15 Novembre 2019

Venerdì XXXII Settimana T. O.

Sap 13,1-9; Salmo Responsoriale 18 [19]; Lc 17,26-37

Colletta: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano... gli uomini, quando verrà il Figlio dell’uomo, saranno impegnati nelle loro attività di ogni giorno: la venuta del Signore «irrompe nel quotidiano. Questo ci dice che le azioni di tutti i giorni, quelle che si ritengono le più comuni, e al limite insignificanti, acquistano un senso in quanto momenti di un cammino orientato all’avvento del Signore» (Adrian Schenker - Rosario Scognamiglio). Essere vigilanti non significa darsi all’ozio, ma semplicemente non farsi prendere la mano dalla carriera, dal successo, dal denaro per dare spazio alle cose di Dio e a quelle dello spirito. Le occupazioni, che spesso diventano preoccupazioni, a lungo andare, appesantendo il cuore, fanno sprofondare l’uomo in un cupo sonno colpevole, il quale, in questo stato confusionale, non sentendo i passi di Dio nella sua vita, si avvia inesorabilmente verso un destino di morte e di distruzione. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato: Nel giorno del giudizio di Dio non vi sarà alcuna discriminazione: chi sarà vigilante nell’attesa verrà portato via, cioè sarà accolto nel regno; il secondo, che non è pronto ad accogliere il Figlio dell’uomo, sarà lasciato, cioè sarà abbandonato alla sua sorte di morte e di solitudine. In situazioni apparentemente identiche si compie il discernimento di Dio e la divisione degli uomini in base al giudizio divino.

Dal Vangelo secondo Luca 17,26-37: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Come avvenne nei giorni di Noè… - Javer Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): In primo luogo, il giudizio si presenta in forma di sorpresa (17,26-32). Come al tempo di Lot e di Noè, gli uomini continuano a occuparsi dei piccoli problemi della loro vita: fortuna, divertimenti, cibo, sesso, clan familiare, affari. Questi problemi sono così assorbenti, che si dimentica la dimensione di profondità: Dio che è presente in noi, Dio che chiama e vuole convertirci agli autentici valori della vita. Di fronte a questa chiamata, si possono dare due tipi diversi di insuccesso: quello di coloro che sono eccessivamente occupati nelle loro cose e preferiscono non semplicemente ascoltare (come gli abitanti di Sodoma), o quello di coloro che, ascoltando inizialmente la chiamata, sentono la nostalgia del mondo che hanno abbandonato e vi tornano (la moglie di Lot).
La venuta del regno stabilisce nel mondo le sue frontiere. I giudei supponevano che la salvezza sarebbe andata di preferenza agli uomini del loro popolo e, nello stesso tempo, che i gentili sarebbero stati condannati. La parola di Gesù distrugge questo modo di pensare. Salvezza e condanna corrispondono alla profondità radicale del destino di ciascun uomo. Perciò, vi saranno due nello stesso letto: dormiranno marito e moglie, come formando un unico sogno, avvolti negli stessi ideali, pieni delle stesse speranze, con le stesse virtù e gli stessi difetti; e il giudizio passerà nel mezzo di questo letto, separando il destino e la verità di ciascuno degli sposi. Così accadrà anche per i servi che lavorano nello stesso campo o per le serve che macinano nella stanza più oscura della casa. Apparentemente, hanno condiviso successi ed insuccessi; ma li attende il giudizio e, allora, appariranno diversi nella profondità della loro vita (17,34-35). Di fronte a simile prospettiva è necessario scendere fino alle più profonde radici della vita. Qui appunto sarà deciso il giudizio. Dio non si occupa di apparenze, e la vita degli uomini non si realizza semplicemente a questi livelli. Quello che importa è l’atteggiamento, la decisione fondamentale, quella profondità in cui si deciderà il vero valore dell’esistenza. Tenendo conto di questo, il testo ci ricorda due verità importanti: una di carattere più giudaico (17,37) e una di senso ormai cristiano (17,33).

