c’è qualcos’altro tra le righe del racconto. Gli Apostoli non han capito la parola di Cristo. Come ciechi di spirito vanno con lui verso Gerusalemme. Ed ora il Signore afferma, nella guarigione del cieco di occhi, che è la fede che lo ha sanato. La fede, che a questo mendico ha dato la luce degli occhi corporali, deve portare anche agli Apostoli la luce spirituale della conoscenza interiore. Solo allora potranno accompagnarlo a Gerusalemme.

La medicina ai tempi di Gesù - Ralph Gower (Usi e Costumi dei tempi della Bibbia): Ai tempi di Gesù vi era un atteggiamento incerto nei confronti della medicina. Marco 1,32-34 sembra indicare che la malattia costituiva un grosso problema. Le malattie includevano la lebbra, affezioni derivanti da abitudini alimentari e dall’inquinamento (dissenteria, colera, tifo, beri-beri, idropisia), cecità (per il clima polveroso), sordità e malattie della deambulazione. Se ne trovano accenni in 2 Samuele 12,15; 1 Re 17,17; 2 Re 4,20; 5,1-14; Daniele 4,30. Quando venivano a trovarsi davanti a uno di questi casi, gli Ebrei erano ancora piuttosto dubbiosi nei confronti dei medici.
Essi credevano che tra malattia e peccato vi fosse una connessione (Giovanni 9,2) e citavano proverbi come «Medico, cura te stesso» (Luca 4,23). Tuttavia si voleva che ogni città avesse il suo medico (perciò la donna che soffriva di perdite di sangue era stata in grado di consultarne diversi, Marco 5,26) e nel tempio vi era sempre un medico che si prendeva cura dei sacerdoti che soffrivano di malattie derivate dall’abitudine di camminare a piedi nudi. Forse Marco non aveva una grande opinione dei medici.
L’atteggiamento di Gesù non contraddiceva l’Antico Testamento. Pare che considerasse la malattia come il risultato dell’azione malvagia di Satana nel mondo e che in quanto tale doveva essere combattuta. Tuttavia Gesù non credeva che la malattia fosse necessariamente la conseguenza di un peccato singolo. Ciò è chiaro in Giovanni 9,2-4a, se evidenziamo la frase: «Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”. Rispose Gesù: “Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”».
Gesù accettava l’opinione che certe malattie fossero il risultato del possesso da parte di spiriti e in questi casi agiva in conseguenza (es. Matteo 12,27), ma non trattò con questo metodo tutte le malattie. Questo suo atteggiamento nei confronti delle indisposizioni accelerò nella Chiesa primitiva l’accettazione dei medici da parte dei cristiani. Luca, in quanto medico, fu compagno di viaggio dell’apostolo Paolo (Colossesi 4,14). Ovviamente era un medico greco, poiché in Grecia la medicina aveva avuto uno sviluppo considerevole. Seguendo gli insegnamenti di Ippocrate, i medici giuravano che la vita del paziente veniva prima di ogni altra cosa, che non avrebbero mai approfittato delle donne, mai procurato aborti né mai rivelato informazioni confidenziali. Ad Alessandria vi era una grande scuola di medicina.
Ben pochi Ebrei quindi erano orientati a divenire medici; tuttavia, nonostante le molte diffidenze, erano contenti di utilizzare i servizi dei medici.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento,
ascolta la nostra umile preghiera:
il memoriale, che Cristo tuo Figlio ci ha comandato di celebrare,
ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.