11 Novembre 2019

Lunedì XXXII Settimana T. O.

Sap 1,1-7; Salmo Responsoriale 138 [139]; Lc 17,1-6

SAN MARTINO DI TOURS, VESCOVO – MEMORIA

San Martino di Tours, Vescovo: Nasce in Pannonia (oggi in Ungheria) a Sabaria da pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. È in quest’epoca che si colloca l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l’esercito nel 356, già battezzato forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina esorcista (un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Si impegna a fondo per la cristianizzazione delle campagne. Muore a Candes nel 397. (Avvenire)

Colletta: O Dio, che hai fatto risplendere la tua gloria nella vita e nella morte del vescovo san Martino, rinnova in noi i prodigi della tua grazia, perché né morte né vita ci possano mai separare dal tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Possiamo dividere il brano evangelico in tre parti che non sono legati tra loro in nessun modo. Nella prima parte il “tema dello scandalo”. Molto probabilmente l’evangelista vuole mettere in guardia i fautori di scandali che già maturavano all’interno della comunità cristiana, risonanze di queste disonestà le troviamo anche nelle lettere paoline. È inevitabile che vengano scandali, se è inevitabile, per coloro che provocano gli scandali risuona un monito che è preludio di una condanna eterna: … guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. Se Gesù “pronuncia un giudizio così severo contro lo scandalo è perché esso consiste non semplicemente in un cattivo esempio ma nel mettere in pericolo la fede dei piccoli […], di coloro cioè che data la loro semplicità o giovane età si lascerebbero influenzare” (Carlo Ghidelli, Luca).
… e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli, poiché Gesù sta parlando ai discepoli per piccoli probabilmente si deve intendere il gruppo dei discepoli.
Il secondo tema mette in evidenza la correzione fraterna. A guidare la correzione fraterna deve essere la misericordia, accogliendo in questo modo il monito di Gesù: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,6). Infine, il tema della fede. Nella domanda posta dagli Apostoli vi è indicato come ottenere e custodire la fede, con la preghiera: Signore, accresci in noi la fede! Rispondendo agli Apostoli, Gesù vuol dire che non è necessario una grande fede; basta un minimo di fede per operare grandi miracoli, purché sia sincera, vera. La fede è un dono, ma va custodita e sopra tutto alimentata con il sì generoso alla volontà di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca 17,1-6: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Lo scandalo - C. Augrain: L’uomo scandalo per l’uomo: L’uomo è scandalo per il proprio fratello quando cerca di allontanarlo dalla fedeltà a Dio. Chi abusa della debolezza del fratello, o del potere ricevuto da Dio su di lui, per allontanarlo dall’alleanza, è colpevole verso il proprio fratello e verso Dio. Dio ha in orrore i principi che hanno distolto il popolo dal  seguire Jahve: Geroboamo (1Re 14,16; 15,30.34), Achab o Gezabele (1Re 21,22.25), e così pure coloro che hanno voluto trascinare Israele sulla china della ellenizzazione, fuori della vera fede (2Mac 4,7...). Sono invece degni di lode coloro che resistono allo scandalo per mantenere la fedeltà all’alleanza (Ger 35). Gesù, sebbene personalmente segno di contraddizione, con il compimento dell’alleanza viene a mettere fine al grande scandalo della rottura tra l’uomo e Dio. Perciò è implacabile verso i fautori di scandalo: «Guai a chi scandalizza uno di questi piccoli che credono in me! Sarebbe meglio per lui se gli appendessero al collo una macina e lo precipitassero nel profondo del mare!» (Mt 18,6). Ma Gesù sa che questi scandali sono inevitabili: falsi dottori (2Piet 2,1) o seduttori, come l’antica Gezabele (Apoc 2,20), sono sempre all’opera. Questo scandalo può venire anche dallo stesso discepolo; Gesù quindi esige con forza e senza pietà la rinuncia a tutto ciò che può creare ostacolo al regno di Dio. «Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te» (Mt 5,29s; 18,8s). Sull’esempio di Gesù che non voleva turbare le anime semplici (Mt 17,26), Paolo vuole che si eviti di scandalizzare le coscienze deboli e poco formate: «Badate che la libertà di cui fate uso non diventi occasione di caduta per i deboli» (1Cor 8,9; Rom 14,13-15. 20). La libertà cristiana non è autentica se non è pervasa di carità (Gal 5,13); la fede non è vera se non sostiene la fede dei fratelli (Rom 14,1-23).

È inevitabile che vengano scandali - J. Guhrt: C’è lo scandalo del vangelo, che non può essere evitato, ma c’è anche lo scandalo umano che deve essere evitato. Certo, gli scandali sono necessari (Mt 18,7b; Lc 17,1) e sono parte del mondo, fanno anche maturare il giudizio, e tuttavia guai a colui ad opera del quale avvengono gli scandali (Mt 18,7). Questo vale soprattutto per lo scandalo che viene dato ai «piccoli» che credono in Gesù (Mt 18,6 par.). Qui si parla certamente non soltanto dei bambini ma di tutti coloro che, indifesi di fronte ai grandi e ai forti, hanno bisogno di un particolare aiuto nella comunità e perciò sono anche più esposti al pericolo di essere indotti in errore a riguardo di Gesù. Chi li scandalizza, incorre nella perdizione. Di qui l’ammonizione ai forti di non dare scandalo al debole (Rm 14,13.21; 1Cor 8,13) per non precipitare il fratello nella perdizione e vanificare così l’opera del Signore (Rm 14,20).
Infine l’uomo non deve essere causa di caduta a se stesso separandosi da Dio con i suoi atti (Mt 5,30: mano) o i suoi sguardi (5,29: occhio).
È chiaro che il separarsi da una parte del proprio corpo non deve essere intesa qui alla lettera: si tratta invece di estirpare quelle propensioni che prima o poi sarebbero fatali per l’uomo in rapporto con il proprio ambiente (Mt 5,29s). Occorre inoltre fare attenzione allo scandalo che proviene da una falsa dottrina: non bisogna esporsi al suo potere traviante (Rm 16,17).