Dove, o Signore? - Benedetto prete (I Quattro Vangeli): Dove, Signore? Non si vede con chiarezza a che cosa voglia alludere questa domanda dei discepoli - riferita soltanto da Luca - la quale, con molta probabilità, è qui inserita dall’evangelista per offrire un contesto opportuno alla risposta data da Gesù e riferita subito dopo; la domanda infatti giunge inattesa nel racconto. I discepoli desiderano sapere dove avverrà il giudizio, oppure dove saranno raccolti gli eletti; queste in breve sono le due spiegazioni più probabili indicate dagli esegeti. Dove (sarà) il corpo, ivi pure si raccoglieranno gli avvoltoi; la risposta ha il tono di un detto proverbiale a cui il Maestro ricorre per illustrare il suo pensiero. L’immagine tuttavia rimane imprecisa, poiché essa costituisce un semplice paragone, anche se maestoso ed espressivo, non già un’affermazione fatta con termini chiari e diretti. La proposizione non può essere intesa in modo allegorico, come se il corpo indicasse Gesù stesso e gli avvoltoi, i discepoli o gli uomini in genere. Con tale risposta il Maestro indica in modo vago dove si avrà il giudizio; in questo caso il detto va parafrasato nel modo seguente: in qualunque luogo si troveranno gli uomini, là si avrà anche il giudizio; oppure se si preferisce mantenere un parallelismo tra l’insegnamento e la superba immagine usata dal Maestro si può così spiegare il testo: nel giorno della venuta gloriosa di Gesù, il giudizio verrà compiuto improrogabilmente – per così dire il giudizio piomberà inesorabilmente sugli uomini in qualunque luogo essi si troveranno – come avviene di uno stormo di avvoltoi che, appena avvistato un cadavere, si calano con rapido volo su di esso. Altri invece nella stessa immagine preferiscono vedere un’indicazione del modo con il quale gli eletti si raccoglieranno intorno a Cristo glorioso; la risposta del Maestro, in questo secondo caso, assume quest’altro senso: come gli avvoltoi si precipitano sul luogo dove hanno avvistato un cadavere, così gli eletti si raccoglieranno rapidamente intorno al Figlio dell’uomo, quando questi, al termine del tempo, ritornerà con tutta la sua gloria e potenza. Questa seconda interpretazione può essere parzialmente chiarita con l’immagine di S. Paolo quando afferma che, nel giorno della parusia, gli eletti, portati dalle nubi, andranno incontro al Signore per stare perennemente con lui (cf 1Tessalonicesi, 4,17). Il corpo indica qui il cadavere di un animale; Matteo dice apertamente «cadavere» (πτῶμα) nel testo parallelo (cf. Mt. 24,28). Gli avvoltoi; la Volgata traduce con «aquile»; è meglio pensare ad avvoltoi che volano a stormi e sono comuni in Palestina.

Tenersi pronti per il ritorno del Signore - M. Didier: Nei vangeli sinottici l’esortazione alla vigilanza è la raccomandazione principale che Gesù rivolge ai suoi discepoli a conclusione del discorso sui fini ultimi e sull’avvento del figlio dell’uomo (Mc 13,33-37). «Vegliate dunque, perché non sapete in qual giorno il vostro Signore verrà» (Mt 24,42). Per esprimere che il suo ritorno è imprevedibile, Gesù si serve di diversi paragoni e parabole che stanno all’origine dell’uso del verbo vegliare (astenersi dal dormire). La venuta del figlio dell’uomo sarà imprevista come quella di un ladro notturno (Mt 24,43s), Come quella del padrone che rientra durante la notte senza avere preavvisato i suoi servi (Mc 13,35s). Come il padre di famiglia prudente, oppure il buon servo, il cristiano non deve lasciarsi vincere dal sonno, deve vegliare, cioè stare in guardia e tenersi pronto per accogliere il Signore. La vigilanza caratterizza quindi l’atteggiamento del discepolo che spera ed attende il ritorno di Gesù; consiste innanzitutto nell’essere sempre all’erta, e per ciò stesso esige il distacco dai piaceri e dai beni terreni (Lc 21,34ss). Poiché l’ora della parusia è imprevedibile, bisogna prendere le proprie disposizioni per il caso che si faccia attendere: è l’insegnamento della parabola delle vergini (Mi 25,1-13).
Nelle prime lettere paoline, dominate dalla prospettiva escatologica, si trova l’eco dell’esortazione evangelica alla vigilanza, specialmente in 1Tess 5,1-7. «Noi non siamo della notte, né delle tenebre; non dormiamo quindi come gli altri, ma vegliamo, siamo sobri» (5,5ss). Il cristiano, essendosi convertito a Dio, è «figlio della luce», quindi deve rimanere sveglio e resistere alle tenebre, simbolo del male, altrimenti corre il rischio di essere sorpreso dalla parusia. Questo atteggiamento vigilante esige la sobrietà, cioè la rinuncia agli eccessi «notturni» ed a tutto ciò che può distrarre dall’attesa del Signore; esige nello stesso tempo che si indossi l’armatura spirituale: «rivestiamoci della fede e della carità come di corazza, e della speranza della salvezza come di elmo» (5,8). In una lettera posteriore S. Paolo, temendo che i cristiani abbandonino il loro fervore primitivo, li invita a risvegliarsi, ad uscire dal loro sonno ed a prepararsi per ricevere la salvezza definitiva (Rom 13,11-14).
Nell’Apocalisse il messaggio che il giudice della fine dei tempi rivolge alla comunità di Sardi è una esortazione pressante alla vigilanza (3,1ss). Questa Chiesa dimentica che Cristo deve ritornare; se non si risveglia, egli la sorprenderà come un ladro. Viceversa, beato «Colui che veglia e Conserva le sue vesti» (16, 15); egli potrà partecipare al corteo trionfale del Signore.

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva: Deus caritas est n. 6: L’amore comprende la totalità dell’esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l’amore mira all’eternità. Sì, amore è «estasi», ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio: «Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà» (Lc 17,33), dice Gesù - una sua affermazione che si ritrova nei Vangeli in diverse varianti (cfr. Mt 10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,24; Gv 12,25). Gesù con ciò descrive il suo personale cammino, che attraverso la croce lo conduce alla resurrezione: il cammino del chicco di grano che cade nella terra e muore e così porta molto frutto. Partendo dal centro del suo sacrificio personale e dell’amore che in esso giunge al suo compimento, egli con queste parole descrive anche l’essenza dell’amore e dell’esistenza umana in genere.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Continua in noi, o Dio, la tua opera di salvezza,
perché i sacramenti che ci nutrono in questa vita
ci preparino a ricevere i beni promessi.
Per Cristo nostro Signore.