14 Novembre 2019

Giovedì XXXII Settimana T. O.

Sap 7,22-8,1; Salmo Responsoriale 118 [119]; Lc 17,20-25

Colletta: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Quando verrà il regno di Dio? A chi pone questa domanda, Gesù risponde che il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, la sua venuta è discreta, nascosta, simile a un fiume carsico che corre sotto la superficie accidentata delle vicende umane. Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”: non serve a nulla l’acutezza della vista, e non servono gli oracoli o gli oroscopi, basta farsi sapienti nel cuore per accorgersi che il regno di Dio è in mezzo a noi ... una realtà discreta, anzi piccola come il granello di senape, oppure il pizzico di lievito deposto nella farina, o come un tesoro sepolto nelle profondità del terreno o una perla confusa tra tante carabattole (cfr. Matteo 13,31-33.44-46). Fin qui la risposta di Gesù a chi lo interrogava, ma data l’importanza dell’argomento, ne riparla rivolgendosi nell’intimità ai suoi discepoli: Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. I giorni annunciati sono di sofferenza e calamità: in quelle circostanze i discepoli di Gesù desidereranno vedere uno solo di quei giorni in cui il Figlio dell’uomo viene in potenza, ma occorre essere cauti perché ci saranno falsi annunci, occorre tanto discernimento e non prestare attenzione ai falsi segni premonitori. Ma un avvenimento avverrà di certo: il trionfo del Figlio dell’uomo sarà preceduto dalla sua sofferenza: Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione.

Dal Vangelo secondo Luca 17,20-25: In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Quando viene il regno di Dio? - Carlo Ghidelli (Luca): i farisei rivolgono a Gesù questa domanda sul quando (pote); alla fine i suoi discepoli rivolgeranno a Gesù un altro interrogativo, sul dove (pou: v. 37). Si può cogliere in questo rilievo una certa inclusione letteraria, ricercata da Luca; è certo comunque che è intorno a queste due domande che gravita il brano intero. La data della venuta del regno angustiava il Giudaismo contemporaneo di Gesù (cfr anche Dn 9,2). - Il regno di Dio non viene in modo che si possa osservare: la risposta di Gesù segue un duplice filone: uno negativo, infatti Gesù afferma che né il tempo né il luogo della venuta del Signore sarà mai possibile cogliere, e così respinge ogni calcolo apocalittico circa la fine dei tempi (posizione certamente anche polemica contro certe correnti di pensiero e di letteratura apocalittica a lui contemporanee); vi è però anche un filone positivo. Gesù infatti afferma che il regno di Dio è in mezzo a voi (altri traducono è in voi, altri ancora è improvvisamente qui in mezzo a voi), cioè che il regno è una realtà presente e attiva: in altri termini con la presenza e l’opera di Gesù in mezzo al popolo il regno di Dio è già presente a loro e tra di loro (cfr 11,20). Gesù, dunque, si presenta come un segno della presenza salvifica di Dio, una epifania del Signore che si manifesta Salvatore; egli è il regno di Dio personificato. Per Gesù, soprattutto in questo contesto lucano, il regno di Dio può essere colto, intuito come presente non a partire da alcuni segni esteriori, esperimentalmente verificabili, ma a partire dalla fede in lui.