Il perdono - Carlo Ghidelli (Luca): Quanto al perdono due sono le indicazioni offerte: dapprima, occorre farsi coraggio per riprendere il fratello che sbaglia, ma ciò va fatto per amore del fratello e non per altri motivi. Il tacere o l’astenersi da questo dovere vorrebbe dire compromettere seriamente la vita comunitaria ed esporre a grave pericolo la comune fede e l’unica carità. «Un peccato non ripreso nella Chiesa è un peccato della Chiesa; la tolleranza del peccato conduce la Chiesa al male (cfr 1Co 5,1-13)» (B. Rigaux). In secondo luogo, occorre tenersi sempre aperti al perdono da accordare, fino all’esaurimento delle umane possibilità, a chiunque lo chiede. Non c’è, né ci deve essere, un limite a questo dovere così tipicamente evangelico: carità e pazienza sono le condizioni necessarie e indispensabili alla vita, se questa vuole ispirarsi all’evangelo. Luca parla solo di sette volte (e non di settantasette volte o di settanta volte sette come Mt 18,22), tuttavia rimane sempre il valore simbolico del numero, per indicare un perdono illimitato.

La fede - John L. McKenzie (Dizionario Biblico): Nel Nuovo Testamento «credere» e «fede» sono le traduzioni moderne del greco pisteuein e pistis. Nel greco classico, il verbo pisteuein significa avere fiducia, mostrare confidenza, accettare per vero. Il sostantivo pistis esprime sicurezza, fiducia e fede, come pistis theon significa fede negli dei, ossia fede nella esistenza degli dei. I significati comuni appaiono spesso nel Nuovo Testamento; il significato specificamente cristiano del termine è uno sviluppo dell’uso classico e della concezione Antico Testamento della fede.
I vangeli sinottici. Lo stesso Gesù chiede la fede (Mt 9,28; Mc 4,36; Lc 8,25), elogia la fede (Mt 8,10; Lc 7,9) e afferma che è stata la fede a salvare (Mt 9,22; Mc 5,34; Lc 8,48): nel contesto, si tratta di salvezza da una malattia guarita miracolosamente (cfr anche Mt 15,28). A colui che crede tutto è possibile (Mc 9,2-3); una quantità anche piccola di fede è capace di spostare montagne e di compiere altri miracoli (Mt 17,20; 21,21). Nei vangeli sinottici non si stabilisce il contenuto di questa fede.
Nei suoi termini più semplici e più generali, si tratta di accettare Gesù stesso, accettandolo come egli dichiara di essere. Implicita in questa accettazione è l’adesione al potere che egli mostra di possedere: è questa la fede che muove le montagne. La fede dei vangeli - come la fede dell’AT - non è semplicemente fiducia e confidenza; la fiducia e la confidenza sorgono dalla fede, che a sua volta è accettazione di una persona e delle sue esigenze.

La fede - Il capitolo 11 Della Lettera agli ebrei - Giuseppe Barbaglio: Sembra di trovarci davanti a una piccola enciclopedia della fede. All’inizio l’autore arriva persino a proporre una vera e propria definizione della fede: «La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (v. 1). Possiamo tradurre così: la fede è sicurezza del futuro e sua anima e suo dinamismo profondo è la speranza. Si veda, anche in 1Pt 1,21, lo strettissimo legame tra credere e sperare: «E voi per opera sua credete in Dio, che l’ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio». Il v. 3 accentua come articolo di fede la creazione del mondo: «Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede». La fede di Abele, di Enoc e di Noè invece tradisce connotazioni pratiche di obbedienza al volere di Dio (vv. 4-7). Tale si dimostra anche la fede di Abramo, di cui si dice espressamente che obbedì alla chiamata divina di partire dalla sua terra (v. 8). Ma nel credente Abramo - e in Isacco e in Giacobbe - fondamentale appare la fede fiduciale nella promessa divina della terra e della discendenza (vv. 9ss). Fiducia e obbedienza sono mescolate quando il patriarca non esita a sacrificare il figlio Isacco dietro comando di Dio: «Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco; e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato scritto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti; per questo lo riebbe e fu come un simbolo» (vv. 17-19). Non c’è dubbio, il significato predominante in questa galleria dei campioni veterotestamentari della fede è proprio quello della speranza e della fiducia nel Signore. Una testimonianza, la loro, che passa ora nelle mani dei cristiani, in viaggio verso il tempio celeste, con Cristo come guida: «Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede» (12,1-2).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, che hai nutrito la tua Chiesa con l’Eucaristia,
sacramento dell’unità,
concedi a noi tuoi fedeli di vivere in perfetto accorto con te,
perché obbedendo alla tua volontà
sull’esempio di san Martino,
gustiamo la gioia di essere veramente tuoi.
Per Cristo nostro Signore.