25 Ottobre 2019

Venerdì XXIX Settimana T. O.

Rm 7,18-25a; Sal 118 (119); Lc 12,54-59

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

L’evangelista Luca usa una analogia meteorologica per rimproverare la cosciente e ostinata ottusità del popolo d’Israele, anche se l’epiteto ipocriti voglia far pensare che Gesù si sta rivolgendo non alla folla, ma ai suoi eterni detrattori, i farisei, i quali chiusi nella loro roccaforte intellettuale non vogliono accogliere la novità evangelica (cfr, Luke Timothy Johnson, Il Vangelo di Luca). L’evangelista Matteo usa una analogia meteorologica diversa, ma il concetto è lo stesso: Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? (Mt 16,2-3).
Dinanzi a tanta prova di capacità di discernimento, Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo, è inspiegabile, come dinanzi a innumerevoli segni, non sappiamo decidere. L’invito-rimprovero di Gesù possiamo tradurlo in questo modo: tu che ascolti, tu che vedi sei posto davanti alla necessità di prendere una decisione personale. Sei tu che devi decidere ciò che è giusto.
Le ultime raccomandazioni, Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, tenendo a mente che Gesù sta salendo a Gerusalemme dove si compirà la volontà del Padre, molto probabilmente, sono rivolte ai discepoli: “Sono i discepoli quelli «lungo la strada» [12,58] che devono prendere una decisione adesso, prima che sia troppo tardi. Se non raggiungono «un accordo» adesso con il loro avversario - in questo caso il Messia stesso che li chiama alla conversione - le cose si metteranno male per loro nel giudizio che verrà” (Luke Timothy Johnson, Il Vangelo di Luca).

Dal Vangelo secondo Luca 12,54-59: In quel tempo, Gesù diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Gesù diceva alle folle - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Ora cambiano gli uditori: Gesù si rivolge alle folle. Ma tutta questa sezione si riallaccia a quella precedente per la medesima impronta escatologica. Bisogna discernere i segni dei tempi e convertirsi, per non comparire impreparati dinanzi al tribunale di Dio (12,54-59). Tutti devono riconoscersi peccatori e pentirsi per non perire (13,1-9). Con la venuta di Gesù è iniziato il tempo della salvezza e nonostante l'apparente insignificanza della sua attività, il regno è già operante in modo misterioso nella sua missione (13,10-17): le parabole del granello di senapa e del lievito (vv. 18-21) costituiscono il punto focale di tutta 4a sezione. Per entrare nel regno è necessario scegliere la porta stretta; la sua instaurazione implica la morte dell'Inviato definitivo di Dio, secondo la sorte comune riservata ai profeti, nella città infedele di Gerusalemme, fatalmente avviata alla catastrofe (13,22-35).
Il filo conduttore di tutte queste pericopi, derivate in gran parte dalla fonte Q, non è evidente. Comunque, ritorna insistente l'invito alla conversione urgente e al cammino disagevole sulla via della croce, per non essere esclusi dal regno di Dio. Mentre numerosi esegeti interpretano tutta la sezione come un estremo invito di Gesù al popolo d'Israele alla resipiscenza e all'adesione al suo messaggio prima del giudizio di condanna, altri ne danno un'interpretazione parenetica secondo una concezione escatologica individuale: Gesù sottolinea l'urgenza della conversione per evitare il castigo dopo la morte.

Gesù, si sta rivolgendo alla folla partendo da elementi ben sperimentabili. In Palestina, le grandi piogge vengono da sud-ovest, dal mare; lo scirocco, dal sud, porta il caldo.
Con profonda amarezza Gesù deve costatare che la folla, pur essendo ben preparata a cogliere i cambiamenti climatici, non è affatto capace di rilevare la presenza in mezzo ad essa di Colui che ha disposto con sapienza «l’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni» (Prefazio V Domenica T. O.).
Colui, per mezzo del quale «sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili» (Col 1,16), vero Dio e vero Uomo (cfr. Gv 1,14; Rom 9,5), è «disceso sulla terra» (Ef 4,9) ed è decisivo ai fini della salvezza pronunziarsi su di lui. È di massima urgenza perché è in gioco la salvezza, la decisione non va presa secondo preconcetti e velleità che nulla hanno a che fare con un giusto giudizio (cfr. Lc 4,16-30).
Questa incapacità è anche ipocrisia perché i segni, attraverso i quali dare un giusto giudizio, nella vita di Gesù sono evidentissimi: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre» (Gv 10,36-38).
Respingendo Gesù, gli uomini si perdono senza speranza; peccano contro la verità. È il peccato contro lo Spirito Santo che non sarà perdonato né in questo secolo, né in quello futuro (cfr. Mt 12,32).

 Il formalismo dell’ipocrita - Xavier Leon-Dufour: L’ipocrisia religiosa non è semplicemente una menzogna; essa inganna gli altri per acquistarne la stima mediante atti religiosi la cui intenzione non è semplice. L’ipocrita sembra agire per Dio, ma di fatto agisce per se stesso. Le pratiche più raccomandabili, elemosina, preghiera, digiuno, sono in tal modo pervertite dalla preoccupazione di «farsi notare» (Mt 6,2.5.16; 23,5). Quest’abitudine di mettere una disarmonia tra il cuore e le labbra insegna a velare intenzioni malvagie sotto un’aria ingenua, Come quando sotto pretesto di una questione giuridica si vuol tendere un’insidia a Gesù (Mt 22,18; cfr. Ger 18,18). Desideroso di salvare la faccia, l’ipocrita sa scegliere tra i precetti o adattarli con una sapiente casistica: può così filtrare il moscerino ed inghiottire il cammello (Mt 23,24), o rivolgere le prescrizioni divine a profitto della sua rapina e della sua intemperanza (23,25): «Ipocriti! ben ha profetizzato di voi Isaia dicendo: questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me» (15,7).