Disse poi ai discepoli - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Disse ancora ai discepoli; gli insegnamenti intorno alla venuta del Figlio dell’uomo, la quale avrà luogo alla fine del tempo, sono preceduti da questa breve formula introduttiva; da questa risulta che l’importante discorso, pronunziato dal Salvatore nella presente circostanza, non è stato determinato da qualche domanda dei discepoli o dei Farisei, ma rappresenta un’istruzione che il Maestro stesso di propria iniziativa ha impartito «ai discepoli». Questa ampia lezione sul ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi è propria di Luca (verss. 22-37); nella presente sezione il terzo evangelista manifesta di aver penetrato intimamente il senso di questo importante discorso del Salvatore sugli eventi escatologici, perché egli distingue con accuratezza le predizioni che riguardano la fine di Gerusalemme (cf. 21,6-24) e l’annunzio della venuta gloriosa di Gesù alla fine del tempo (cf. Lc., 17,22-27).
In Matteo, 24,5-41 la fine di Gerusalemme e quella del mondo sono narrate insieme e i due eventi vengono descritti con immagini catastrofiche di portata cosmica; in Luca invece si parla esclusivamente della venuta del Figlio dell’uomo («il giorno del Figlio dell’uomo»). Come risulta da questo rilievo Matteo nel suo discorso escatologico ha fuso insieme due fonti, le quali invece nel terzo evangelista si trovano distinte (tale distinzione di testi provenienti da due tradizioni o fonti differenti – testi che in Matteo al contrario si trovano combinati insieme - è stata già segnalata altrove; cf. Lc.,10,2-12; 11,39-44). Verrà il tempo; letteral.: «verranno dei giorni», espressione vetotestamentaria che l’autore ama richiamare (cf. Lc., 19,43; 21,6; 23,29); tale formula nei passi dell’Antico Testamento introduce le predizioni di prove e castighi. Desidererete vedere uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo; Gesù predice ai discepoli che nel futuro subiranno delle prove dure e gravi, nelle quali desidereranno vedere un sol giorno di quelli del Figlio dell’uomo per trovare un po’ di sollievo e di consolazione. I «giorni del Figlio dell’uomo» non indicano qui la sua vita terrena come se i discepoli volessero trovarsi di nuovo accanto al Maestro, né l’inizio della sua manifestazione gloriosa, ma i giorni che seguono tale manifestazione gloriosa. Ma non lo vedrete; vano desiderio che non sarà attuato; i discepoli dovranno subire la prova con l’intima fiducia di superarla, poiché essi hanno la sicura promessa che il regno di Dio si affermerà sulla terra, anche se dovrà far fronte a difficoltà ed ostacoli di ogni genere.

Regno di Dio - Anselm Urban: L’espressione greca basileia theou (“regalità di Dio”, ebr. malkut JHWH) designa in primo luogo il potere esercitato, l’effettivo governare di Dio. In genere sarebbe consigliabile la traduzione “signoria di Dio”. Tuttavia s’intende talvolta un particolare ambito o stato nel quale la sovranità di Dio si esplica pienamente, in tal caso si parla di regno di Dio. “Regno dei cieli” (in Matteo; meglio: “signoria dei cieli”) perifrasa soltanto il nome di Dio e sarebbe totalmente frainteso se fosse concepito come un “regno al di sopra delle nubi”: si tratta della pretesa di governo che Dio avanza su questo mondo.
Nell’Antico Testamento si parla molto della sovranità regale di JHWH, ma raramente nel senso di “regno di Dio”. In 1Cr 17,14 viene chiamato così il regno davidico (idealizzato teocraticamente); nelle visioni di Daniele i regni di questo mondo vengono sostituiti dal regno del figlio dell’uomo (7,14 - e rispettivamente del popolo dei santi, come accenna il v. 27). Mentre nel giudaismo rabbinico la “signoria dei cieli” è piuttosto un’entità spirituale, nell’apocalittica vive e si sviluppa ulteriormente (naturalmente accanto a speculazioni escatologiche) la grande visione dei profeti (per es. Is 11): un regno universale di pace e di salvezza che trasforma anche la creazione, una vita purificata degli uomini al di là della colpa e del peccato, sotto l’ordine onnicomprensivo della legge divina.
Gesù non annuncia né un regno politico, né puramente spirituale-morale, ma si ricollega alle visioni profetiche. La novità è che tutto ciò è “vicino” (Mc 1,15), “è alle porte” (13,19). Il regno non viene attraverso i nostri sforzi, per quanto noi siamo assegnati al lavoro nella vigna (Mt 20,lss), ma cresce soltanto ad opera di Dio (cf. Mc 4,26-29). Si può essere certamente “collaboratori per il regno” (Col 4,11), ma “edificare il regno” lo può soltanto Dio stesso. A noi rimane l’umile invocazione: 2Venga il tuo regno!” (Mt 6,10).