2. Cieco che inganna se stesso. - Il formalismo può essere guarito, ma l’ipocrisia è vicina all’indurimento. I «sepolcri imbiancati» finiscono per prendere come verità ciò che vogliono far credere agli altri: si credono  giusti (cfr. Lc 18,9; 20,20) e diventano sordi ad ogni appello alla conversione. Come un’attore di teatro (in gr. hypocritès), l’ipocrita continua a recitare la sua parte, tanto più che occupa un posto elevato e si obbedisce alla sua parola (Mt 23,2s). La correzione fraterna è sana, ma come potrebbe l’ipocrita strappare la trave che gli impedisce la vista, quando pensa soltanto a togliere la pagliuzza che è nell’occhio del vicino (7,4s; 23,3s)?
Le guide spirituali sono necessarie in terra, ma non prendono il posto stesso di Dio quando alla legge divina sostituiscono tradizioni umane? Sono ciechi che pretendono di guidare gli altri (15,3-14), e la loro dottrina non è che un cattivo lievito (Lc 12,1). Ciechi, essi sono incapaci di riconoscere i segni del tempo, cioè di scoprire in Gesù l’inviato di Dio, ed esigono un «segno dal cielo» (Lc 12,56; Mt 16,1ss); accecati dalla loro stessa malizia, non sanno che farsene della bontà di Gesù e si appellano alla legge del sabato per impedirgli di fare il bene (Lc 13,15); se osano immaginare che Beelzebul è all’origine dei miracoli di Gesù, si è perché da un cuore malvagio non può uscire un buon linguaggio (Mt 12,24-34). Per infrangere le porte del loro Cuore, Gesù fa loro perdere-la faccia dinanzi agli altri (Mt 23,1ss), denunziando il loro peccato fondamentale, il loro marciume segreto (23,27s): ciò è meglio che lasciarli condividere la sorte degli empi (24,51; Lc 12,46). Qui Gesù si serviva indubbiamente del termine aramaico hanefa, che nel VT significa ordinariamente «perverso, empio»: l’ipocrita può diventare un empio. Il quarto vangelo cambia l’appellativo di ipocrita in quello di cieco: il peccato dei Giudei consiste nel dire: «Noi vediamo», mentre sono ciechi (Gv 9,40).
 3. Il pericolo permanente dell’ipocrisia - Sarebbe un’illusione pensare che l’ipocrisia sia propria soltanto dei farisei. Già la tradizione sinottica estendeva alla folla l’accusa di ipocrisia (Lc 12,56); attraverso ai «Giudei» Giovanni ha di mira gli increduli di tutti i tempi. Il cristiano, soprattutto se ha una funzione di guida, corre anch’egli il rischio di diventare un ipocrita. Pietro stesso non è sfuggito a questo pericolo nell’episodio di Antiochia che lo mise alle prese con Paolo: la sua condotta era una «ipocrisia» (Gal 2,13). Lo stesso Pietro raccomanda al fedele di vivere semplice come un neonato, conscio che l’ipocrisia lo attende al varco (1Piet 2,1s) e lo porterebbe a cadere nell’apostasía (1Tim 4,2).
  

La decisione urge - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Gesù rinfaccia ai giudei di saper comprendere i segni esterni del tempo, cioè di poter giudicare che tempo farà dal rosseggiare del cielo al mattino e alla sera, ma di non aver proprio occhi per vedere i segni interiori del tempo suo. Poiché con la sua venuta, è spuntata una nuova èra, ed egli ne è il segno. Chi lo vede, dovrebbe poter giudicare che è giunta un'era nuova, ed assumere l'attitudine corrispondente. Egli è l'aurora di un giorno nuovo. Non è più tempo di dormire. Prontezza significa alzarsi e camminare nel nuovo giorno. Bisogna scuotersi di dosso la sonnolenza. Il suo giorno sarà un giorno di tempesta. Le tempeste che Cristo reca con sé non cesseranno fino alla fine dei tempi. Perciò la decisione è prontezza a passare attraverso la tempesta e a chiudere gli occhi su tutto il resto. Il tempo della decisione urge. Secondo la parabola del Signore, l'uomo è come uno che viene tradotto dinanzi al giudice per essere condannato. Mentre è in via, ha ancora tempo per mettersi d'accordo col suo avversario e così salvarsi. Però è già sulla via del tribunale. Ciò vale per i singoli e per tutta l'umanità: in quanto peccatrice, essa è citata dinanzi al tribunale di Dio. La vita è una via che porta al giudizio e la storia del mondo è la strada che mena al giudizio universale. Ma finché gli uomini sono ancora in via, hanno la possibilità di salvarsi, separandosi dal mondo e decidendosi per Cristo. C'è in queste parole una incalzante inquietudine e una serietà che non dà pace. L'uomo non vi si deve sottrarre. Egli deve sentire quanto sono poco rassicuranti queste parole e decidersi.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Finché gli uomini sono ancora in via, hanno la possibilità di salvarsi, separandosi dal mondo e decidendosi per Cristo.
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, questa celebrazione eucaristica,
che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo,
ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente
e ci confermi nella speranza dei beni futuri.
Per Cristo nostro Signore.