Il regno di Dio e la regalità di Gesù- R. Deville e P. Grelot: - Nel Nuovo Testamento i due temi del regno di Dio e della regalità messianica si uniscono nel modo più stretto, perché il re-Messia è il  *Figlio di Dio stesso. Questa posizione di Gesù al centro del mistero del regno si ritrova nelle tre tappe successive, attraverso le quali questo deve passare: la vita terrena di Gesù, nel tempo della Chiesa e la consumazione finale delle cose.
1. Durante la sua vita, Gesù si dimostra molto riservato nei confronti del titolo di  re. Se lo accetta in quanto titolo messianico rispondente alle promesse profetiche (Mt 21,1-11 par.), lo deve spogliare delle risonanze politiche (cfr. Lc 23,2), per rivelare la regalità «che non è di questo mondo» e che si manifesta mediante la testimonianza resa alla verità (Gv 18,36s). In compenso, non esita ad identificare la causa del regno di Dio con la sua propria: lasciare tutto per il regno di Dio (Lc 18, 29), significa lasciare tutto «per il suo nome» (Mt 19,29; cfr. Mc 10,29). Descrivendo in anticipo la ricompensa escatologíca che attende gli uomini, egli identifica il «regno del figlio dell’uomo» ed il «regno del Padre» (Mt 13,41ss), ed assicura ai suoi apostoli che egli dispone per essi del regno come il Padre ne ha disposto per lui (Lc 22,29 s).
2. La sua intronizzazione regale non giunge tuttavia se non al momento della risurrezione: allora egli prende posto sul trono stesso del Padre (Apoc 3,21), è esaltato alla destra di Dio (Atti 2,30-35). Durante tutto il tempo della Chiesa, la regalità di Dio si esercita così sugli uomini per mezzo della regalità di Cristo, Signore universale (Fil 2,11); perché il Padre ha costituito il Figlio suo «Re dei re e Signore dei signori» (Apoc 19,16; 17,14; cfr. 1,5).
3. Al termine dei tempi, Cristo vincitore di tutti i suoi nemici «rimetterà il regno a Dio Padre» (1Cor 15,24). Allora questo regno «sarà pienamente acquisito al nostro Signore ed al suo Cristo» (Apoc 11,15; 12,10), ed i fedeli riceveranno «l’eredità nel regno di Cristo e di Dio» (Ef 5,5). Così Dio, padrone di tutto, prenderà pieno possesso del suo regno (Apoc 19,6). I discepoli di Gesù saranno chiamati a condividere la gloria di questo regno (Apoc 3,21), perché già in terra Gesù ha fatto di essi «un regno di sacerdoti per il loro Dio e Padre» (Apoc 1, 6; 5,10; 1 Piet 2,9; cfr. Es 19, 6). 

Le tappe del regno - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Secondo Cristo, il regno di Dio non è accessibile attraverso l’osservanza della legge mosaica né si identifica con i portenti e i prodigi della letteratura apocalittica tradizionale, accolta dai vangeli sinottici. La completa manifestazione del regno nel giorno messianico non arriverà fino a un futuro imprevedibile, ma è già presente in mezzo al mondo e agli uomini. La storia della salvezza umana a opera di Dio attraverso il suo regno può dividersi, secondo Luca, in queste tappe: a) Preparazione che culmina con Giovanni il Battista: « La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio » (Lc 16,16). b) La persona di Gesù, la cui vita e messaggio proclamano e inaugurano già il regno, c) Signoria dello Spirito nel tempo della Chiesa, come dimostrano gli Atti degli Apostoli, d) Futura e completa manifestazione del regno nel gran giorno messianico di Cristo. Aspettando l’arrivo di quel giorno, la Chiesa partecipa del mistero pasquale di Gesù: croce, morte e risurrezione. Il grande futuro e il giorno finale della manifestazione messianica del regno glorioso che aspettiamo per gli ultimi giorni sono cominciati già nella morte e risurrezione di Cristo. Egli ricapitolò in se stesso tutta la creazione e la storia dell’umanità, delle quali fu costituito signore e salvatore da Dio Padre. Per questo Gesù afferma: « Il regno di Dio è in mezzo a voi ». Questa è la verità chiave che relativizza la domanda escatologica e i segni della letteratura apocalittica antica e moderna.
Dio viene incessantemente nella storia umana e nella nostra vita personale ed ecclesiale. Il tempo umano e quello degli anni sono interamente nelle sue mani. Ma per saper leggere i segni della sua presenza abbiamo  bisogno della fede, come partecipazione alla sapienza mirabile di Dio (della quale la prima lettura - Sap 7,22ss: anni dispari - enumera ventuno attributi, numero biblico doppiamente perfetto: tre volte sette). In ogni caso, il regno di Dio non è semplice presenza immanente dello Spirito. Possiede una proiezione sia interna che esterna e chiede la nostra risposta e il nostro impegno personale attraverso una conversione effettiva.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Dio viene incessantemente nella storia umana e nella nostra vita personale ed ecclesiale. Il tempo umano e quello degli anni sono interamente nelle sue mani. 
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Continua in noi, o Dio, la tua opera di salvezza,
perché i sacramenti che ci nutrono in questa vita
ci preparino a ricevere i beni promessi.
Per Cristo nostro Signore.